[Il 27 settembre 1946, nella seduta antimeridiana, la terza Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sul diritto di proprietà.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 42 per il testo completo della seduta.]

Il Presidente Ghidini dà lettura dei seguenti articoli, risultanti dalla discussione della precedente riunione.

Articolo proposto dall'onorevole Taviani:

«La Repubblica riconosce e garantisce il diritto di proprietà privata. Ciascuno deve potervi accedere col lavoro e col risparmio.

«La legge determinerà le norme che ne regolano l'acquisto e il trasferimento, i limiti e le modalità di godimento, allo scopo di assicurare che la proprietà privata risponda, oltre che ad una funzione personale, alla sua funzione sociale. In conformità agli interessi della produzione, la legge favorirà lo sviluppo della proprietà cooperativa e della piccola proprietà».

Articolo proposto dall'onorevole Corbi:

«La Repubblica riconosce e garantisce il diritto di proprietà privata.

«La legge determinerà le norme che ne regolano i limiti, l'acquisto, il trasferimento, le modalità di godimento, allo scopo di impedire che essa arrechi pregiudizio alla proprietà altrui e contrasti con gli interessi del lavoro e della collettività, per favorire invece la proprietà cooperativa e la piccola proprietà nell'interesse della produzione».

[...]

Taviani, Relatore, rende noto che, tenendo conto delle esigenze sue e degli onorevoli Corbi e Fanfani, nonché avendo rinunziato ciascuno ad una parte delle proprie posizioni, l'articolo potrebbe anche formularsi così:

«La Repubblica riconosce e garantisce il diritto di proprietà privata.

«La legge determinerà le norme che ne regolano i limiti, l'acquisto, il trasferimento e le modalità di godimento, allo scopo di farla adempiere ad una funzione sociale e di renderla accessibile a tutti, favorendo la proprietà cooperativa e la piccola proprietà.

«L'esercizio del diritto di proprietà privata non potrà essere in contrasto con gli interessi del lavoro ed i programmi economici dello Stato (o della collettività), in modo da arrecare pregiudizio alla proprietà altrui, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana col deprimere il livello di esistenza al disotto del minimo determinato dai bisogni umani essenziali».

Presidente Ghidini, circa il 1° e il 2° comma, gli sembra che la formulazione sia incompleta, in quanto mancante di qualsiasi riferimento alla proprietà collettiva. Per quanto riguarda la 3ª parte, non ha osservazioni da fare. Se non erra, è interamente tratta dalla relazione Pesenti.

Taviani, Relatore, risponde al Presidente che per la proprietà collettiva potrà farsi un apposito articolo. Nel 2° comma sono state concordate le esigenze della funzione sociale e della accessibilità di tutti alla proprietà, mediante le cooperative e la piccola proprietà. Nel 3° comma è stata analiticamente spiegata l'espressione «funzione sociale». Il contenuto di questo comma avrebbe dovuto essere inserito nel secondo, ma per ragioni di forma si è preferito farne un comma a parte.

Giua rileva che l'articolo proposto presenta tutti gli inconvenienti che sono propri di una formulazione concordata. Avrebbe potuto ammettere una formulazione sintetica che comprendesse tutti i vari concetti, ma l'aver preso una parte da ogni articolo, che rappresenta una diversa tendenza, ha portato a creare una formulazione che non può soddisfare né, in particolare, il suo punto di vista, né, in generale, quello giuridico. Quando infatti si dice che lo Stato deve favorire la piccola proprietà e la proprietà cooperativa, si afferma un concetto che domani potrebbe essere in opposizione con l'evoluzione sociale ed attualmente potrebbe dar luogo a contrasti che faranno sentire la loro eco anche in Parlamento.

Come ha affermato nella precedente riunione, non spetta alla Commissione di svolgere idee programmatiche, come sarebbe avvenuto se il suo partito avesse avuto la maggioranza, ma, data la situazione di transizione che attraversa l'Italia, crede che sia invece necessario dare al popolo l'impressione che la Costituzione si basi su principî ben netti che non contrastino gli uni con gli altri. In realtà lo Stato non può favorire contemporaneamente la piccola proprietà e quella cooperativa, che sono due cose antitetiche. Non sarebbe tuttavia alieno dal lasciare ambedue i termini, perché da un lato la piccola proprietà già esiste di fatto e dall'altro, se si arriverà a favorire effettivamente la proprietà cooperativa, sorgeranno tante forme di vere e false cooperative che quella che oggi è l'eccezione, domani diventerà la norma generale.

[...]

Il Presidente Ghidini è contrario a parlare specificatamente di proprietà privata. Gli sembra che in sostanza si verrebbe a formulare tutto l'articolo basandolo esclusivamente sulla proprietà privata e cooperativa, trascurando invece la proprietà collettiva.

Giua fa rilevare all'onorevole Ghidini che di fatto in Italia si ha solo la proprietà privata (anche la proprietà cooperativa è in fondo privata), perché quella dello Stato, delle province e dei comuni non può certamente considerarsi collettiva. Si avrebbe quindi nella Costituzione un termine di cui non si conosce il valore.

[...]

Dominedò, per venire incontro al desiderio dell'onorevole Ghidini, farebbe precedere all'articolo la seguente dizione: «La proprietà può essere individuale, cooperativa e collettiva», ovvero: «La proprietà può essere privata, cooperativa, pubblica».

[...]

Dominedò. [...] Non avrebbe quindi alcuna difficoltà ad un'enunciazione con la quale si affermasse che la proprietà può essere individuale, cooperativa e collettiva, intendendosi però che quando si parla di funzione sociale, ci si vuole riferire alla sola proprietà individuale, per la quale appunto sorge il particolare problema di contemperare individualità e socialità.

Chiariti questi concetti fondamentali, ritiene che la Sottocommissione si trovi di fronte a due ipotesi: o premettere esplicitamente la indicazione dei tre tipi di proprietà, ovvero limitarsi ad una enunciazione di principio e poi, nello snodarsi dei singoli articoli, con senso storicistico, vedere quali delle tre ipotesi debbano essere tradotte in norme della Carta costituzionale, in modo da evitare la possibilità di salti bruschi per il futuro.

[...]

Lombardo si dichiara disposto ad accettare la premessa togliendo la parola «privata».

Passando ad esaminare l'articolo nella nuova formulazione proposta dal relatore, punto per punto, trova superfluo dire: «La legge determinerà le norme che ne regolano i limiti, l'acquisto, il trasferimento e le modalità di godimento», perché tutto questo si riferisce alla proprietà privata.

In seguito si dice: «allo scopo di farla adempiere ad una funzione sociale (questa è una limitazione) e di renderla accessibile a tutti», e trova che qui si tratta di cosa che già esiste, e che non occorre ripetere per non accordare, con questa dizione, troppo favore alla piccola proprietà e a quella cooperativa, in quanto nel futuro possono venir modificati i concetti di proprietà da qualche rivolgimento di carattere scientifico.

Personalmente poi, se deve ispirarsi alla sua ideologia, non direbbe «favorendo la proprietà cooperativa e la piccola proprietà»; preferirebbe non specificare, perché il concetto di proprietà si può evolvere attraverso il tempo.

[...]

Fanfani. [...] bisogna formulare un altro articolo relativo alle altre due possibilità prospettate con l'articolo primo: proprietà cooperativa e proprietà della collettività; e stabilire i motivi per cui si passa a queste altre forme, motivi di utilità collettiva, motivi di giustizia sociale; e stabilire che per questi motivi la legge può rivendicare a tutti gli enti pubblici, territoriali o alle comunità di lavoro la proprietà di alcune energie naturali, di porzione del territorio, di determinati complessi produttivi. In qual modo? In due soli modi: o con una riserva originaria, o, dopo avvenuto appropriamento, attraverso un esproprio contro indennizzo.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti