[Il 17 ottobre 1947 l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo primo della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Il Parlamento».]
Presidente Terracini. Onorevoli colleghi, passiamo ora alla proposta di articolo aggiuntivo avanzata dall'onorevole Mortati nel corso della precedente discussione, e che avevamo rinviato. Il testo è il seguente:
«Possono essere eleggibili al Parlamento gli italiani che non siano cittadini della Repubblica».
Prego l'onorevole Ruini di esprimere il parere della Commissione.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Anche qui non ho avuto il tempo di sentire formalmente il parere del Comitato, dato il continuo succedersi delle sedute d'Assemblea. Ma ho esposto il mio punto di vista all'onorevole Mortati; e se consentite vi esporrò le considerazioni che mi spiegano la ragione di questa disposizione, ma nello stesso tempo mi rendono perplesso ad accettarla.
Innanzi tutto devo osservare che il collocamento della disposizione dovrebbe essere nell'articolo 20, che parla dell'eleggibilità in generale, non soltanto al Parlamento, ma anche ai Consigli comunali, provinciali, regionali. Il criterio da adottare dovrebbe essere unico e generale.
Ciò premesso, è indubitabile che lo spirito della disposizione è tale da muovere tutta l'Assemblea, di primo impeto, come un cuore solo, ad una viva adesione. Si tratta infatti di stabilire che i nostri fratelli italiani, italiani di nazionalità, nel senso classico della parola, i fratelli nostri strappati alla madre patria, possano, anche se non abbiano la cittadinanza italiana, essere eletti al Parlamento e ad altri corpi elettivi.
Nello spirito della disposizione, ripeto, siamo d'accordo. Ma bisogna realisticamente considerare i termini giuridici della questione, ed i problemi concreti che possono sorgere.
La legislazione attuale ammette che possano essere nominati ai pubblici impieghi gli italiani non cittadini, non «regnicoli».
Adopero la parola nel senso che si usa nella Repubblica francese, ove si parla di «regnicoles» secondo una tradizione e con un significato ben chiaro. L'onorevole Mortati ha opportunamente corretto la designazione, che egli stesso aveva dapprincipio usato, di «regnicoli» in quella di non cittadini; o, come si dice, in altro modo, «non appartenenti allo Stato».
La disposizione ora proposta farebbe un passo avanti, che sembra giusto e logico, ammettendo l'accesso non solo agli impieghi pubblici, ma alle cariche elettive.
Bisogna ad ogni modo vedere i casi che si possono presentare; e che — attenendosi alle espressioni usate nella disposizione — eccedono l'intento originario, cui essa si ispira, di aprir le braccia, diciamo la vecchia parola, agli «irredenti». Vi sono molti, d'origine e di sangue italiano, che vivono all'estero. Se hanno, come avviene, la doppia cittadinanza e cioè se, avendo acquistata la cittadinanza straniera, conservano quella italiana, sono — in quanto cittadini italiani — eleggibili al Parlamento. Sorgono sulla doppia cittadinanza, nei riflessi politici, considerazioni sulle quali non mi voglio fermare qui.
Continuiamo ad esaminare gli altri possibili casi.
Può avvenire che l'italiano di nazionalità e di sangue, di tradizione, risieda all'estero e, avendo perduto la cittadinanza italiana, possegga soltanto quella straniera. Dobbiamo, con una nuova disposizione, renderlo eleggibile al nostro Parlamento?
Vediamo le varie possibili ipotesi. Se l'italiano sia irredento nel senso più vero e proprio, ed abita in una terra strappata a noi, una terra contesa da dissensi e da lotte di nazionalità, dubito che vi possa rimanere, se è eletto deputato italiano. Se invece egli si trova in una terra dove non v'è irredentismo e lotta di nazionalità — per esempio un altro paese d'Europa o d'America — e ne è cittadino, senza essere (si noti) cittadino italiano, non dovrebbe esservi per lui pericolo materiale a restarvi, dopo esser diventato membro del Parlamento italiano. Ma possono sorgere difficoltà, diverse ma analoghe a quelle di cui abbiamo parlato a proposito della discussione, avvenuta sul progetto di Costituzione nella nostra Assemblea, per la possibilità di assicurare ai cittadini italiani residenti all'estero l'esercizio dei diritti elettorali. Siete sicuri che i paesi esteri in cui abitano, e ne son cittadini, gli eletti al Parlamento italiano, ne siano sempre lieti? In certi casi potrebbero esserne troppo lieti, servendosi come lunghe mani di loro cittadini, deputati e senatori italiani; ma in altri casi potrebbero dispiacersi della situazione che si viene a creare, e prendere provvedimenti e contromisure, così che la disposizione, invece che a vantaggio degli italiani all'estero, si risolverebbe in loro danno.
Altra ipotesi è d'un italiano di terra irredenta, che, perché la sua terra non è più italiana, è costretto ad abbandonarla ed a venire in Italia. Non è più, in questo momento, nostro concittadino; e noi vorremmo aprirgli le porte del Parlamento. Bisogna ricordare che nella nostra legislazione e nella prassi vi è la possibilità di concedere subito, senza le ordinarie formalità, con semplice decreto del Capo dello Stato, la cittadinanza italiana, ed allora diventa pienamente eleggibile. Praticamente, dunque, si ottiene il risultato che la disposizione Mortati si propone.
Comprendo benissimo che noi desideriamo fare, in questo momento, un atto di solidarietà e di significato politico. Ma sarà opportuno, in ogni caso, meditare bene la formulazione e le conseguenze della proposizione da adottare, per non darle una portata che trascenda il nostro intento, per non sollevare difficoltà che siano eventualmente di danno più che di vantaggio ai nostri fratelli. Era mio dovere esporvi obiettivamente e chiaramente lo stato delle cose e delle possibili questioni, perché la nostra decisione sia meditata e degna dell'argomento che commuove il cuore, ma non deve far velo al ragionamento. (Approvazioni).
Mortati. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Mortati. Mi richiamo a quanto con molta chiarezza ha detto l'onorevole Ruini, il quale ha ricordato che il problema da me sollevato non è nuovo. La disposizione proposta si può dire in certo senso acquisita al diritto italiano. Esiste già una disposizione, che vale per gli impiegati, per le cariche pubbliche, per cui si può essere nominati anche se non si è cittadini italiani, e c'era una tendenza a far valere, per coloro che prima si chiamavano italiani non regnicoli, il diritto di potere essere nominati membri del Parlamento.
Nobili Tito Oro. La Repubblica romana instaurò questo sistema. Ammise all'elettorato passivo cittadini italiani che da sei mesi avessero preso stanza nel territorio romano.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ma se hanno preso stanza possono benissimo oggi diventare cittadini italiani.
Mortati. Ora tale principio già acquisito alla nostra legislazione conserva ancora attualità poiché si verifica il caso di terre che sono italiane ma non fanno più parte dello Stato italiano, sicché appare essere opportuno, da un punto di vista politico, una affermazione che mantenga il principio. L'onorevole Ruini, giustamente, ha osservato che c'è una difficoltà nella formulazione, perché la formulazione, nel senso proposto, può far sorgere dubbi. La formula «italiano non regnicolo» era più chiara perché precisata da una lunga prassi interpretativa. Non so se dalla cortesia del Presidente dell'Assemblea si possa ottenere un ulteriore rinvio allo scopo di potere giungere ad una formulazione che possa meglio soddisfare, raggiungendo il risultato di mantenere fermo un principio già acquisito alla nostra legislazione.
Perassi. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Perassi. L'onorevole Ruini ha già molto chiaramente esposto tutti i lati sentimentali, non sentimentali e giuridici della questione.
Io vorrei soltanto fare una piccola aggiunta a conferma di quanto ha detto l'onorevole Ruini, prendendo lo spunto da una affermazione ora fatta dall'onorevole Mortati, la quale mi sembra che mi autorizzi a dire che v'è un equivoco nella sua proposta.
Egli ha affermato: si tratterebbe di confermare un principio che già esiste. Ora, io faccio una riserva su questo punto. Il principio che esiste non è quello che ora si vuole inserire nella Costituzione; il principio è diverso e più tenue, ed è questo: che la qualità di italiano non appartenente allo Stato, ossia «non regnicolo» secondo la vecchia formula, è assimilato al cittadino per quanto concerne l'ammissione agli impieghi pubblici. Questo è il punto a cui si è arrivati nel campo del diritto pubblico: non oltre. Vi è poi, come esattamente ha richiamato il Presidente della Commissione onorevole Ruini, un'altra disposizione nel nostro diritto attuale; è un articolo inserito nella legge della cittadinanza nel quale si afferma che nulla è innovato per quanto concerne la concessione della cittadinanza per decreto agli italiani non regnicoli. Questo richiamo si riferisce ad una vecchia disposizione che è stata inserita per la prima volta in una legge elettorale. Secondo questa disposizione, l'italiano «non regnicolo» — cioè non appartenente allo Stato — poteva ottenere la concessione della cittadinanza italiana con decreto prescindendosi dalle altre condizioni che normalmente sono richieste per concedere la cittadinanza italiana in base alla legge comune. Questa è la situazione. La proposta dell'onorevole Mortati, la quale, come ha detto giustamente il Presidente, suscita tanta e generale simpatia dal punto di vista sentimentale, è una proposta che va al di là del diritto attuale, e che porta alla parificazione automatica al cittadino dell'italiano non appartenente allo Stato, non soltanto nel campo dell'ammissione a pubblici impieghi, ma anche nel campo dei diritti politici, cioè per l'elettorato attivo e passivo. È un passo più in là, che solleva problemi molto delicati.
Codacci Pisanelli. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Codacci Pisanelli. Mi permetto di far presente l'importanza politica della proposta dell'onorevole Mortati. Dal lato giuridico sono d'accordo: vi sono numerosi inconvenienti per precisare quali siano le persone a cui la proposta si riferisce. Ma dal lato politico si tratta di sancire nella Costituzione un principio che è stato accolto in tutta la storia del nostro risorgimento. In un momento in cui un trattato iniquo strappa alla nostra Patria i nostri fratelli, ritengo sia un giusto riconoscimento; ed invito l'Assemblea a pensare alle conseguenze del rigetto del principio proposto. Credo che sia un giusto riconoscimento che tutti quanti, anche coloro che sono stati strappati alla Patria, continuino a far parte della famiglia italiana.
Laconi. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Laconi. Sono anch'io molto sensibile a ciò che è detto in questo emendamento. Mi pare che si corra il rischio di creare gravi inconvenienti alla Giunta delle elezioni la quale domani, quando si troverà dinanzi a contestazioni per l'elezione di un deputato e dovrà andare ad accertare una condizione non giuridica — e che riconosciamo non essere giuridica, ma quasi politica, come ha detto l'onorevole Codacci Pisanelli — non saprà probabilmente come risolvere il quesito propostole, mentre abbiamo la possibilità di giungere al medesimo risultato, senza nessuna difficoltà, rendendo facile agli italiani, che vivono fuori della Repubblica e che hanno altra cittadinanza, l'acquisto della cittadinanza italiana, mediante una determinata procedura.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. C'è già.
Laconi. Non vedo per quale ragione dobbiamo stabilire una norma, che domani potrà essere pericolosa.
Fabbri. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Fabbri. Se l'onorevole Mortati mantiene letteralmente la sua dicitura, io la voterò molto volentieri, perché noto che non dice «sono eleggibili» o «possono essere eletti» ma «possono essere eleggibili». Quindi questa norma, letteralmente intesa, pone soltanto la esigenza di una disposizione futura, la quale regoli la materia, mentre allo stato attuale delle cose l'eleggibilità di italiani che non siano cittadini è esclusa e occorre un decreto di naturalizzazione come è stato spiegato.
Porre fin da ora la possibilità costituzionale di una legge ordinaria, che regoli in quali casi gli italiani non cittadini possono divenire eleggibili, non mi pare costituisca un inconveniente. Si propone di dire: «possono essere eleggibili», non «possono essere eletti». Questa dizione ha molta importanza. Se essa fosse modificata, allora forse non potrei più votarla.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. L'interpretazione che lei dà all'emendamento non corrisponde alle intenzioni del proponente.
Fabbri. Devo partire dal concetto che, data la dizione letterale della formula, vi corrispondesse la intenzione del proponente. Se l'onorevole Mortati dichiara un'intenzione diversa...
Presidente Terracini. L'ha dichiarata nel corso dello svolgimento.
Fabbri. Non mi sono giunte le sue parole: se è così cade la ragione del mio intervento.
Laconi. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Laconi. Che interesse abbiamo a che una persona mantenga la sua cittadinanza in altro Paese e poi si faccia eleggere deputato o senatore nel nostro? Egli dovrebbe rinunciare a quella cittadinanza per acquistare quella italiana: sarebbe un atto di adesione anche morale al nostro Paese. Possiamo, se mai, facilitarlo in questa richiesta. Ma non possiamo ammettere che diventi deputato o senatore in Italia rimanendo cittadino di un altro Stato, con tutti i diritti che gli competono per questa qualità. In questo modo noi non serviremmo gli interessi della Nazione.
Presidente Terracini. Onorevole Mortati, mantiene la sua proposta?
Mortati. La mantengo.
Lucifero. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Lucifero. Credo che molti come noi, nessuno più di noi, possano essere sensibili agli alti motivi ideali e riparatori che hanno ispirato l'onorevole Mortati nel formulare la sua proposta. Però devo riconoscere che la proposta tecnicamente può portare non solo al di là delle nobilissime intenzioni del proponente, che sono indubbiamente anche le nostre, ma addirittura a un risultato opposto a quello che l'onorevole Mortati si propone.
Ritengo quindi che il principio, che è nelle intenzioni più che nella dizione dell'onorevole Mortati, non debba essere da noi abbandonato, ma debba essere ripreso con precisa formulazione, che garantisca al nostro Paese e a quest'Aula, in cui esso è rappresentato, una giusta interpretazione; e che sia pertanto rinviata la discussione in sede di legge elettorale, dove si potrà fare la norma che effettivamente affermi questo principio.
In questo spirito, per queste ragioni e con la riserva di risollevare noi, se non lo farà lui, la stessa questione in sede di legge elettorale, noi non potremmo votare ora per l'emendamento.
Mortati. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Mortati. Vorrei fare osservare all'onorevole Lucifero che l'inserzione nella legge elettorale di una norma nel senso proposto non sarebbe costituzionale, perché violerebbe la disposizione contenuta nell'articolo 45 della Costituzione, per cui le cariche pubbliche sono accessibili solo ai cittadini italiani.
Lucifero. Faremo una «leggina» che consenta di conservare la cittadinanza italiana agli italiani che l'hanno persa perché strappati alla Madrepatria.
Mortati. Insisto nella proposta di richiedere alla cortesia del Presidente un breve rinvio per vedere se è possibile inserire nella Costituzione una disposizione che risolva la questione nel modo migliore. Una possibilità di soluzione potrebbe essere di inserire nel testo costituzionale una norma, come quella di cui ha fatto menzione l'onorevole Perassi, che conceda agli italiani di cui si tratta la possibilità di acquistare con una procedura abbreviata e semplificata la cittadinanza italiana.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. L'Assemblea si trova ormai davanti ad una questione che si presta ad interpretazioni delicate. Avrei desiderato che non fosse portata qui senza averla prima esaminata in Comitato. Ma ciò non è avvenuto; ed io ed i colleghi del Comitato — tranne il proponente — abbiamo letto la proposta nel fascicolo degli emendamenti. L'Assemblea è ora investita dell'argomento e potrebbe darsi che, se non accogliessimo, per le difficoltà pratiche che solleva la proposta avanzata, ciò fosse interpretato come mancanza di solidarietà e di slancio verso i nostri fratelli. Ciò assolutamente non è. Qualsiasi nostra decisione deve essere accompagnata dalla più calda espressione di affetto e dal fermo proposito di raggiungere lo scopo che ci proponiamo, di dare, o meglio ridare ai nostri fratelli l'eleggibilità nel Parlamento italiano. Anzi la questione è più vasta; concerne anche la cittadinanza per quelli che non saranno membri del Parlamento. Dovremo studiare ancora sotto i vari aspetti tutti i problemi che sorgono. Ho oggi trattato, come era necessario, delle questioni tecniche; le approfondiremo ancora; senza spegnere la fiamma di sentimento e di cordialità che ci ispira e ci anima. Date al Comitato il tempo necessario perché possa riunirsi e cercare soluzioni e disposizioni tali da superare gli ostacoli che voi tutti avete riconosciuto. Affermiamo a questo riguardo, con un saluto che l'Italia manda ai suoi figli non più cittadini italiani, che noi vogliamo averli a pieno diritto partecipi della nostra famiglia e della nostra casa: l'Italia. (Applausi).
Lucifero. Chiedo di parlare.
Presidente Terracini. Ne ha facoltà.
Lucifero. Mi associo a quanto ha detto l'onorevole Ruini. Mi permetto di dare un suggerimento all'onorevole Ruini, dato che io non sarò presente in seno al Comitato, ma sarò sostituito, perché dovrò assentarmi da Roma.
Se vogliamo affermare il concetto, io proporrei una forma come questa: «La legge stabilirà le condizioni di eleggibilità, ecc.». Allora potremo fare una legge che ci dia le garanzie e non ci troveremo di fronte ad ostacoli costituzionali.
Presidente Terracini. Se l'Assemblea ritiene di potere accogliere la richiesta dell'onorevole Ruini — che in fondo è simile a quella dell'onorevole Mortati — cioè di non soffermarci in maniera specifica con una votazione sulla proposta di questo articolo aggiuntivo, ma di lasciare al Comitato di redazione il tempo di esaminare la questione per vedere di introdurre nella forma più acconcia una disposizione, possiamo sospendere la discussione su questo argomento.
Se non vi sono altre osservazioni, rimane pertanto così stabilito.
(Così rimane stabilito).
A cura di Fabrizio Calzaretti