[L'11 aprile 1947, nella seduta antimeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo primo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti civili».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 10 per il testo completo della discussione.]

Presidente Terracini. L'onorevole Corsanego ha presentato i seguenti emendamenti:

«Dopo il secondo comma, aggiungere il seguente:

«Non è ammessa l'estradizione del cittadino, salvo che sia espressamente consentita da trattati internazionali».

«All'ultimo comma, dopo la parola: estradizione, aggiungere: del Cittadino e».

L'onorevole Corsanego ha facoltà di svolgerli.

Corsanego. Il primo emendamento da me proposto è simile a quello proposto dai miei amici Bettiol, Leone Giovanni e Benvenuti, con una piccola differenza, cioè che mentre nell'emendamento Bettiol si esclude in ogni caso l'estradizione del cittadino, nel mio emendamento si ammettono delle eccezioni.

Lo svolgimento di questo emendamento può essere brevissimo, perché si tratta di materia cognita a tutti i giuristi. Tutti sanno che quasi tutte le legislazioni vietano l'estradizione dei loro concittadini e il divieto si fonda su motivi notissimi, perché il cittadino e lo Stato sono uniti da vincoli tali che non implicano soltanto degli obblighi da parte del cittadino di pagare le tasse, di prestare servizio militare, ecc., ma, in contrapposto agli obblighi, il cittadino ha dei diritti e tra questi il diritto di essere protetto dal proprio Stato sia all'interno che all'estero. Un secondo motivo è che, di solito, i giudici sono portati ad essere molto più severi verso lo straniero e la stessa opinione pubblica, lo stesso pubblico che assiste ad un dibattimento penale, sono sempre più ostili verso l'imputato straniero. Vi è poi un altro motivo fondamentale: ci sono molte nazioni le quali conservano delle pene barbare ed hanno una procedura difettosa.

Per tutti questi motivi, la maggior parte delle Costituzioni e la maggior parte delle legislazioni penali vietano l'estradizione dei propri cittadini. Ma se questo principio si trova consacrato nella maggior parte delle Costituzioni e si trova ripetuto nella maggior parte dei Trattati di diritto internazionale, la dottrina moderna e la prassi contemporanea hanno portato dei temperamenti al principio stesso: cioè la tendenza moderna è diretta a rendere meno assoluto il divieto di estradizione dei cittadini. Per esempio, c'è la grande eccezione degli Stati Uniti d'America e dell'Inghilterra, i quali concedono anche l'estradizione del proprio cittadino, perché dicono che non concepiscono che un colpevole possa essere legittimamente sottratto alla giurisdizione dello Stato di cui ha violato le leggi. Quindi l'Inghilterra e l'America concedono l'estradizione del cittadino anche quando non vi sia reciprocità.

Nel 1921 vi fu una convenzione fra l'Estonia, la Lettonia e la Lituania, per cui fu concessa in qualche caso l'estradizione dei propri cittadini, con questa esatta formula: L'extradition des propres citoyens peut être niée; cioè: può essere negata; ma può anche essere ammessa. E in certi casi è ammessa l'estradizione del cittadino dalle legislazioni del Brasile, del Perù e dell'Uruguay.

Perciò il mio emendamento ha un duplice scopo: anzitutto di affermare il principio, che non si trova formulato nell'articolo così com'è proposto, del divieto di estradizione del cittadino; e in questo concordo perfettamente coi miei colleghi e amici. Però, aggiungo che è possibile — per eccezione, quando ci sia la reciprocità di un'altra Nazione — concedere l'estradizione del cittadino. Perciò il mio emendamento dice appunto: «Non è ammessa l'estradizione del cittadino, salvo che sia espressamente consentita da trattati internazionali».

C'è poi un secondo mio emendamento allo stesso articolo, che consiste in una piccola aggiunta che si rende necessaria: laddove si dice che non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici, se si accetterà l'emendamento del collega Bettiol, allora si dirà: «in nessun caso quella del cittadino»; ma, se si accettasse per avventura il mio emendamento, bisognerebbe aggiungere all'ultimo comma la parola «cittadino»; cioè: non è ammessa l'estradizione del cittadino e dello straniero per reati politici. Bisogna, in sostanza, tener ben fermo il principio che mai, in nessun caso, può avvenire la mostruosità giuridica che un cittadino debba essere estradato per motivi politici.

Presidente Terracini. [...] Gli onorevoli Bettiol, Leone Giovanni e Benvenuti hanno presentato il seguente emendamento:

«All'ultimo comma, aggiungere le parole: e in nessun caso quella del cittadino».

L'onorevole Bettiol ha facoltà di svolgerlo.

Bettiol. Col collega Leone e col collega Benvenuti noi insistiamo sul nostro emendamento, il quale è diretto a porre in sede costituzionale un divieto assoluto per quanto riguarda l'estradizione del cittadino. Io mi rendo conto che molte obiezioni assennate possono esser fatte contro il principio che noi vorremmo vedere sancito nella Costituzione; ma però ci richiamiamo al fatto che ogni Costituzione è storicamente condizionata, quindi sorge in un determinato momento storico che ha caratteristiche, peculiarità tutte sue. Questa nostra Costituzione — è stato detto già da più parti in questa Assemblea — sorge dopo la tirannia del ventennio. In quel periodo il principio dell'estradabilità del cittadino è stato nuovamente riaffermato, mentre nella nostra tradizione giuridica e politica, anteriore alla instaurazione del regime dittatoriale in Italia, era sancito il principio che il cittadino mai poteva venire estradato.

C'è, quindi, questa esigenza di carattere politico che, in questo momento, urge alle porte della Costituzione e fa sì che il principio della non estradizione del cittadino sia da considerarsi come degno di essere sancito espressamente negli articoli costituzionali.

Badate bene poi che la regola stessa per cui il cittadino non può essere estradato si può anche riferire, grosso modo, «alla regola che nessuno può essere distolto dai propri giudici naturali; principio che è stato già accolto nel progetto di Costituzione. E qual è il giudice più naturale, se non il giudice del Paese, se non il giudice dello Stato cui il cittadino stesso appartiene? È soltanto il giudice del Paese cui appartiene il cittadino che può infatti valutare, nei momenti o nelle situazioni di fatto, tutto quello che attiene all'azione delittuosa commessa dal cittadino stesso.

Le azioni delittuose perpetrate dal cittadino all'estero possono trovare in Italia una valutazione e un giudizio diversi da quelli che si possono avere all'estero, in quanto il nostro giudice ha una sensibilità diversa da quella del giudice che vive sotto altro clima, in altra situazione sociale e politica.

Noi crediamo che, per queste ragioni ed anche per altre cui per brevità ometto di accennare, l'emendamento debba esser posto in votazione.

[...]

Presidente Terracini. Qual è il parere della Commissione sugli emendamenti?

Tupini, Presidente della prima Sottocommissione. [...] Riguardo all'emendamento proposto dall'onorevole Corsanego, dichiaro di essere d'accordo sul merito, salvo una mia proposta personale di emendamento all'emendamento.

La prima considerazione riguarda il collocamento di questo emendamento per quanto attiene alla estradizione del cittadino.

Se il Presidente consente, io direi che la sede opportuna sia l'ultima parte dell'articolo 10.

Prego l'onorevole Corsanego e gli onorevoli Bettiol ed altri, i quali, sia pure con termini diversi, aderiscono all'emendamento, di prendere atto di questo: che dobbiamo, sì, considerare l'estradizione del cittadino e l'estradizione dello straniero; ma, per quanto attiene all'estradizione del cittadino, collocare il concetto nell'articolo 10, e per quanto attiene all'estradizione dello straniero parlarne in sede di articolo 11, ora diventato 12.

Però, nel momento stesso in cui dichiaro di accettare l'emendamento Corsanego, nella speranza che egli concordi con me circa la sede più opportuna, prego di volere consentire che la formula da lui adoperata «consentita da trattati internazionali» sia sostituita da questa «consentita dalle convenzioni internazionali».

Ne ho già espresso le ragioni all'onorevole Corsanego e mi pare che egli non abbia opposto difficoltà.

L'onorevole Corsanego propone ancora altro emendamento e cioè di aggiungere all'ultimo comma dopo la parola «estradizione» le parole «del cittadino e».

Naturalmente, avendo egli aderito alla mia proposta di collocamento, l'emendamento stesso deve ritenersi assorbito in quella.

Credo di aver così implicitamente risposto anche agli onorevoli Bettiol ed altri, dai quali spero avere eguale consenso.

Onorevole Bettiol, è necessario aggiungere «e in nessun caso quella del cittadino»?

Quando non è consentita l'estradizione del cittadino e quando noi disgiungiamo l'estradizione dello straniero, collocandola all'articolo 11, e quella del cittadino, collocandola all'articolo 10, viene meno la ragione del suo emendamento.

Se fossero stati uniti i due concetti, avrei compreso il motivo rafforzativo della sua proposta, ma ora non più.

Ritengo, perciò, che l'onorevole Bettiol possa aderire.

[...]

[Il Presidente Terracini chiede ai presentatori degli emendamenti se intendono mantenerli.]

[...]

Presidente Terracini. E lei, onorevole Corsanego?

Corsanego. Accetto la proposta della Commissione.

Presidente Terracini. E lei, onorevole Bettiol?

Leone Giovanni. Come firmatario dell'emendamento vorrei osservare che siamo d'accordo per la trasposizione del principio nell'articolo precedente, perché quella è la sede più opportuna. Ci sembra, poi, che vada messo in rilievo il divario fra la nostra formula e quella dell'onorevole Corsanego, in quanto noi non vorremmo consentire che neppure in caso di convenzione o trattato internazionale l'estradizione possa essere concessa. E a fondamento di questo nostro emendamento poniamo l'esperimento attuale di un trattato che ci viene imposto. In avvenire, potrebbe accadere qualcosa di analogo.

[...]

Presidente Terracini. La votazione sugli emendamenti e il seguito della discussione sono rinviati alla seduta pomeridiana.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti