[Il 3 dicembre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sullo Stato come ordinamento giuridico e i suoi rapporti con gli altri ordinamenti.]

Il Presidente Tupini. [...] Apre la discussione sull'articolo 2 della relazione Cevolotto, così formulato:

«Tutti i poteri spettano al popolo che li esercita o li delega secondo la Costituzione e le leggi».

Dossetti, Relatore, osserva che tale articolo si connette strettamente con il suo articolo 2, formulato nel modo seguente:

«La sovranità dello Stato si esplica nei limiti dell'ordinamento giuridico costituito dalla presente Costituzione e dalle altre leggi ad essa conformi».

Con questo articolo ha inteso riferirsi principalmente a quello che è il fondamento della sovranità dello Stato, derivante dall'ordinamento giuridico e dalla configurazione che questo ordinamento fa dello Stato, mentre nell'articolo 2 dell'onorevole Cevolotto si fa riferimento principalmente all'esercizio della sovranità, specificando che «tutti i poteri spettano al popolo», che può esercitarli direttamente o indirettamente. Affrontando il problema della sovranità dello Stato, riterrebbe necessario affermare congiuntamente i due concetti relativi sia al fondamento che all'esercizio della sovranità. Per questo motivo, ha proposto all'onorevole Cevolotto una formula risultante dalla fusione dei due articoli.

Cevolotto, Relatore, dà lettura della formula concordata:

«La sovranità dello Stato si esplica nei limiti dell'ordinamento giuridico formato dalla presente Costituzione e dalle altre leggi ad essa conformi.

«Tutti i poteri sono esercitati dal popolo direttamente o mediante rappresentanti da esso eletti».

Precisa che nella sua dizione aveva seguito la formula tradizionale mazziniana, ma poiché in sostanza l'espressione: «Tutti i poteri sono esercitati dal popolo» ha lo stesso significato, ha aderito alla proposta dell'onorevole Dossetti.

Dossetti, Relatore, spiega che la prima parte dell'articolo ha precisamente lo scopo di specificare in termini più corretti quello che è il concetto della sovranità dello Stato. Non sarebbe stato esatto, infatti, parlare, secondo una dottrina politica che risale al secolo scorso, di sovranità del popolo, perché la sovranità è dello Stato, e il popolo è il soggetto che l'esercita. Il concetto di sovranità popolare della formula mazziniana aveva senso in quanto lo si contrapponeva alla sovranità del principe, che era il soggetto in cui si identificava lo Stato e che esercitava tutti i poteri inerenti allo Stato stesso.

Ciò premesso, gli è sembrato più corretto e più conforme all'impostazione della Costituzione, di parlare di sovranità dello Stato, che si fonda sull'ordinamento giuridico stabilito dalla Costituzione e dalle altre leggi da essa derivanti, mentre i poteri, che sono in concreto il modo con cui si attua la sovranità dello Stato, emanano dal popolo che li esercita o direttamente, o mediante i suoi rappresentanti.

Caristia non crede che sia necessario dichiarare nella Costituzione che la sovranità dello Stato si esplica nei limiti dell'ordinamento giuridico, essendo questa una cosa naturale e da tutti pacificamente ammessa. È necessario, invece, stabilire chi esercita la sovranità ed i relativi poteri. Tale esigenza è già, a suo avviso, in modo concreto e corretto, affermata nell'articolo dell'onorevole Cevolotto a cui si dichiara favorevole.

De Vita si dichiara anch'egli favorevole alla formula dell'onorevole Cevolotto. Osserva che, secondo la dottrina mazziniana, la sovranità risiede nel popolo e non nello Stato.

Grassi prega l'onorevole Dossetti di non insistere nella sua proposta, in quanto con essa si entrerebbe in un campo dottrinale che non è quello delle norme costituzionali. Oltre il fatto che addentrandosi in una discussione teorica, sarebbe molto difficile giungere ad una conclusione, la formula dell'onorevole Dossetti non è molto felice, perché la sovranità dello Stato non consiste nei limiti in cui si esplica, ma è il potere di comando, che in tanto si chiama sovranità, in quanto nega che vi sia un'altra autorità al di sopra di essa. A suo giudizio, quello che la Costituzione deve fissare è che la sovranità viene dal popolo. Lo Stato, che è depositario del potere di comando, lo esercita attraverso gli organi del suo ordinamento, ma questi organi sono azionati e ricevono autorità e forma dal popolo che, direttamente o indirettamente, dà ad essi tutta la capacità della sua sovranità.

Ritiene, pertanto, preferibile la formula dell'onorevole Cevolotto, che senza avere pretese giuridiche, esplica un concetto fondamentale giuridico e politico di una Costituzione democratica.

Moro non entra nella disputa sottile e interessante se la sovranità spetti al popolo o allo Stato, ma non può essere d'accordo con l'onorevole Grassi quando ritiene non necessaria la specificazione dei limiti giuridici e politici in cui si esplica la sovranità dello Stato. Dopo venti anni di arbitrio del potere esecutivo che avevano portato alla creazione di una dottrina per la quale la sovranità dello Stato consisteva nell'assoluta potenza, o prepotenza, si deve affermare nella Costituzione che il potere dello Stato è un potere giuridico, e che lo Stato comanda nei limiti della Costituzione e delle leggi ad essa conformi. Questa precisazione è tanto più necessaria in relazione all'articolo 3 formulato dall'onorevole Dossetti, nel quale si precisa come al singolo, o alla collettività, spetti la resistenza contro lo Stato, se esso avvalendosi della sua veste di sovranità, tenta di menomare i diritti sanciti dalla Costituzione e dalle leggi[i]. Solo dopo aver dichiarato che la sovranità dello Stato è nell'ambito dell'ordinamento giuridico, si ha la possibilità di sancire nella Costituzione il diritto di resistenza contro gli atti di arbitrio dello Stato.

Dopo una esperienza storica come quella vissuta, non crede si possa fare a meno di fissare con la massima chiarezza i seguenti concetti: sovranità dello Stato nell'ambito della legge; organi del popolo o delegati dal popolo all'esercizio della sovranità; diritto e dovere di resistenza del singolo e della collettività agli atti arbitrari dello Stato.

La Pira ricorda che tutta la più recente letteratura di diritto pubblico si è preoccupata di riaffermare il concetto di stato di diritto, e d'altra parte, tutta la Costituzione è stata imperniata sul fatto che lo Stato ha dei limiti di diritto naturale e di diritto positivo.

Ritiene, pertanto, che l'articolo così come è stato proposto dall'onorevole Dossetti sia fondamentale e che debba far parte della Costituzione.

Corsanego fa presente che l'onorevole Cevolotto ha aderito alla formula proposta dall'onorevole Dossetti, sicché l'articolo si presenta come concordato fra i due Relatori.

Lucifero dichiara di non essere stato convinto dalle argomentazioni svolte dagli onorevoli La Pira, Moro e Dossetti, che, anzi, lo hanno confermato nella decisione di votare a favore del testo proposto dall'onorevole Cevolotto. Richiede, perciò, che se si dovesse mettere ai voti l'articolo concordato dai due Relatori, esso sia messo ai voti per divisione.

Togliatti dichiara di concordare sostanzialmente con le considerazioni svolte dall'onorevole Moro. In netta opposizione a quella profonda deviazione verificatasi nella dottrina giuridica, in senso assolutistico e reazionario, per opera del diritto tedesco attraverso una deformazione dell'hegelismo, ritiene che in una Costituzione fatta dopo il fascismo, un'affermazione, quale quella proposta dall'onorevole Dossetti, non sia da respingere, a condizione che si affermi anche che il depositario della sovranità è il popolo.

Dossetti, Relatore, precisa che era sua intenzione far seguire all'articolo 2, da lui proposto, un ulteriore articolo, o un secondo comma, nel quale si dicesse che tutti i poteri emanano dal popolo, che li esercita direttamente o mediante rappresentanti da esso eletti.

Caristia nota che qualunque paese retto liberamente da una Costituzione ha una sovranità che si esercita entro i limiti imposti dalla legge e dalla Costituzione. Perciò affermare il principio che la sovranità ha dei limiti è una cosa, a suo avviso, perfettamente inutile, perché lo Stato, in quanto è democratico, ha di per sé una sovranità limitata, derivante anche dal fatto che la sovranità proviene dal popolo. Il fascismo aveva sorpassato questo concetto, perché forma di Governo che non era né liberale né democratica.

Concludendo, ritiene assolutamente inopportuno l'articolo proposto dall'onorevole Dossetti. Non crede parimenti giusto inserire il diritto alla resistenza in una Costituzione, nella quale vi sono molti mezzi per resistere legalmente agli arbitrî.

Grassi riconosce che l'onorevole Dossetti si è preoccupato che lo Stato, nella esplicazione della sua autorità sovrana, non possa andare oltre i limiti dell'ordinamento giuridico; ma affermare che la sovranità dello Stato si esplica nei limiti dell'ordinamento giuridico è, a suo avviso, una espressione priva di significato pratico perché lo Stato, concepito democraticamente, non è altro che l'ordinamento giuridico. A dimostrare meglio l'inutilità di tale affermazione, ricorda che la dottrina tedesca dei tempi dell'impero, pur essendo interamente fondata sullo stato di diritto, non impedì che nel suo ambito si sviluppasse il massimo strapotere statale.

A suo parere, il concetto che deve essere affermato nella Costituzione è quello dell'onorevole Cevolotto, cioè che il potere emana dal popolo, principio squisitamente democratico e comune a tutte le attuali tendenze politiche del Paese.

Il Presidente Tupini non comprende l'opposizione alla formula concordata, dato che in essa non si sopprime il concetto affermato nell'articolo dell'onorevole Cevolotto, ma vi si aggiunge un principio che mira a soddisfare un'altra esigenza. Ritenendo inutile ogni ulteriore discussione, pone ai voti l'articolo concordato, di cui dà nuovamente lettura, avendo subìto nella seconda parte qualche leggera modificazione:

«La sovranità dello Stato si esplica nei limiti dell'ordinamento giuridico formato dalla presente Costituzione e dalle altre leggi ad essa conformi.

Tutti i poteri emanano dal popolo che li esercita direttamente o mediante rappresentanti da esso eletti».

Lucifero dichiara di votare contro, senza più insistere nella votazione per divisione, perché nella seconda parte non si afferma più il principio, contenuto nella dizione dell'onorevole Cevolotto, che la sovranità risiede nel popolo.

De Vita dichiara di votare contro, perché nella prima parte si personifica lo Stato come un ente che sovrasta il popolo.

Amadei, pur dichiarando che voterà in ogni caso a favore dell'articolo concordato, propone la seguente dizione: «La sovranità dello Stato emana dal popolo e si esercita nell'ambito dell'ordinamento giuridico, sia direttamente che mediante rappresentanti da esso eletti». Ritiene che questa formula metta meglio in evidenza la sovranità dello Stato come emanazione dal popolo.

Lucifero, dovendosi assentare, dichiara che vota contro anche alla formula dell'onorevole Amadei, se questa sarà posta ai voti, in quanto, a suo parere, la sovranità non emana né promana dal popolo, ma risiede nel popolo stesso.

Amadei, dato che la sua formula risponde ai medesimi concetti di quella concordata, se i Relatori insistono sul loro articolo, dichiara di ritirare la sua proposta.

Dossetti e Cevolotto, Relatori, insistono sul loro articolo.

Il Presidente Tupini mette ai voti l'articolo proposto dai Relatori.

(È approvato con 12 voti favorevoli, 2 contrari e 1 astenuto).


 

[i] L'articolo a cui accenna l'onorevole Moro e discusso e approvato più avanti nella seduta, non è entrato nella Costituzione; pertanto la relativa discussione viene riportata in appendice.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti