[Il 29 ottobre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sui principî dei rapporti sociali (culturali).

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 33 per il testo completo della seduta.]

Togliatti. [...] Inoltre propone di aggiungere un punto relativo al conferimento delle provvidenze, a favore degli alunni capaci e meritevoli, mediante pubblico concorso. In definitiva, l'articolo che egli propone sarebbe così formulato:

«La scuola privata è libera ed ha pieno diritto alla libertà di insegnamento.

«La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi della scuola privata e nel determinare i requisiti per la sua parificazione, le assicura una libertà effettiva e, a parità di condizioni didattiche controllate dallo Stato, garantisce agli alunni degli istituti privati parità di trattamento.

«Tutte le provvidenze statali a favore degli alunni capaci e meritevoli, sono conferite mediante pubblici concorsi».

[...]

Moro, Relatore. [...] Per quanto riguarda l'articolo proposto dall'onorevole Togliatti, propone alcune modifiche. [...] dopo le parole: «Tutte le provvidenze statali a favore degli alunni capaci e meritevoli», aggiungere l'inciso: «a qualsiasi scuola appartengano».

[...]

Il Presidente Tupini. [...] Mette quindi ai voti l'ultima proposizione della formula proposta che è del seguente tenore:

«Tutte le provvidenze statali a favore degli alunni capaci e meritevoli, a qualsiasi scuola appartengano, sono conferite mediante pubblici concorsi».

Basso dichiara di essere favorevole al concetto contenuto nella proposta in esame, ma ritiene che con questo si entri in un campo estraneo ad una Costituzione e che, pertanto, non dovrebbe essere trattato in questa sede.

Cevolotto dichiara di essere favorevole al concetto, ma dal momento che egli ha dichiarato di votare contro tutto l'articolo, è costretto a votare contro anche questa proposizione a cui darebbe voto favorevole se fosse isolata.

(La proposizione è approvata con 11 voti favorevoli e 2 contrari).

Il Presidente Tupini rileva che l'articolo risulta approvato nei seguenti termini:

«La scuola non statale è libera ed ha pieno diritto alla libertà di insegnamento.

La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi della scuola non statale e nel determinare i requisiti per la sua parificazione, deve assicurarle una libertà effettiva, ed a parità di condizioni didattiche deve garantire agli alunni degli istituti non statali parità di trattamento.

Tutte le provvidenze statali a favore degli alunni capaci e meritevoli, a qualsiasi scuola appartengano, sono conferite mediante pubblici concorsi».

Lo mette ai voti nel suo complesso.

(È approvato con 11 voti favorevoli e 2 contrari).

[...]

Il Presidente Tupini. [...] Domanda ai relatori onorevoli Moro e Marchesi se sono in grado di poter presentare un nuovo articolo concordato.

Moro, Relatore, dichiara che il successivo articolo proposto è concordato e pertanto potrebbe essere messo in discussione.

Il Presidente Tupini dà lettura dell'articolo:

«La scuola è aperta al popolo. Ogni cittadino ha diritto a tutti i gradi di istruzione, senza altra condizione che quella dell'attitudine e del profitto.

«La Repubblica detta le norme le quali, mediante borse di studio, sussidi alle famiglie ed altre provvidenze, garantiscono ai più capaci e meritevoli l'esercizio di tale diritto.

«L'insegnamento primario e post-elementare, da impartire in otto anni, è obbligatorio e gratuito, almeno fino al quattordicesimo anno di età».

Mastrojanni domanda ai relatori che cosa si intende dire con le parole: «attitudine» e «profitto».

Moro, Relatore, chiarisce che si è voluto dire che ogni cittadino ha diritto all'istruzione, senza altra condizione che quella dell'attitudine e del profitto, cioè prescindendo dall'appartenenza a un determinato ambiente sociale o ad una particolare condizione economica.

Marchesi, Relatore, chiarisce a sua volta che si è voluto appunto intendere che la capacità non è sufficiente a giustificare il diritto all'istruzione, se non è accompagnata dal profitto, cioè dal lavoro.

Il Presidente Tupini mette ai voti la prima proposizione:

«La scuola è aperta al popolo. Ogni cittadino ha diritto a tutti i gradi di istruzione, senza altra condizione che quella dell'attitudine e del profitto».

(La proposizione è approvata all'unanimità).

Mette ai voti la seconda proposizione:

«La Repubblica detta le norme le quali, mediante borse di studio, sussidi alle famiglie ed altre provvidenze, garantiscono ai più capaci e meritevoli l'esercizio di tale diritto».

Dossetti osserva che, in coerenza con quanto è stato già stabilito a proposito di altri articoli per ciò che riguarda le espressioni: «Repubblica, Stato, ecc.» sarebbe preferibile che nella formula in esame, invece di dire «La Repubblica», si adottasse il termine: «La legge».

Basso rileva che il termine: «sussidi alle famiglie» contiene sempre un concetto di carità, mentre qui si deve parlare di un diritto che viene garantito. Preferirebbe che si dicesse «assegni alle famiglie» invece di «sussidi alle famiglie».

Il Presidente Tupini domanda ai relatori se accettano gli emendamenti di forma proposti rispettivamente dagli onorevoli Dossetti e Basso.

Marchesi e Moro, Relatori, dichiarano di accettare.

Il Presidente Tupini mette ai voti la proposizione così come risulta con gli emendamenti proposti dagli onorevoli Dossetti e Basso:

«La legge detta le norme le quali, mediante borse di studi, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, garantiscono ai più capaci e meritevoli l'esercizio di tale diritto».

(È approvata all'unanimità).

Pone in discussione l'ultima proposizione dell'articolo proposto:

«L'insegnamento primario e post-elementare, da impartire in otto anni, è obbligatorio e gratuito, almeno fino al quattordicesimo anno di età».

Marchesi, Relatore, fa presente che questo articolo fa parte di quelle dichiarazioni costituzionali che dovranno servire al legislatore per iniziare subito i nuovi ordinamenti scolastici, in modo che non si possa dubitare della loro integrale applicazione. Osserva però che non è da pensare che questi ordinamenti scolastici in favore di tutto il popolo possano aver vigore immediatamente, date le necessità del momento attuale e le molte difficoltà che ne rallenteranno l'applicazione totale e immediata. Dobbiamo riconoscere che il popolo italiano, come altri popoli travolti dal ciclone della guerra, ha ora bisogno di cercarsi lavoro attraverso le vie del mondo, e che il titolo di operaio qualificato sarà più ricercato e valevole che non il titolo dottorale.

Si è voluto appunto distinguere nell'articolo in esame la scuola primaria e la scuola post-elementare: la scuola primaria è quella che si svolge in cinque anni come di consueto; la scuola post-elementare è quella che il legislatore potrà costituire soddisfacendo alle esigenze, espresse da più parti, di una scuola media unica formativa da servire quale scuola sperimentale della capacità degli alunni.

Ma, poiché questa scuola media unica non potrà per ora sorgere altro che come esperimento limitato a qualche provincia d'Italia più progredita, si è pensato di lasciare intanto al legislatore la facoltà di riordinare nella scuola post-elementare quelle scuole di lavoro e di arti e mestieri che oggi si dimostrano di tanta utilità, affinché il lavoratore italiano possa conseguire una effettiva qualifica di mestiere.

Moro, Relatore, si associa alle dichiarazioni dell'onorevole Marchesi.

Mastrojanni riferendosi alle parole: «obbligatorio», osserva che ci sono alunni i quali dimostrano una insufficienza di carattere organico a frequentare le scuole, e non si può pertanto imporre l'obbligo di frequentare una scuola ad individui che non siano suscettibili di ricevere un insegnamento.

Marchesi, Relatore, obietta che questa incapacità non potrà risultare che attraverso la frequenza di una scuola.

Mastrojanni domanda se l'esperimento di questa capacità o meno dovrà continuare fino ai 14 anni.

Cevolotto ritiene che vi dovranno essere dei regolamenti scolastici per i quali, se un alunno è bocciato per tre anni di seguito, debba essere escluso dalla scuola.

Il Presidente Tupini ritiene che questo sia già preveduto nella legislazione scolastica attuale.

Mastrojanni si dichiara soddisfatto dei chiarimenti ricevuti.

Il Presidente Tupini mette ai voti l'ultima proposizione dell'articolo.

(È approvata all'unanimità).

Mette ai voti l'intero articolo così formulato:

«La scuola è aperta al popolo. Ogni cittadino ha diritto a tutti i gradi di istruzione, senza altra condizione che quella dell'attitudine e del profitto.

La legge detta le norme le quali, mediante borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, garantiscono ai più capaci e meritevoli l'esercizio di tale diritto.

L'insegnamento primario e post-elementare, da impartire in otto anni, è obbligatorio e gratuito, almeno fino al quattordicesimo anno di età».

(L'intero articolo è approvato all'unanimità).

Fa presente che nel testo proposto dai due relatori viene a questo punto un articolo che è proposto dal solo onorevole Marchesi, ed al quale l'onorevole Moro non ha aderito. L'articolo è così formulato:

«Lo Stato, favorendo con premi e sovvenzioni le migliori iniziative private, stabilirà e svolgerà, con l'assistenza di enti locali e per mezzo delle autorità centrali e periferiche, un piano di struttura scolastica diretto ad integrare e ad estendere l'istruzione popolare».

Moro, Relatore, chiarisce i motivi che lo hanno indotto a non sottoscrivere l'articolo proposto dall'onorevole Marchesi, osservando che in esso da una parte si ripete il concetto già espresso nell'ultimo comma dell'articolo precedentemente approvato, nel quale si afferma che le borse di studio sono assegnate mediante pubblici concorsi, e dall'altra si fa un accenno all'attività scolastica per permettere che questa attività educativa e di istruzione giunga fino a tutti i ceti popolari.

Dichiara che l'idea che l'istruzione debba essere estesa a tutto il popolo lo trova consenziente, come pure quella che lo Stato debba porre in essere ogni attività allo scopo di dare una cultura, nei limiti del possibile, a tutti i cittadini, ma per quanto riguarda le parole «svolgerà con l'assistenza di enti locali e per mezzo delle autorità centrali e periferiche un piano di struttura scolastica...» ebbe a fare a suo tempo delle riserve che intende mantenere.

Ritiene che si potrebbe dall'articolo proposto enucleare una parte suscettibile di incontrare il consenso di tutti i Commissari, la quale ribadisca il principio di una estensione della cultura e della istruzione tale da permettere a tutti i cittadini, anche a coloro che si avviino al lavoro manuale, di attendere a questo lavoro con una più completa preparazione, in un senso largo, umanistico.

Se si vuole quindi confermare in questa sede che tutti i cittadini, anche se non possono giungere ai più alti gradi di istruzione, devono avere una formazione adeguata nel piano tecnico ed umano, egli non potrà che essere d'accordo, a patto che non vi sia un richiamo ad una pianificazione strutturale della attività scolastica.

Marchesi, Relatore, dichiara di aver previsto che questa parola «piano» avrebbe suscitato diffidenze. Osserva che si tratta di un termine ormai entrato nell'uso e che bisogna accettare, quando si voglia tendere verso un rinnovamento dei fattori della vita sociale. Non vi è nessuno, tra tutti i deputati dell'Assemblea Costituente, che non sia d'accordo nel riconoscere la necessità di elevare, anche al di là della scuola, l'istruzione popolare. È un riconoscimento che si rinnova e si ripete da secoli, ma l'esperienza — una lunga esperienza — insegna quale differenza ci sia tra quelli che dicono di volere la estensione della cultura popolare e quelli che la vogliono veramente. Gli uomini del suo partito sono certamente tra coloro che la vogliono.

Ciò premesso, bisogna che la Costituzione parli chiaro su questo punto ed indichi ciò che il legislatore dovrà stabilire e il Governo dovrà, o potrà, eseguire. A questo scopo nell'articolo da lui proposto si dice: «Lo Stato, favorendo con premi e sovvenzioni le migliori iniziative private, stabilirà e svolgerà con l'assistenza di enti locali» — e si potrebbe aggiungere «politici e sindacali», in quanto non c'è ragione che i partiti politici e le organizzazioni sindacali siano tenuti lontani da questa opera di elevazione popolare — «per mezzo delle autorità centrali e periferiche, un piano di struttura scolastica diretto ad integrare e ad estendere l'istruzione popolare».

Fa presente che si tratta di un «piano», non di un progetto condannato a restare inattuato, di un piano che deve essere garantito dallo Stato, per mezzo degli organi statali.

Al risultato desiderato potrà giungersi con la moltiplicazione delle scuole, soprattutto primarie, con l'istituzione di scuole di arte e di lavoro, con la creazione di biblioteche circolanti in tutti i villaggi. Bisogna diffondere il libro sotto qualunque forma, non importa se catechismo o libro di novelle. Bisogna educare il popolo, e l'alfabeto è lo strumento fondamentale non solo agli effetti della elevazione spirituale e politica della gente, ma anche nei riguardi della produzione economica del Paese. Con biblioteche circolanti in tutti i villaggi, con insegnanti volanti nelle campagne, si potrà ottenere l'invocata diffusione della cultura popolare. Ci sono luoghi nelle campagne, tagliati fuori dal resto del mondo, che rimarranno per parecchio tempo esclusi da ogni possibilità di insegnamento.

Tutto questo non si può fare fidando nella iniziativa di alcuni organismi od enti privati o comunali o regionali; ci vuole un diretto intervento del Governo, un piano stabilito e perseguito dal Governo attraverso i suoi organi centrali e periferici.

Fa presente che, proponendo questo articolo, ha inteso indurre la Sottocommissione a considerare l'importanza grande che un'organizzazione governativa, con la collaborazione degli enti locali e regionali, dei partiti politici e delle organizzazioni operaie e sindacali, può avere per l'istruzione del popolo, oltre i confini della scuola.

Il Presidente Tupini manifesta l'impressione che la proposta dell'onorevole Marchesi riguardi una materia propria di legge speciale, che lo Stato potrà elaborare allorquando si tratterà di avvisare ai mezzi per un migliore incremento dell'istruzione popolare.

Ritiene comunque che il primitivo articolo dell'onorevole Marchesi sia più accettabile di quello presentato oggi, perché non vi si parla di pianificazione.

Dichiara che, qualora si decidesse di porre ai voti l'articolo proposto dall'onorevole Marchesi, egli si riserva di proporre un emendamento così formulato:

«Le iniziative private dirette ad integrare e diffondere l'istruzione popolare saranno incoraggiate e favorite dallo Stato con premi e sovvenzioni adeguate».

Osserva che è bene che la questione della diffusione dell'istruzione popolare sia stata in questa sede esaminata e prospettata; e quanto è stato detto potrà essere convenientemente inserito nel verbale come pensiero della Sottocommissione per essere poi presentato in sede competente. Ma dichiara che se l'articolo fosse messo in votazione, egli voterà contro perché ritiene non costituzionale la materia in esso trattata, e che quindi tale materia esuli dalla competenza specifica della Sottocommissione.

Mastrojanni esprime il dubbio che la preoccupazione di estendere l'insegnamento nelle zone dove esso può arrivare più difficilmente possa avere come conseguenza il grave inconveniente che in quelle zone l'attitudine dei singoli fino al quattordicesimo anno di età venga convogliata a determinati orientamenti e finalità politiche con vantaggio di quel partito che, essendo al potere, avrà i mezzi di attuare questo piano straordinario.

Osserva inoltre che le dichiarazioni dell'onorevole Marchesi hanno rafforzato le sue preoccupazioni nei riguardi dell'ultimo capoverso dell'articolo precedente, là dove si dice che l'insegnamento primario e post-elementare da impartire in otto anni è obbligatorio e gratuito, almeno fino al quattordicesimo anno di età». Pur non avendo nulla da obiettare, perché l'articolo è stato già approvato, si preoccupa del fatto che un giovane possa essere obbligato fino al quattordicesimo anno di età a seguire un indirizzo scolastico che contrasti, ad esempio, con le sue attitudini umanistiche, se la scuola post-elementare dovesse avere un orientamento professionale specifico.

Desidera che di questa sua preoccupazione si faccia cenno nel verbale.

Cevolotto fa presente che l'insegnamento post-elementare fino al quattordicesimo anno di età sarà obbligatorio per chi non intenda seguire altri corsi. L'alunno che, come dice l'onorevole Mastrojanni, abbia spiccate tendenze agli studi umanistici, andrà al ginnasio.

Per quanto riguarda il nuovo articolo proposto dall'onorevole Marchesi, dichiara che, se esso sarà messo in votazione, voterà contro, poiché nutre dei dubbi circa le finalità politiche dell'insegnamento previsto, nelle zone in cui non vi sono possibilità di controllo.

Mastrojanni dichiara che, nel caso che l'articolo sia messo ai voti, egli voterà contro, inquantochè le finalità da esso perseguite potrebbero prestarsi alle ingerenze dei fattori politici.

Moro, Relatore, risponde all'onorevole Mastrojanni, richiamandosi alle dichiarazioni dell'onorevole Marchesi, alle quali si è anche egli associato, rilevando che la scuola post-elementare non dovrebbe essere una continuazione della scuola elementare, ma che, appena sarà possibile, si creerà una scuola con una particolare fisionomia.

Per quanto riguarda il nuovo articolo proposto dall'onorevole Marchesi, dichiara di non essere d'accordo col Presidente, poiché ritiene che la materia dell'articolo in esame debba rientrare nell'argomento della scuola. Ci si è preoccupati dell'alta cultura in un senso molto largo, e non si rivolge ancora tutta l'attenzione alla esigenza di diffondere in mezzo al popolo l'istruzione. L'obiezione da lui sollevata riguardava soltanto la pianificazione come tale. Si dichiara invece d'accordo con l'onorevole Marchesi circa l'opportunità che vi sia una norma che impegni lo Stato a favorire l'iniziativa della istruzione popolare.

Poiché quello che si fonda è uno Stato sociale, come è stato dichiarato fin da principio, è opportuno inserire nella Costituzione una dichiarazione sul favore che lo Stato deve accordare a queste iniziative. Ritiene che una formula in proposito possa essere concordata.

De Vita domanda la chiusura della discussione generale.

Il Presidente Tupini mette ai voti la proposta di chiusura della discussione generale sull'articolo.

(È approvata all'unanimità).

Fa presente che ci sono due votazioni da fare. La prima è di ordine pregiudiziale e riguarda la convenienza o meno che una materia come quella proposta dall'onorevole Marchesi formi oggetto di una statuizione di carattere costituzionale. Personalmente si dichiara contrario all'inclusione dell'articolo dell'onorevole Marchesi nella Costituzione.

Ricorda poi di aver presentato in linea subordinata una formula la quale dice:

«Le iniziative private dirette a integrare e diffondere l'istruzione popolare saranno incoraggiate e favorite dallo Stato con premi e sovvenzioni adeguate».

Merlin Umberto fa presente che nell'assemblea plenaria della Commissione tenuta venerdì scorso è stata presa una deliberazione nella quale si raccomandava che la Costituzione fosse breve e chiara. Dichiara, in base a quella raccomandazione, di associarsi alla proposta del Presidente tendente ad escludere dalla Costituzione un articolo come quello proposto dall'onorevole Marchesi. Questa dichiarazione non involge il suo giudizio nel merito, concordando nei concetti espressi dall'onorevole Marchesi.

Dossetti fa presente che la questione deve essere discussa senza tener presente quanto è stato concordato nell'Assemblea plenaria dei settantacinque.

Osserva che l'articolo proposto dall'onorevole Marchesi nella seconda stesura contiene due principî, uno relativo all'affermazione dell'obbligo dello Stato di provvedere in maniera vasta ed intensa alla diffusione della cultura popolare, e un secondo principio relativo al modo attraverso cui lo Stato deve pervenire a questo risultato, cioè una pianificazione dello sviluppo di questa cultura che si concreta poi in iniziative dello Stato e in aiuti e favori alle iniziative di altri enti.

Osserva anche che è difficile poter votare contro i due concetti. Si dichiara d'accordo sul primo principio ed anche sul secondo, nel senso che lo Stato deve porsi il problema di sviluppare la cultura popolare in modo organico in tutte le regioni d'Italia.

Fa presente, però, che pur essendo favorevole al contenuto dell'articolo, ritiene che la duplice affermazione non debba essere fatta in questa sede, perché, per quel che riguarda la prima parte dell'articolo, l'obbligo cioè dello Stato di favorire la cultura popolare, il concetto è già contenuto negli articoli approvati precedentemente.

Basso, pur ritenendo che tutta la materia scolastica non sia di competenza della Costituzione, dal momento che altri articoli del genere sono stati approvati, dichiara che voterà favorevolmente per l'introduzione nella Costituzione anche di questo articolo.

De Vita si dichiara contrario alla pregiudiziale sollevata contro l'articolo, facendo presente che tale dichiarazione non pregiudica il suo giudizio sull'articolo stesso.

Marchesi, Relatore, osserva che nel proporre il suo articolo ha voluto distinguere nettamente il problema della scuola dal problema della cultura. Poiché il problema della scuola è stato ritenuto di competenza della Costituzione, non vede le ragioni per cui debba negarsi la competenza costituzionale per un articolo che riguarda la cultura del popolo, la quale si può e si deve svolgere ampiamente oltre i confini della scuola.

Il Presidente Tupini mette ai voti la pregiudiziale se l'articolo proposto dal Relatore onorevole Marchesi debba o meno essere considerato materia di Costituzione, e quindi essere messo in discussione ed in votazione.

Ricorda che la decisione che la Commissione prenderà non implica, naturalmente, il giudizio del merito, il cui esame resta riservato.

La Pira fa presente che in un primo momento aveva acceduto alla tesi esposta dall'onorevole Presidente, ma che l'ultimo chiarimento dato dall'onorevole Marchesi lo ha convinto.

(La Sottocommissione si dichiara favorevole alla discussione dell'articolo proposto dall'onorevole Marchesi con 10 voti contro 3).

Il Presidente Tupini dichiara aperta la discussione sul merito dell'articolo proposto dall'onorevole Marchesi.

Basso e Togliatti osservano che la discussione sul merito dell'articolo era stata chiusa.

Il Presidente Tupini ricorda che si era fatta la riserva, qualora cadesse la pregiudiziale, di presentare una formulazione diversa.

Marchesi, Relatore, propone la seguente formula lievemente modificata:

«Lo Stato, favorendo con premi e sovvenzioni le migliori iniziative private, stabilirà e svolgerà con l'assistenza di enti locali e per mezzo delle autorità centrali e periferiche, un piano di cultura diretto ad integrare e ad estendere l'istruzione popolare».

Il Presidente Tupini dichiara di insistere sulla sua proposta sostitutiva di quella presentata dall'onorevole Marchesi, così formulata:

«Le iniziative private dirette ad integrare e diffondere l'istruzione popolare saranno incoraggiate e favorite dallo Stato con premi e sovvenzioni adeguate».

Marchesi, Relatore, si dichiara contrario alla formula proposta dal Presidente, poiché ritiene che lo Stato debba essere il promotore della diffusione dell'istruzione popolare.

Osserva che l'articolo proposto dal Presidente rovescia quello da lui presentato, poiché mette a base l'iniziativa privata, in luogo di quella statale.

Il Presidente Tupini comunica che è stata proposta dall'onorevole Moro una terza formula conciliativa, a cui dichiara in linea di massima di aderire, del seguente tenore: «Lo Stato stimolando, coordinando e favorendo con premi e sovvenzioni le migliori iniziative di enti locali, di istituzioni e di privati, svilupperà in modo organico la cultura popolare e l'istruzione professionale».

Marchesi, Relatore, osserva che secondo questa nuova formula lo Stato dovrà aspettare che si manifestino iniziative di enti locali, di privati, ecc., per coordinarle e favorirle, e per sviluppare su questa base, in modo organico, la cultura popolare. Pertanto sarebbe lasciato all'iniziativa dello Stato soltanto uno stimolo; ciò che, a suo avviso, sarebbe troppo debole e troppo vago.

Dopo aver dichiarato che non comprende per quale fatalità ogni formula proposta dalla sua parte debba essere soggetta a sospetti e a modifiche, rileva che nel suo articolo con la formula: «Lo Stato, favorendo con premi e sovvenzioni le migliori iniziative private...» si ammettono appunto le iniziative private; e con l'altra: «enti locali», ci si riferisce in maniera particolare ai municipi, alle regioni e ad altri enti del genere. Lo Stato non esiste se non attraverso le autorità che lo rappresentano: quella centrale e quelle periferiche; è dunque lo Stato stesso che predispone, attraverso gli organi esecutivi, un piano di cultura diretto ad integrare e ad estendere l'istruzione popolare.

Il Presidente Tupini domanda all'onorevole Marchesi se respinge la proposta formulata dall'onorevole Moro.

Marchesi, Relatore, dichiara che, con l'articolo proposto, ha mirato ad impegnare lo Stato nell'opera di diffusione e di organizzazione della cultura attraverso gli enti privati, che sono stati messi in prima linea, attraverso gli enti locali e con l'intervento di quelle autorità centrali e periferiche, senza di che non esisterebbe intervento statale.

Fa presente che, piuttosto che accettare alterazioni profonde e sostanziali all'articolo da lui proposto, preferisce ritirarlo.

Mastrojanni propone la seguente formulazione: «È interesse dello Stato diffondere con ogni mezzo la cultura popolare e professionale e favorire in tal senso le private iniziative».

Il Presidente Tupini osserva che la proposta dell'onorevole Mastrojanni potrebbe essere resa più accettabile, qualora fosse formulata nel modo seguente: «Lo Stato deve diffondere con ogni mezzo a sua disposizione la cultura popolare e professionale e favorire in tal senso le private iniziative».

Moro, Relatore, propone che si tolgano le parole «a sua disposizione» e si dica semplicemente:

«Lo Stato deve diffondere con ogni mezzo la cultura popolare e professionale e favorire in tal senso le private iniziative».

Marchesi, Relatore, dichiara di accettare la formula così modificata.

Il Presidente Tupini mette ai voti la formula proposta dall'onorevole Mastrojanni e da lui, con la modificazione dell'onorevole Moro.

(È approvata all'unanimità).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti