[Il 15 novembre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sui principî dei rapporti politici. Dopo aver approvato le caratteristiche del voto (vedi commento all'articolo 48) la Sottocommissione esamina la possibilità di negare il diritto di voto a chi volontariamente non lavora.]

Il Presidente Tupini. [...] Fa presente che l'on. Basso — il quale ha proposto anch'egli una serie di articoli sui principî dei rapporti politici — ha così formulato la seconda proposizione del suo primo articolo: «Tutti i cittadini concorrono all'esercizio di questo diritto, tranne coloro che ne sono legalmente privati» (e, fino a questo punto della formula, i concetti in essa contenuti sono stati già approvati nella seduta precedente) «o che volontariamente non esercitino un'attività produttiva». In quest'ultima proposizione è contenuto un concetto nuovo sul quale è necessario discutere.

Basso chiarisce che la sua proposta va inquadrata negli articoli che sono stati già approvati, e particolarmente nel primo articolo, in cui si dice che il lavoro e la sua partecipazione concreta negli organismi economici, sociali e politici è il fondamento della democrazia italiana. Afferma che, se questo articolo ha un contenuto serio, si deve pure ammettere la conseguenza che ne deriva, cioè che chi non lavora non partecipa concretamente alla vita politica della Nazione. Ritiene che la sua proposta sia la prima e più diretta conseguenza di quella affermazione, e che pertanto debba essere approvata.

Merlin Umberto, Relatore, fa presenti le difficoltà pratiche che questa norma potrebbe portare. Dichiara in ogni modo di essere favorevole alla proposta dell'onorevole Basso.

Mancini, Relatore, dichiara di essere anch'egli favorevole alla proposta dell'onorevole Basso.

Moro si dichiara contrario alla esplicita indicazione contenuta nella formula dell'onorevole Basso, appunto perché sono state già sancite alcune norme nella Costituzione, in base alle quali non è assolutamente concepibile che vi siano in Italia persone che non si dedichino volontariamente ad un'attività produttiva. Ritiene che introdurre una disposizione del genere di quella proposta dall'onorevole Basso, oltre che rappresentare una ripetizione, significherebbe andare incontro al pericolo che la disposizione sia usata come un'arma per escludere dal voto cittadini che si presume o si vuol presumere non esercitino un'attività produttiva, mentre in realtà la esercitano. Si cade in sostanza nell'equivoco del significato che può avere il termine: «attività produttiva». Ricorda che è stato già chiarito che cosa si debba intendere per lavoro utile socialmente, e non ritiene che in questa sede si debba ritornare sulla discussione[i].

Lucifero dichiara che l'onorevole Moro ha anticipato in gran parte le sue osservazioni. Esprime la sua netta opposizione alla proposta dell'onorevole Basso, facendo presente che ci si è già trovati un'altra volta di fronte alla difficoltà di stabilire che cosa sia il lavoro produttivo. Conclude affermando che una formula del genere non sarebbe altro che la negazione di una sana democrazia, e permetterebbe qualunque speculazione e forma di ricatto morale e politico.

Merlin Umberto, Relatore, fa presente che è stato già approvato un articolo in cui si dice che «Ogni cittadino ha diritto al lavoro ed ha il dovere di svolgere un'attività o esplicare una funzione, idonee allo sviluppo economico, o culturale o morale o spirituale della società umana conformemente alle proprie possibilità ed alla propria scelta». Dal momento che un articolo della Costituzione non può essere interpretato distaccato da altri, dichiara di approvare la proposta dell'onorevole Basso in relazione a quell'articolo che è stato già approvato.

Moro ribadisce il concetto che la norma cui ha accennato l'onorevole Merlin sarebbe svalutata, se si potesse pensare che esistano ancora persone che non lavorano, dopo che si è sancito il diritto e il dovere al lavoro. La norma dell'onorevole Basso puntualizzerebbe l'attenzione sopra un lato negativo della società italiana, che invece si vuole eliminare.

Mastrojanni, richiamandosi a quanto ebbe già occasione di dire in ordine al dovere al lavoro, come dovere morale e non come imposizione costituzionale, dichiara di votare contro la formula dell'onorevole Basso e si associa alle considerazioni dell'onorevole Lucifero.

Mancini, Relatore, dichiara di accettare la proposta dell'onorevole Basso, perché in precedenti discussioni ha sostenuto e dimostrato che prima si deve essere produttori e poi cittadini. Afferma che soltanto chi produce e con la sua attività incrementa la società nella quale vive, ha il diritto di scegliersi i suoi rappresentanti.

Il Presidente Tupini dichiara di concordare nell'interpretazione data dall'onorevole Merlin alla formulazione dell'onorevole Basso, ma di non poter dare voto favorevole alla sua proposizione, perché non la ritiene capace di riferirsi all'articolo cui è stato accennato. Ricorda che quell'articolo diede luogo ad un'ampia discussione conclusasi con l'accettazione della formula «socialmente utile» che aveva destato le preoccupazioni di una parte dei Commissari. Fa osservare che, in ordine al diritto di voto, il legislatore potrebbe essere indotto a dare alla formula dell'onorevole Basso un'interpretazione univoca nel senso di ritenere soltanto produttivi lavori tecnici, manuali, e non anche un'attività spirituale la cui utilità sociale da alcuni è accettata, mentre da altri è rifiutata.

Per queste ragioni dichiara che voterà contro la proposta dell'onorevole Basso.

Moro propone che la formula dell'onorevole Basso venga inserita nell'articolo riguardante il lavoro, dicendosi, ad esempio, che: «L'adempimento di questo dovere al lavoro è presupposto per l'esercizio dei diritti politici». In tal modo si rafforzerebbe il contenuto dell'articolo con una specie di sanzione, e nello stesso tempo si eliminerebbe il pericolo di erronee interpretazioni.

La Pira si associa all'emendamento sostitutivo dell'onorevole Moro.

Basso rileva che questa proposta non fa che collimare con le osservazioni già fatte dall'onorevole Moro, che cioè non si deve supporre che ci siano in Italia delle persone che non svolgano un'attività produttiva.

Ad ogni modo dichiara di non avere difficoltà ad accettare la proposta dell'onorevole Moro.

Il Presidente Tupini comunica che l'emendamento sostitutivo proposto dall'onorevole Moro e accettato dall'onorevole Basso, è il seguente:

«L'adempimento di questo dovere è presupposto per l'esercizio dei diritti politici».

Tale proposizione dovrebbe essere inserita alla fine dell'articolo già approvato, in cui si dice: «Ogni cittadino ha diritto al lavoro ed ha il dovere di svolgere un'attività o esplicare una funzione, idonee allo sviluppo economico o culturale o morale o spirituale della società umana conformemente alle proprie possibilità ed alla propria scelta».

Lucifero dichiara che voterà contro questa formula. Osserva che non si possono fare continuamente delle affermazioni di principio che poi non hanno nessun valore, e finiscono per svalutare principî nobili e seri da tutti accettati.

Ritiene che l'articolo che si vuole introdurre abbia un carattere demagogico e privo di un contenuto giuridico.

Basso dichiara di respingere l'appellativo di «demagogico» usato dall'onorevole Lucifero, appellativo che, se mai, si dovrebbe riferire non alla formula in discussione ma all'articolo già approvato. Si tratta ora di dare un contenuto concreto a questo articolo; si tratta di stabilire che chi non adempie all'obbligo in esso stabilito incorre nella privazione dei diritti politici. O si viene a riconoscere che quando è stato formulato quell'articolo non si intendeva fare sul serio, o si deve ammettere che l'articolo è stato creato perché avesse un valore concreto, e in tal caso si devono tradurre in conseguenze giuridiche le norme fissate.

Ritiene che la formula da lui proposta costituisca una prova della serietà delle intenzioni di chi partecipa ai lavori per la Costituzione.

Merlin Umberto, Relatore, dichiara di accettare l'emendamento proposto dall'onorevole Moro. Invita gli onorevoli Commissari a considerare che vi sono individui, anche se pochi, i quali passano la loro vita senza attendere ad alcuna occupazione. Anche se si tratta di poche persone, egli ritiene che escluderli dai diritti politici sia cosa meritoria.

Lucifero dichiara di votare contro questa proposizione che, mentre in se stessa non ha alcun significato effettivo, può essere il mezzo attraverso il quale l'autorità che dovrà determinare se una data attività è produttiva o no, potrà eliminare intere categorie di cittadini dai diritti civili, servendosi di un articolo formulato in maniera molto vaga e che può essere interpretato in modo arbitrario.

Mancini, Relatore, dichiara di accettare l'emendamento proposto dall'onorevole Moro.

Mastrojanni dichiara che voterà contro per le stesse ragioni esposte dall'onorevole Lucifero.

Il Presidente Tupini mette ai voti l'emendamento proposto dall'onorevole Moro, da inserirsi quale comma aggiuntivo nel secondo articolo sui principî dei rapporti sociali (economici) già approvato.

(L'emendamento è approvato con 12 voti favorevoli, 2 astenuti e 2 contrari).


 

[i] La discussione sul lavoro socialmente utile a cui l'onorevole Moro si riferisce si è svolta il 3 e il 4 ottobre 1946 nella prima Sottocommissione ed è riportata a commento dell'articolo 4.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti