[Il 15 marzo 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale delle «Disposizioni generali» del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Condorelli. [...] Lo Stato libero è Stato di diritto. Ciò è stato affermato acconciamente nell'ultima parte dell'articolo 1, dove si dice che la sovranità — io direi il potere — è esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione e delle leggi. E lo Stato di diritto è pienamente lo Stato di diritto quando esso è limitato non solo dal diritto interno, ma anche dal diritto esterno, cioè dal diritto internazionale. Avrete pertanto completa la figura dello Stato di diritto con l'articolo 3 delle disposizioni generali nel quale si dice che l'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciuto. Nella formulazione, vi è qualche cosa di superfluo che può intorbidare: quella aggiunta, cioè: «generalmente riconosciuto».

Io credo di intuire la genesi di questa aggiunta.

È una tesi scientifica che è stata autorevolmente sostenuta, ma è meglio non introdurre questa questione dottrinale nella legge. Il diritto internazionale sappiamo che cosa è. Il diritto internazionale risulta da tre fonti: i trattati internazionali — trattati-accordo o trattati normativi — le consuetudini ed una fonte, non da tutti ammessa, che è il diritto tacito fondamentale.

Evidentemente questa espressione «generalmente riconosciuto» non si può riferire ai trattati, si riferisce alle consuetudini. Forse, si pensa che una consuetudine non è tale se non è generalmente riconosciuta. In fondo, ci si ricollega alla teoria del riconoscimento come fondamento obbligatorio della consuetudine. È una opinione che non solo io, ma la generalità non condivide, perché il riconoscere una consuetudine non dat esse alla consuetudine, non è un atto di volontà creativo della consuetudine, è soltanto la constatazione dell'esistenza della consuetudine, è solo un atto di intelligenza. La consuetudine esiste da per sé, a prescindere dal riconoscimento.

Io penso che bisognerebbe toglierla, questa aggiunta, perché potrebbe essere interpretata come volontà di attenuare la subiezione del nostro ordinamento giuridico al diritto internazionale, che invece perfeziona la figura dello Stato di diritto, che volontariamente si limita, col diritto interno all'interno, col diritto internazionale nei rapporti esterni, nei rapporti con gli altri Stati.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti