[L'11 dicembre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sullo Stato come ordinamento giuridico e i suoi rapporti con gli altri ordinamenti.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 7 per il testo completo della seduta.]

Il Presidente Tupini riapre la discussione sugli articoli riguardanti lo Stato come ordinamento giuridico e i suoi rapporti con gli altri ordinamenti, ricordando che in una precedente seduta egli e l'onorevole Togliatti avevano presentato due formulazioni diverse sullo stesso argomento.

[...]

Gli articoli da lui proposti erano così formulati:

Art. 1. — «Le norme di diritto internazionale fanno parte dell'ordinamento della Repubblica. Le leggi della Repubblica non possono contraddirvi».

[...]

Il Presidente Tupini fa presente che, tra gli articoli che egli ha proposto, ce ne è uno che non riguarda i rapporti tra lo Stato e la Chiesa, ma le norme di diritto internazionale che dovrebbero far parte dell'ordinamento della Repubblica.

Domanda alla Commissione se essa ritiene che questo articolo debba essere discusso prima di passare all'esame degli articoli riguardanti i rapporti tra Stato e Chiesa.

[...]

Cevolotto, Relatore, osserva che l'onorevole Dossetti è già entrato nel merito della discussione prendendo come base la proposta dell'onorevole Togliatti, mentre ancora si deve decidere se debba o no avere la precedenza la discussione sull'articolo relativo all'adozione delle norme di diritto internazionale.

Ricorda di aver proposto un articolo che corrispondeva alla prima parte dell'articolo successivamente presentato dal Presidente, il che dimostra che anche per il Presidente questo era il primo punto da risolvere. Fa presente che, se la Sottocommissione è disposta a prendere come base della discussione la proposta presentata dall'onorevole Togliatti, egli non si opporrà, ma non vede la ragione per cui non si debba prima discutere e votare l'articolo proposto dal Presidente, il quale tratta una materia non compresa negli articoli dell'onorevole Togliatti.

Togliatti dichiara che gli è indifferente discutere prima o dopo sull'articolo riguardante le norme del diritto internazionale. Osserva però che questo articolo non è persuasivo, poiché esso riconosce norme del diritto internazionale che non esistono. Esistono principî di diritto internazionale elaborati da una scienza molto complicata, ma per i quali non esiste una codificazione, poiché vi sono soltanto delle norme che entrano nei trattati internazionali, e questi trattati costituiscono l'unica codificazione del diritto internazionale. Nei Codici civili dei singoli Stati vi sono alcune norme di diritto internazionale relative, soprattutto, allo stato giuridico dei cittadini, norme di diritto privato in generale; mentre per quel che riguarda il diritto pubblico internazionale tutto rimane nell'ambito dei principî generali e fa parte del costume o della consuetudine.

Per queste considerazioni, affermare che le norme del diritto internazionale fanno parte dell'ordinamento dello Stato vuol dire inserire nella Costituzione un articolo che si può prestare ad equivoci.

Il Presidente Tupini mette ai voti la proposta dell'onorevole Cevolotto di discutere in primo luogo la questione del diritto internazionale in genere, per passare poi ad esaminare la questione dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica.

Caristia dichiara che si asterrà dalla votazione in quanto ritiene che essa sia perfettamente inutile.

(La proposta Cevolotto è approvata con 15 voti favorevoli, 1 contrario e 1 astenuto).

Cevolotto, Relatore, riconosce giuste le osservazioni dell'onorevole Togliatti circa il riconoscimento delle norme di diritto internazionale, e ricorda di aver presentato nella sua relazione una formula alquanto diversa da quella del Presidente, e così concepita: «Le norme del diritto delle genti generalmente riconosciute sono considerate come parte integrante del diritto della Repubblica italiana». Questa formula, che corrisponde, salvo varianti formali, alla formula della Costituzione di Weimar adottata anche da altre Costituzioni, va incontro alle obiezioni dell'onorevole Togliatti, e risponde all'aspirazione per un allargamento della base dei rapporti internazionali in cui intervenga un riconoscimento di norme comuni tra tutti gli Stati.

Per queste ragioni propone che sia adottato l'articolo contenuto nella sua relazione, invece di quello proposto dal Presidente.

Caristia ritiene che la formula proposta dall'onorevole Cevolotto sia più adeguata, anche tenuto conto delle osservazioni svolte dall'onorevole Togliatti, che però non sono del tutto esatte. Osserva a tale proposito che se è vero che il diritto internazionale non è codificato come il diritto interno, non si può dire in maniera assoluta che esso consti soltanto di quei principî che si trovano nell'uno o nell'altro manuale di diritto internazionale più o meno autorevole, perché vi è anche una parte di questa materia che, bene o male, è codificata in atti bilaterali.

Rileva inoltre che occorre fare una distinzione tra le convenzioni che gli Stati stipulano tra di loro, e le convenzioni che derivano da conferenze di molti Stati che emanano delle norme le quali si attuano poi negli ordinamenti interni dei singoli Stati. Le norme sulla condotta della guerra, sulla protezione dei lavoratori, sull'abolizione di certi sistemi, sono norme codificate in varie conferenze ed hanno una loro attuazione dipendente dalla loro natura di norme di diritto internazionale.

Mancini riconosce che vi sono principî generali dinanzi ai quali ognuno deve inchinarsi; osserva però che oggi, in un momento di continuo contrasto tra popoli e popoli, dopo che una guerra ha devastato il diritto e il rispetto alle norme dei rapporti tra le genti, è il caso di domandarsi quali norme generali di diritto internazionale si debbano tener presenti nella Costituzione, essendo esse state superate dal diritto del vincitore sul vinto, come è dimostrato chiaramente dalle decisioni prese dalla Conferenza dei Quattro Grandi contro l'Italia.

Per queste considerazioni, ritiene inutile mettere nella Costituzione un'affermazione circa l'accettazione delle norme del diritto internazionale, e si dichiara contrario sia alla formula proposta dal Presidente che a quella dell'onorevole Cevolotto.

Dossetti, Relatore, dichiara di accettare la formula proposta dall'onorevole Cevolotto, la quale in sostanza ha un valore identico a quella proposta dal Presidente.

Il Presidente Tupini dichiara che, quando egli formulò il suo articolo, fu guidato dal pensiero di differenziare le figure dei due rapporti: rapporti internazionali in generale e rapporti tra lo Stato e la Chiesa. Aggiunge di accettare comunque la formula dell'onorevole Cevolotto.

Dossetti, Relatore, dichiara di ritenere che i due concetti debbano essere affermati congiuntamente. Si riserva, pertanto, quando si riproporrà la discussione sui rapporti tra Stato e Chiesa, di proporre che al testo che ora si approverà se ne aggiunga un altro relativo ai rapporti tra Stato e Chiesa.

Il Presidente Tupini rilevato che l'onorevole Dossetti ha dichiarato di aderire, per ora alla formula proposta dall'onorevole Cevolotto, intende da parte sua fare analoga dichiarazione.

Togliatti dichiara di accettare la formula dell'onorevole Cevolotto togliendo la parola «come». Non può accettare il principio contenuto nella formula del Presidente, che cioè le leggi dello Stato non possono contraddire alle norme di diritto internazionale, poiché ritiene che per scopo di rappresaglia si possa violare una norma di diritto internazionale.

Il Presidente Tupini rileva che anche non adottando la formula da lui proposta, il concetto sarà sempre implicito.

La Pira dichiara di accettare la formula proposta dall'onorevole Cevolotto.

De Vita, pur ripetendo di essere contrario alla tecnica della Costituzione, dichiara di accettare la formula proposta dall'onorevole Cevolotto, poiché si tratta di una norma di diritto internazionale generale, per la quale è possibile una specie di adattamento automatico.

Cevolotto, Relatore, fa osservare all'onorevole Mancini che, nonostante la guerra, sono sopravvissute alcune norme generalmente adottate nelle varie conferenze internazionali, come ad esempio quella relativa all'abolizione della schiavitù.

Fa presente inoltre che la Costituzione intorno a cui si sta lavorando deve valere per l'avvenire e che quindi la formula in discussione ha valore in quanto afferma che l'Italia accetterà, come facenti parte del suo diritto interno, quelle norme di diritto internazionale che sorgeranno dalle varie conferenze e che saranno accettate da tutti.

Mancini osserva che questo può essere un programma buono per l'onorevole Cevolotto. La Chiesa ha fondato l'unità politica dei popoli attraverso il Cristianesimo. I socialisti cercano di fondare l'unità politica attraverso i lavoratori. Come socialista, egli crede a questo avvenire e non può quindi votare la proposta dell'onorevole Cevolotto.

Merlin Umberto fa presente che la Carta Costituzionale francese dice nel preambolo: «La République française, fidèle a ses traditions, se conforme aux règles du droit publique international». Questa formula contiene un'affermazione che vale non solo per il futuro ma anche per il passato e giova sperare che le norme cui si riferisce diventino efficaci e capaci di ulteriore sviluppo.

Moro domanda se l'articolo in discussione abbia riferimento anche ai trattati Internazionali, oppure si riferisca alle norme internazionali generali. Deve essere chiarito cioè se i trattati, una volta stipulati, facciano parte di diritto, senza bisogno di una legge applicativa, dell'ordinamento dello Stato italiano.

Cevolotto, Relatore, prega l'onorevole Moro di non insistere sulla sua richiesta perché la questione da lui proposta richiederebbe una lunga discussione la quale darebbe luogo a una eccessiva casistica. Dichiara di non ritenere opportuno inserire una tale specificazione nella Costituzione. Sarà lo svolgimento del diritto internazionale che stabilirà in seguito quando e come vi sia l'acquisizione automatica nel diritto interno delle convenzioni e dei trattati internazionali, il che non sempre avviene, neanche ora.

Per quanto riguarda qualche caso particolare, la questione potrà essere sollevata in un secondo tempo.

Dossetti, Relatore, risponde all'onorevole Moro che si riservava di sollevare la questione cui l'onorevole Moro ha fatto cenno.

Il Presidente Tupini domanda all'onorevole Dossetti se crede di dover rispondere alla domanda dell'onorevole Moro, dopo aver aderito alla formula dell'onorevole Cevolotto.

Dossetti, Relatore, risponde che bisogna distinguere: norme di diritto internazionale generale; norme di diritto internazionale positivo (i trattati); accordi tra Stato e Chiesa. Dichiara che nell'esprimere il suo assenso alla formula Cevolotto in merito al primo problema, non ha inteso pregiudicare né la seconda né la terza questione.

Moro si associa alle dichiarazioni dell'onorevole Dossetti riservandosi di intervenire quando saranno sollevate tali questioni.

Mancini dichiara che potrebbe accettare la formula dell'onorevole Cevolotto solo nel caso che l'espressione: «Le norme del diritto delle genti» fosse sostituita dall'espressione: «Le norme dei rapporti internazionali».

Cevolotto, Relatore, osserva che ci sono altri rapporti non giuridici come, ad esempio, le convenzioni postali.

Moro domanda all'onorevole Mancini che differenza egli fa tra diritto delle genti e norme dei rapporti internazionali.

Mancini risponde che il diritto delle genti non esiste più, mentre i rapporti internazionali saranno stabiliti dalle convenzioni future.

Moro dichiara di non ritenere che il diritto delle genti sia stato annullato; esso può essere stato violato, e proprio il fatto che i criminali di guerra sono stati giudicati e condannati, dimostra che vi è un diritto in base al quale si è proceduto alla loro condanna. Il diritto delle genti va ricostituendosi, e l'Italia contribuirà a questa ricostituzione dichiarando la sua fedeltà alle norme elementari del vivere internazionale.

Mancini dichiara di essersi ispirato a questo principio, proponendo di sostituire con le parole «rapporti internazionali» le parole «diritto delle genti».

De Vita propone di sostituire alla dizione «diritto delle genti» quella di «diritto internazionale generale».

Il Presidente Tupini osserva che in tal caso si parla di diritto pubblico.

Moro propone che si dica «diritto internazionale pubblico».

Il Presidente Tupini osserva che questa sarebbe la dizione migliore, e domanda all'onorevole Cevolotto se l'accetta.

Cevolotto, Relatore, dichiara di accettarla.

Il Presidente Tupini domanda all'onorevole Mancini se accetta l'emendamento sostitutivo «diritto pubblico internazionale».

Mancini ripete che il diritto internazionale oggi non esiste.

Togliatti dichiara di non accettare questa ultima formula proposta perché con essa si viene a invadere un altro campo. Accetta soltanto la primitiva formula dell'onorevole Cevolotto.

Il Presidente Tupini pone in votazione l'articolo proposto dall'onorevole Cevolotto, che ritiene raccolga la maggioranza delle adesioni ed è così formulato:

«Le norme del diritto delle genti generalmente riconosciute sono considerate come parte integrante del diritto della Repubblica italiana».

Cevolotto, Relatore, propone di togliere il termine «italiana» perché si è sempre parlato nei precedenti articoli soltanto di Repubblica.

Moro ricorda che l'onorevole Togliatti ha proposto di togliere anche il termine «come».

Mancini propone la seguente formula:

«Le norme dei rapporti tra i popoli generalmente riconosciute sono considerate come parte integrante del diritto della Repubblica».

Il Presidente Tupini mette ai voti la formula proposta dall'onorevole Mancini.

(È respinta con 15 voti contrari e 1 voto favorevole).

Mette ai voti la formula dell'onorevole Cevolotto modificata secondo gli emendamenti accettati dal proponente:

«Le norme del diritto delle genti generalmente riconosciute sono considerate parte integrante del diritto della Repubblica».

(È approvata con 15 voti favorevoli e 1 voto contrario).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti