[Il 16 ottobre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sui principî dei rapporti sociali (economici).]

Il Presidente Tupini chiede ai Relatori se hanno concretato nuove proposte da sottoporre all'esame della Sottocommissione.

Togliatti, Relatore, comunica che i Relatori si sono soffermati sull'esame di una proposta dell'onorevole Dossetti, la quale può fornire la base per la discussione della Sottocommissione. Fa presente però che un accordo tra i Relatori non vi è stato, in quanto nella proposta dell'onorevole Dossetti ci sono alcuni punti da chiarire.

[...]

Togliatti, Relatore, fa presente che [...] restano altre questioni, quali quella riguardante l'intervento dello Stato per regolare l'attività produttiva nell'interesse sociale, la questione del diritto di proprietà nelle sue finalità, nei suoi limiti e nelle sue forme, ed infine quella relativa ai limiti della proprietà fondiaria.

[...]

Togliatti, Relatore, comunica che, per quanto riguarda gli altri problemi cui ha prima accennato, l'onorevole Dossetti ha cercato di dar loro una formulazione in un solo articolo relativo al diritto di proprietà, nel quale sono contenuti anche gli altri concetti.

Dichiara di accettare come base di discussione l'articolo proposto dall'onorevole Dossetti, riservandosi di proporvi alcune modifiche.

L'articolo è così formulato:

«I beni economici di consumo e strumentali possono essere in proprietà di privati, di cooperative, di istituzioni o dello Stato.

«La proprietà privata, frutto del lavoro e del risparmio, viene riconosciuta al fine di garantire la libertà e l'affermazione della persona e della sua famiglia.

«Al fine di rendere la proprietà personale in concreto accessibile a tutti e di garantire il coordinamento della vita economica a tutela del diritto alla vita, al lavoro e al benessere per tutti:

la legge determina i modi di acquisto e di trasferimento, i limiti di estensione e le modalità di godimento della proprietà privata dei beni strumentali;

la legge riserva alla proprietà dello Stato, di istituzioni, di comunità di lavoratori o di utenti, determinate categorie di imprese aventi carattere di servizio pubblico o di monopolio di fatto, oppure può trasferire agli enti suddetti, mediante esproprio con indennizzo, la proprietà di determinate imprese o di determinati complessi di beni».

Dichiara che la sua insoddisfazione si riferisce soltanto al carattere un po' dottrinale e un po' astruso di questa formula, e rileva che in essa è troppo attenuato un concetto da lui formulato nel suo primo articolo, nel capoverso in cui si parla dell'intervento dello Stato per dirigere la vita produttiva di tutta la Nazione, secondo un piano che garantisca il massimo rendimento per la collettività.

Desidererebbe infine una formulazione più chiara per quanto riguarda i limiti del diritto di proprietà, e una formulazione più tassativa per ciò che si riferisce al trasferimento a determinati enti di determinati complessi di beni.

Il Presidente Tupini ricorda alla Sottocommissione gli articoli già adottati in questa materia dalla terza Sottocommissione, dichiarando di ritenere che il compito della prima Sottocommissione debba essere il più possibilmente limitato alle affermazioni e alle enunciazioni di diritti fondamentali, e che ogni ulteriore precisazione spetti alla competenza della terza Sottocommissione.

Conclude proponendo un articolo così formulato:

«La proprietà privata è garantita. Una legge ne segna i limiti nell'interesse della solidarietà sociale e determina l'indennità di espropriazione per pubblica utilità.

«La piccola e media proprietà, la proprietà cooperativa e il risparmio frutto del lavoro, sono particolarmente protetti».

Lombardi Giovanni dichiara di ritenere che, essendo già stata presa una deliberazione in merito dalla terza Sottocommissione, che ha un compito specifico, la prima Sottocommissione non debba occuparsi dell'argomento, soprattutto se dovesse allontanarsi da quei principî che la terza Sottocommissione ha già creduto di fissare.

Il Presidente Tupini apre la discussione sulla mozione d'ordine dell'onorevole Lombardi.

Lucifero, Relatore, dichiara di ritenere che la mozione d'ordine sia giustificata, salva però l'affermazione del diritto, che è competenza della prima Sottocommissione.

Fa anche presente di aver già espresso le sue riserve in colloqui avuti con i Commissari, prima della seduta, sulla formulazione presentata dall'onorevole Dossetti, e dichiara di preferire la formulazione proposta dal Presidente, la quale ha appunto il carattere di affermazione di un diritto e lascia poi alla terza Sottocommissione il compito di fare l'enucleazione delle conseguenze cui l'affermazione potrebbe dar luogo.

Lombardi Giovanni fa osservare che la terza Sottocommissione ha già fatto questa affermazione del diritto di proprietà e che l'affermazione di un principio non ha alcuna importanza, se il diritto che ne scaturisce non è finalizzato.

Caristia esprime il parere che la prima Sottocommissione si debba limitare a proclamare un diritto essenziale, lasciando alla terza Sottocommissione di determinare le modalità. Pertanto dichiara di accettare come base di discussione la formula proposta dal Presidente, che gli sembra anche troppo estesa.

Mastrojanni ritiene che non si possa discutere su questo né su altri articoli, se prima non si afferma il principio che tutto quanto la terza Sottocommissione ha formulato è suscettibile di modifiche, qualora i principî che afferma la prima Sottocommissione siano in contrasto con tutte o con parte delle affermazioni fatte dalla terza Sottocommissione.

Fino a quando questo principio non sia stato affermato, ritiene che la prima Sottocommissione non debba discutere l'argomento, per ragioni di coerenza logica ed anche di prestigio.

Il Presidente Tupini dichiara all'onorevole Mastrojanni che, formulando la sua proposta, ha inteso riferirsi ai concetti già formulati dalla terza Sottocommissione.

Mastrojanni esprime il parere che il principio, sia per questa occasione come per l'avvenire, venga affermato, perché la Sottocommissione non deve mantenersi sulla falsariga di quello che altre hanno già stabilito.

Cevolotto riconosce la fondatezza dell'osservazione dell'onorevole Mastrojanni, rilevando che se la prima Sottocommissione ha il compito di formulare i principî e la terza di applicarli, la logica avrebbe voluto che la terza Sottocommissione fosse subordinata alla prima per quanto riguarda la formulazione dei principî. Le cose in realtà si sono svolte e si svolgono diversamente: ciascuna Sottocommissione lavora per proprio conto e non è il caso di cambiare adesso il sistema. La prima Sottocommissione non deve quindi sentirsi vincolata da ciò che hanno fatto le altre Sottocommissioni. Nel caso di disaccordo, le decisioni dovrebbero essere lasciate alla Commissione plenaria o, eventualmente alle Commissioni riunite.

Moro osserva che la questione non è nuova. Tutto quello che è stato sancito finora dalla prima Sottocommissione, rientra, in qualche modo, nella competenza della terza. È stato deciso che la prima Sottocommissione dovesse preoccuparsi di fare dichiarazioni di diritti, rinviando alla terza per l'applicazione di principî posti. Così stando le cose, ritiene si debba continuare nella via seguita sinora, cercando di essere più sintetici nelle formulazioni, ma non dimenticando che si è sempre nel campo di dichiarazione di diritti anche quando si parla di limiti della proprietà.

Lucifero, Relatore, rileva che l'osservazione dell'onorevole Mastrojanni è fondata, ma è fondata su una realtà già superata, cioè su di un equivoco che si è creato in tutto il lavoro della Sottocommissione.

La verità è che la prima Sottocommissione avrebbe dovuto lavorare da sola, finire il suo compito e poi, una volta stabiliti i principî generali, la terza Sottocommissione avrebbe dovuto applicarli. Questo lavoro organico e logico non è stato fatto.

Ritiene che, essendo la Sottocommissione delegata a stabilire i principî generali, quanto ha stabilito e stabilirà la terza Sottocommissione debba essere considerato solo come fonte di materiale di studio e di consultazione.

In sede di Commissione plenaria, si farà poi quel lavoro di coordinamento che non è stato fatto prima.

Togliatti, Relatore, si associa a quanto hanno dichiarato gli onorevoli Moro e Lucifero. La prima Sottocommissione ha avuto il compito di definire i diritti fondamentali della persona umana. I commissari ritengono che tra questi diritti vi debba essere il diritto di proprietà, e che esso debba avere determinati limiti. È necessario che la Sottocommissione dica quello che pensa sull'argomento. Se presentasse una formulazione dei diritti fondamentali del cittadino in cui mancasse una indicazione su questo problema, essa non avrebbe adempiuto al suo compito. Se poi l'altra Sottocommissione ha enunciato formule corrispondenti a quelle qui approvate, si vedrà in seguito in che modo accordare le varie formulazioni, in sede di Presidenza o in sede di Commissione plenaria.

Mastrojanni chiarisce che egli non intende intralciare i lavori della Sottocommissione, ma crede debba espressamente dichiararsi che tutto quanto è stato elaborato e deciso dalla terza Sottocommissione non ha alcun carattere impegnativo, e che la libera discussione dei Commissari non terrà conto di quanto la terza Sottocommissione abbia deciso in materia.

Desidera che una dichiarazione del genere sia inserita in verbale.

Il Presidente Tupini ritiene che tutti i Commissari siano d'accordo sulla opportunità di stabilire una base determinata e precisa alla discussione dell'argomento in esame.

La Pira osserva che la questione non è tanto di decidere la formula da prendere come base della discussione, quanto di stabilire quali sono i concetti che si vogliono affermare come fondamentali per il diritto al lavoro.

Quando la Sottocommissione abbia raggiunto un'intesa sui concetti, si potrà passare alle formulazioni.

Fa presente che se fra il testo proposto dall'onorevole Dossetti e quello proposto dal Presidente ci sono punti di contatto, c'è però una notevole differenza. L'articolo proposto dall'onorevole Dossetti è ispirato al principio di creare un ordinamento economico e sociale il quale garantisca il diritto al lavoro, il diritto alla vita, ecc. Il problema della proprietà privata è visto nel quadro di questo ordinamento, ed è connesso con tutto il resto. Invece nella formula proposta dal Presidente, che è lineare e costituzionale, manca questa connessione. Poiché è del parere che questa connessione debba essere mantenuta, pensa che si possa adottare la formula proposta dal Presidente, integrandola con i principî ispiratori della proposta avanzata dall'onorevole Dossetti.

Il Presidente Tupini osserva che il principio ispiratore ed animatore della proposta Dossetti è anche a base della proposta da lui presentata. Propone una breve sospensione della seduta per accordarsi circa una formulazione definitiva.

(La Commissione approva — La seduta è sospesa per alcuni minuti).

Il Presidente Tupini comunica che è stata presentata una formula elaborata dagli onorevoli Dossetti, Togliatti ed altri sulla base della proposta avanzata originariamente dall'onorevole Dossetti. Essa è così concepita:

«I beni economici di consumo e i mezzi di produzione possono essere in proprietà di privati, di cooperative, di istituzioni o dello Stato.

«La proprietà privata, frutto del lavoro e del risparmio, viene riconosciuta al fine di garantire la libertà e lo sviluppo della persona e della sua famiglia.

«Al fine di rendere la proprietà personale in concreto accessibile a tutti, di coordinare le attività economiche nell'interesse collettivo e di assicurare quindi il diritto alla vita, al lavoro e al benessere per tutti:

la legge determina i modi di acquisto e di trasferimento, i limiti di estensione e le modalità di godimento della proprietà privata della terra e degli altri mezzi di produzione;

la legge riserva alla proprietà dello Stato, di istituzioni, di comunità di lavoratori o di utenti, determinate categorie di imprese aventi carattere di servizio pubblico o di monopolio di fatto, oppure trasferisce agli enti suddetti, mediante esproprio con indennizzo, la proprietà di determinate imprese o di determinati complessi di beni».

Ritiene che l'attuale formulazione risulti sufficientemente chiara ed appropriata allo stile che deve avere un'enunciazione di principî in sede costituzionale.

Comunica inoltre che è stata presentata da parte dell'onorevole Lombardi una formulazione sostitutiva di quella letta precedentemente, espressa nei seguenti termini:

«È garantita la sola proprietà gestita da conduttori e lavoratori diretti o da cooperative».

Apre la discussione sulle proposte presentate.

Lucifero, Relatore, osserva che era stata avanzata, oltre alla formula dell'onorevole Dossetti, una formula del Presidente che egli aveva, sia pure con riserva, accettato come base della discussione.

Non può accettare, invece, nel modo più assoluto, la nuova formula testé letta e desidera che questa sua dichiarazione sia consacrata a verbale, perché ritiene che decisioni di tanta gravità debbano essere prese in piena responsabilità da ciascuno dei Commissari, e che le conseguenze di certe innovazioni probabilmente andranno al di là di quello che molti pensano. La proposta Dossetti non può essere assolutamente presa come base di discussione, perché preclude completamente la possibilità di esaminare soluzioni o di giungere a conclusioni che non siano in essa contenute.

Il Presidente Tupini fa presente che, essendo l'articolo proposto dall'onorevole Lombardi il più radicale e il più semplice, spetta ad esso la precedenza nella votazione. Apre la discussione sulla proposta presentata dall'onorevole Lombardi.

Togliatti, Relatore, dichiara con rincrescimento di dover dare un voto che deluderà l'onorevole Lombardi. Fa presente che si sta scrivendo una Costituzione che non è la Costituzione socialista, ma è la Costituzione corrispondente ad un periodo transitorio di lotta per un regime economico di coesistenza di differenti forze economiche che tendono a soverchiarsi le une con le altre. In questo periodo è evidente che la lotta che si conduce non è diretta contro la libera iniziativa e la proprietà privata dei mezzi di produzione in generale, ma contro quelle particolari forme di proprietà privata che sopprimono l'iniziativa di vasti strati di produttori e particolarmente, contro le forme di proprietà privata monopolistiche, specie nel campo dei servizi pubblici, che tendono a creare nella società dei concentramenti di ricchezze che vanno a danno della libertà della grande maggioranza dei cittadini, e quindi vanno a scapito dell'economia e della politica del Paese.

La formula presentata dall'onorevole Lombardi non corrisponde a questa impostazione politica e a questa realtà. Comprende che in questa formula vi è un lontano spirito socialista e forse per questo egli potrebbe, accogliendo in parte l'espressione dell'onorevole Lombardi, invitare i colleghi del suo partito a non votare contro, ma ad astenersi dal prendere parte alla votazione.

Basso e Mancini si associano alle dichiarazioni dell'onorevole Togliatti.

Il Presidente Tupini mette ai voti la proposta dell'onorevole Lombardi.

(È respinta con 9 voti contrari 1 favorevole e 5 astenuti).

Lombardi Giovanni desidera sapere dai compilatori della proposta che ha preso a base l'articolo dell'onorevole Dossetti, e che riproduce in gran parte la legislazione vigente in materia di proprietà, senza alcun lume per l'avvenire e senza alcuno spiraglio per una proprietà collettiva, che cosa intendono quando dicono che i beni economici di consumo e i mezzi di produzione possono essere anche proprietà di «istituzioni». Domanda se non si voglia far rivivere la mano morta rilevando che, in tal caso, verrebbe sovvertita la legge del 1876.

Dossetti osserva che la legge del 1876 è sovvertita da molto tempo.

Lombardi Giovanni obietta che è sovvertita in fatto, non in diritto, perché si danno nomi falsi alle proprietà pubbliche della Chiesa; ma la legge del 1876 è in pieno vigore, anzi è da sperare che essa possa essere attuata in pieno.

Mastrojanni dichiara di ritenere che debba essere per primo esaurito l'argomento trattato dall'onorevole Lucifero, se si debba, cioè, discutere sulla proposta presentata dal Presidente o sull'articolo formulato in base a quello presentato dall'onorevole Dossetti.

Il Presidente Tupini dichiara di ritirare la sua proposta.

Lucifero, Relatore, dichiara di ripresentarla facendola propria.

Dossetti spiega che il significato della parola «istituzioni» deve essere inteso nel senso rigorosamente tecnico, cioè di ente collettivo la cui finalità è trascendente rispetto a quella che venga egualmente determinata dall'autonomia negoziale dei singoli componenti dell'ente o delle persone a beneficio delle quali l'ente può operare. Il concetto di istituzione è un concetto esclusivamente orientato verso una finalità di interesse collettivo, o per lo meno di interesse pubblico. Non c'è evidentemente una istituzione, nel senso che egli ha precisato, là dove vi sia un ente collettivo che però abbia un fine immanente rispetto al singolo componente o alle persone a beneficio delle quali immediatamente l'attività dell'ente si esplica. Dichiara di aver ritenuto opportuno includere anche il termine «istituzioni» perché le cooperative non rispondono a queste finalità, in quanto esse hanno per definizione una finalità immanente a quella dei singoli componenti.

D'altra parte lo Stato, a sua volta, rappresenta la forma suprema di attività collettiva. Tra l'una e l'altra forma si doveva insinuare anche il tipo di ente collettivo la cui finalità trascende quella dei singoli componenti, senza arrivare alla forma suprema di trascendenza che è quella dello Stato.

Lombardi Giovanni si dichiara insoddisfatto, perché la spiegazione dogmatica data dall'onorevole Dossetti conferma proprio il suo sospetto. Si tratta non di benefici contingenti, ma di benefici che vanno alla collettività e che sono della collettività; quindi qualunque collettività di natura prettamente religiosa, non laica, può avere delle proprietà private. È appunto contro questo pericolo che l'oratore eleva la sua protesta, anche perché considera ancora in vigore la legge del 1876, che a suo avviso non è stata modificata.

Dossetti risponde all'onorevole Lombardi non essere vero che la legge cui egli si riferisce non sia stata modificata. Del resto quella legge si ispirava a dottrine che sono completamente agli antipodi di quelle a cui si ispira l'onorevole Lombardi, si ispirava cioè ai criteri dell'economia liberistica che vedeva nei beni in mano agli ecclesiastici un ostacolo al libero svolgimento delle attività economiche. Ora questo, da un punto di vista socialistico, non può essere sostenuto.

Il Presidente Tupini rileva che dovrebbe essere messa ai voti la proposta da lui originariamente presentata e poi abbandonata, e fatta propria dall'onorevole Lucifero. Dichiara che non ha difficoltà a votare la nuova formula concordata tra l'onorevole Dossetti e l'onorevole Togliatti, e che si asterrà dal votare la sua formula primitiva, perché, pure avendola ritirata, non può votare contro per ragioni di coerenza.

Lucifero, Relatore, afferma di essere enormemente preoccupato per l'articolo presentato dagli onorevoli Dossetti e Togliatti, il quale non è altro che la primitiva formula lievemente modificata nella forma, senza alcuna modificazione sostanziale. Dichiara di non essere preoccupato per l'affermazione che si può definire rivoluzionaria in esso contenuta, in quanto egli ritiene che le rivoluzioni si debbono fare quando sono mature, e il modo più civile di farle è attraverso la legge; ma perché egli vede in esso un articolo demagogico, che può aprire la porta ad una infinità di questioni. Domanda all'onorevole Dossetti che cosa, secondo la sua formula, diventa il risparmio investito in capitali azionari. È questa una delle possibilità che ha il lavoratore di impiegare il suo risparmio, diventando così capitalista, ed è la più tipica forma di capitalismo anonimo e irresponsabile. Ha prospettato uno soltanto dei tanti casi che si possono presentare con certe formulazioni che sono molto seducenti a leggersi, ma che poi non potranno servire di base ad una legislazione e se mai daranno luogo a discussioni contraddittorie.

I concetti contenuti nella formula presidenziale da lui fatta propria non corrispondono del tutto alle sue convinzioni, ma sono chiare e accessibili al legislatore e a chi deve interpretare la legge; pertanto insiste su tale formula.

Mastrojanni si associa alle argomentazioni dell'onorevole Lucifero.

Cevolotto non ritiene che la questione abbia una portata così essenziale come vorrebbe darle l'onorevole Lucifero. Si asterrà quindi dal voto.

Lucifero, Relatore, chiede che la sua proposta venga presa come base di discussione.

Il Presidente Tupini mette ai voti la proposta dell'onorevole Lucifero di prendere come base di discussione la formula da lui sostenuta.

(È respinta con 9 voti contrari, 2 favorevoli, 3 astenuti).

Legge la prima proposizione dell'articolo proposto dall'onorevole Dossetti:

«I beni economici di consumo e i mezzi di produzione possono essere in proprietà di privati, di cooperative, di istituzioni o dello Stato».

Cevolotto non crede che la prima parte si possa discutere, se non si collega con la seconda che la completa. È poi d'avviso che quando si parla di proprietà privata non ci si riferisca soltanto ai beni di consumo e ai mezzi di produzione, ma a tutta la proprietà privata e quindi anche a quella azionaria cui accennava l'onorevole Lucifero. Evidentemente è riconosciuta la possibilità di essere proprietari di azioni, né potrebbe essere altrimenti in quanto le azioni, ora, sono tutte nominative.

Il Presidente Tupini integrando la proposta dell'onorevole Cevolotto, ritiene che, per la logica stessa dei concetti esposti, il capoverso dell'articolo debba precedere la prima parte; cioè debba farsi luogo innanzi tutto alla dichiarazione del riconoscimento della proprietà privata, frutto del lavoro e del risparmio.

Cevolotto osserva che nell'espressione «La proprietà privata, frutto del lavoro e del risparmio» non si considera che la proprietà privata non è soltanto frutto del lavoro e del risparmio, ma è anche conseguenza di eredità. Con la formula proposta si esclude il caso dell'eredità, cioè il diritto di acquisizione della proprietà per trasmissione a causa di morte. Questo caso non può essere a suo avviso trascurato in una Costituzione.

Circa la proposta dell'inversione dei due primi commi dell'articolo proposto dall'onorevole Dossetti si dichiara d'accordo con il Presidente.

Il Presidente Tupini fa presente all'onorevole Cevolotto che la terza Sottocommissione ha garantito in un articolo apposito il diritto di proprietà come frutto di eredità.

Mastrojanni fa osservare che per la prima volta si affronta la questione della proprietà, e per la prima volta si modifica il concetto di proprietà quale era affermato secondo il diritto romano. Questa innovazione modificatrice delle tradizioni seguite fino ad oggi implica l'obbligo di sostituirle con un'altra affermazione che sia altrettanto precisa quanto quella dell'antico diritto di Roma, che con tanta latitudine la considerava con la famosa formula usque ad sidera et usque ad inferos. Se ora, così come sembra, si infrange questa concezione giuridica, la sua sostituzione richiede una formulazione degna almeno in parte della prima. Egli invita la Sottocommissione a voler affermare il concetto di proprietà, qualunque sia l'orientamento politico, in modo categorico e solenne.

Circa la prima affermazione: «I beni economici di consumo, e i mezzi di produzione possono essere in proprietà di privati, di cooperative, di istituzioni o dello Stato» l'oratore domanda che cosa si è voluto affermare. A suo parere nulla, perché, a meno che non si tratti di res nullius, le cose devono appartenere a qualcuno. Di conseguenza crede che sull'argomento i relatori debbano illustrare ulteriormente il loro pensiero.

La formula proposta continua dicendo: «La proprietà privata, frutto del lavoro e del risparmio, viene riconosciuta al fine di garantire la libertà e l'affermazione della persona e della sua famiglia». A suo parere, se si dice «la proprietà privata» si vuole stabilire il principio che questa sia antitetica con la proprietà collettiva e si viene così a mettere in dubbio il riconoscimento della proprietà collettiva, verso cui sembra invece orientata la maggior parte dei componenti la Sottocommissione. Perché si vuol costituire questa antitesi? È questa un'altra domanda che ha bisogno di una delucidazione.

La terza proposizione dell'articolo Dossetti dice: «Al fine di rendere la proprietà personale in concreto accessibile a tutti». Con questa espressione o si disconosce la famiglia, disintegrandola e dando all'individuo tutti gli attributi per cui egli, immesso nella società, non ha bisogno della compagine familiare per perfezionare la sua personalità, oppure occorre integrare la formula affermando che si tratta di proprietà personale o familiare.

Infine l'articolo dice: «La legge determina i modi di acquisto e di trasferimento, i limiti di estensione e le modalità di godimento della proprietà privata della terra e degli altri mezzi di produzione». È il caso di domandarsi quale ragione vi sia di precisare questi che sono gli unici mezzi giuridici e naturali per entrare in possesso della proprietà; a meno che non si ammetta che si possa divenire proprietari attraverso mezzi illeciti.

Concludendo dichiara che la formulazione dell'articolo proposto dall'onorevole Dossetti deve essere sostanzialmente riformata, oppure si deve ritornare alla formula lapidaria proposta in un primo tempo dal Presidente.

Dossetti si dichiara innanzi tutto contrario all'inversione dell'ordine dei due capoversi.

Fa poi osservare all'onorevole Mastrojanni che il primo comma è tutt'altro che pleonastico, se l'onorevole Lombardi ha dichiarato che avrebbe votato contro di esso perché vi trovava affermate possibilità di proprietà che non è disposto a riconoscere. Il significato del primo comma è proprio quello di affermare le possibilità di proprietà che vengono riconosciute e garantite dalla Costituzione, il che vuol dire che viene assicurato costituzionalmente un diritto dei privati di avere, entro certi limiti, una proprietà che non può essere conculcata sino ad essere completamente rinnegata; e si riconosce altresì un diritto di avere una proprietà alle istituzioni, alle cooperative e finalmente allo Stato.

Quanto poi alle osservazioni fatte circa la enunciazione riguardante la proprietà frutto del lavoro e del risparmio, si richiama ad una sua precedente affermazione che il risparmio è strettamente connesso al concetto di proprietà, così come il concetto di proprietà va connesso a quello del risparmio.

La proprietà che deve essere garantita dalla Costituzione è soltanto quella che è frutto del lavoro e del risparmio. Con ciò non si vuole escludere la proprietà privata che, nei limiti in cui è frutto del lavoro e del risparmio, si acquista per successione ereditaria. Questo va strettamente connesso a quanto ha stabilito la terza Sottocommissione.

Lombardi Giovanni domanda ai compilatori della proposta in esame come possono determinare la proprietà privata frutto del lavoro e del risparmio. Quando in un Codice si afferma che la proprietà privata è frutto del lavoro, ci si può domandare: di quale lavoro? Come? Perché? Chi la determina? Chiunque può avere un plus-valore del suo lavoro, e allora costui ha più di quello che la legge gli consentirebbe di avere. Solo il plus-valore può dare un margine per acquistare delle proprietà. C'è chi lavora 50 e 60 anni e non ha mai avuto il modo di costituirsi la più piccola proprietà, e c'è invece chi nel giro di pochi mesi si costituisce un patrimonio. Data l'impossibilità di individuare il lavoro come generatore di proprietà, non può venire affermato il concetto di una proprietà frutto del lavoro, concetto che contrasta sia con la dottrina dei Padri della Chiesa, sia con le dottrine economiche che vanno da Carlo Marx a Lassalle.

Cevolotto dichiara che anche dopo le spiegazioni dell'onorevole Dossetti la formulazione proposta non lo persuade. Quando si parla di beni economici di consumo e mezzi di produzione, deve restare inteso che nei beni economici sono compresi anche i beni stabili, perché sarebbe inconcepibile che lo Stato o le istituzioni non fossero capaci di proprietà di beni immobiliari.

Circa la parola «istituzioni», dubita che la definizione datane dall'onorevole Dossetti possa essere accettata universalmente. Domanda se nelle istituzioni dovrebbero essere comprese le società anonime.

Dossetti dichiara che non vi sono comprese e che la società anonima deve essere considerata come una società privata.

Cevolotto osserva che se la società anonima è compresa tra le società private, occorre domandarsi se la proprietà delle società anonime sarà poi riconosciuta come frutto del lavoro e del risparmio. In caso affermativo, poiché la proprietà privata frutto del lavoro e del risparmio viene riconosciuta, dovrebbe essere riconosciuta anche la proprietà delle società anonime.

Osserva anche che se non si fa cenno alla proprietà derivante da eredità, si potrebbe trarne la conseguenza che la proprietà che deriva dal frutto del lavoro e del risparmio è riconosciuta, e non è riconosciuta invece quella che deriva dall'eredità. Per queste ragioni la formula non lo soddisfa.

Caristia richiama la Commissione al concetto opportunamente espresso dall'onorevole Togliatti, che si sta facendo una Costituzione la quale deve aderire all'attuale momento storico. Esiste una proprietà costituita, e si può accettare o non accettare quello che è lo stato di fatto; ma è inutile e pericoloso dare in questa sede una definizione della proprietà che è molto difficile e dovrebbe essere lasciata alla casistica.

Osserva che con l'espressione: «la proprietà privata, frutto del lavoro e del risparmio», una gran parte della proprietà attualmente esistente viene dichiarata illecita, sicché domani il legislatore, in base a questo principio, potrebbe benissimo emanare una legge in cui si stabilisse che una proprietà che non sia frutto di lavoro e di risparmio non viene riconosciuta. Ritiene perciò che questa espressione dovrebbe essere cancellata dall'articolo come superflua.

Conclude invitando i Commissari a fare uno sforzo affinché si trovi una formulazione in cui i principî che si vogliono affermare siano espressi in una maniera più scheletrica, più felice e più conforme a quella che deve essere la formulazione statutaria.

Moro rileva che nella discussione è emerso un dissenso che non riguarda soltanto la formulazione più o meno felice dell'articolo, ma la sua sostanza. Fa presente che la formula proposta dall'onorevole Dossetti tiene conto di una finalizzazione della proprietà privata che risponde all'orientamento di alcuni dei Commissari. Se si ponesse una formula generale che dichiarasse il diritto di proprietà, specificando le forme di acquisto e dicendo che questa proprietà può appartenere a determinati enti, si sarebbe detto poco dal punto di vista della finalizzazione della proprietà che sta a cuore ad alcuni Commissari. La seconda parte dell'articolo risponde a questa esigenza, in quanto dichiara da un lato che bisogna attuare un coordinamento delle iniziative economiche, allo scopo di rendere accessibile a tutti la proprietà e allo scopo di garantire in concreto quel diritto alla vita ed al benessere che non potrebbe essere garantito se non intervenisse una disciplina in questo senso del diritto di proprietà, e dall'altro lato parla dei limiti di estensione del godimento e dell'espropriazione che sono i casi contemplati nell'ultima parte.

In sostanza, nel corso della discussione si sono manifestate due concezioni diverse: la concezione che la proprietà non dovrebbe essere affermata nella Costituzione, e la concezione che accetta il diritto di proprietà, ma vuole che esso sia finalizzato costituzionalmente, nel senso di permettere a tutti un accesso alla proprietà e un coordinamento della vita economica per il benessere di tutti. Su queste due concezioni i Commissari dovrebbero affermare le loro rispettive posizioni, che appunto riguardano non una formula o un'altra, ma la sostanza stessa dell'argomento in discussione.

Caristia dichiara di non avere inteso di affermare che il diritto di proprietà debba essere esercitato in maniera arbitraria indipendentemente dagli scopi sociali e dagli interessi collettivi, perché anzi è d'accordo in questi concetti. Ma tra questo e l'ammettere che si dia una definizione della proprietà c'è molta differenza. Ha inteso solamente esprimere il suo dubbio sull'opportunità di fare specificazioni.

La Pira ricorda il messaggio di Pentecoste inviato dal Pontefice nel 1941, in cui si dice che il diritto al lavoro condiziona il diritto di proprietà. Quindi quando egli e i colleghi di parte democristiana affermano che il diritto di proprietà deve essere finalizzato, lo affermano proprio in quel senso, che cioè il diritto di proprietà è condizionato al lavoro, e deve essere connesso con un ordinamento economico tale che garantisca il diritto al lavoro, alla vita e così via. Questo è il pensiero affermato nella formula dell'onorevole Dossetti.

Il Presidente Tupini comunica che sulla prima parte dell'articolo proposto dall'onorevole Dossetti, l'onorevole Colitto ha presentato un emendamento così formulato: «La proprietà privata delle persone fisiche e delle persone giuridiche, frutto del lavoro e del risparmio o come conseguenza di una eredità, o comunque acquisita nei modi stabiliti dalla legge, è riconosciuta».

Togliatti, Relatore, osserva che nella formula proposta dall'onorevole Cevolotto non vi è più nulla di quello che era contenuto nell'articolo proposto dall'onorevole Dossetti, il quale intendeva definire quali sono le persone fisiche e quali le persone giuridiche; manca inoltre una qualsiasi qualificazione della proprietà.

Cevolotto replica che con la formula dell'onorevole Dossetti si verrebbe a togliere il diritto di proprietà a determinate categorie. Il riconoscere questo diritto a quelle categorie che sono menzionate nell'articolo è una cosa che si può accettare; ma il togliere implicitamente il diritto di proprietà o rendere possibile il toglierlo alle persone giuridiche e alle persone fisiche in quanto lo abbiano per eredità o per altra ragione, va al di là di quello che si può affermare in una Costituzione, la quale, secondo quello che è stato detto anche dall'onorevole Togliatti, deve essere basata sulla situazione attuale in Italia. Ammette che si possa finalizzare il diritto di proprietà, ma una cosa è finalizzarlo e una cosa abolirlo.

Il Presidente Tupini fa presente che l'onorevole Caristia ha presentato una formulazione così emendata:

«Il diritto di proprietà è garantito. La legge ne regola l'esercizio al fine di garantire la libertà e lo sviluppo della persona e della sua famiglia. I beni economici di consumo e i mezzi di produzione possono essere in proprietà di privati, di cooperative, di istituzioni o dello Stato».

Cevolotto dichiara di accettare questo emendamento e di ritirare il suo, salvo poi a ripresentarlo nel caso che l'emendamento dell'onorevole Caristia venga respinto.

Togliatti, Relatore, dichiara di essere contrario all'emendamento.

Dossetti osserva che nell'emendamento dell'onorevole Caristia vi è una deviazione troppo forte dai concetti contenuti nella sua proposta.

Il Presidente Tupini invita la Commissione a trovare una base di intesa sull'emendamento dell'onorevole Caristia, facendo anche un particolare riferimento al risparmio.

Moro, in merito a quanto l'onorevole Cevolotto ha detto circa la successione ereditaria, ricorda che la terza Sottocommissione ha votato un articolo in cui è affermato che il diritto di trasmissione è garantito e che spetta alla legge di stabilire i limiti della successione legittima, di quella testamentaria ed i diritti della collettività. Propone di aggiungere alla formula Dossetti questa dichiarazione.

Non accetta l'emendamento dell'onorevole Caristia, perché esso non tiene conto di un complesso di elementi essenziali.

Il Presidente Tupini mette ai voti l'emendamento dell'onorevole Caristia.

Lombardi Giovanni dichiara di votare tanto contro l'emendamento dell'onorevole Caristia quanto contro l'articolo concordato.

Mastrojanni dichiara che voterà contro l'emendamento dell'onorevole Caristia e contro l'articolo concordato, perché la formula non soddisfa le esigenze della Costituzione, né identifica la proprietà nella sua essenza, per le ragioni che ha precedentemente espresse.

Lucifero, Relatore, dichiara che, pur non essendo soddisfatto della formula dell'onorevole Caristia, la ritiene migliore di quella originaria e pertanto voterà in suo favore.

(L'emendamento è respinto con 11 voti contrari e 4 favorevoli).

Il Presidente Tupini comunica che, essendo stato respinto l'emendamento Caristia, viene riproposto quello dell'onorevole Cevolotto, consistente nell'inserire dopo il secondo comma dell'articolo proposto dai Relatori la seguente proposizione:

«La proprietà privata delle persone fisiche e delle persone giuridiche, frutto del lavoro e del risparmio o come conseguenza di un'eredità, o comunque acquisita nei modi stabiliti dalla legge, viene riconosciuta».

Mette in votazione tale emendamento.

(L'emendamento è respinto con 11 contrari, 3 favorevoli e 1 astenuto).

Mette ai voti i primi due commi della formula concordata dagli onorevoli Dossetti e Togliatti:

«I beni economici di consumo e i mezzi di produzione possono essere in proprietà di privati, di cooperative, di istituzioni o dello Stato.

La proprietà privata, frutto del lavoro e del risparmio, viene riconosciuta al fine di garantire la libertà e lo sviluppo della persona e della sua famiglia».

Basso dichiara che voterà a favore di queste due proposizioni. Non è però sicuro se tra i beni strumentali, tra i mezzi di produzione, venga considerata anche la terra. Pertanto dichiara che voterà a favore di queste due proposizioni, intendendo però che la terra debba essere compresa tra i beni strumentali.

Cevolotto dichiara di votare contro, non perché sia contrario al primo comma che accetterebbe in sé, ma perché, per le ragioni che ha esposto, non può accettare il secondo comma.

Il Presidente Tupini dichiara di votare a favore di questa formula, anche se ha votato a favore dell'emendamento dell'onorevole Caristia, in quanto non trova contraddizione tra il primo voto e questo, poiché apprezza l'emendamento dell'onorevole Caristia, come un'attenuazione della formula primitiva dei Relatori, che non contrasta con il pensiero e con la sostanza della proposta dei Relatori stessi.

(I primi due commi sono approvati con 10 voti favorevoli e 5 contrari).

Mette ai voti il terzo comma dell'articolo che è il seguente:

«Al fine di rendere la proprietà personale in concreto accessibile a tutti, di coordinare le attività economiche nell'interesse collettivo e di assicurare quindi il diritto alla vita, al lavoro ed al benessere per tutti, la legge determina i modi di acquisto e di trasferimento, i limiti di estensione e le modalità di godimento della proprietà privata della terra e degli altri mezzi di produzione».

Moro propone che il comma sia così formulato:

«Allo scopo di rendere la proprietà personale in concreto accessibile a tutti e di coordinare le attività economiche nell'interesse collettivo per la tutela del diritto al lavoro e ad una vita degna per tutti i cittadini, la legge, ecc.».

Il Presidente Tupini dichiara che parte degli emendamenti sostitutivi dell'onorevole Moro potrebbero essere accettati, e propone a sua volta che, per rendere più accentuato il concetto, siano aggiunte le parole: «in concreto» dopo la parola: «quindi». La dizione di questa parte dell'articolo verrebbe ad essere così la seguente: «Allo scopo di rendere la proprietà personale accessibile a tutti e di assicurare quindi in concreto il diritto alla vita, al lavoro ed al benessere per tutti, la legge, ecc.».

Moro propone che si dica: «una vita degna per tutti i cittadini», cumulando insieme i due concetti del diritto alla vita e del diritto al benessere.

Il Presidente Tupini pone ai voti il seguente testo:

«Allo scopo di rendere la proprietà personale accessibile a tutti, di coordinare le attività economiche nell'interesse collettivo e di assicurare, quindi, in concreto il diritto al lavoro e ad una vita degna per tutti i cittadini, la legge determina i modi di acquisto e di trasferimento, i limiti di estensione e le modalità di godimento della proprietà privata della terra e degli altri mezzi di produzione».

Basso dichiara di essere piuttosto perplesso di fronte alla dizione proposta. Ha l'impressione che in questa formula breve: «coordinare le attività economiche nell'interesse collettivo», si racchiudano due concetti che egli avrebbe voluto affermati espressamente. Uno è quello espresso nel primo articolo della relazione dell'onorevole Togliatti, circa il diritto dello Stato di determinare i piani di produzione e di investimento. In quanto all'altro, avrebbe desiderato ci fosse nell'articolo una formulazione precisa per stabilire che la proprietà non può essere esercitata in senso contrario alla utilità sociale, negando il principio romanistico dello jus abutendi».

La Pira osserva che questo concetto che la proprietà non possa essere usata contro l'utilità sociale è implicito nella formula proposta.

Basso è d'avviso che tale concetto debba essere espresso in maniera esplicita. Fa presente che il suo voto su questa formula, non pregiudica il suo intendimento di proporre aggiunte ed emendamenti.

Cevolotto dichiara che si asterrà dalla votazione avendo votato contro la prima parte dell'articolo.

Mastrojanni dichiara che voterà contro la formula, perché questa, mentre si preoccupa di soddisfare formalmente le tradizioni storiche e giuridiche del concetto di proprietà, in concreto svuota il concetto stesso di ogni suo contenuto sostanziale.

Alla prima affermazione, per la quale si riconosce il diritto di proprietà, consegue una serie di limitazioni, le quali significano non diritto di proprietà, ma solo parziale godimento della proprietà stessa, godimento che egualmente deve essere finalizzato a concetti politici, i quali possono contrastare con quelle che sono le esigenze delle tradizioni storiche della nostra razza.

Rileva che se, come l'onorevole Togliatti ha affermato, si vuol formare oggi una Costituzione la quale deve essere un ponte di transizione e di passaggio per la trasformazione lenta e progressiva degli ordinamenti sociali, non si deve, attraverso questa formula energica e ardita, costituire premesse tali che possano poi degenerare in vere e proprie rivoluzioni.

Caristia dichiara di astenersi dalla votazione per i motivi già espressi.

(La formula è approvata con 10 voti favorevoli, 3 contrari e 2 astenuti).

Il Presidente Tupini fa presente che il testo concordato prosegue in questi termini:

«la legge riserva alla proprietà dello Stato, di istituzioni, di comunità, di lavoratori o di utenti, determinate categorie di imprese aventi carattere di servizio pubblico o di monopolio di fatto, oppure trasferisce agli enti suddetti, mediante esproprio con indennizzo, le proprietà di determinate imprese o di determinati complessi di beni».

Apre su di esso la discussione.

Moro desidera proporre alcune modifiche di forma. Anzitutto ritiene preferibile non ripetere la parola «la legge» nei due capoversi dell'articolo.

Basterà dire: «la legge: determina i modi di acquisto e di trasferimento... riserva, ecc.».

Quanto all'ultimo capoverso dell'articolo, propone che esso sia modificato, nel modo seguente: «riserva allo Stato, ad istituzioni, a comunità di lavoratori o di utenti la proprietà di determinate categorie di imprese, aventi carattere di servizio pubblico di monopolio di fatto;

«disciplina e trasferisce agli enti suddetti, mediante esproprio con indennizzo, la proprietà di determinate imprese o complessi di beni».

Dossetti osserva che queste ultime proposte di modificazione non sono di forma, ma di sostanza. È la legge stessa che deve provvedere e non può limitarsi a disciplinare in via normativa.

Moro osserva che, allora, il terzo punto dell'ultimo capoverso si può formulare così: «trasferisce agli enti suddetti, mediane esproprio con indennizzo, ecc.».

I capoversi dell'articolo verrebbero espressi nel modo seguente:

determina i modi di acquisto, ecc.

riserva allo Stato, ecc.

trasferisce agli enti suddetti, ecc.

Cevolotto dichiara di essere favorevole all'articolo, ma di essere costretto ad astenersi dalla votazione per coerenza con quanto ha detto prima.

Il Presidente Tupini mette ai voti l'ultimo capoverso dell'articolo colle modifiche proposte dall'onorevole Moro.

(È approvato con 11 voti favorevoli e 2 astenuti).

Fa presente che il testo dell'articolo, dopo le varie modifiche, risulta così formulato:

«I beni economici di consumo e i mezzi di produzione possono essere in proprietà di privati, di cooperative, di istituzioni o dello Stato.

La proprietà privata, frutto del lavoro e del risparmio, viene riconosciuta al fine di garantire la libertà e lo sviluppo della persona e della sua famiglia.

Allo scopo di rendere la proprietà personale accessibile a tutti, di coordinare le attività economiche nell'interesse collettivo e di assicurare quindi in concreto il diritto al lavoro e ad una vita degna per tutti i cittadini, la legge:

determina i modi di acquisto e di trasferimento, i limiti di estensione e le modalità di godimento della proprietà privata della terra e degli altri mezzi di produzione;

riserva allo Stato, ad istituzioni, a comunità di lavoratori o di utenti, la proprietà di determinate categorie di imprese aventi carattere di servizio pubblico o di monopolio di fatto;

trasferisce agli enti suddetti, mediante esproprio con indennizzo, la proprietà di determinate imprese o di determinati complessi di beni».

Domanda all'onorevole Basso se insiste negli articoli aggiuntivi da lui proposti.

Basso dichiara di insistere perché vengano messi in votazione.

Il Presidente Tupini dà lettura del primo articolo aggiuntivo proposto dall'onorevole Basso:

«Il diritto di proprietà non può essere esercitato in modo contrario all'utilità sociale o in modo da arrecare pregiudizio alla libertà e ai diritti altrui».

Dossetti dichiara di non ritenere che questo comma debba essere messo in discussione. Osserva che quando si dice che la legge regola le modalità di godimento della proprietà, si è detto tutto.

Quanto poi alla finalizzazione della proprietà il cui diritto, secondo la proposta dell'onorevole Basso, deve essere esercitato in modo da non arrecare pregiudizio alla libertà ed ai diritti altrui, c'è da osservare che nel testo dell'articolo approvato è stato detto qualche cosa di più: non ci si è accontentati della norma romanistica del neminem laedere, ma si è fatta un'affermazione più forte.

Dichiara che, per le ragioni espresse, voterà contro la formula proposta dall'onorevole Basso, perché essa indebolisce e non rafforza la portata dell'articolo che è già stato approvato.

Il Presidente Tupini mette ai voti il comma aggiuntivo proposto dall'onorevole Basso.

Togliatti, Relatore, dichiara che voterà a favore del comma proposto dall'onorevole Basso ad abundantiam, in quanto riconosce che la sostanza di questo comma è già contenuta nell'articolo approvato.

Il Presidente Tupini dichiara che voterà contro il comma proposto dall'onorevole Basso per le stesse ragioni per le quali l'onorevole Togliatti ha dichiarato di votare a favore.

(È respinto con 5 voti contrari e 5 favorevoli).

[Dopo una discussione relativa a un articolo dell'onorevole Basso nel quale si proponeva di regolare e coordinare le attività attinenti agli investimenti, alla produzione, allo scambio e alla distribuzione dei beni e dei servizi (vedi commento all'articolo 41) ...]

Il Presidente Tupini. [...] Rileva che non è stato contemplato il diritto di trasmissione ereditaria. Dichiara che rinuncerebbe a proporre un articolo in questo senso, qualora la Sottocommissione fosse d'accordo nell'accettare quello proposto dalla terza Sottocommissione facendolo proprio.

L'articolo della terza Sottocommissione dice:

«Il diritto di trasmissione ereditaria è garantito: spetta alla legge stabilire le norme e i limiti della successione legittima, di quella testamentaria e i diritti della collettività».

(La proposta del Presidente è approvata all'unanimità).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti