[Il 13 maggio 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo terzo della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti economici».]

Presidente Terracini. [...] Passiamo all'esame dell'articolo 41:

«Allo scopo di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, ne fissa i limiti di estensione ed abolisce il latifondo, promuove la bonifica delle terre e l'elevazione professionale dei lavoratori, aiuta la piccola e la media proprietà».

A questo articolo sono stati presentati numerosi emendamenti. L'onorevole Colitto ha proposto di sopprimerlo ed ha già svolto l'emendamento.

Gli onorevoli Rivera, Montemartini, Gortani, Piemonte, hanno presentato il seguente emendamento:

«Sostituirlo col seguente:

«Perché l'industria agricola italiana serva più efficacemente alla sua funzione sociale ed offra una più ferace produzione, la legge può imporre:

a) direttive tecniche e direttive economico-sociali ai possidenti ed ai lavoratori;

b) limiti massimi e minimi alla proprietà terriera;

c) associazioni o consorzi obbligatori per opere di bonifica o di irrigazione o per la difesa delle piante dalle cause nemiche, infestioni o malattie.

«È obbligo dello Stato la ricerca delle vie del progresso scientifico e tecnico dell'agricoltura italiana».

L'onorevole Gortani, che è il solo presente dei firmatari, ha facoltà di svolgerlo.

Gortani. Rinuncio a svolgerlo.

Presidente Terracini. Gli onorevoli Jacometti, Pieri, Fornara, Malagugini, Dugoni, De Michelis, Giua, hanno presentato il seguente emendamento:

«Sostituirlo col seguente:

«La legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, ne fissa i limiti di estensione, attua la trasformazione del latifondo e la sua assegnazione ai lavoratori e alle loro associazioni, promuove la bonifica delle terre, la ricostituzione delle unità produttive e l'elevazione professionale dei lavoratori, aiuta la piccola proprietà».

L'onorevole Jacometti ha facoltà di svolgerlo.

Jacometti. L'emendamento che abbiamo presentato ha quattro caratteristiche essenziali. La prima è quella di togliere al testo della Commissione le enunciazioni finalistiche: infatti è difficile rispondere alle domande: «quale è il razionale sfruttamento del suolo? e quali sono gli equi rapporti sociali?» D'altra parte, noi siamo in genere contrari a tutte le enunciazioni finalistiche. La seconda caratteristica è quella di mantenere invece la formula che impone obblighi e vincoli alla proprietà privata e ne fissa i limiti di estensione. Voi tutti avete ricevuto, molto probabilmente, un opuscolo della Confida che ha per titolo: «Conviene porre dei limiti al possesso della terra?» Ora, in questo opuscolo è sostenuto molto intelligentemente — noi riconosciamo l'intelligenza dei nostri avversari — che non conviene porre dei limiti al possesso della terra, e si fa questo ragionamento: «Ci sono delle grandi aziende industrializzate del nord; queste grandi aziende industrializzate formano molte volte una proprietà unica. È possibile romperle per farne delle piccole aziende?» Evidentemente la Confida risponde di no. Anche noi rispondiamo di no come impresa, ma pensiamo invece che sia possibile incidere sulla proprietà perché non necessariamente l'impresa deve coincidere con la proprietà. Noi pensiamo infatti che si debba aprire la strada a che la proprietà di queste grandi aziende industrializzate, che nessuno di noi intende spezzare, possa passare domani alle cooperative, alle comunità di lavoratori ecc. La terza caratteristica è questa: il testo della Commissione dice: «abolisce il latifondo»; a noi pare che questa dizione sia per lo meno curiosa. È come se si dicesse: «abolisce il cancro». Noi tutti sappiamo che il latifondo è un cancro nel corpo sociale italiano; ma non basta dire in una legge che il latifondo è abolito, perché lo sia effettivamente.

Noi proponiamo la formula: «attua la trasformazione del latifondo». La trasformazione del latifondo è una cosa molto difficile, molto complessa e deve essere promossa e attuata. Non basta spezzare il latifondo e darlo in coltura ai coltivatori; esso deve essere prima bonificato, il che significa togliere l'acqua dagli acquitrini, fare strade, portare acqua potabile, costruire case: un complesso enorme di lavori.

Quindi, la prima cosa da fare è la trasformazione del latifondo, cioè risolvere tutti questi problemi e fare sì che il latifondo sia abitabile e coltivabile. Errore grave sarebbe, dal punto di vista sociale ed economico, quello di passare, almeno in molti casi, il latifondo direttamente al coltivatore: questi sarebbe sovente costretto al fallimento.

È necessaria una legge che promuova la bonifica del latifondo; e poi l'assegnazione del latifondo ai coltivatori o alle associazioni di coltivatori. Noi non siamo, pregiudizialmente, per l'una o per l'altra tesi. Sappiamo che talune situazioni ambientali impongono le piccole colture; ma sappiamo anche che ci sono altre situazioni, che favoriscono lo svolgimento delle grandi colture industrializzate. In questi casi sceglieremo quest'ultime perché riteniamo che esse rappresentino l'apice del progresso.

Quindi, laddove è possibile, noi, bonificato il latifondo, vogliamo mantenerlo nei suoi limiti d'estensione attuali, e darlo alle cooperative di contadini o ad altre associazioni. Ecco perché noi abbiamo introdotto questo concetto dell'assegnazione.

La quarta caratteristica del nostro emendamento è questa: di pensare non soltanto alla grande estensione di terreno, ma anche alla piccolissima.

Noi abbiamo in Italia due fenomeni: il frazionamento della proprietà e la dispersione particellare.

Molte volte succede che una piccola coltura, che potrebbe servire ai bisogni ed all'assorbimento del lavoro d'una famiglia di contadini, attraverso l'eredità venga spezzettata; e succede, per esempio, se vi sono tre figli, che essa venga divisa non in tre parti, ma alle volte in 6 o 9 parti, perché si vuol dare a ciascun figlio un po' di seminativo, un po' di vigneto ecc.

A questo fenomeno si aggiunge poi quello della dispersione, che in Sardegna, per esempio, raggiunge limiti estremi.

Io ho avuto occasione di vedere la proprietà d'un contadino (pochissimi ettari) dispersa in sei comuni diversi.

Io credo che, per instaurare una agricoltura veramente razionale, sia necessario, attraverso la legge, favorire la permuta e quindi la costituzione dell'unità culturale o produttiva.

Leggi di questo genere ci sono già in altri Paesi.

In Svizzera, per esempio, c'è una legge che impedisce il frazionamento per eredità della terra oltre certi limiti.

Questo è essenzialmente il contenuto del nostro emendamento.

Noi siamo persuasi che, attraverso queste provvidenze, che la legge della Repubblica italiana dovrebbe attuare, potremmo arrivare ad aprire la strada ad una età di progresso e di civiltà superiore. (Applausi).

Rivera. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Rivera. Non ero presente, poco fa, quando è stato letto il mio emendamento. Chiedo che mi sia consentito ora di svolgerlo.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Rivera. Onorevole signor Presidente, le devo innanzi tutto un vivo ringraziamento per la cortesia usatami di permettermi di svolgere con ritardo il mio emendamento al progetto dell'articolo 41.

Onorevoli colleghi, questo del nostro problema agrario è un argomento della più grande importanza e che ha vivamente preoccupato in questo ultimo cinquantennio un gran numero di persone che si occupano della sorte dei nostri campi. È questo un argomento del quale occorre mettere in evidenza in questa Assemblea i lati meno discussi, perché il multiforme problema agrario italiano, particolarmente quello del Mezzogiorno d'Italia, completamente diverso dal problema agrario, per esempio, dell'Europa centrale, abbisogna di un apporto chiarificatore.

Io trovo, ad esempio che questo articolo 41 presta il fianco a più di una critica, come pure la dizione generica ed anche imprecisa «il razionale sfruttamento del suolo».

Ora agli agricoltori del centro e specialmente del sud Italia si faccia una domanda: credete voi che sia esatta questa dizione, che cioè il reddito dell'industria agricola sia solo legato alla qualità del suolo o al trattamento che noi possiamo fare al terreno?

Vi sentirete rispondere con un cenno verso l'alto: questo vi dice che il fattore dominante del rendimento agricolo del centro e specialmente del sud d'Italia è il clima.

Ora questa non è davvero una novità. Voi avrete letto nei libri latini che Annus fructificat, che cioè il clima, a prevalenza di qualunque altro fattore, determina le sorti buone o cattive dei raccolti nell'Italia centrale e meridionale. Questo aspetto del problema è misconosciuto nell'articolo 41, in quanto esso afferma cosa non precisa parlando di sfruttamento del suolo come unico fattore di produzione agricola.

Questo problema ebbe un chiaro accenno nella «Inchiesta agraria» e nei concetti espressi dall'onorevole Jacini. Da meridionalisti e da tecnici illustri esso fu sufficientemente illuminato nei suoi interrogativi, ma nel ventennio fascista questi problemi sono stati agitati al lume della politica contingente ed esigente di responsi obbligati.

Al momento di votare l'articolo 41 noi dobbiamo ricordarci di quella che è l'essenza del problema agrario italiano, e por mente a quelli che saranno, nel prossimo avvenire, i bisogni della nostra agricoltura.

Noi oggi siamo ad una svolta dell'agricoltura: si è parlato di pianificazione italiana e di pianificazione mondiale. Proprio ieri abbiamo approvato l'ammissione dell'Italia alla F.A.O., cioè alla disciplina internazionale della produzione agricola e della distribuzione dei prodotti alimentari. Questo vuol dire che anche l'Italia, come tutte le altre Nazioni ammesse alla F.A.O., ha rinunziato o si prepara a rinunziare a qualche parte dalla sua sovranità, per sottoporsi ad una superiore disciplina internazionale.

Ora pensate, onorevoli colleghi, quale sarebbe la situazione dell'agricoltura italiana e particolarmente di quella dell'Italia meridionale, quando ci si ponesse dinanzi un dilemma unicorne, un problema zoppo, cioè quello del collocamento presso di noi del grano, dei grassi, delle carni, che saranno fra poco esuberanti in alcuni Paesi dell'Europa e d'America, e che questi Paesi hanno interesse a collocare nei Paesi poveri, e non ci si concedesse la contropartita, cioè senza che il collocamento dei prodotti dei Paesi a clima mediterraneo fosse assicurato.

Questo problema fondamentale è stato prospettato da noi, come rappresentanti dell'Italia, alla conferenza F.A.O. di Copenaghen, dove richiamammo le delegazioni al riconoscimento degli interessi agricoli dei Paesi poveri del mediterraneo. Devo dire che siamo stati intesi, giacché i delegati di ogni Paese ammisero che i prodotti del sud d'Italia (anche codesti prodotti sono da considerarsi alimentari, in quanto complementari degli altri) vino, frutta, ortaggi, abbiano lo stesso diritto alle predilezioni di collocamento che la F.A.O. mostra di avere per il grano, le carni ed i grassi, che da noi devono essere necessariamente acquistati all'estero.

Vogliamo pensare che questa persuasione porti presto all'invocata parità di diritti tra la produzione agricola di ogni paese.

Questo non è solo un problema di rendimento agricolo, ma diviene un problema di ricchezza per il nostro paese ed un problema di salvezza della nostra economia nazionale. Perciò questo articolo 41, il quale mostra evidente un non apprezzamento, anzi un misconoscimento di questi problemi, che sono al centro della nostra economia ed al centro delle nostre speranze venture, va corretto nel senso indicato nell'emendamento.

E veniamo al latifondo, problema spinoso.

La riforma agraria è intesa generalmente nel senso dell'attribuzione della proprietà della terra. Troppo poco, dicono quelli che qualche conoscenza hanno di questi problemi. Noi vorremmo che del problema della riforma agraria avesse diritto di precedenza quella parte che riguarda la produzione. Alcuni hanno parlato di progresso agricolo come di possibilità illimitate: se ci riferiamo all'Italia continentale, come a tutta la piana del Po, ed anche l'Italia centrale ordinata a mezzadria, uno spiccato progresso agricolo si è determinato in questo secolo. Se andiamo a paragonare infatti il reddito agrario globale attuale con quello delle stesse aziende agrarie di cento anni addietro, noi lo troviamo raddoppiato; troviamo, cioè, ad esempio, che la quantità di grano che oggi si produce è uguale e talora anche maggiore alla quantità che si produceva cento anni addietro, grano però oggi ottenuto sulla metà circa della estensione del terreno che prima era coltivato a grano. Questo risultato è ricchezza nazionale ed è ricchezza dei coltivatori: in queste aziende, infatti, da circa un secolo a questa parte è andata scomparendo la miseria è si è stabilito un notevole benessere. Questo progresso discende direttamente dalle ricerche scientifiche, perché ha potuto essere ottenuto principalmente attraverso la introduzione — fra le colture di grano e di granoturco — di coltivazioni di leguminose da foraggio, le quali sono enormemente miglioranti delle sorti delle colture successive. Ciò ha dunque giovato enormemente all'agricoltura del nord e del centro d'Italia.

Ma se domandate agli agronomi nostri se essi conoscono una ricetta per un progresso agricolo del sud Italia, che sia paragonabile a quello conquistato nel nord, essi si stringono nelle spalle e vi dichiarano che non vi sono ricette generali per la resurrezione agricola del sud Italia. Voi sapete che esiste una enorme regione — parecchie province del sud — che si sfibra dietro una misera esclusiva coltura granaria. È un male necessario, fu detto, giacché si giudica che le colture cereali, che sono colture della miseria per queste zone, perché a reddito basso o aleatorio, rappresentino l'unica utilizzazione possibile di quel territorio agricolo.

Di tutto questo disagio la causa principale è da ricercare, come si è già premesso, nella aleatorietà del clima, la cui severità aumenta con il diminuire della latitudine.

A questo proposito permettete una breve digressione.

Io ho un nipotino...

Presidente Terracini. Onorevole Rivera, noi ascoltiamo tutti volentieri le sue digressioni, ma sono già dieci minuti che lei parla, ed ha trattato soltanto il primo comma del suo emendamento, mentre ne ha presentati tre. Comunque, ci racconti pure del suo nipotino.

Rivera. Grazie. Dunque dicevo, che questo ragazzino, quando entra in una casa nuova che non conosce e nella quale dovrà dimorare, domanda per prima cosa: chi comanda in questa casa? È una preoccupazione più che giustificata e che dovremmo avere un po' tutti quando ci apprestiamo a proporre un nuovo metodo di lavoro in un ambiente inusitato. Quando voi del Settentrione andate nel Sud per rendervi conto del problema agricolo vi domandate chi comanda in quell'ambiente? Nel Nord, o amici settentrionali, le incostanze ed i capricci del clima sono indubbiamente più attenuati: infatti, ad esempio, da voi piove abbastanza regolarmente nel periodo primaverile-estivo, e, se si va poi nell'Europa Settentrionale, in periodi dell'anno di attiva vegetazione, piove quasi tutti i giorni e la temperatura non ha variazioni troppo brusche, sicché i fattori climatici non determinano, a quelle latitudini, quasi mai situazioni preoccupanti. Se invece coltivate grano o altre colture erbacee nelle zone aride e calde d'Italia, vi accorgerete che questa messe, fino ad un certo momento lussureggiante, è bersagliata dal clima, che diventa improvvisamente severo, al punto che dalle statistiche si rileva che nel foggiano si è raccolto in qualche anno per 18 e più quintali l'ettaro, mentre in certi anni si è scesi ad un reddito di poco più di 4 quintali!

Da queste disavventure agricole è mantenuto in piedi il latifondo arido.

La questione del latifondo è prediletta di quasi tutti i partiti ed «abolire il latifondo» è un programma amato po' da tutti qui dentro e fuori. Certamente questa fame di terra, questa gioia di possedere, deve essere da noi riconosciuta nel più ampio modo verso chi lavora i terreni. Nessun partito, mi pare, ci sia che non soffra di questa passione e non voglia dare riconoscimento a questo desiderio così umano e giustificato. Ma io vi dico, onorevoli colleghi: vi sembra un bel servizio che faremmo agli agricoltori poveri, quando li immettessimo nel latifondo arido del Sud, esponendoli al rischio di un raccolto di pochi quintali l'ettaro, tanto peggio se essi si imbattano in due annate consecutive avverse?

Io mi limito ad accennare al latifondo arido e caldo, essendo pacifica la soluzione da dare al latifondo fresco e tanto più a quello irriguo, bisognoso di braccia, che va ripartito, specialmente se mal condotto, come in qualche caso evidente: sempre che si salvi l'efficienza degli impianti e della riorganizzazione.

Vi pare un servizio reso al progresso agricolo ed un gesto generoso verso i coltivatori diretti, privi in genere di capitali, di scorte e di riserve, immetterli in questa zona di fame e di rischio?

Abolire il latifondo è dunque un enunciato bellissimo, ma come tutti gli enunciati e gli assiomi politici, rischia di rimanere tale, se non si risolvono i lati inibitivi, che per secoli hanno impedito nel sud quella ripartizione terriera che si auspica. Sicché abolire il latifondo noi possiamo ben metterlo come programma e decisione di questa Costituente, ma esso rimarrà, o amici, all'enunciato, così come da 35 anni e più esso è programma e programma di parecchi partiti. Il mio partito — ed io vi combatto da 27 anni — per primo pose, tra i problemi politici italiani, l'abolizione del latifondo, più di 30 anni fa, e sino ad oggi non si trova la strada di una realizzazione. Noi siamo ancora al punto in cui in qualche opera lirica il coro ripete «partiam! partiam!», ma rimane sempre fermo sulla scena. Io vi dico oggi: guardatevi, onorevoli colleghi, dal fare una promessa siffatta, che non sarete in grado di mantenere; ché se un giorno volessimo immettere nelle aziende aride e calde del sud i nostri mirabili coltivatori di terra, perché creino da sé e per sé quella ricchezza di cui beneficeremmo tutti e li avviassimo, nelle aziende per loro preparate, col sacco pieno, ce li vedremmo ritornare dopo qualche anno scoraggiati, estenuati e col sacco vuoto. Questa è la sorte riservata ai coltivatori piccoli e piccolissimi di coltivazioni erbacee comuni nelle zone aride e calde del Sud!

Di Vittorio. Si tratta di usare i fertilizzanti!

Rivera. Se per fertilizzanti intendete forniture di concimi, non farete altro che esasperare gli effetti della siccità, ed otterrete, in annate siccitose, meno di quello che ottenevate quando non era dato il concime. Ma su questo punto voglio scivolare, perché una discussione su di esso assorbirebbe un tempo che non abbiamo: bene sarà se vorremo dedicarci in seguito ad una discussione particolare su questo tema.

Per oggi datemi credito: mi valgo di 18 anni di permanenza come professore di ruolo in una facoltà di agraria d'Italia, dove ho insegnato con fedeltà e vorrei dire anche con onore (Commenti), per potervi dichiarare che la soluzione del problema agrario del Sud non è conosciuta nei suoi più gelosi termini, che devono essere offerti dallo Stato a quegli agricoltori.

E salto immediatamente alla chiusa del mio emendamento, perché il tempo stringe. In questa Assemblea è stato fatto rimprovero da parte di alcuni deputati del Sud Italia, a tutti i Governi, che in Italia si sono succeduti in questo settantennio, perché si sono mostrati restii o lenti a tracciare strade, a costruire ferrovie, o ad incoraggiare industrie. Ma io dico che la più grande colpa, che qui non ho sentito mentovare, è stata quella veramente grave ed imperdonabile, commessa dai Governi passati, di non aver provveduto a studiare e risolvere il problema agrario meridionale italiano, di non aver cioè tentato di risolvere il problema della miseria dell'agricoltura e della miseria degli agricoltori delle zone calde ed aride d'Italia.

Ecco perché alla fine del mio emendamento ho domandato che sia fatto obbligo formale allo Stato di provvedere allo studio delle vie del progresso dell'agricoltura italiana.

Noi abbiamo oggi ragioni gravi per tentare di uscire da questa specie di gabbia economica, che ci tiene in uno stato di inferiorità nei riguardi di altre parti del mondo, ed anche nei riguardi di altre parti d'Italia e per invocare che finalmente questo problema sia reso noto da ricerche e studi. Alcuni dati di questo problema sarebbero in verità risoluti, ma non sono risoluti in funzione dell'estero, in funzione dell'esportazione. Se infatti io dico all'agricoltore del Sud Italia: «Tu pianta la vigna, tu pianta l'olivo, tu metti il mandorlo, nel tuo terreno», io avrei risoluto, dal punto di vista agronomico, questo problema in molte zone del Sud; ma voi sapete bene quale grave crisi ebbe a colpire circa 50 anni addietro la produzione dell'uva e del vino italiano e come la questione del prezzi dell'olio si presenti preoccupante in periodi normali. Noi veniamo da un convegno di viticoltori, al quale sono stati invitati i diplomatici di tutte le parti del mondo qui accreditati, perché constatassero le squisite qualità di vini che l'Italia è capace di produrre e siamo oggi entusiasti assertori della loro bontà. (Interruzione dell'onorevole Micheli).

Siamo tutti dispiaciuti della sua assenza, onorevole Micheli, da quel convegno di intenditori o di amatori del buon vino.

Presidente Terracini. Onorevole Rivera, la prego di concludere.

Rivera. Concluderò senz'altro. Se a questi viticoltori del Sud d'Italia si desse l'assicurazione che tutto il loro vino, che è veramente squisito, potesse essere collocato all'estero; se cioè, ritornando al concetto dal quale ho incominciato, al posto del grano, della carne, di cui abbiamo bisogno assoluto, venissero presi i nostri vini, la nostra frutta, i nostri ortaggi, noi non saremmo forse qui, onorevoli colleghi, ad angustiarci col problema della risoluzione del bilancio statale, del bilancio delle province, del bilancio dei comuni, e, certo, anche del bilancio dell'agricoltore, e noi potremmo, finalmente, in questa solidarietà europea, dire di aver sistemato l'agricoltura della nostra penisola, di aver messo l'Italia a posto anche economicamente.

Io arrivo, onorevoli colleghi, a conclusioni le quali trascendono completamente da quello che è il problema dell'articolo 41; ma posso assicurarvi che queste mie parole non sono un'esagerazione. Noi dobbiamo cercare di dare all'agricoltura del Sud Italia, indipendentemente da quelle che sono le nostre passioni politiche, quella sistemazione la quale faccia raggiungere a quell'agricoltura dell'Italia del Sud l'altezza di quella dell'Italia continentale o della piana del Po, onde anche sopperire a tutti i pesi normali e straordinari, a quelli cioè che avevamo prima ed a quelli, tanto più onerosi, che la guerra disastrosa ci ha imposto di pagare all'esterno e all'interno e soddisfare finalmente questa fame, per la quale ho sentito lamenti acutissimi anche in quest'aula!

È questo il problema al quale vorrei che l'Assemblea dedicasse qualche ora, in una discussione che fosse magari un contraddittorio, sicché potessimo finalmente concludere nella valutazione di quelli che sono i provvedimenti da prendere. Ma se non porremo, fin da oggi, il problema nel suo vero binario, faremo opera dannosa alla nostra agricoltura ed al nostro Paese. (Applausi).

Presidente Terracini. L'onorevole Cassiani ha già svolto il seguente emendamento:

«Sostituirlo col seguente:

«Allo scopo di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, ne fissa i limiti di estensione, promuove la bonifica delle terre e l'elevazione professionale dei lavoratori, aiuta la piccola e la media proprietà.

«Il latifondo, comunque condotto e coltivato, ma suscettivo di utili trasformazioni fondiarie o di appoderamento, è abolito. La trasformazione o l'appoderamento sono obbligatori».

L'onorevole Gabrieli ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituirlo col seguente:

«Allo scopo di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge può imporre obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata e stabilirne il frazionamento o limitarne l'estensione. Promuove le opere di bonifica, l'intensificazione delle colture, l'educazione professionale dei lavoratori. Aiuta la piccola e media proprietà».

Ha facoltà di svolgerlo.

Gabrieli. Siccome i concetti contenuti nel mio emendamento sono stati trasfusi in un emendamento Segni, più perfetto, aderisco all'emendamento Segni.

Presidente Terracini. L'onorevole Romano ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituirlo col seguente:

«Allo scopo di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, promuove la bonifica delle terre e l'elevazione professionale dei lavoratori, aiuta la piccola e la media proprietà».

Poiché non è presente, si intende che abbia rinunziato a svolgerlo.

L'onorevole Perrone Capano ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituirlo col seguente:

«Allo scopo di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge può imporre obblighi e vincoli alla proprietà terriera, e, promuovendo la bonifica, l'intensificazione delle colture, l'educazione professionale-tecnica dei lavoratori, facilitare il frazionamento della proprietà ove ciò sia economicamente e socialmente utile. Lo Stato aiuta la piccola e media proprietà».

Poiché non è presente, si intende che abbia rinunziato a svolgerlo.

L'onorevole Marina ha presentato il seguente emendamento.

«Sostituirlo col seguente:

«Lo Stato promuove lo sfruttamento del sottosuolo, la bonifica delle terre e l'elevazione professionale dei lavoratori».

Ha facoltà di svolgerlo.

Marina. Lo ritiro e mi associo a quello successivo dell'onorevole Corbino.

Presidente Terracini. Gli onorevoli Corbino, Quintieri Quinto, Crispo, Cifaldi, Badini Confalonieri, hanno presentato il seguente emendamento:

«Sostituirlo col seguente:

«Allo scopo di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera, promuove l'intensificazione delle culture e la bonifica delle terre, migliora l'educazione professionale tecnica dei lavoratori, aiuta la piccola e la media proprietà».

L'onorevole Corbino ha facoltà di svolgerlo.

Corbino. Dopo il discorso del collega Rivera io mi limiterò a illustrare brevemente gli emendamenti all'articolo relativo alla proprietà.

Il mio emendamento consiste in questo: sopprimere la parola «privata» dal testo proposto dalla Commissione, perché io penso che qualsiasi limite e qualsiasi obbligo e vincolo debba considerarsi esteso anche alle proprietà demaniali o comunali; ciò che avrebbe molta importanza, in vista della autonomia che potrà essere concessa agli enti locali.

Se ci deve essere una politica agraria, essa deve valere per la proprietà terriera privata, e per la proprietà terriera degli enti pubblici. Poi c'è la proposta di soppressione del comma che fissa i limiti di estensione ed abolisce il latifondo. Cosa vuol dire «limiti di estensione»: si debbono riferire alla terra o al proprietario? Un limite alla terra potrebbe porre ostacoli gravissimi al progresso agrario; fissare poi dei limiti per il proprietario significherebbe fermare tutto il mercato della proprietà terriera, perché nessuno saprebbe più se vendendo a Tizio o a Caio si vende a persona che con quell'acquisto superi i limiti che sarebbero stabiliti dalla legge.

In quanto alla questione del latifondo, mi associo alle considerazioni dell'onorevole Rivera: ché anche dal punto di vista statistico noi non sappiamo quanti latifondi ci sono; e poi si tratta di stabilire la estensione minima del complesso agrario al quale si dà il nome di latifondo.

D'altra parte non si può non considerare la circostanza che il latifondo è talvolta una unità agraria perfetta, e volerlo abolire significherebbe determinare un regresso. Che vi siano delle zone latifondistiche da trasformare non c'è dubbio, e che lo Stato quindi debba intervenire in questi casi lo possiamo accettare e lo accettiamo favorevolmente tutti; ma penso che a questo fine possa bastare stabilire dei vincoli e degli obblighi generali alla proprietà terriera. Occorre poi tener conto che la pressione fiscale, e specialmente le tasse sui trasferimenti a titolo gratuito, sono destinate ad esercitare una funzione riduttrice in questo campo.

Propongo pertanto che questa dizione sia sostituita dall'altra, che impone alla legge l'obbligo di promuovere «la intensificazione della coltura e la bonifica delle terre», comprendendo nella intensificazione e nella bonifica tutto ciò che lo Stato può fare non dirò per abolire, ma per lo meno per spezzare il latifondo. Per il resto il mio emendamento si attiene alla formula proposta dalla Commissione. (Approvazioni).

Presidente Terracini. L'onorevole Mortati ha presentato il seguente emendamento.

«Sostituirlo col seguente:

«Allo scopo di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera, e, promuovendo la bonifica, l'intensificazione delle culture, l'educazione professionale dei lavoratori, crea le condizioni necessarie per giungere all'abolizione del latifondo, alla riduzione della grande proprietà ed all'incremento di quella piccola e media».

Poiché l'onorevole Mortati non è presente, si intende che abbia rinunciato a svolgerlo.

L'onorevole Einaudi ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituirlo col seguente:

«Allo scopo di conseguire un più elevato prodotto della terra ed una distribuzione socialmente equa di esso, la legge può imporre alla proprietà terriera privata e pubblica obblighi e vincoli, anche relativi alla estensione, appropriati alle varie regioni e zone agrarie italiane. La legge impone e promuove la bonifica delle terre e la trasformazione del latifondo ad incremento ed elevazione del ceto dei piccoli e medi proprietari».

Ha facoltà di svolgerlo.

Einaudi. Onorevoli colleghi, spero che vorrete scusarmi anche questa volta se insisterò per un momento sulla necessità di porre norme statutarie le quali abbiano un significato preciso. Certamente a me non sembra che le parole: «allo scopo di conseguire il razionale sfruttamento del suolo» abbiano questo significato preciso. Il significato proprio delle parole adoperate è che la terra deve essere coltivata così come ci insegnano alcuni professori i quali credono di sapere come si coltiva la terra. La razionalità nella coltivazione della terra è un qualcosa che non è razionale secondo un dettame della logica dottrinaria, ma varia secondo le circostanze di luogo e di tempo e può essere valutata soltanto in ragione del risultato economico. Per conseguenza, io propongo che alla formula, inesistente dal punto di vista economico, del «razionale sfruttamento, del suolo», che potrebbe mettere gli agricoltori alla mercé di uomini che hanno studiato ma non praticato l'arte agraria, siano sostituite le parole: «allo scopo di conseguire un più elevato prodotto della terra». Cosa sia «un più elevato prodotto della terra» io suppongo possa invero essere facilmente comprensibile; non è comprensibile invece ciò che sia la «razionalità» nella coltivazione della terra.

Ho sempre avuto molta stima e molta ammirazione per coloro che erano i cattedratici ambulanti, che vivevano della vita dei campi e conoscevano ad uno ad uno gli agricoltori della loro regione. Costoro non hanno mai insegnato sfruttamenti razionali del suolo: hanno sempre cercato di vedere quelle che erano le culture del luogo, quelle che erano le consuetudini e le possibilità economiche del luogo ed hanno cercato di spingere i coltivatori a perfezionare i loro sistemi locali e consuetudinari. Quando, al posto dei cattedratici ambulanti, che vivevamo la vita dei campi, ho visto sostituirsi gli ispettori dell'agricoltura che stavano nei capoluoghi di provincia o di regione, ho constatato che costoro distribuivano grandi prospetti, davano grandi consigli, inculcavano indirizzi, imponevano percentuali obbligatorie di cultura per ordine di governanti residenti a Roma ed operanti per il conseguimento di piani autarchici o non; ma non erano per nulla conosciuti dagli agricoltori e si sono resi promovitori di tutti quegli istituti che durante l'epoca fascista hanno oppresso l'agricoltura e si sono resi odiosi agli agricoltori.

Perciò alle parole «razionale sfruttamento» vorrei fossero sostituite le altre: «allo scopo di conseguire un più elevato prodotto della terra».

Osservo che, quando si mira ad ottenere un più elevato prodotto della terra è ragionevole iscrivere nella Costituzione che si tenda ad una «distribuzione socialmente equa di esso prodotto». So cosa è una distribuzione socialmente equa di un prodotto, o, almeno, ritengo che sia un concetto comprensibile. Ignoro cosa possa essere «stabilire equi rapporti sociali in relazione ad un razionale sfruttamento della terra».

Nell'emendamento che ho presentato escludo anche che si possa pensare all'abolizione del latifondo. Vedo con piacere che questa opinione è condivisa da uomini di diverse parti dell'Assemblea.

Vorrei aggiungere qualche considerazione. La trasformazione del latifondo è un concetto ragionevole; non è altrettanto ragionevole e non è possibile l'abolizione del latifondo. Sappiamo noi che cosa sia e quanto latifondo ci sia in Italia? Sino a ieri non abbiamo saputo quasi nulla di quella che è la distribuzione della proprietà fondiaria in Italia. Se oggi si sa qualche cifra, queste poche cifre che noi conosciamo intorno alla distribuzione del latifondo ci devono rendere persuasi della prudenza di non chiedere un'abolizione che sarebbe assurda e nociva e indurci a chiedere, invece, una trasformazione a seconda delle esigenze, delle culture, delle diverse zone agrarie. Per valutare l'importanza del problema del latifondo ricordiamo che soltanto il 13,55 per cento della superficie totale produttiva del Paese è composto di proprietà le quali superano i mille ettari e queste proprietà che superano i mille ettari fruttano soltanto il 3,51 per cento del reddito imponibile totale della proprietà agraria. La cifra del basso reddito fa presumere, così, in generale, che questa proprietà può essere trasformata e può essere conveniente sia trasformata, ma non dimostra per sé che essa debba essere abolita. Nulla ci dice che i proprietari abbiano mancato al loro dovere. Occorre sapere quali siano i luoghi e le circostanze in cui il latifondo esiste. Quali sono i luoghi dove esiste il latifondo in Italia? Le notizie che a questo riguardo si hanno — e sono notizie recenti — ci dicono che circa il 31 per cento della superficie totale delle proprietà superiori ai mille ettari è compreso nella zona alpina. Ora, in che senso è possibile trasformare questo latifondo? Ed è possibile abolire il latifondo alpino, costituendovi qualche tipo di proprietà piccola o media? L'abolizione del latifondo, nella montagna alpina che dà il 31 per cento della superficie totale delle proprietà che superano i mille ettari, sarebbe evidentemente un provvedimento irrazionale. Trasformiamo, perfezioniamo, sì, anche nelle Alpi, le forme di cultura, come già è stato raccomandato da alcuni colleghi: ma l'abolizione della coltivazione e dell'appoderamento in grandi nuclei sarebbe dannosa allo scopo dell'incremento della produzione agraria.

Un altro 15 per cento della superficie occupata da proprietà aventi superficie superiore ai mille ettari è compreso nella zona montagnosa appenninica; di modo che la zona montagnosa alpina e quella appenninica danno complessivamente il 46 per cento di tutte le proprietà che superano la estensione dei mille ettari nell'intera Italia. Se questo è latifondo, esso può essere trasformato, con lenta fatica e con impiego di capitali colossali; ma sarebbe strano dichiararne l'abolizione.

Le cifre addotte dimostrano che l'abolizione sarebbe un qualche cosa di antieconomico in quelle zone, un qualche cosa che riuscirebbe di danno all'incremento della produzione totale. Credo perciò che nella Costituzione si debbano inserire parole che si riferiscono alla trasformazione; non già quelle invece che vogliono l'abolizione generica del latifondo.

Del latifondo e dei suoi risultati buoni o cattivi sono sempre responsabili i proprietari privati? Le statistiche che stanno compilandosi in questi ultimi tempi fanno nascere, sotto questo riguardo, dubbi ragionati. La Sicilia, è noto, è una delle regioni indiziate come contenente la massima proporzione di latifondo. Ho qualche dubbio al riguardo. Escludendo la montagna, la massima quantità di proprietà che superano i mille ettari non è infatti situata nell'Italia meridionale né in quella insulare, sì invece nell'Italia centrale.

L'insieme delle proprietà che superano mille ettari di superficie interessano nel complesso dell'Italia circa 1,5 milioni di ettari; e di questi l'Italia settentrionale fornisce 169.492 ettari quasi tutti nell'Emilia e nel Veneto, l'Italia centrale 623.383, l'Italia meridionale 310.823 e la Sicilia 80.694 ettari, sempre nelle zone che non siano di montagna.

È un problema quindi quello delle proprietà che superano i mille ettari che non può considerarsi speciale dell'Italia meridionale e insulare. È un problema caso mai preminente, invece, nell'Italia centrale. Ma è nell'Italia centrale altresì che, tra le proprietà superiori ai 1000 ettari, si noverano tutti i tipi di proprietà, da quelle organizzate splendidamente che danno produzioni altissime e che non trovano alcun riscontro in nessuna regione del mondo, a quelle nelle quali invece la produzione è bassissima e nelle quali la trasformazione sarebbe utile.

Perciò non vorrei impegnare l'Assemblea con parole così rigide come quella di «abolizione», ma consigliare invece che al suo posto se ne usi qualche altra, che renda possibile una politica economica e sociale davvero feconda.

E in Sicilia la responsabilità dell'esistenza dei latifondi, comunque si vogliano definire, è sempre soltanto dei privati? Io ho sotto gli occhi una statistica dalla quale risulta che in Sicilia le proprietà superiori, per estensione, ai mille ettari appartengono, per numero, a 198 proprietari privati; ma 23 appartengono allo Stato, alle province ed ai comuni e 7 ad altri enti. E per quello che riguarda la superficie, le proprietà superiori ai mille ettari in Sicilia spettano ai privati per 144.353 ettari; ma ne spettano allo Stato, alle province e ai comuni anche 75.190 ettari. 75.190 ettari sono una cifra inferiore a 144.353; ma è pur sempre una cifra imponente. E accanto a questi 75.190 ettari appartenenti allo Stato, alle province ed ai comuni vi sono altri 12.329 ettari i quali spettano ad altri enti. Tra Stato, province, comuni ed altri enti arriviamo così ad oltre 87 mila ettari di proprietà che superano i mille ettari.

Aboliamo anche questa proprietà ossia questa parte cospicua del latifondo siciliano? Tanto varrebbe dire che lo Stato può abolire la cosa sua. Possiamo invece dire logicamente che anche la proprietà pubblica, se è possibile e nei limiti del possibile, sia trasformata. Dire che il latifondo deve essere abolito, quando in così notevole parte spetta già allo Stato e ad altri enti pubblici, mi sembra dire cosa che non ha un significato preciso.

Un'altra modificazione da me proposta al testo della Commissione è quella dell'aiuto alla piccola e alla media proprietà. Io ho proposto che la bonifica della terra e la trasformazione del latifondo debba servire non ad aiutare la piccola e media proprietà, ma, usando un'altra terminologia, «ad incremento ed elevazione del ceto dei piccoli e medi proprietari». Noi non abbiamo affatto bisogno di aiutare i piccoli e medi proprietari ad aumentare di numero, perché se un fatto fondamentale vi è in questa materia è che in Italia forse il numero dei piccoli e medi proprietari è eccessivo.

Ricordiamo che il numero delle ditte proprietarie in Italia oggi è di 10.497.370; ricordiamo anche che il numero delle persone le quali hanno parte nella proprietà della terra giunge alla cifra enorme di circa 13 milioni; ossia vi è più di un proprietario per famiglia in Italia. Il numero delle famiglie proprietarie in Italia è probabilmente di 9 milioni. Ciò che risulta da queste cifre, le quali sono il risultato delle ultime rilevazioni del catasto fondiario e agrario, è che forse vi è un eccesso nel numero dei piccoli e medi proprietari. In certe zone agricole, il numero dei proprietari è certamente eccessivo. Tipico è il caso della Sardegna, dove il male più importante non è quello della scarsa diffusione della proprietà ma invece quello della polverizzazione della proprietà, che rende la proprietà improduttiva e fa sì che essa non adempia a quegli scopi economici e sociali a cui dovrebbe tendere. E nella Sardegna medesima accade che vi siano (è una cifra che non avevo ancora ricordato) 445.000 ettari di proprietà le quali per superficie superano i 1.000 ettari. Ma che cosa sono questi 445.000 ettari? In gran parte sono pascoli cespugliati e boschi, mal coltivati perché soggetti — per tradizione secolare — ad usi civici. Trattasi dei famosi beni ademprivili: qui una cattiva forma di proprietà collettiva fa sì che il terreno sia malamente utilizzato. Quindi si impone non l'abolizione di non so che cosa, poiché trattasi di terreni che sono in gran parte di proprietà già collettiva, ma di trasformazione. Trasformazione del latifondo, quindi, non abolizione; ed adattamento delle dimensioni dell'impresa agricola alle mutabili condizioni diverse delle zone agricole italiane. Nel mio emendamento ho proposto perciò che gli eventuali limiti alla estensione della proprietà debbono essere appropriati alle varie regioni e zone agricole italiane. Ricordiamoci sempre che l'Italia è uno dei Paesi che presenta la più grande, la più meravigliosa varietà di forme di proprietà e di forme di coltivazione che forse si conoscano al mondo. Noi andiamo da forme di coltivazione estensive a forme di coltivazione le più intensive, le quali si dovrebbero addirittura chiamare costruzioni. Nella Liguria, vi sono invero proprietà che non sono coltivazioni, sono invece vere e proprie costruzioni, più costose delle costruzioni delle case. Bisogna vedere in Liguria e non solo in Liguria, ma nella Conca d'Oro, nei dirupi della Costa d'Amalfi, nella stretta cornice della Calabria e della Sicilia quali magnifiche coltivazioni intensive siano state create sulle rocce nude, senz'acqua e senza terra. L'uomo ha trasportato su queste rocce nude, senz'acqua e senza terra, gli elementi naturali necessari alla coltivazione; ha trasportato la terra a dorso, perché non erano approntati i muli a trasportare la terra in quei greppi, ed ha raccolto goccia a goccia l'acqua durante le piogge invernali e primaverili, l'ha conservata in cisterne costruite a gran dispendio e l'ha distribuita gelosamente a breve spazio di terra, divenuta così capitale fecondo. Talvolta è una ricchezza notevole, anche una proprietà estesa semplicemente su un ettaro. Su un ettaro a fiori vive una popolazione prospera laddove in altre condizioni morrebbe di stenti una persona sola.

Nulla può dunque essere affermato in modo generale intorno alla più economica dimensione dell'impresa agraria. Non possiamo condannare a priori la proprietà perché sia inferiore ad un solo ettaro, né possiamo condannarla solo perché essa sia superiore ai 1.000 ettari. La proprietà minima per superficie può dare redditi grandissimi e su un ettaro — come in Liguria — possono vivere anche 20 o 30 persone, e vivere più largamente di quanto non facciano coltivatori dispersi in ampie superfici di terra. Ma vi sono altresì in Italia proprietà le quali ai contemplatori delle nude statistiche possono apparire latifondistiche, proprietà le quali superano i 1.000 ettari, e anche i 2.000 e i 3.000, ed una di queste situata alle porte di Roma è oggi di proprietà dello Stato, e quelle proprietà costituiscono l'orgoglio dell'Italia e sarebbe un vero delitto abolirle. Trasformare dunque il latifondo, non abolirlo! (Applausi al centro e a destra).

Presidente Terracini. L'onorevole Bosco Lucarelli ha proposto di sopprimere le parole: «ne fissa i limiti di estensione».

Poiché non è presente, si intende che abbia rinunciato a svolgere l'emendamento.

Gli onorevoli Badini Confalonieri è Crispo hanno presentato il seguente emendamento:

«Sopprimere le parole: ne fissa i limiti di estensione ed abolisce il latifondo, ed aggiungere in fine dell'articolo: trasforma il latifondo».

L'onorevole Badini Confalonieri ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

Badini Confalonieri. L'emendamento proposto dall'onorevole Crispo e da me si compone di due parti, di cui la prima sopprime le parole: «ne fissa i limiti di estensione ed abolisce il latifondo». Le osservazioni fatte testé dall'onorevole Corbino mi esimono dal dare maggiori delucidazioni. Volevo solo ricordare che i limiti della proprietà sono stati già fissati nell'articolo 38, che abbiamo votato ed approvato, e certamente non vogliamo qui fare inutili ripetizioni.

Anziché dire «abolisce il latifondo», poi, noi con la seconda parte dell'emendamento vogliamo dire: «trasforma il latifondo» proprio per quel concetto che il mio maestro onorevole Einaudi ha testé illustrato.

Presidente Terracini. Gli onorevoli Monterisi, Caccuri, Perrone Capano, Gabrieli hanno presentato il seguente emendamento:

«Alle parole: bonifica delle terre, aggiungere l'inciso: anche mediante opere di elettrificazione».

L'onorevole Monterisi ha facoltà di svolgerlo.

Monterisi. L'emendamento riguardante le opere di elettrificazione delle campagne, che io sottopongo alla vostra benevola attenzione, onorevoli colleghi, è di tale importanza che investe molto da vicino il gravissimo problema della riforma agraria, anzi deve essere la base su cui deve erigersi la riforma stessa, sulla quale, in questo momento, converge l'attenzione di tutti i Gruppi parlamentari, a prescindere dalle ideologie che ne informano i rispettivi programmi.

Infatti, che cosa ci proponiamo noi di raggiungere con la riforma agraria? Noi tendiamo a tre obiettivi: aumento della produzione, impiego massimo della mano d'opera e spezzettamento della grande proprietà.

Il primo obiettivo è quello del massimo aumento della produzione agricola, aumento che a noi necessita sia per ragioni interne, e cioè assicurare l'alimentazione dei cittadini, sia per ragioni valutarie, perché dobbiamo procurarci materie, o piuttosto prodotti esportabili.

Il secondo obiettivo che dobbiamo raggiungere è l'impiego massimo di mano d'opera. L'Italia, povera di materie prime e ricca soltanto di sole, deve rendere produttivo il suo scarso suolo, anche per impiegare il massimo numero di unità lavorative.

Il terzo obiettivo poi è lo spezzettamento della grande proprietà, spezzettamento del quale noi tutti, onorevoli colleghi, in questo momento tanto ci preoccupiamo.

E questi tre obiettivi, se veramente vogliamo fare opera ricostruttiva, dobbiamo raggiungerli nel più breve tempo possibile: noi dobbiamo, cioè, cercare la rapida realizzazione della riforma agraria.

Tutti questi scopi ai quali tende la suddetta riforma, si possono raggiungere facilmente, anzi principalmente attraverso l'irrigazione. L'irrigazione infatti aumenta la produzione agricola e non vi è certo bisogno di essere degli esperti agricoltori, e tanto meno dei professori di agricoltura, per conoscere che l'acqua è il principale alimento delle piante e che quindi l'irrigazione concorre a moltiplicare i prodotti del suolo, specialmente nelle annate di grande siccità, che purtroppo, in modo particolare nel Mezzogiorno d'Italia, sono tanto frequenti.

In secondo luogo l'irrigazione concorre anche a risolvere il problema della disoccupazione.

Le culture irrigue, infatti, da sole, hanno esigenze molto maggiori di quelle asciutte e di conseguenza richiedono maggior impiego di lavoro, per cure culturali, di raccolta, trasformazione, ecc.

Ma tanto maggiore è l'apporto di lavoro, quando si pensi che l'irrigazione allarga la passibilità e la convenienza delle consociazioni e di maggiori e più frequenti rotazioni annuali, nonché dell'introduzione di colture erbacee estive nel Mezzogiorno, finora pressoché impossibili nella generalità delle aziende del Sud.

È superfluo aggiungere che l'irrigazione apre la via alle foraggere e piante di rinnovo, a culture che costituiscono il fondamento di ogni azienda veramente produttrice.

Basta soffermarsi appena su queste considerazioni per comprendere quale potente contributo darebbe l'irrigazione per la risoluzione del preoccupante problema della disoccupazione.

L'irrigazione concorre inoltre a farci raggiungere il terzo scopo che si propone la riforma agraria, cioè lo spezzettamento della grande proprietà.

Irrigando i latifondi, il frazionamento avverrebbe naturalmente, senza, si può dire, alcuna coercizione, e ciò per varie ragioni.

Il latifondo, così come esiste oggi, non è in genere che una misera arida rotazione di cereali maggesi, rotazione che richiede pochissime cure amministrative e culturali, e logicamente determina una resa unitaria molto bassa.

Mediante l'irrigazione invece, la conduzione diventa un problema arduo e complicato, che esula completamente dalle possibilità della generalità dei grossi proprietari assenteisti, anche perché richiede, come abbiamo sopra dimostrato, un fortissimo aumento di unità lavorative. Aumentando, inoltre, il reddito unitario, si induce il proprietario a ridurre ragionevolmente la estensione del latifondo stesso, potendo ricavare da una superficie minore l'eguale profitto di prima.

Il concetto della proprietà moderna deve essere questo: «Possedere poca terra, ma sfruttarla nel modo più intenso e razionale possibile». Per questo sfruttamento è appunto indispensabile l'irrigazione. L'acqua contribuisce inoltre al frazionamento della proprietà, anche perché riduce la estensione necessaria al mantenimento della famiglia, poiché, come abbiamo già detto, a parità di superficie, rende di più quella che richiede maggior numero di giornate lavorative.

Un'altra considerazione dobbiamo anche tenere presente. In Italia abbiamo comuni in cui il problema sociale, dal punto di vista del frazionamento, si può considerare completamente risolto. Basta pensare, ad esempio, a comuni che con 12.000 ettari, hanno 14.000 ditte catastali, o su 6.000 ettari 8.000 ditte.

In questi casi, il problema che gli agricoltori vogliono che il Governo risolva, è quello dell'acqua. E per le ragioni suesposte bisogna affrontarlo e rapidamente.

L'acqua si può distribuire in due maniere: con la grande e con la piccola irrigazione. La grande irrigazione non è sempre possibile: lo è solo quando abbiano schienali di montagne che si prestino alla raccolta dell'acqua, i quali devono trovarsi in posizione favorevolissima ed in particolari condizioni geofisiche, in quanto si deve disporre, a determinate quote, di piani impermeabili che servano da fondo ai laghi artificiali. E queste condizioni non sono sempre realizzabili.

La grande irrigazione, inoltre, richiede studi, spese e tempo non indifferenti per la sua realizzazione. Essa è però indispensabile là dove non vi siano delle falde ricche di acqua e maggiormente ove le stesse manchino addirittura.

Invece, nei terreni con abbondanti falde freatiche, è sempre consigliabile e anzi si impone la piccola irrigazione, la cui soluzione può essere termica o elettrica.

Soluzione termica. Risolto termicamente, il problema presenta per noi, in Italia, un grave inconveniente e cioè l'importazione dall'estero dei combustibili. Basterebbe questa osservazione, per indurci a cercare altra soluzione.

I motori termici, inoltre, richiedono anche che gli agricoltori acquisiscano una competenza che, anche per condizioni ambientali, non è possibile formarsi in breve tempo.

Praticamente, se i nostri rurali non riescono a scegliere convenientemente le macchine, finiscono col non riuscire a tenere in funzione le loro motopompe e così l'irrigazione muore sul nascere.

Altro inconveniente cui danno luogo le motopompe è rappresentato dal fatto che non offrono una confacente soluzione nel caso dei pozzi profondi.

Avendo detti motori bisogno di aria per la combustione, e dovendo d'altronde essere collocati a pelo d'acqua, sempre o quasi finiscono col viziare l'aria nel pozzo stesso, rendendo così impossibile l'accesso a chi deve sorvegliarli, e talvolta arrivando persino ad arrestare il proprio funzionamento.

Per tutte le ragioni suesposte, se vogliamo veramente risolvere il problema della piccola irrigazione, dobbiamo adottare la soluzione elettrica, che elimina tutti gli inconvenienti lamentati. Infatti, i motori elettrici non hanno bisogno di combustibile importato dall'estero. Anzi, sotto questo punto di vista, si ha da parte degli agricoltori un non indifferente risparmio, poiché, una volta costruiti gli impianti di produzione e di distribuzione, come adesso vedremo, l'unica spesa da sostenere è rappresentata da quella di esercizio degli impianti stessi, spesa che è abbastanza mite.

Le elettropompe sono inoltre di facile esercizio, poiché non richiedono l'opera di alcuno specialista ed in ogni caso la tecnica moderna ci offre dispositivi di sicurezza tali da eliminare praticamente qualsiasi impensabile guasto.

In quanto poi ai pozzi profondi, la soluzione ideale è rappresentata precisamente dalla elettropompa, che, non avendo bisogno di ossigeno per la combustione, può essere installata a qualsiasi profondità ed in qualsiasi pozzo, anche di diametro ristrettissimo.

La soluzione elettrica ci offre inoltre altri vantaggi non disprezzabili.

Ci dà la possibilità di illuminare le case rurali, contribuendo in tal modo al popolamento delle campagne contro il fenomeno dell'urbanesimo, che tanto affligge l'Italia meridionale, e permette inoltre lo sviluppo di tutte quante le industrie sussidiarie all'agricoltura stessa.

Presidente Terracini. Onorevole Monterisi, mi pare che lei entri troppo in particolari. La sua esposizione sarebbe adatta alla discussione di un progetto di legge sulla elettrificazione.

Monterisi. Sono appunto questi particolari, onorevole Presidente, che servono a dimostrare la necessità del mio emendamento e senza dei quali esso non sarebbe comprensibile, almeno da parte di chi non ha dimestichezza con i problemi agricoli.

Ad ogni modo, ancora poche parole e concludo.

Per la costruzione poi degli impianti di produzione e di distribuzione di energia, è assolutamente necessario costituire consorzi fra gli agricoltori e ciò per le seguenti considerazioni. L'industria privata tende a costruire linee corte con la massima utenza alle estremità. Le linee agricole, invece, sono esattamente il contrario, cioè molto lunghe con piccole utenze alle estremità, che, in annate ricche di pioggia, possono anche ridursi a cifre insignificanti. I consorzi dovrebbero essere finanziati dallo Stato, che potrebbe ricuperare gli anticipi in un certo numero di annualità e con quote caricate unitariamente sui terreni beneficiati dai singoli impianti.

Non vi potrebbe essere per lo Stato impiego più sicuro di capitali, poiché l'irrigazione, tutti sanno, col tempo rimborsa con assoluta certezza, dati i forti aumenti di produzione agricola cui essa dà luogo.

Dopo avere rimborsato lo Stato, gli agricoltori resterebbero padroni degli impianti e la spesa per essi si ridurrebbe unicamente a quella di esercizio.

Per tutte queste ragioni, onorevoli colleghi, mi permetto di proporre l'inclusione di questo emendamento nell'articolo in discussione, e se per caso questo articolo non venisse approvato, così come la Commissione l'ha presentato, pregherei di includere l'emendamento in qualsiasi articolo sostitutivo dell'attuale; e se questo non fosse possibile mi impegnerei di presentarne il relativo testo, come articolo aggiuntivo, essendo evidente che la elettrificazione delle campagne concorre potentemente a risolvere il grave problema della riforma agraria, cui tutti siamo interessati, rendendo possibile a tutti gli agricoltori di realizzare il loro sogno: «irrigare le proprie colture».

Presidente Terracini. Gli onorevoli Gortani, Fantoni, Garlato, Del Curto, Micheli, Rivera, Schiratti, Valenti, Valmarana, Marconi, Balduzzi, Viale, Bubbio, Firrao, Bertola, Stella, Sullo Fiorentino, Pat, Salizzoni, Mannironi, Lizier, Murgia, Cappelletti, Conci Elisabetta, Bellato, Guariento, Franceschini, Carbonari, hanno presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere in fine:

«Nel medesimo intento la legge dispone provvedimenti in favore delle zone montane».

L'onorevole Gortani ha facoltà di svolgerlo.

Gortani. Onorevoli colleghi, vi è in Italia una regione che comprende un quinto della sua popolazione, che si estende per un terzo della sua superficie e in cui la vita di tutti i ceti e categorie si svolge in condizioni di particolare durezza e di particolare disagio in confronto col rimanente del Paese.

Questa regione, che non ha contorni geografici ben definiti, ma si estende ampiamente nella cerchia alpina, si allunga sulle dorsali appenniniche e si ritrova nelle isole maggiori, risulta dall'insieme delle nostre zone montane.

È una regione abitata da gente laboriosa, parsimoniosa, paziente, tenace, che in silenzio lavora e in silenzio soffre tra avversità di suolo e di clima; che rifugge dal disordine, dai tumulti e dalle dimostrazioni di piazza, e ne è ripagata con l'abbandono sistematico da parte dello Stato. O meglio, della montagna e dei montanari lo Stato si ricorda, di regola, e si mostra presente, quando si tratta di imporre vincoli, di esigere tributi o di prelevare soldati.

Matrigna la natura, al nostro montanaro, e matrigna la patria; e tuttavia è pronto, così per la patria, come per la nativa montagna, a sacrificare, ove occorra, anche se stesso. Perché la montagna è la sua vita, e la sua patria è la sua ragione di vivere. E in lei non ha ancora perduto la sua fiducia. Facciamo che non la perda.

Ad ora ad ora voci si sono levate in favore della montagna voci altruiste reclamanti giustizia, e voci utilitarie reclamanti la restaurazione montana come fonte di pubblico bene.

Ma le une e le altre sono cadute o nell'indifferenza o nell'oblio.

Ed intanto le selve si diradano, inselvatichiscono i pascoli, cadono le pendici in crescente sfacelo; le acque sregolate rodono i monti ed alluvionano ed inondano le pianure e le valli; intristiscono i villaggi a cui non giungono le strade né i conforti del vivere civile; la robustezza della stirpe cede all'eccesso delle fatiche e delle restrizioni, e la montagna si isterilisce e si spopola.

Ora è tempo che al montanaro si volga con amore questa Italia che si rinnova.

Noi chiediamo che nella nuova Carta costituzionale, dove tante sono le norme ispirate all'amore e alla giustizia, ci sia anche una parola per lui.

A tal fine abbiamo presentato questo comma aggiuntivo all'articolo 41: «Nel medesimo intento» (cioè di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e stabilire equi rapporti sociali) «la legge dispone provvedimenti in favore delle zone montane». (Applausi al centro).

Presidente Terracini. Gli onorevoli Segni, Gronchi, Gortani, Monticelli, Dominedò, De Palma, Castelli Avolio, Zaccagnini, Meda Salvatore, hanno presentato il seguente emendamento:

«Alle parole: abolisce il latifondo, promuove, sostituire le altre: promuove la trasformazione del latifondo, la bonifica delle terre, ecc.»

L'onorevole Segni ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

Segni. Darò brevemente conto della modifica da me proposta che è dettata da criteri di aderenza tecnica agli scopi che si vogliono raggiungere con l'articolo.

Il collega Jacometti aveva già osservato che la formula «abolisce il latifondo» è priva di contenuto, e siamo d'accordo. «La trasformazione del latifondo» può invece sostituire la precedente formula, aderendo a quello che era lo scopo dell'inserimento di quelle parole nell'articolo 41.

Devo osservare che parlando di abolizione del latifondo e di bonifica, si sono confusi i concetti, perché la trasformazione del latifondo non può avvenire altro che attraverso la bonifica, quindi vi è la necessità di unificare i due concetti.

In secondo luogo, la trasformazione del latifondo non può essere totale, in quanto vi saranno sempre delle superfici a cultura estensiva che non saranno suscettibili di trasformazione, perciò con la nostra formula noi rimaniamo strettamente aderenti alla realtà agricola d'Italia.

Colgo l'occasione per dire che sono favorevole anche ad una parte dell'ordine del giorno Einaudi, relativa al concetto di fissazione dei limiti di estensione della proprietà privata. Io accolgo dell'ordine del giorno Einaudi la formula «appropriati alle varie regioni e zone agrarie italiane», chiedendone l'inserimento dopo la parola «estensione», in modo che l'articolo, nella sua parte finale, suonerebbe così:

«Fissa i limiti all'estensione, appropriati alle varie regioni e zone agrarie, promuove la trasformazione del latifondo, la bonifica delle terre, favorisce la piccola e media proprietà».

Credo che la Commissione abbia anche proposto l'eliminazione da questo articolo delle parole «dei lavoratori» ecc., che passerebbero all'altro articolo, e sono d'accordo.

Quindi per i motivi esclusivamente tecnici ai quali ho accennato sostengo la formula contenuta nell'emendamento, con l'inserimento delle parole contenute nell'emendamento Einaudi, cioè «appropriati alle varie regioni e zone agrarie italiane». (Applausi).

Presidente Terracini. Gli onorevoli Moro, Laconi, Taviani, Dominedò, hanno presentato il seguente emendamento:

«Sopprimere l'inciso: l'elevazione professionale dei lavoratori, e farne oggetto di un articolo autonomo (articolo 41-bis) del seguente tenore:

«La Repubblica promuove la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori».

L'onorevole Moro ha facoltà di svolgerlo.

Moro. Poche parole per illustrare questo emendamento, che è semplice e chiaro. Nell'articolo 41 vi è un accenno all'elevazione professionale dei lavoratori. Si è notato da parte mia, e da parte di altri amici, che è un accenno troppo limitato. Sembra opportuno che in un Titolo, che tratta dei rapporti economici e fa riferimento al lavoro agricolo ed anche a quello industriale, vi sia riferimento all'impegno che lo Stato naturalmente assume di preparare dal punto di vista professionale i lavoratori, tanto che il rendimento del loro lavoro sia il massimo possibile. Ricordo a questo proposito che varie proposte in questo senso furono presentate, in sede di rapporti etico-sociali, trattando del tema della scuola, da parte di amici del mio partito e di altri partiti. Furono presentati emendamenti tendenti ad ottenere il riconoscimento del compito che lo Stato assume per favorire la istruzione professionale. E furono questi emendamenti, in quella sede, rinviati per la loro trattazione in questa, nella quale sembrava più opportuno trattarne, in vista della materia del lavoro, di cui si occupa questo Titolo. Mi pare giunta l'ora di sciogliere quella riserva e di affermare che la Repubblica promuove la formazione professionale e l'elevazione dei lavoratori. Si è preferita la parola: «formazione» all'altra «istruzione», perché quest'ultima ha carattere ristretto, mentre qui si vuol mettere in rilievo che la Repubblica assume il compito, non solo d'istruire in senso tecnico, ma anche di formare la mentalità e la tecnica per il lavoro professionale. Ciò sopratutto per i giovani, ma anche per gli anziani. Si aggiunge «l'elevazione professionale» come indicazione sintetica di un complesso di provvedimenti tendenti ad ottenere un livello più alto di vita professionale, culturale e tecnica dei lavoratori italiani. (Applausi).

Presidente Terracini. Sono stati così svolti tutti gli emendamenti all'articolo 41. Prego l'onorevole Ghidini di esprimere il pensiero della Commissione.

Ghidini, Presidente della terza Sottocommissione. L'onorevole Colitto propone la soppressione completa dell'articolo 41, il che vorrebbe dire nessun intervento dello Stato, e abolizione implicita del Titolo III. L'onorevole Colitto è troppo intelligente per non capire che questo suo emendamento soppressivo è in assoluto contrasto coll'indirizzo adottato dalla Commissione. Per questa ragione l'emendamento non può essere accolto.

C'è poi l'emendamento degli onorevoli Rivera, Montemartini, Gortani, e Piemonte. La sua prima parte: «Perché l'industria agricola italiana serva più efficacemente alla sua funzione sociale ed offra una più ferace produzione...», corrisponde, con altre parole, alla prima parte del testo e non vedo ragione per darle la preferenza. E vengo al resto.

Prescindendo dall'accenno ai «limiti» della proprietà terriera, nel che siamo concordi, osservo che l'emendamento si scinde in una elencazione di provvedimenti vari. Leggo: «La legge può imporre: a) direttive tecniche e direttive economico-sociali ai possidenti ed ai lavoratori; c) associazioni o consorzi obbligatori per opere di bonifica o di irrigazione o per la difesa delle piante dalle cause nemiche, infestioni o malattie. È obbligo dello Stato la ricerca delle vie del progresso scientifico e tecnico dell'agricoltura italiana».

Questi provvedimenti sono tutti raccomandabili, ma a nostro parere, non hanno diritto di cittadinanza in una Carta costituzionale. Si tratta dei modi attraverso i quali si potrà attuare una più efficace produttività del terreno: materia che può essere oggetto di una legge ordinaria, non di una legge costituzionale, nella quale sono consacrati soltanto direttive e principî. Per questa ragione la Commissione non crede di dover accogliere l'emendamento Rivera.

Segue l'emendamento dell'onorevole Corbino. Sulla prima parte: «Allo scopo di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali», siamo d'accordo. È la dizione del testo. L'emendamento continua: «la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera». L'onorevole Corbino toglie la parola «privata», perché pensa che tali obblighi e vincoli debbano essere estesi anche alla proprietà pubblica. Avverto l'onorevole Corbino che ciò che manca nel suo articolo è la menzione dei «limiti», mentre la Commissione vi insiste, costituendo essi la parte più tipica e più caratteristica della disposizione. Inoltre, come ho detto, l'onorevole Corbino sopprime l'attributo «privata», volendo estendere obblighi e vincoli anche alla proprietà pubblica. La Commissione ritiene che non sia necessario. Il pericolo che si smarrisca il senso della «funzione sociale» riflette piuttosto la proprietà privata. È poi ovvio che non vengano fissati limiti alla proprietà pubblica. Per questi motivi si mantiene il testo.

L'emendamento Corbino aggiunge: «promuove l'intensificazione delle culture e la bonifica delle terre, migliora l'educazione professionale tecnica dei lavoratori, aiuta la piccola e la media proprietà». La formula è uguale nella sostanza al testo, salvo che omette di menzionare, oltre ai «limiti», quell'abolizione del «latifondo» che costituisce una delle premesse della nostra ripresa economica.

Questa la ragione per la quale, pur apprezzando il pensiero ed il commento dell'onorevole Corbino, sempre sapientissimo, riteniamo di dover mantenere il testo che abbiamo proposto alla Costituente.

Ci sono altri emendamenti del genere: l'onorevole Bosco Lucarelli propone di sopprimere le parole: «ne fissa i limiti di estensione». Ma, come ho già detto, l'inciso non può essere soppresso. Uguale proposta è fatta dagli onorevoli Badini Confalonieri e Crispo e valgono anche per essa le ragioni esposte a proposito dell'emendamento Corbino. Per quanto riguarda la «trasformazione» del latifondo, invece che la sua «sostituzione», dirò in appresso quando mi occuperò degli emendamenti Jacometti e Einaudi.

L'emendamento dell'onorevole Monterisi ha lo scopo di aggiungere alle parole: «bonifica delle terre», la frase: «anche mediante opere di elettrificazione». L'idea è certamente apprezzabile, ma è una specificazione, è la indicazione di un mezzo attraverso il quale si possa conseguire una più «alta produttività dei terreni». Sennonché altri mezzi vi sono per conseguire l'intento e di essi si dovranno occupare, non la Costituzione, ma leggi ordinarie.

Uguale risposta devo dare agli onorevoli Gortani, Fantoni e altri a proposito delle zone montane. La loro proposta è degna della maggior considerazione ma la «Costituzione» non deve scendere ai particolari. Sarà la legislazione ordinaria che si dovrà interessare delle zone montane; e non solo di queste ma anche delle zone paludose e di tutte le altre per le quali si impongano provvidenze atte ad incrementare la produzione.

Passo ora agli emendamenti, più sostanziali, degli onorevoli Jacometti ed Einaudi. Il primo elimina la frase iniziale avente carattere finalistico. La Commissione invece ritiene di doverla conservare perché accentua la «funzione sociale» del diritto di proprietà.

È stata vivamente criticata la frase del testo: «abolisce il latifondo». L'onorevole Segni ha soggiunto che è priva di contenuto. Non lo crediamo. Non intendiamo peraltro farne una questione «di gabinetto» e siamo anche disposti ad accettare la parola «trasforma»; ma riteniamo che, nel caso, quando si dice «abolisce» si dice anche «trasforma» e viceversa.

Ad ogni modo, ripeto, poiché la parola «abolisce» ha dato luogo a perplessità e a contrasti, accettiamo la sua sostituzione colla parola «trasforma».

Dice l'onorevole Jacometti: «la legge... attua l'assegnazione del latifondo ai lavoratori e alle loro associazioni».

L'aggiunta è indubbiamente degna di considerazione; ma la Commissione pensa che, al modo come sarà regolata la trasformazione del latifondo, dovrà pensarci il legislatore futuro, adattandola alle condizioni economiche locali e ad altri elementi che è difficile oggi prevedere con sicurezza.

L'emendamento aggiunge: «...promuove la bonifica delle terre, la ricostituzione delle unità produttive e l'elevazione professionale dei lavoratori».

A questo proposito devo anzitutto dichiarare che accettiamo la proposta degli onorevoli Moro, Laconi, Taviani e Dominedò, di formulare un articolo a parte che rifletta la elevazione professionale dei lavoratori, nei termini seguenti: «La Repubblica promuove la formazione e la elevazione professionale dei lavoratori». Accettiamo la proposta, perché, mentre nell'articolo 41 — testo nostro — era considerata l'elevazione professionale soltanto dei lavoratori della terra, l'emendamento estende il provvedimento a tutti i lavoratori; non soltanto ai lavoratori della terra, ma anche ai lavoratori dell'industria.

Possiamo anche inserire nell'articolo il concetto della «ricostituzione delle unità produttive», concetto espresso nell'emendamento Jacometti e del quale riconosciamo l'opportunità e la giustizia. Ne verrebbe così un articolo, diverso da quello che abbiamo proposto nei particolari, ma uguale nelle sue linee sostanziali:

«Allo scopo di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, ne fissa i limiti di estensione, promuove la trasformazione del latifondo, la bonifica delle terre e la ricostituzione delle unità produttive, ed aiuta la piccola e media proprietà».

Anzi, piuttosto che dire «ne fissa i limiti di estensione», proporrei di dire «fissa limiti alla sua estensione».

Mi riallaccio a questo proposito ad una osservazione esattissima dell'onorevole Einaudi. Ho già detto che del suo emendamento accettiamo la sostituzione della parola «trasformazione» all'altra di «abolizione». Ma l'emendamento aggiunge che «gli obblighi, i vincoli e i limiti di estensione» dovranno essere «appropriati alle varie regioni e zone agrarie italiane». Concordiamo nel concetto che l'onorevole Einaudi esprime in quest'ultima frase; ma ci sembra che sia già espresso nella frase del testo: «ne fissa i limiti di estensione», frase che è più concisa e quindi più appropriata a un testo costituzionale. Però, siccome potrebbe nascere il dubbio che la Costituzione (come già si è verificato in altre Costituzioni, mi pare di Romania e di Jugoslavia) si proponga la fissazione a priori dei limiti di estensione della proprietà, al fine di rendere più chiaro il nostro concetto che è pur quello dell'onorevole Einaudi, proporrei di sostituire alla frase: «ne fissa i limiti di estensione», l'altra: «fissa limiti alla sua estensione». Mi pare che questa dizione renda ugualmente perspicuo il concetto che i «limiti» dovranno essere determinati in relazione anche «alle varie regioni e zone agrarie» secondo la constatata maggiore convenienza e opportunità. In sostanza si manterrebbe intatto il concetto suggerito dall'onorevole Einaudi e soltanto la forma sarebbe diversa ma più sintetica. Vedrà l'Assemblea quale dei due testi sia preferibile. Ad ogni modo, la Commissione mantiene il testo così modificato, persuasa che raggiunga le stesse finalità che si è proposto l'onorevole Einaudi. In sostanza si manterrebbe intatto il concetto che ci suggerisce l'onorevole Einaudi e si avrebbe un'espressione sintetica, che — secondo noi — giova di più in materia costituzionale. Vedrà l'Assemblea Costituente quale dei due testi sia preferibile. Tale è stato il voto della maggioranza della Commissione a questo proposito.

Con questo credo di aver esaurito l'esame degli emendamenti all'articolo 41. (Applausi).

Presidente Terracini. A seguito delle dichiarazioni dell'onorevole Ghidini, il testo accettato dalla Commissione risulta così formulato:

Art. 41.

«Allo scopo di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione, promuove la trasformazione del latifondo, la bonifica delle terre e la ricostituzione delle unità produttive ed aiuta la piccola e media proprietà».

Art. 41-bis.

«La Repubblica promuove la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori».

Invito i presentatori di emendamenti a dichiarare se vi insistono.

Onorevole Colitto, mantiene il suo emendamento soppressivo dell'articolo 41?

Colitto. Dissi già, in sede di discussione generale, le ragioni, per le quali pensavo che questo articolo potesse essere soppresso; soffermandomi soprattutto sulla parte dell'articolo, in cui si parla dei limiti di estensione della proprietà e sulla parte in cui si parla della trasformazione del latifondo. E mi tenni allora proprio aderente a quella che è la realtà agricola italiana.

Ne chiesi la soppressione, non perché io disapprovassi in toto i propositi di cui è parola nell'articolo, ma perché pensavo che quella parte del contenuto delle norme da me ritenuta esatta fosse compresa in sintesi nell'articolo da me proposto a proposito della proprietà in genere, che è naturalmente anche comprensiva della proprietà terriera. Ma, poiché le ragioni da me indicate sono state ripetute, con l'autorità che è loro propria, dagli onorevoli Corbino ed Einaudi, i quali, a conclusione dei loro rilievi, hanno proposto formali emendamenti all'articolo 41, chiarendone e precisandone il contenuto, così come io pensavo si dovesse chiarire e precisare, non insisto nel mio emendamento soppressivo e aderisco all'emendamento dell'onorevole Corbino, che, soprattutto per lo spirito informatore, è simile a quello dell'onorevole Einaudi.

Anche a proposito dell'elevazione professionale dei lavoratori, io ebbi a rilevare come di questa elevazione professionale non si potesse parlare soltanto a proposito dei lavoratori della terra. Adesso vedo con piacere che gli onorevoli Moro, Laconi, Taviani e Dominedò hanno proposto un articolo a parte, nel quale si parla di elevazione professionale non soltanto dei lavoratori della terra, ma di tutti i lavoratori.

Anche a questo articolo io aderisco.

Presidente Terracini. Onorevole Rivera, mantiene il suo emendamento?

Rivera. Onorevole Presidente, io vorrei ritirare il mio emendamento affinché sia sostituito dall'emendamento successivo dell'onorevole Einaudi, il quale è forse più del mio preciso e completo. Esso, a mio giudizio, sostituisce bene l'emendamento proposto dalla Commissione, in quanto risponde alle obiezioni che io ho mosso qui, illustrando il mio emendamento, obiezioni di imprecisione e di cattiva rappresentazione di fatti naturali che si determinano in Italia.

Io vorrei quindi accettare l'emendamento dell'onorevole Einaudi con qualche modifica più che altro formale. E precisamente proporrei: «Allo scopo di conseguire una più elevata produzione» e non: «un più elevato prodotto della terra», per le ragioni indicate di già.

E poi un'altra modifica: «fissa limiti alla estensione». Questa modifica coincide perfettamente con la modifica che vorrebbe proporre il Ministro Segni, e che riproduce quanto io avevo proposto.

E poi un'altra modifica: «la legge può imporre e promuovere la bonifica delle terre». Ciò per le ragioni che sono state già dette:

Inoltre, terrei molto a che l'Assemblea Costituente mi permettesse di aggiungere all'emendamento dell'onorevole Einaudi la frase ultima: «È obbligo dello Stato la ricerca delle vie del progresso scientifico e tecnico dell'agricoltura italiana».

Presidente Terracini. Va bene, lo chiederemo all'Assemblea.

Rivera. Allora, accetto l'emendamento dell'onorevole Einaudi con queste modifiche ed aggiunte.

Presidente Terracini. Onorevole Jacometti, mantiene il suo emendamento?

Jacometti. Io sono costretto a mantenere l'emendamento per questa ragione:...

Presidente Terracini. Quando si conserva l'emendamento non si motiva; si può motivare la rinuncia.

Jacometti. Siccome avrei una proposta da fare, vorrei illustrarla.

Non mantengo l'emendamento per l'aggiunta delle definizioni, che non hanno grande importanza, e neppure per aver tolta l'ultima parte su cui non ho nulla da dire; ma desidero far notare che è stata sostituita la parola «abolisce» con la parola «trasforma». Ora, se la parola «abolisce» aveva un senso, questo era che andava al di là del trasformare. Nell'abolire c'è il significato di trapasso di proprietà, invece la Commissione ha levato la parola «abolisce» e non ha aggiunto quello che io avevo proposto: «l'assegnazione ai lavoratori o alle loro associazioni»; di modo che il concetto non è stato ampliato ma rimpicciolito. Per questo io non posso accettare la formulazione della Commissione.

Presidente Terracini. La Commissione ha già risposto anche su questo punto.

Poiché l'onorevole Cassiani non è presente, il suo emendamento si intende decaduto.

Poiché l'onorevole Romano non è presente, il suo emendamento si intende decaduto.

Onorevole Perrone Capano, mantiene il suo emendamento?

Perrone Capano. Accetto l'emendamento dell'onorevole Corbino e ritiro il mio.

Presidente Terracini. Onorevole Corbino, ella mantiene l'emendamento?

Corbino. Mantengo la soppressione della parola «privata» e la soppressione delle parole «fissa i limiti di estensione». Per il resto aderisco all'emendamento Segni, e ritiro la restante parte del mio emendamento.

Presidente Terracini. Poiché l'onorevole Mortati non è presente, il suo emendamento si intende decaduto.

Onorevole Einaudi, mantiene l'emendamento?

Einaudi. Lo mantengo, ma se l'Assemblea non lo voterà, sarò ben lieto di associarmi a quello dell'onorevole Rivera.

Presidente Terracini. Poiché l'onorevole Bosco Lucarelli non è presente, il suo emendamento si intende decaduto.

Onorevole Badini Confalonieri, mantiene il suo emendamento?

Badini Confalonieri. Mi associo all'emendamento presentato dall'onorevole Einaudi, e mantengo il mio soltanto qualora quello dell'onorevole Einaudi non sia approvato.

Presidente Terracini. Onorevole Monterisi, mantiene il suo emendamento?

Monterisi. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Gortani, ella mantiene il suo emendamento?

Gortani. Lo mantengo e chiedo all'Assemblea di non respingere l'invocazione di 9 milioni d'italiani.

Presidente Terracini. Onorevole Segni, ella mantiene l'emendamento?

Segni. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Moro, ella mantiene il suo emendamento?

Moro. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Passiamo allora alla votazione dell'articolo nell'ultima formulazione proposta dalla Commissione.

«Allo scopo di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione, promuove la trasformazione del latifondo, la bonifica delle terre e la ricostituzione delle unità produttive ed aiuta la piccola e media proprietà».

Ghidini, Presidente della terza Sottocommissione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ghidini, Presidente della terza Sottocommissione. Mi dice in questo momento l'onorevole Laconi, membro del Comitato di revisione degli emendamenti, che non è d'accordo sull'accettazione di questo emendamento in virtù del quale alla parola «abolisce» viene sostituita la frase «promuove la trasformazione del latifondo». Devo dire che la mia dichiarazione fu determinata dal convincimento che tale fosse il parere della Commissione. Sarebbe in verità opportuno che gli emendamenti fossero presentati nel termine che si era stabilito per dare modo alla Commissione di esaminarli e di deciderli col necessario riposo; ma se per avventura la Commissione fosse di diverso parere non ho difficoltà a soggiungere che tale parere non è solo mio ma è condiviso ad esempio anche dall'onorevole Ruini.

Presidente Terracini. Avverto che gli onorevoli Meda Luigi, Burato, Rodinò Ugo, Zerbi, Ermini, Sullo, Colonnetti, Perlingieri, Monticelli, Cremaschi Carlo, Angelini, Clerici, Spataro, Balduzzi, Belotti, Vigorelli, Mattarella, hanno presentato una richiesta di votazione per appello nominale sull'articolo 41. Chiedo se la richiesta sia mantenuta.

Meda. Avevamo presentato la domanda di appello nominale, quando non conoscevamo molte trasformazioni dell'articolo che sono poi avvenute; quindi la ritiriamo.

Laconi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Laconi. Propongo che sia mantenuta la espressione: «abolisce il latifondo», che figura nel testo originario della Commissione

Scotti Alessandro. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Scotti Alessandro. Vorrei che si adottasse la formula: «aiuta la piccola e la media proprietà nella parte assicurativa».

Presidente Terracini. La invito a presentare un emendamento in tal senso.

Intanto procediamo alla votazione della prima proposizione dell'articolo: «Allo scopo di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali».

L'onorevole Einaudi ha proposto la seguente formula:

«Allo scopo di conseguire un più elevato prodotto della terra ed una distribuzione socialmente equa di esso».

Segni. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Segni. A nome del gruppo democristiano, dichiaro che voteremo a favore del testo proposto dalla Commissione.

Rivera. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Rivera. Avevo proposto una modifica al testo proposto dall'onorevole Einaudi, cioè «una più elevata produzione», sopprimendo le parole: «della terra».

Presidente Terracini. Onorevole Einaudi, aderisce alla modifica proposta dall'onorevole Rivera?

Einaudi. Sì.

Presidente Terracini. Allora pongo in votazione la prima proposizione dell'articolo nella formulazione proposta dall'onorevole Einaudi e modificata dall'onorevole Rivera:

«Allo scopo di conseguire una più elevata produzione ed una distribuzione socialmente equa di essa».

(Non è approvata).

Pongo ai voti la formulazione proposta dalla Commissione:

«Allo scopo di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali».

(È approvata).

Passiamo alla seconda proposizione dell'articolo: «la legge impone obblighi e vincoli».

L'onorevole Einaudi ha proposto la formula:

«la legge può imporre».

La pongo in votazione.

Segni. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Segni. A nome del gruppo democristiano, dichiaro che noi voteremo favorevolmente al testo proposto dalla Commissione.

Di Vittorio. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Di Vittorio. Anche il gruppo comunista vota a favore del testo proposto dalla Commissione.

Einaudi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Einaudi. Mi pare che i concetti in cui vi è contrasto siano due. Il primo contrasto sta nella differenza fra «può imporre» ed «impone».

Un altro punto su cui vi è contrasto di vedute degno di essere rilevato è quello che sorge dalla mia proposta di aggiungere alle parole «proprietà terriera privata» anche le parole «e pubblica». Ritengo vi siano molte proprietà pubbliche coltivate non meno male di molte proprietà private corrispondenti, le quali meritano di essere ugualmente sottoposte ad obblighi e vincoli.

Presidente Terracini. Ho posto in votazione soltanto la formula: «può imporre», perché l'onorevole Corbino propone la soppressione dell'aggettivo «privata» ed è questa evidentemente la formula più radicale. Caduta eventualmente la proposta dell'onorevole Corbino, porrò in votazione la sua proposta.

(La proposta non è approvata).

Pongo in votazione la formula della Commissione:

«La legge impone obblighi e vincoli».

(È approvata).

Passiamo alla formula della Commissione: «alla proprietà terriera privata». L'onorevole Corbino ha proposto la formula:

«alla proprietà terriera».

La pongo in votazione.

(Non è approvata).

L'onorevole Einaudi ha proposto la formula:

«privata e pubblica».

La pongo in votazione.

(Non è approvata).

Pongo in votazione la formula della Commissione:

«alla proprietà terriera privata».

(È approvata).

Passiamo alla votazione della frase successiva del testo della Commissione:

«fissa limiti alla sua estensione».

Avverto che è stata presentata richiesta di votazione per scrutinio segreto (Commenti) dagli onorevoli Cortese, Badini Confalonieri, Vicentini, Crispo, Fusco, Einaudi, Bonino, Lucifero, Cicerone, Miccolis, Rognoni, Corbino, Fabbri, Colonna, Quintieri Quinto, Cannizzo, Condorelli, Selvaggi, Vilardi, Rodinò Mario, De Caro Raffaele.

Presidente Terracini. Si proceda alla votazione a scrutinio segreto.

(Segue la votazione).

Presidenza del Vicepresidente Pecorari

Presidente Pecorari. Dichiaro chiusa la votazione segreta ed invito gli onorevoli segretari a procedere a numerare i voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Presidenza del Presidente Terracini

Presidente Terracini. Comunico il risultato della votazione segreta:

Presenti e votanti............ 371
Maggioranza.............. 186
Voti favorevoli............. 94
Voti contrari.............. 277

(L'Assemblea non approva).

[Nel resoconto sommario della seduta segue l'elenco dei deputati che hanno preso parte alla votazione segreta.]

Presidente Terracini. La formula dell'onorevole Einaudi così prosegue: «anche relativi alla estensione, appropriati alle varie regioni e zone agrarie».

Segni. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Segni. Io dichiaro, anche a nome del mio gruppo, di essere favorevole a inserire la formula Einaudi, ma dopo l'espressione: «fissa i limiti alla sua estensione».

Einaudi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Einaudi. Mi associo alla proposta dell'onorevole Segni.

Presidente Terracini. Pongo in votazione la formula proposta dalla Commissione:

«fissa limiti alla sua estensione».

(È approvata).

Segue l'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Einaudi, così formulato: «appropriati alle varie regioni e zone agrarie».

Segni. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Segni. Dichiaro di votare a favore dell'emendamento Einaudi. Sostanzialmente i chiarimenti del Relatore della Commissione hanno detto questo: che i limiti di estensione non sono limiti di superficie, ma sono limiti tali da essere modificati da regione a regione; tuttavia ci pare che l'emendamento dell'onorevole Einaudi, che risponde agli stessi concetti espressi dal Relatore della Commissione, possa essere opportunamente introdotto nel testo di questo articolo.

Corbino. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Corbino. Anche noi ci associamo all'emendamento proposto dall'onorevole Einaudi, perché precisa il significato tecnico della parola «estensione».

Di Vittorio. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Di Vittorio. Benché riteniamo superfluo l'emendamento dell'onorevole Einaudi, lo votiamo egualmente.

Presidente Terracini. Pongo allora in votazione la formula proposta dall'onorevole Einaudi:

«appropriati alle varie regioni e zone agrarie».

(È approvata).

Passiamo alla frase: «promuove la trasformazione del latifondo». L'onorevole Laconi ha proposto che si mantenga l'originario testo della Commissione: «abolisce il latifondo».

Di Vittorio. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Di Vittorio. Dichiaro che il Gruppo comunista voterà il vecchio testo della Commissione, secondo la proposta dell'onorevole Laconi, e vorrei brevemente spiegarne le ragioni. Qui non discutiamo una questione tecnica o letteraria, ma una questione politica importantissima. Questo articolo sancisce, in fondo, il principio della riforma agraria. Alcuni colleghi hanno osservato che non vi è differenza sostanziale tra le parole «trasformare il latifondo» e le parole «abolire il latifondo». Noi riteniamo, invece, che vi sia una differenza sostanziale, poiché il latifondo non è soltanto concetto di estensione di terreno e non è soltanto concetto di terreno coltivato male o non coltivato affatto; esprime, invece, un sistema che rende possibile l'una e l'altra cosa, l'una dipendente dall'altra, cioè che questi terreni dei latifondi sono coltivati male e sono espressione di arretratezza della nostra agricoltura. Quindi bisogna rompere il sistema e creare nuovi rapporti sociali, nuovi rapporti di proprietà, come presupposto essenziale per la trasformazione fondiaria, per tutti i vantaggi che il Paese ne deve ritrarre.

Per questa ragione, insistiamo sul vecchio testo della Commissione e domandiamo così agli amici democristiani, come ai compagni socialisti di volersi associare a questa nostra proposta.

In più, se l'amico e compagno Jacometti insiste sul suo emendamento, nel quale si dice dell'assegnazione del latifondo ai lavoratori e alle loro associazioni, il Gruppo comunista voterà questo emendamento.

Jacometti. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Jacometti. L'espressione «abolizione del latifondo» non mi piace affatto; tuttavia, la voteremo, perché se fosse votata la formula: «promuove la trasformazione del latifondo» senza l'aggiunta che io propongo, il concetto verrebbe sminuito. Con l'abolizione si va un po' più in là.

Per questa ragione, voteremo prima l'abolizione del latifondo, poi insisteremo sulla proposta riguardante l'assegnazione alle associazioni di lavoratori.

Canevari. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Canevari. Noi siamo favorevoli all'ultimo testo della Commissione; però riteniamo che sia opportuno chiarire che il latifondo può essere abolito senza essere trasformato. La trasformazione deve avvenire prevalentemente nelle culture, onde pensiamo che si potrebbe dire, e credo che l'onorevole Di Vittorio e i compagni comunisti possano accettare questa formula: «abolisce il latifondo e ne promuove la trasformazione».

Presidente Terracini. Chiedo all'onorevole Ghidini di esprimere il parere della Commissione.

Ghidini, Presidente della terza Sottocommissione. Faccio una dichiarazione di carattere personale. Per mio conto dire «abolire il latifondo» o «trasformare il latifondo» è la medesima cosa. Sono distinzioni di una sottigliezza che sfugge. Il «latifondo» implica due concetti: grande estensione e cattiva coltivazione.

Se lo si trasforma, lo si abolisce perché perde o entrambi o almeno uno degli elementi che lo caratterizzano. Si dice ancora che il latifondo è tale in quanto appartiene a una sola persona. Ne dubito. Ad ogni modo ricordo che l'articolo 41 dispone anche le limitazioni all'estensione delle proprietà. Quindi, anche sotto questo punto di vista, mi pare che la sostituzione non importi un mutamento di sostanza.

Comunque, se per avventura l'uso di una parola piuttosto che di un'altra può cagionare perplessità, dichiaro che accetto la proposta dell'onorevole Canevari di usare tanto l'una che l'altra espressione, cioè: «abolisce e trasforma».

Segni. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Segni. Mantengo allora l'emendamento già da me presentato all'articolo 41, che suona in questi precisi termini: «promuove la trasformazione del latifondo, la bonifica delle terre».

Credo che questa formula sia l'unica tecnicamente esatta, perché la formula: «abolisce il latifondo» è priva di significato reale. Se noi infatti vogliamo accennare alla limitazione di una proprietà a coltura estensiva, abbiamo già fissato e approvato nello stesso articolo il concetto relativo alla limitazione dell'estensione della proprietà, e il concetto di obbligo della trasformazione è già nella prima parte dell'articolo. (Applausi al centro e a destra).

Presidente Terracini. Abbiamo, dunque, l'ultimo testo della Commissione, che ha accettato la formula proposta dall'onorevole Canevari; la proposta dell'onorevole Laconi, che ha fatto proprio il testo primitivo della Commissione, la formulazione dell'onorevole Einaudi, che aggiunge all'ultima formulazione della Commissione il verbo «impone» e la formulazione dell'onorevole Segni.

Ritengo che debba esser posta in votazione la formulazione primitiva della Commissione la quale, fatta propria dall'onorevole Laconi, rappresenta un emendamento al testo attuale della Commissione.

Laconi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Laconi. L'onorevole Canevari ha chiesto al presentatore di questo emendamento se avrebbe accettato la formula da lui proposta. Io sono disposto ad accettarla, e pertanto il mio emendamento suonerebbe così: «Abolisce il latifondo e ne promuove la trasformazione». (Commenti al centro).

Se mi consente, onorevole Presidente, dato che non ho svolto il mio emendamento, vorrei soltanto aggiungere qualcosa a chiarimento, per i colleghi che in questo momento evidentemente trovano ridondante la formulazione che ho testé accennata...

Una voce al centro. Contraddittoria!

Laconi. Vorrei chiarire che le ragioni addotte dall'onorevole Segni a suffragio della sua formulazione non possono convincere. È evidente che l'onorevole Segni ha perfettamente ragione quando dice che la sua formulazione sotto l'aspetto tecnico è più precisa; ma egli si riferisce ad una particolare tecnica, alla tecnica dell'agricoltura, in cui si può parlare piuttosto di trasformazione che non di abolizione. Ma noi, quando parliamo di abolizione, vogliamo dire qualcosa di più, vogliamo riferirci a una particolare forma di proprietà che è storicamente superata. Ed è in questo senso che ha un significato preciso l'abolizione.

Gronchi. Ma come l'abolisce?

Laconi. Vorrei da ultimo far rilevare all'onorevole Segni che nella formula da lui proposta la parola «promuove» è la più grave, direi, in quanto parla soltanto di una attività orientatrice piuttosto che di un intervento dello Stato in questo settore. Quindi l'emendamento dell'onorevole Segni, così com'è, non ha alcun senso e non introduce affatto per lo Stato un obbligo ed un impegno di intervenire nell'abolizione del latifondo, nella distruzione di un tipo di proprietà che è un residuo feudale, e in una trasformazione non soltanto economica, ma anche sociale.

Per tutte queste ragioni, mantengo il mio emendamento, accettando la proposta dell'onorevole Canevari.

Presidente Terracini. Metto ai voti l'emendamento dell'onorevole Laconi completato dall'onorevole Canevari:

«abolisce il latifondo e ne promuove la trasformazione».

(Dopo prova e controprova non è approvato — Commenti a sinistra).

Passiamo alla formula proposta dall'onorevole Einaudi:

«impone e promuove la trasformazione del latifondo».

Einaudi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Einaudi. La ritiro, associandomi alla formula dell'onorevole Segni.

Di Vittorio. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Di Vittorio. Faccio mia la proposta dell'onorevole Einaudi.

Presidente Terracini. Metto ai voti la formula, di cui ho dato testé lettura, dell'onorevole Einaudi, fatta propria dall'onorevole Di Vittorio.

(Dopo prova e controprova è approvata — Vivi applausi a sinistra — Commenti a destra).

Passiamo alla votazione dell'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Jacometti: «attua la sua assegnazione ai lavoratori e alle loro associazioni».

Gronchi. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Gronchi. Accade spesso che nelle nostre discussioni la vivacità dell'atteggiamento di parte e gli interessi elettorali prevalgano sulla posizione oggettiva che ciascuno sentirebbe di dover prendere. Questo è il caso dell'emendamento di cui discutiamo.

Se noi accettassimo la formulazione proposta dall'onorevole Jacometti, evidentemente non considereremmo tutte le possibilità attraverso le quali il latifondo può essere spezzettato e può essere distribuito e ridotto a miglior coltura. Nel qual caso non sono soltanto i lavoratori, né le loro associazioni, che possono esser presi in considerazione, ma possono considerarsi benissimo anche i piccoli e medi agricoltori, la cui collaborazione a questa opera di redenzione economica e sociale non può essere trascurata. Ecco la ragione per cui non crediamo di scendere a queste precisazioni che vincolerebbero una trasformazione già chiaramente indicata nell'emendamento precedente. (Applausi al centro).

Presidente Terracini. Pongo in votazione l'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Jacometti:

«attua la sua assegnazione ai lavoratori e alle loro associazioni».

(Segue la votazione per alzata di mano).

Poiché la votazione per alzata di mano è di esito incerto, procediamo alla votazione per divisione.

(L'emendamento non è approvato. — Applausi a destra — Commenti a sinistra).

Presidente Terracini. Passiamo alla espressione «promuove la bonifica delle terre».

Camangi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Camangi. Vorrei far notare che nell'emendamento Einaudi è agganciato strettamente alla trasformazione del latifondo il concetto «dell'incremento ed elevazione del ceto dei piccoli e medi proprietari». Credo che su questa formula potremo forse raggiungere l'accordo.

Presidente Terracini. Nell'emendamento dell'onorevole Einaudi questa formula è messa in connessione alla trasformazione del latifondo; ma l'onorevole Einaudi, nello svolgere il suo emendamento, l'ha contrapposta a quella che era la primitiva formula della Commissione, relativa alla «elevazione professionale dei lavoratori e all'aiuto alla piccola e media, proprietà». Penso che nel momento in cui si passerà a votare su questo punto del testo della Commissione si debba prendere in esame la formula contrapposta dell'onorevole Einaudi.

Einaudi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Einaudi. Mantengo la mia formulazione, poiché ritengo che la trasformazione del latifondo e la bonifica delle terre abbiano uno scopo di elevazione dei ceti proprietari e non abbiano invece quello di aiuto alla piccola e media proprietà. Non credo che entrambe le proprietà abbiano gran bisogno di aiuto: esse si aiutano da sé. Basta considerare che in Italia la proprietà fino ai 50 ettari comprende il 56 per cento della superficie totale produttiva, ma il 71 per cento del reddito fondiario imponibile. Il reddito imponibile fondiario della proprietà fino ai 50 ettari era, in cifre antebelliche (1937-39) di 342 lire l'ettaro, laddove le altre categorie davano cifre decrescenti: 311 lire la proprietà fra 51 e 100 ettari; 205 quella fra 101 e 1000 ettari; e 70 quella oltre i 1000 ettari. Non è quindi di aiuto di cui esso ha bisogno. Ciò su cui volevo attirare l'attenzione era che la bonifica della terra e la trasformazione del latifondo devono servire all'incremento ed alla elevazione del ceto dei piccoli e medi proprietari. Poiché essi sono il nerbo della società, perché costituiscono la più salda garanzia di una società stabile, avevo proposto una formula la quale tenesse conto di una esigenza sociale fondamentale per una società stabile.

Presidente Terracini. Pongo in votazione la formula della Commissione:

«promuove la bonifica delle terre».

(È approvata).

Vi è ora l'emendamento aggiuntivo proposto dall'onorevole Monterisi: «anche mediante opere di elettrificazione». (Commenti).

Monterisi. Lo ritiro.

Presidente Terracini. Segue la formula della Commissione:

«e la ricostituzione delle unità produttive».

La pongo in votazione.

(È approvata).

A questo punto occorre porre in votazione la formula dell'onorevole Einaudi:

«ad incremento e ad elevazione del ceto dei piccoli e medi proprietari.

Gronchi. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Gronchi. Siamo contro la formula proposta dall'onorevole Einaudi, per le stesse ragioni per cui siamo stati contro quella proposta dall'onorevole Jacometti: in diverso senso, sono entrambe limitative. Si parla di piccola e media proprietà, mentre talvolta può essere utile servirsi della conduzione associata, il che naturalmente sarebbe escluso, se approvassimo l'emendamento Einaudi.

Einaudi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Einaudi. La mia proposta non mi pare che escluda affatto il concetto espresso dall'onorevole Gronchi; non vedo in essa nulla che impedisca al ceto dei piccoli e medi proprietari di associarsi, se lo reputino, per il conseguimento dei loro fini.

Di Vittorio. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Di Vittorio. Noi voteremo a favore del testo proposto dalla Commissione e voteremo quindi contro l'emendamento Einaudi, non soltanto per le ragioni accennate dall'onorevole Gronchi, ma perché specificare che l'abolizione e la trasformazione del latifondo debbano giovare ad alcune determinate categorie di lavoratori della terra, ad esclusione di altre, ci sembra ingiusto. Vi sono, ad esempio, anche i braccianti agricoli che dovrebbero giovarsene.

Presidente Terracini. Pongo in votazione la formula proposta dall'onorevole Einaudi.

(Non è approvata).

Pongo ai voti la formula della Commissione:

«ed aiuta la piccola e media proprietà».

(È approvata).

Vi è, infine, l'emendamento aggiuntivo proposto dall'onorevole Gortani:

«Nel medesimo intento la legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane».

Ayroldi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ayroldi. Propongo che si aggiunga: «e delle zone aride», la cui produzione dipende esclusivamente dalla pioggia.

Segni. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Segni. Dichiaro a nome del mio Gruppo di votare a favore dell'emendamento Gortani che riconosce le benemerenze e le necessità delle regioni montane che sono state finora abbandonate.

Jacometti. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Jacometti. Il mio Gruppo voterà a favore dell'emendamento Gortani.

Camangi. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Camangi. Voteremo a favore dell'emendamento Gortani, perché riteniamo che questo problema della montagna è forse il più importante ed il più decisivo per la situazione economica dell'Italia.

Piemonte. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Piemonte. A nome del mio Gruppo dichiaro d'accettare la formula Gortani.

Presidente Terracini. Pongo in votazione l'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Gortani.

«Nel medesimo intento la legge dispone provvedimenti in favore delle zone montane».

(È approvato).

Pongo in votazione l'emendamento dell'onorevole Ayroldi:

«e delle zone aride».

Miccolis. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Miccolis. La formula aggiuntiva dell'onorevole Ayroldi serve a richiamare la nostra attenzione sul problema della irrigazione e pertanto voterò a favore.

(L'emendamento non è approvato).

Presidente Terracini. L'onorevole Scotti Alessandro ha presentato il seguente emendamento aggiuntivo:

«e favorisce le forme assicurative statali contro i danni atmosferici».

Taviani. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Taviani. Noi voteremo contro per il solo motivo che questo concetto è già incluso nell'aiuto alla media e piccola proprietà e nei provvedimenti a favore delle zone montane.

Presidente Terracini. Pongo in votazione la proposta aggiuntiva dell'onorevole Scotti.

(Non è approvata).

L'articolo risulta, nel suo complesso, così approvato:

«Allo scopo di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione, appropriati alle varie regioni e zone agrarie, impone e promuove la trasformazione del latifondo, promuove la bonifica delle terre e la ricostituzione delle unità produttive, ed aiuta la piccola e media proprietà.

«Nel medesimo intento, la legge dispone provvedimenti in favore delle zone montane».

(Applausi).

Ricordo che gli onorevoli Moro, Laconi, Taviani e Dominedò hanno proposto di fare dell'inciso contenuto nell'originario testo della Commissione: «promuove l'elevazione professionale dei lavoratori» un articolo 41-bis accettato dalla Commissione:

«La Repubblica promuove la formazione e la elevazione professionale dei lavoratori».

Lo pongo in votazione.

(È approvato).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti