[Il 22 maggio 1947 l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo quarto della Parte prima del progetto di Costituzione: «Rapporti politici».]

Presidente Terracini. [...] Passiamo all'articolo 46:

«Ogni cittadino può rivolgere petizioni al Parlamento per chiedere provvedimenti legislativi o esprimere necessità d'ordine generale».

A questo articolo sono stati presentati alcuni emendamenti.

Il primo è quello dell'onorevole Ruggiero Carlo, già svolto:

«Sostituirlo col seguente:

«Ogni cittadino può rivolgere alle pubbliche autorità petizioni intese alla tutela di un interesse individuale o collettivo.

«Può altresì rivolgere petizione scritta al Parlamento per chiedere provvedimenti legislativi o esprimere necessità di ordine generale.

«Il Parlamento provvede a norma del suo regolamento».

Vi è poi l'emendamento dell'onorevole Colitto, del seguente tenore:

«Sostituirlo col seguente:

«Ogni cittadino, che abbia raggiunto la maggiore età, e le autorità costituite possono inviare petizioni alle Camere».

L'onorevole Colitto ha facoltà di svolgerlo.

Colitto. L'articolo 46, nella formulazione proposta dalla Commissione, appare redatto così:

«Ogni cittadino può rivolgere petizioni al Parlamento per chiedere provvedimenti legislativi o esprimere necessità di ordine generale».

Io ho proposto che alle parole «ogni cittadino» siano aggiunte le altre «che abbia raggiunto la maggiore età». Questa aggiunta era già nell'articolo 57 dello Statuto albertino, e di questa aggiunta è parola nell'articolo 110 del Regolamento della Camera. A me pare che occorra questa aggiunta nel testo della Costituzione, perché non sembri che, eliminatosi quello che è nell'articolo 57 dello Statuto e nell'articolo 110 della Camera, il diritto di rivolgere petizioni alle Camere possa considerarsi un diritto anche del cittadino non maggiorenne.

Ho, poi, proposto che al verbo «rivolgere» sia sostituito il verbo «inviare». La ragione dell'emendamento mi sembra evidente. «Rivolgere» significa anche «presentare personalmente». Ora, in tutti i testi di diritto costituzionale che mi sono passati sotto gli occhi, ho avuto occasione di leggere che, allorquando all'epoca della rivoluzione francese venne dato al cittadino il diritto di presentare personalmente petizioni, fu così grande la folla dei cittadini, che si presentavano personalmente alle Camere, che molto apparve diminuito di fronte alla pubblica opinione il prestigio di esse.

Ho anche proposto che alle parole «al Parlamento», che si leggono nell'articolo 46, siano sostituite le altre: «alle Camere». Il Parlamento è l'insieme delle Camere. Ora non so quale sia l'opinione della Commissione; ma a me sembra che il diritto di petizione spetti al cittadino nei confronti di ciascuna delle Camere. Se si mantenesse, invece, fermo che il cittadino ha il diritto di rivolgere petizioni al Parlamento, si darebbe l'impressione che il cittadino ha diritto di rivolgersi all'insieme delle Camere e non a ciascuna di esse.

L'ultima proposta da me fatta è questa. Chiedo che siano eliminate le parole: «per chiedere provvedimenti legislativi o esprimere necessità d'ordine generale». A questo emendamento sono stato spinto dallo studio che ho compiuto dei lavori preparatori della prima Sottocommissione. Dagli stessi si rileva che l'onorevole Tupini propose, per questo diritto di petizione, una formula brevissima: «Il diritto di petizione è garantito». Poiché si sa in che cosa consista il diritto di petizione (tutta la dottrina giuspubblicistica lo spiega in una maniera molto chiara), la formula: «il diritto di petizione è garantito», potrebbe essere una formula da accettarsi. Ma ove questa formula non si voglia accogliere, a me pare che non sia necessario indicare le ragioni per le quali il cittadino può esercitare il diritto di petizione.

Tali ragioni possono essere le più varie, le più disparate. Ora scrivendosi «per chiedere provvedimenti legislativi o esprimere necessità di ordine generale», si limita, e molto, il diritto del cittadino.

La Commissione sa benissimo che il diritto di petizione venne introdotto in Inghilterra non soltanto per richiamare l'attenzione del Parlamento sui bisogni del Paese, cui occorresse provvedere con legge, ma anche per lamentare gli abusi, che eventualmente le autorità amministrative dello Stato potessero commettere o avessero commesso.

Ora, non c'è ragione che il diritto di petizione non abbia anche questa seconda finalità. Se perciò venisse tenuta ferma la dizione dell'articolo 46 proposta dalla Commissione, quella finalità verrebbe senz'altro eliminata.

E non debbo tacere che la formulazione, dal punto di vista letterario, non è soddisfacente. Non mi pare letterariamente corretto dire che un cittadino ha il diritto di petizione, cioè di chiedere qualcosa per... esprimere necessità di ordine generale.

Io ho proposto, infine, che siano aggiunte le parole «e le autorità costituite» e la proposta sembrami giusta e perciò meritevole di accoglimento.

Presidente Terracini. L'onorevole Mortati ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituirlo col seguente:

«Tutti i cittadini forniti del diritto di voto e gli enti, nell'ambito dei fini ad essi propri, possono rivolgere petizioni al Parlamento».

Ha facoltà di svolgerlo.

Mortati. Lo ritiro.

Presidente Terracini. L'onorevole Della Seta ha presentato il seguente emendamento:

«Alle parole: Ogni cittadino può rivolgere, sostituire le altre: Tutti i cittadini, singolarmente o collettivamente, possono rivolgere».

Ha facoltà di svolgerlo.

Della Seta. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, la Repubblica, quale viene profilandosi in questo progetto di Costituzione, è una repubblica democratica, parlamentare, rappresentativa.

Il popolo governa se stesso, ma si governa attraverso i suoi legittimi rappresentanti; rappresentanti eletti per diritto di voto: con voto personale, libero, segreto.

Mi si permetta, per incidenza, di osservare che ieri non sono stato troppo convinto leggendo «voto eguale».

Con tutto il rispetto dovuto alla terminologia tecnica costituzionalistica, mettendomi nei panni del cittadino ignaro di questa terminologia, dichiaro che il «voto eguale» poco significa, anzi è molto oscuro. Se per «voto eguale» si vuole intendere voto «non plurimo» debbo ricordare che il contrapposto della «pluralità» è la «unicità» e non la eguaglianza. Ma, riprendendo il discorso, osservo che, in questo progetto, se la Repubblica, nel suo volto essenziale, è rappresentativa, ben vi sono delle norme che a questa Repubblica apportano una qualche nota che è propria della democrazia diretta.

Tale il diritto di petizione, consacrato in questo articolo 46. Tale, per la proposta delle leggi, il diritto di iniziativa popolare consacrato nell'articolo 68. Tale, per la sospensione e per l'abrogazione di una legge o per l'approvazione della stessa legge di revisione costituzionale, il diritto di referendum consacrato negli articoli 72 e 130.

Per quanto riguarda questo diritto di petizione non manca nel passato qualche esempio per cui esso veniva considerato come un diritto del cittadino di richiedere ai poteri costituiti, ad una Assemblea legislativa, anche ad una Assemblea Costituente, il riconoscimento di un qualche personale diritto o la riparazione di un qualche presunto torto ricevuto.

Un esempio ne abbiamo nella stessa Costituente della Repubblica romana del 1849, dove affluivano domande di singoli cittadini per rivendicare un qualche diritto o per chiedere la riparazione di un qualche torto.

Ma, in realtà, questo diritto di petizione deve intendersi, come dice bene il testo, «per chiedere provvedimenti legislativi o esprimere necessità d'ordine generale».

Ora, in rapporto a questa finalità collettiva, si deve presumere che la petizione possa assumere anche una forma collettiva. Vi possono essere cioè più cittadini i quali firmano una petizione per chiedere un provvedimento legislativo od esprimere una qualche necessità di carattere generale.

Ora, io non dico che sia stato intendimento della Commissione di escludere questo carattere collettivo della petizione; ma, basandosi sulla dizione dell'articolo «Ogni cittadino», al singolare, cioè, anziché al plurale, non potrebbe mancare un qualche leguleio o un qualche sofista del costituzionalismo, il quale potrebbe sostenere, avvalorando l'argomento con la dizione del successivo, articolo 47, ove si dice: «Tutti i cittadini», che questo diritto di petizione appartiene esclusivamente ad un singolo cittadino.

Quindi, senza intaccare minimamente la sostanza dell'articolo, per maggior chiarezza, per eliminare un qualsiasi equivoco ho proposto questo emendamento che vorrebbe modificare l'articolo in questo senso: «Tutti i cittadini, singolarmente o collettivamente, possono rivolgere petizioni al Parlamento», ecc.

Presidente Terracini. Chiedo alla Commissione di esprimere il suo parere sugli emendamenti presentati.

Merlin Umberto, Relatore. Prego i proponenti degli emendamenti di ritirarli per queste considerazioni.

L'emendamento dell'onorevole Ruggiero accenna, e vi ha insistito anche l'onorevole Colitto oggi, alla possibilità di presentare ricorsi, petizioni per la tutela di un interesse individuale.

Ora, a parte lo scarso uso che è stato fatto di questo diritto di petizione da quando si è cominciato ad ammetterlo (e si spiega questo scarso uso, perché con tutti i mezzi che ha oggi il cittadino di far valere i suoi diritti, di manifestarli attraverso la pubblica stampa, è chiaro come il diritto di petizione sia stato poco usato), sta di fatto che noi abbiamo ritenuto di dare questo diritto soltanto per provvedimenti legislativi o per esprimere necessità di ordine generale.

Guai se noi apriamo la valvola ed ammettiamo che possano i cittadini presentare ricorsi o petizioni al Parlamento anche per interessi individuali o, come ha detto Colitto, per denunciare abusi. Guai. Del resto io ho proprio letto in una di quelle relazioni che sono state presentate alla Costituente le parole del collega Mortati che calzano proprio su questo punto. Egli ricorda che i francesi hanno la «plainte» che è l'istanza personale, ma egli insiste nel dire che la petizione in senso proprio deve essere rivolta ad interessi obiettivi, generali, e cioè alla segnalazione di errori che siano commessi nell'applicazione del diritto vigente, ed alla proposta di riforme da apportare a questo. È solo in questi casi che al diritto di petizione può competere la inclusione nella categoria dei diritti politici.

Ora io prego i colleghi che hanno insistito su questo punto di considerare che il singolo cittadino, per i suoi casi personali, ha mille forme di reclamo, da quello che in precedenza veniva definito il reclamo straordinario al re e che oggi sarà il reclamo straordinario al Capo dello Stato, alle altre forme di reclamo alle autorità amministrative e politiche. Quindi non c'è bisogno che noi introduciamo nella Costituzione questo diritto che già è pacificamente attuato e riconosciuto con altre forme. Dunque, per evitare il pericolo che possano essere presentati una infinità di ricorsi di carattere personale, la Commissione ritiene che occorre mantenere il diritto di petizione nell'ambito suo naturale e cioè nella possibilità di chiedere soltanto provvedimenti legislativi o esprimere necessità di ordine generale. Poiché questa è invece la modificazione più profonda dell'emendamento Ruggiero, io ho detto le ragioni per le quali la Commissione non crede di accogliere la modifica e quindi pregherei il collega di non insistere anche perché il comma secondo si identifica con il nostro e l'ultimo è superfluo perché è evidente che saranno le future Camere che dovranno con il loro regolamento interno stabilire come le petizioni vengono presentate, le forme dell'istruttoria, la possibilità di ascoltare i petenti e le forme che saranno prescritte per la risposta.

Il collega Colitto è sempre molto sottile nelle sue osservazioni e preciso, ma io osservo prima di tutto che le parole che «abbia raggiunto la maggiore età» mi pare che siano sottintese quando si dice «ogni cittadino».

È escluso che noi possiamo dare questo diritto ad un minorenne di otto, nove o dieci anni. Si intende ogni cittadino che abbia la capacità giuridica. Quindi io dico che sono parole superflue.

Quanto alle «Camere» in luogo del «Parlamento» io osservo che nella parola «Parlamento» sono comprese le due Camere e che l'aver usato noi nel nostro articolo la parola Parlamento viene incontro al suo desiderio, perché saranno proprio le due Camere che ammetteranno la presentazione all'una o all'altra o a tutte e due.

Resta la possibilità che il collega Colitto concede anche alle autorità costituite, ma nelle legislazioni e nelle Costituzioni precedenti — anche in quella albertina e nella Costituzione romana che ha ricordato il collega Della Seta — si parla sempre di un diritto da concedersi al cittadino perché è chiaro che l'ente pubblico, l'autorità costituita, ha mille altri mezzi per poter presentare i suoi reclami e le sue petizioni, per cui io insisterei nella formula proposta.

Resta l'ultimo emendamento del collega Della Seta. Ora, per quanto io abbia qui sott'occhio proprio il testo della Costituzione della Repubblica Romana e l'articolo 10 da cui il collega, da buon mazziniano, ha tratto il suo emendamento, io osservo questo: che quando si concede questo diritto all'individuo, lo si concede individualmente ed anche collettivamente, perché è chiaro che se più individui vorranno presentare una petizione anche collettivamente ciò non sarà escluso. Basterà che uno solo presenti la petizione, a nome di tutti e la petizione avrà ingresso ugualmente; se non la presenta uno solo, la presenteranno in molti, in cinquanta per esempio, ed allora si avrà la petizione collettiva che il collega desidera. Per questi motivi prego l'Assemblea di votare l'articolo così come è stato proposto dalla Commissione.

Presidente Terracini. Onorevole Ruggiero, intende mantenere il suo emendamento?

Ruggiero Carlo. Sono dispostissimo a rinunziare all'emendamento, ma voglio dire due parole a giustificazione. Quando la legge, nel suo contenuto normativo, fa un riferimento preciso, vuol dire che essa intende escludere tutto quello che non si attiene a questo riferimento. La disposizione di legge: «Ogni cittadino può rivolgere petizioni al Parlamento», rigorosamente dovrebbe intendersi così: che ogni cittadino, mentre ha diritto di rivolgere petizioni al Parlamento, per quella valutazione rigorosa del testo legislativo di cui parlavo prima, dato che alle altre autorità pubbliche non si fa riferimento in questa disposizione, non può rivolgerle alle altre pubbliche autorità, come ad esempio al Prefetto...

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ma quella non è una petizione!

Ruggiero Carlo. La mia proposta è contenuta nella Costituzione francese alla quale io mi sono rifatto. Mi pare che per questa ragione l'emendamento debba avere contenuto pratico e giuridico. In ogni modo, ripeto, non insisto sul mio emendamento.

Presidente Terracini. Onorevole Colitto, mantiene il suo emendamento?

Colitto. Lo mantengo.

Presidente Terracini. Onorevole Della Seta, intende mantenere il suo emendamento?

Della Seta. Vi rinunzio.

Presidente Terracini. Non rimane che il testo della Commissione con l'emendamento proposto dall'onorevole Colitto. Mentre il testo della Commissione, nella prima parte parla del «cittadino», la proposta dell'onorevole Colitto parla «del cittadino che abbia raggiunto la maggiore età». Pongo in votazione la prima parte dell'emendamento dell'onorevole Colitto:

«Ogni cittadino che abbia raggiunto la maggiore età».

(Non è approvata).

Pongo ora in votazione la formula proposta dalla Commissione:

«Ogni cittadino».

(È approvata).

Pongo in votazione la formula dell'onorevole Colitto:

«e le autorità costituite».

(Non è approvata).

Pongo in votazione la formula dell'onorevole Colitto:

«possono inviare petizioni alle Camere».

(Non è approvata).

Pongo ora in votazione la formula della Commissione:

«può rivolgere petizioni al Parlamento».

(È approvata).

Pongo in votazione l'ultima parte dell'articolo sul testo della Commissione:

«per chiedere provvedimenti legislativi o esprimere necessità d'ordine generale».

(È approvata).

L'articolo 46 risulta, nel suo complesso, così approvato:

«Ogni cittadino può rivolgere petizioni al Parlamento per chiedere provvedimenti legislativi o esprimere necessità d'ordine generale».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti