[Il 5 marzo 1947 l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Mastrojanni. [...] Un duplice orientamento si appalesa: lo Stato si preoccupa eccessivamente della famiglia; lo Stato si sostituisce ai genitori. La Costituzione definisce la famiglia in senso che per noi è ambiguo. Identifica la famiglia in «società naturale», e quindi la considera una situazione di fatto e non di diritto, talché — e conferma questo concetto successivamente — allorché parla dei figli naturali e dei figli legittimi, accomuna gli uni e gli altri; e neppure tiene conto dei figli adulterini e incestuosi, e questo ibrido consesso di gente che deriva da diverse fonti, anche peccaminose e — dal punto di vista biologico — anche dannose, dovrebbe poter convivere sotto lo stesso tetto. Se distinzione non si è voluta fare in ordine alla diversa origine dei diversi figli, noi abbiamo ragione di ritenere che la concezione della famiglia, esclusivamente come società naturale, non risponda alla coscienza collettiva del popolo italiano, e abbiamo ragione di ritenere altresì che, avendosi riguardo alla spontanea unione societaria dell'uomo e della donna, senza preventivo crisma legale o religioso, sia da prevedere l'incapacità dei nuovi nuclei naturali ad esercitare la loro missione nella vita, e pertanto provvede lo Stato col suo intervento a colmare le lacune. Non solo, ma la incapacità morale od economica dei genitori consente allo Stato di sostituirsi ai genitori; non solo, lo Stato interviene per la protezione dell'infanzia e della maternità. Ciò altamente onora lo Stato e siamo tutti perfettamente d'accordo; ma quando lo Stato, oltre alla protezione alla maternità e all'infanzia, s'ingerisce anche nell'educazione e nella protezione della gioventù, attraverso gli organismi che lo Stato a tal uopo crea o favorisce, esorbita dalle sue funzioni, per modellare sulle sue concezioni politiche particolaristiche la gioventù che a tale dominio ha diritto di non essere assoggettata.

Ma che cosa significa tutto ciò in una Carta costituzionale? Perché si è voluto in modo inequivoco, in modo categorico, impegnare lo Stato a creare persino gli organismi dove la gioventù trova la sua protezione?

Onorevoli colleghi, noi siamo preoccupati da queste affermazioni le quali, ripeto, possono essere determinate da fini nobilissimi, da un concetto etico della vita, da una religiosità e da una spiritualità che può anche commuovere, ma non dimentichiamo che noi non scriviamo un libro di filosofia o di morale, scriviamo la Costituzione, la quale impegna il legislatore futuro. Il legislatore futuro deve uniformarsi agli imperativi categorici della Costituzione e gli imperativi categorici rappresentano la legge fondamentale alla quale deve essere orientata tutta la futura legislazione e se, per ipotesi, onorevoli colleghi, domani un partito politico prevalente, che ha determinati orientamenti, determinati programmi filosofici, materialistici, economici o idealistici, intenderà di perseguire quelle finalità che la Costituzione gli consente, ed attua praticamente quanto la Costituzione afferma, noi potremmo trovarci di fronte ad uno Stato totalitario ed invadente, che vigila l'essere umano dalla sua nascita, vigila la famiglia per stabilire se adempie e soddisfa quelle esigenze sociali, economiche e morali che impone in coerenza a quegli orientamenti politici prevalenti. La stessa persona poi lo Stato controlla nella sua ascesa e nella sua formazione, la inserisce nelle comunità naturali, e poi nelle formazioni sociali che lo Stato protegge e sorveglia, e di poi gli appresta i mezzi materiali per formare la famiglia. La vicenda si ripete, di modo che questo essere vivente non ha più gli attributi della libertà, non sente le responsabilità del proprio io, non assurge alla dignità della sua persona, non sente il pungolo del bisogno, non si adopera per superare gli ostacoli, ma si adagia supinamente nella rete di provvidenze, che da un punto di vista sociale, possono soddisfare gli interessi economici dell'uomo, gli interessi materialistici dell'uomo, ma sopprimono in lui la libertà, la coscienza, la individualità, l'iniziativa e lo rendono una macchina priva di quella divina scintilla dell'intelligenza, che sola può farlo assurgere alle più alte dignità umane e consentirgli di portare il contributo della sua opera e della sua saggezza, attinta nella emulazione e nello sforzo individuale con spirito di iniziativa, che non deve essere soffocato e soddisfatto da esigenze di carattere esclusivamente materialistico. (Applausi a destra).

[...]

Laconi. [...] La Repubblica, giustamente diceva ieri l'onorevole Calamandrei, è una forma definitiva di regime. La decisione sulla forma repubblicana è sottratta alla nostra competenza di costituenti, perché il popolo stesso si è espresso su questo punto e ha dichiarato la sua volontà.

A noi, altro spetta. A noi spetta fare in modo che questo regime sia un regime democratico conseguente, sia un regime, cioè, progressivo, orientato verso forme nuove, deciso ad elevare il popolo dalle sue miserie, un regime pacifico che si inserisca nella comunità dei popoli liberi con volontà di pace e di collaborazione. E per poter essere quello che noi vogliamo, questo regime deve essere fondato su due principî fondamentali: sulla sovranità popolare e sulla posizione preminente del lavoro.

Deve essere un regime orientato: non l'ho affermato a caso, onorevole Lucifero. Ieri lei diceva che dobbiamo creare un regime afascista. Io credo che questo non sia l'orientamento che il popolo italiano ci indica. Per chi pensa che il regime fascista sia stato soltanto una specie di crisi di crescenza, una malattia infantile o giovanile del popolo italiano, per questi il fascismo potrà essere qualche cosa di facilmente dimenticabile.

Per chi nel fascismo vede l'espressione di una contraddizione finale di tutto un regime, che ha almeno un secolo di storia in Italia, per chi nel fascismo ha visto e vede la rovina del nostro Paese, io credo non si possa parlare di Costituzione afascista, si deve parlare di Costituzione antifascista. In questo senso, tenendo conto di queste istanze, noi dobbiamo quindi giudicare il progetto che ci è offerto.

Risponde esso alla volontà del popolo? Traduce queste esigenze storiche ed in quale misura le traduce?

Queste sono le domande cui dobbiamo dare una risposta, e io credo che, in questo senso, noi possiamo salutare con soddisfazione l'affermazione solenne dei diritti civili e politici del cittadino, che troviamo in testa a questo progetto: l'affermazione della libertà personale, della inviolabilità del domicilio, della inviolabilità di corrispondenza, della libertà di riunione e di associazione, della libertà di stampa, di azione in giudizio. Libertà tutte che importa riaffermare soltanto in quanto sono state negate, soltanto in quanto noi siamo chiamati a fare una Costituzione dopo il fascismo, dopo la tirannide, soltanto in quanto noi ci troviamo a dovere polemizzare con tutto un regime e con tutto un sistema. In questo senso l'affermazione di queste libertà ha oggi un valore ed un significato.

Ma io credo che a nulla servirebbe questa condanna del passato. Questa affermazione di diritti e di libertà credo si ridurrebbe a qualcosa di dottrinario e di vuoto se noi non ci proponessimo, attraverso la Costituzione, di distruggere le condizioni attraverso le quali il fascismo si è affermato ed ha potuto negare le liberta dei cittadini; se noi non ci proponessimo di consolidare nel nostro Paese uno schieramento di forze che sia interessato alla democrazia, se noi non ci proponessimo, cioè, da un lato di abbattere i nemici della democrazia, di restringere il potere dei gruppi privilegiati che vogliono sacrificare e distruggere le nostre libertà, e dall'altro di rafforzare il blocco popolare, di dare al popolo la strada aperta verso l'avvenire. Se non facessimo questo, io penso che inutilmente le tavole della Costituzione potrebbero riaffermare le libertà dei cittadini ed i principî fondamentali della democrazia. Noi siamo chiamati quindi ad un compito nuovo, che consiste nell'introdurre principî e diritti nuovi nella Costituzione italiana, e nel prevedere le forme e i metodi attraverso i quali il legislatore di domani potrà dare pratica attuazione a questi principî, potrà concretare questi diritti.

In questo senso, all'articolo 7 della Costituzione va affermato che è ufficio della Repubblica «rimuovere gli ostacoli d'ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e la eguaglianza degli individui e impediscono il completo sviluppo della persona umana». In questo senso è affermato, cioè, che lo Stato non deve limitarsi ad un riconoscimento formale delle libertà e dei diritti del cittadino, ma deve intervenire nella vita sociale, economica e politica per rendere effettivo il godimento di questi diritti. Così lo Stato interverrà a tutelare la famiglia, ad assicurarle le condizioni minime di esistenza; così lo Stato interverrà ad assicurare ad ogni cittadino, che abbia capacità e merito, l'insegnamento scolastico.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti