[Il 10 dicembre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione riesamina gli articoli da deferire al Comitato di coordinamento.]

Il Presidente Tupini, sull'articolo 14, ricorda che in sede di discussione dell'articolo fu fatta una riserva circa l'opportunità di apposito riferimento alle società segrete.

Ritiene giunto il momento di sciogliere tale riserva.

Togliatti aggiungerebbe all'ultimo comma l'espressione seguente: «Sono proibite le associazioni segrete».

Amadei si associa alla proposta dell'onorevole Togliatti, e per collegare l'espressione con il concetto precedente, direbbe: «Sono parimenti proibite le associazioni segrete».

Lucifero è d'avviso che il concetto sia troppo vago e tale da dare adito ad errate interpretazioni da parte degli organi di polizia con conseguenti abusi.

A suo avviso si dovrebbe invece aver riguardo al fine che queste associazioni segrete perseguono, precisandosi che sono proibite le associazioni aventi un fine politico che possa minacciare o minare la Costituzione dello Stato.

Il Presidente Tupini ritiene che in un regime di democrazia non si possano concepire società segrete di alcun genere che, a suo avviso, dovrebbero essere proibite alla pari di quelle aventi un'organizzazione militare. Le società segrete si possono soltanto concepire in un regime dittatoriale, quando la libertà è limitata o inesistente, ma non in un regime democratico dove ogni associazione può vivere alla luce del sole. Pertanto, se si vuole fare una Costituzione democratica, bisogna essere logici, affermando il divieto di ogni associazione segreta, senza bisogno di scendere nella Costituzione a specificazioni che potrebbero essere imperfette, o incomplete. Sarà compito del legislatore stabilire quali possono essere le società segrete, o che si presumano tali, nei confronti delle quali si debba applicare il divieto.

Cevolotto pensa che quando si parla di società segrete, alcuni intendono di riferirsi alla massoneria. Precisa che la massoneria non può ritenersi un'associazione segreta, essendo noti a tutti i suoi programmi, i suoi dirigenti e la sua sede. Bisognerebbe quindi stabilire che cosa si intenda per società segreta, perché non crede che certe forme particolari di riservatezza, sia per quanto riguarda particolari deliberazioni, sia nei confronti dell'elenco dei soci, bastino per qualificare una società come segreta, non potendosi pretendere, senza violare la libertà dei cittadini, che sia di assoluto dominio pubblico anche tutto ciò che riflette la vita interna delle associazioni, specialmente se di carattere politico. La proibizione deve perciò rivolgersi principalmente a quelle società che segretamente tendono a minare la compagine dello Stato e che agiscono contro la legge. Si dichiara pertanto contrario alla formula proposta dall'onorevole Togliatti.

Caristia è d'accordo con il Presidente che non possano concepirsi in regime democratico società segrete. A suo avviso, però, il tener celato lo statuto, o gli elenchi dei soci, incide in minima parte sulla natura segreta della società, il cui carattere di segretezza va piuttosto ricercato nel fatto che questa caratteristica rappresenti lo scopo precipuo di tale società.

Ritiene quindi che non sarebbe difficile trovare gli estremi per definire quando una associazione è veramente segreta.

Moro propone le seguenti due formule, di cui la seconda sostitutiva dell'ultimo comma dell'articolo in esame: «Sono proibite quelle associazioni che hanno consacrato nel loro statuto il vincolo della segretezza»; «Le associazioni che perseguono fini politici mediante un'organizzazione militare o col vincolo del segreto sono vietate».

Il Presidente Tupini ripete che qualunque specificazione potrebbe essere incompleta. Fa, poi, osservare che se si sancisce il divieto delle associazioni che nel loro statuto consacrino il vincolo della segretezza, le società che vorranno mantenersi segrete, non introdurranno nel loro statuto tale norma. Pertanto insiste nel ritenere che la Costituzione si debba limitare ad un'affermazione normativa generale che indirizzi la vita, la legge, il costume del Paese, riservando al legislatore di stabilire gli elementi caratteristici delle associazioni che si vogliono proibire.

Moro precisa di aver inteso esprimere il concetto che il carattere della segretezza dovesse essere essenziale e non transitorio nell'associazione, e che per tanto non si potesse fare a meno di consacrarlo nello statuto. Ad ogni modo, più che lo statuto, si deve vedere il fatto sostanziale, vale a dire l'intenzione della società di essere segreta.

De Vita pensa che l'unico criterio distintivo potrebbe essere quello di ritenere segrete quelle associazioni che tendono a non far conoscere la propria esistenza.

Moro è d'accordo con l'onorevole De Vita. Il carattere della segretezza deve essere essenziale alla natura dell'associazione e non deve riguardare i particolari del suo funzionamento.

Mancini concorda anch'egli con l'onorevole De Vita, che per società segreta si debba intendere non quella di cui si ignorino le finalità o il numero dei soci, ma quella che mira a mantenere segreta la propria esistenza.

Moro propone la dizione: «Sono proibite le società che hanno come carattere essenziale la segretezza».

Il Presidente Tupini ritiene che la formula dell'onorevole Togliatti sia la più esauriente.

Mette, pertanto, ai voti la seguente dizione aggiuntiva:

«Sono parimenti proibite le associazioni segrete».

Cevolotto dichiara che voterà a favore di questa formula, nel senso che debbono essere proibite le associazioni che tendano a mantenere segreta la loro esistenza.

De Vita dichiara di votare a favore, secondo l'interpretazione che ha dato precedentemente.

Moro dichiara di votare a favore, secondo quanto ha esposto in precedenza.

Mancini dichiara di votare a favore, nel senso che devono intendersi per associazioni segrete quelle che cercano di nascondere la propria esistenza.

(La proposizione aggiuntiva è approvata all'unanimità).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti