[Il 7 marzo 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del progetto di Costituzione della Repubblica italiana. — Presidenza del Vicepresidente Tupini.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Capua. [...] Tutti i lavoratori hanno il diritto di sciopero! Dal punto di vista etico, questa affermazione è pleonastica, perché se noi abbiamo sancito prima il principio della libertà, delle libertà che non si possono in nessuna maniera violare, il lavoratore ha diritto di manifestare questa sua libertà di scioperare.

Ma qui però il concetto è diverso: si intende affermare la non incriminabilità dello sciopero! E, scusate, le conseguenze civili inerenti alla violazione del patto di lavoro, le avete considerate o no? Perché, chi esercita un suo diritto, non può subire sanzioni di sorta. A parte le amenità di veder scioperare certa gente, come per esempio i medici, le ostetriche; e perché no! anche il Consiglio dei ministri...

Di Vittorio. Tutte cose che non sono mai avvenute.

Capua. Noi dobbiamo pensare a tutto quello che può avvenire, onorevole Di Vittorio.

Di Vittorio. Lei fa delle ipotesi che non si sono mai verificate.

Capua. Ma proprio a questo noi dobbiamo pensare: a quello che può avvenire.

Io voglio dirvi una cosa, onorevole Di Vittorio; se noi fossimo animati qui tutti dalla buona fede, non ci sarebbe stato bisogno di una Costituzione; sarebbe bastato darci la mano. Noi dobbiamo fare la Costituzione, perché dobbiamo presumere la malafede. (Commenti Rumori). È la verità!

A parte, ripeto, queste amenità, qui s'intende dare un'arma molto appuntita a certe categorie di italiani; arma della quale esse intendono servirsi, perché si è già tolto agli antagonisti la possibilità di difesa, cioè il diritto di serrata. (Interruzioni).

Onorevoli colleghi, io potrei accettare, anzi senz'altro accetto, l'idea dello sciopero, perché molte volte il lavoratore fa bene a servirsene: è necessario; ma portare un principio simile in Costituzione significa ammettere che certe categorie di persone hanno sempre ragione, devono sempre aver ragione. E questo, perdonatemi, non è una norma di buona convivenza, e quindi non può essere neppure una buona norma costituzionale.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti