[Il 24 marzo 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli delle «Disposizioni generali».]

Presidente Terracini. [...] Passiamo all'articolo 2, che diverrà, nel testo definitivo, l'articolo 4:

«La bandiera d'Italia è il tricolore: verde, bianco e rosso, a bande verticali di eguali dimensioni».

L'onorevole Clerici ha proposto di sostituire l'articolo col seguente:

«La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano».

L'onorevole Clerici ha facoltà di svolgere l'emendamento.

Clerici. Onorevoli colleghi, la questione è minima, ma l'emendamento da me proposto parmi si raccomandi per la sua brevità (sono otto parole, anziché 18 (Commenti); ed è un bel precedente se potessimo per altri articoli raggiungere simile risultato), per la incisività (perché sembra più perentorio, anche per il popolo, che dovrà apprendere la nostra Costituzione) ed anche per la serietà (perché mi pare che l'articolo proposto dalla Commissione sappia un po' di modello di sartoria). So che esso è la traduzione letterale di analoga disposizione della Costituzione francese. Qui per vero la Commissione dei 75 non ha fatto un grande sforzo cerebrale, perché essa ha sostituito in tutto il verde al bleu del testo francese. Ma credo che egualmente la dizione proposta sia non solo superflua, ma anche brutta, perché nessuno in Italia ignora che il nostro tricolore è verde, bianco e rosso; e non lo ignora il mondo. Non lo si ignora soprattutto perché, da quando il tricolore fu consacrato, or sono 150 anni, a Reggio Emilia, è restato sempre il simbolo della libertà, dell'unità e dell'indipendenza della Patria; la bandiera della Cispadana e della Cisalpina come della gloriosissima Partenopea. Ed a Napoli risventola nel 1821, come ovunque nei moti del 1830 e del 1831, come nel 1848, allora quando i delegati di Milano lo imposero a Carlo Alberto, sempre esitante e sempre ambiguo. E così fu che il tricolore divenne nello Stato Sardo la bandiera nazionale in luogo della bandiera azzurra: quel tricolore che venti giorni prima, nel concedere, o meglio nel farsi strappare lo Statuto, Carlo Alberto aveva ancora bandito, ancora proscritto. Ma nel suo stesso decreto, emanato l'indomani, Carlo Alberto si limitava a dire che il tricolore italiano era assunto come bandiera dello Stato senza fermarsi ad altre specificazioni. Specificazioni circa le bande e persino l'asta e gli altri ammenicoli si trovano in numerose leggi e decreti, da quelli sardi del 1848 alla legge del 25 marzo 1860, dal decreto fascista 25 novembre 1925, n. 2264, il quale specifica le varie bandiere per l'esercito, la marina e simili, sino al decreto reso all'indomani del referendum del 2 giugno. Altre cose saranno da stabilirsi o mutarsi in leggi particolari; ad esempio il colore azzurro, l'azzurro dei Savoia, dell'asta; ma questo rientrerà nelle cure specifiche dei repubblicani storici. Sono queste le ragioni per le quali ritengo accoglibile il mio emendamento.

Presidente Terracini. L'onorevole Condorelli ha facoltà di svolgere il seguente emendamento:

«Dopo la parola: dimensioni, aggiungere: recante nella banda centrale scudo con croce bianca in campo rosso sormontato da corona civica turrita».

Condorelli. Onorevoli colleghi, vi prego di volermi ascoltare un istante senza preconcetti. Prevengo che le mie parole sono animate non da una fede di parte che può dividerci, ma dal sentimento di italianità che tutti ci accomuna.

La nostra bandiera era identificata dallo stemma dello Stato che recava nel medio lo scudo crociato, giacché il tricolore, come è detto nella stessa relazione, è stato adottato da altri popoli. Adesso si è pensato di togliere lo stemma dello Stato supponendo che questo fosse non l'emblema dello Stato italiano, ma di un regime. È un errore. (Rumori). Ed un errore storico, come io ho potuto apprendere e come ognuno potrebbe apprendere leggendo una dotta relazione presentata all'Accademia dei Lincei da Cerutti il 16 dicembre 1886. Quello che comunemente si chiama lo scudo di Savoia non è invece che lo stemma del Piemonte. (Rumori Commenti). È storicamente noto che lo stemma dei Savoia è l'aquila nera su sfondo azzurro. Solamente Pietro II, nel 1265, volendo affermare le sue pretese sui territori del Piemonte aggiunse, lui soltanto, sul petto dell'aquila lo scudo del Piemonte. Venti anni dopo lo imitò il suo successore Amedeo V allo stesso scopo. Da allora in poi lo scudo del Piemonte ha continuato ad essere lo stemma del Piemonte; l'aquila nera su sfondo azzurro ha continuato ad essere lo stemma dei Savoia. Sul petto di quest'aquila si andarono aggiungendo, variando nel tempo, gli stemmi dei territori che i Savoia pretendevano facessero parte del loro dominio o che effettivamente ne facevano parte.

Lo stemma del Piemonte viene posto nel centro della nostra bandiera il 23 marzo 1848, in una data gravida di fati nazionali. È proprio nel proclama con cui il condottiero della prima guerra di indipendenza italiana chiama tutti i popoli d'Italia alla loro crociata, che questo stemma appare per la prima volta in un documento ufficiale con queste parole: «Per meglio dimostrare con segno esteriore il sentimento dell'unione italiana vogliamo che le nostre truppe, entrando nel territorio della Lombardia e della Venezia, portino lo scudo di Savoia sovrapposto alla bandiera tricolore». (Commenti a sinistra). Vi prego di notare che non si dice lo scudo del nostro casato o della nostra dinastia, o lo scudo dei Savoia; si dice lo scudo di Savoia, perché quel tale emblema era anche lo stemma della Savoia (Commenti a sinistra), stemma che la Savoia conserva ancora oggi, pur essendo passata sotto la sovranità francese, ed in regime repubblicano: prova evidente che quello è lo stemma del territorio di Savoia. (Commenti Interruzioni a sinistra).

Posso dimostrare in modo perentorio che quello che si ritiene emblema di una dinastia è invece emblema dello Stato. Da principio, dal 23 marzo 1848 in poi, fu lo stemma dello Stato piemontese; poi, con la incorporazione dei vari Stati italiani nello Stato piemontese, divenne lo stemma dello Stato italiano. Il mutamento della forma istituzionale dello Stato importava che si togliessero dallo stemma l'attributo dell'istituzione monarchica, i segni della dinastia, cioè la corona, il collare dell'Annunziata, il nastro azzurro che lo circonda, ma non che noi rinunciassimo a quello che è lo stemma dello Stato italiano.

Io penso, o colleghi, che non ci sarà immaginazione squisita di artista che potrà trovare, andando alla ricerca dello stemma, un emblema che esprima più nobilmente il senso della nostra storia civile, morale e religiosa.

Io penso, o amici, che non possiamo rinunciare, per un errore, a questo stemma che per una coincidenza, non certo casuale, ma ideale e voluta, è insieme l'emblema della redenzione umana e del rispetto nazionale. (Commenti Interruzione dell'onorevole De Michelis).

Presidente Terracini. L'onorevole Condorelli ha diritto a dieci minuti per illustrare il suo emendamento, diritto che lei, onorevole De Michelis, non gli può contestare. Prego, quindi, gli onorevoli colleghi di tacere.

Condorelli. Io comprendo perfettamente che cosa significhi questa vostra opposizione: errore vero o errore voluto. Ho presentato questa proposta di emendamento perché non volevo che in questa Assemblea, nel momento in cui si affermano i caratteri del vessillo nazionale, quello che ho detto non venisse ricordato. Ma, per non darvi la responsabilità di un voto che priva l'Italia del suo storico simbolo, per non darvi la responsabilità di un voto che potrebbe impedire più meditate decisioni, io rinuncio all'emendamento. (Commenti).

Presidente Terracini. L'onorevole Selvaggi ha presentato il seguente emendamento:

«Dopo la parola: dimensioni, aggiungere: recante nella banda centrale la lupa romana sormontata dalla corona civica turrita».

(Commenti a sinistra).

Ha facoltà di svolgerlo.

Selvaggi. La proposta da me presentata non ha nessun carattere sentimentale, poiché effettivamente tutti sappiamo, fin dalla nostra più tenera infanzia, che il tricolore è la bandiera italiana. Però ci sono delle ragioni pratiche che riguardano dove la bandiera nazionale sarà portata; sui mari per esempio, la bandiera italiana potrà facilmente essere scambiata con la bandiera di un altro Stato che ha gli identici colori, la bandiera messicana, per esempio. Quindi diamo a questa bandiera una qualche caratteristica che la possa distinguere da altri simboli nazionali. Non sarà la proposta da me presentata, che ha fatto sorridere molti, perché chissà cosa pensavano; potrà essere un'altra proposta, ma un carattere distintivo a questo vessillo nazionale ritengo che sia necessario dare.

Presidente Terracini. Prego la Commissione di voler dire il suo parere.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. La Commissione ha esaminato la proposta dell'onorevole Clerici e gli è grata per l'espressione di «tricolore italiano». Dire che la bandiera della Repubblica è il tricolore italiano squilla bene, e si riallaccia storicamente al nostro passato, al vessillo che è propriamente nostro, al di sopra delle forme di governo. Ma, oltreché questa felice accentuazione, l'onorevole Clerici vuole un taglio; ricusa ogni indicazione che abbia, egli dice, aria di sartoria: perché indicare quali sono i colori e le forme della bandiera? Voi copiate, ci dice, la Costituzione francese, mettendo verde al posto di bleu. Qui non siamo d'accordo. Non è per gusto di sarto, o per pigrizia, o per copiare la Costituzione francese che abbiamo indicato quale è il tricolore italiano. L'abbiamo fatto per uniformarci ad una esigenza che vi è in tutte le Costituzioni, di precisare, anche per ragioni internazionali, i caratteri del vessillo della propria Nazione. La Commissione ha davanti agli occhi il nostro vessillo e si richiama al tricolore che 150 anni fa venne proclamato a Reggio Emilia, mia città nativa: ed esaltato dal popolo nelle sue canzoni: il tricolore puro, schietto, «verde, bianco e rosso», come dirà la Costituzione.

L'eccezione fatta dall'onorevole Selvaggi ha un certo valore, in quanto gioverebbe distinguere e qualificare la nostra bandiera da altre, che, venute dopo, hanno adottato gli stessi colori. Ma non è possibile che la Costituente diventi una Commissione di araldica e stabilisca, improvvisando, un emblema da introdurre nella nostra bandiera. V'è già una Commissione nominata dal Governo che deve proporre un emblema o stemma pel Paese. Altro è che il segno approvato per altri scopi debba essere messo o no sul tricolore italiano

La Commissione si pronuncia intanto pel tricolore puro e schietto, semplice e nudo quale fu alle origini, e tale lo evocò e baciò, cinquant'anni fa, il Carducci; e così deve essere la bandiera dell'Italia repubblicana.

Presidente Terracini. Degli emendamenti presentati, restano quello dell'onorevole Selvaggi e quello dell'onorevole Clerici.

L'emendamento Selvaggi è quello che più differisce dalla proposta della Commissione. Devo quindi porlo ai voti per primo.

Bellavista. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Bellavista. Voterò contro e l'emendamento Selvaggi e l'emendamento Clerici, accettando l'articolo 2 così come è nella formulazione proposta dalla Commissione.

Io penso che la questione di sartoria, cui alludeva l'onorevole Clerici, sia ben posta, ad evitare future, postume manipolazioni di quelli che costituiscono gli «essentialia» del tricolore italiano: il verde, il bianco ed il rosso. Niente sovrapposizioni distintive, dunque.

Do al mio voto appunto questo valore limitativo. Io non ho la competenza araldica, che mostrava poc'anzi di avere l'onorevole Silipo, né sono chirurgo della fama dell'onorevole Pieri per fare la laparatomia della storia come egli ha fatto, mentre parlava l'onorevole Condorelli a proposito del contributo di Casa Savoia all'unità d'Italia. Ma insisto nel dire che il tricolore della Repubblica, che ha perduto quegli attributi distintivi che accompagnarono l'epopea del Risorgimento, si mantenga almeno per quelli che sono i suoi colori — verde, bianco e rosso — e senza nessun altro fregio, di altra origine o natura.

Ho inteso dire dall'onorevole Ruini: i fregi sono aboliti. Ebbene, che siano aboliti e definitivamente per tutti e per qualsiasi parte.

Presidente Terracini. Pongo ai voti l'emendamento Selvaggi.

(Non è approvato).

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Vorrei confermare che il testo proposto dalla Commissione è questo: «La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano verde, bianco, rosso, a bande verticali di eguali dimensioni».

La Commissione accetta l'emendamento Clerici, conservando però la specificazione dei colori.

Clerici. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Clerici. Mi associo alla proposta della Commissione.

Persico. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Persico. Desidero una spiegazione: siccome una Commissione di studio deve stabilire l'emblema della Repubblica, che dovrà essere poi approvato dall'Assemblea Costituente, quando l'emblema sarà definitivamente stabilito, esso andrà al centro del bianco della bandiera?

Bellavista. No, no!

Presidente Terracini. Onorevole Persico, la sua proposta coincide con altre sulle quali il Presidente della Commissione ha esercitato la sua critica.

Se comunque desidera fare una proposta formale, la faccia: la spiegazione che lei desidera non può infatti considerarsi implicita nella votazione che faremo.

Persico. Non intendo presentare alcuna proposta formale.

Presidente Terracini. Pongo ai voti la nuova formula proposta dalla Commissione:

«La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a bande verticali di eguali dimensioni».

(È approvata — L'Assemblea e il pubblico delle tribune si levano in piedi — Vivissimi, generali, prolungati applausi).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti