[Il 14 novembre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione inizia la discussione sui principî dei rapporti politici.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 48 per il testo completo della seduta.]

Il Presidente Tupini informa che gli onorevoli Mancini e Merlin Umberto, correlatori sul tema delle libertà politiche, hanno concordato la formulazione di alcuni articoli.

Apre la discussione sul primo articolo concordato: «Tutti i cittadini, indipendentemente dal sesso, dalla lingua, dalla razza, dalla condizione sociale e dalla opinione politica, quando abbiano raggiunto la maggiore età, siano naturalmente capaci, incensurati, a termini della legge speciale, hanno diritto all'elettorato attivo e passivo in condizioni di universalità e di eguaglianza».

Lucifero, alla parola «razza», che non ritiene molto appropriata, sostituirebbe il termine «stirpe», che gli sembra più consono alla dignità umana.

Per quanto riguarda la maggiore età, fa rilevare che esiste una contraddizione tra la disposizione dell'articolo, nel quale è previsto che i cittadini hanno diritto all'elettorato attivo e passivo quando abbiano raggiunto la maggiore età, e le disposizioni seguenti nelle quali si dispone che per essere eletti a determinate cariche occorre avere raggiunta una diversa età.

Cevolotto osserva che la parola «stirpe» esprime un concetto diverso dalla parola «razza», che, d'altra parte, è entrata nell'uso comune da quando fu impostata dal fascismo la questione razziale.

Si associa, invece, all'osservazione dell'onorevole Lucifero circa la contraddizione esistente tra la disposizione dell'articolo in discussione e quelle degli articoli seguenti. Infatti, a termine del primo articolo, chiunque potrebbe essere eletto deputato appena raggiunta la maggiore età.

Moro fa presente che il limite dell'età, per quanto riguarda i deputati, è stato fissato dalla seconda Sottocommissione.

Cevolotto dichiara che in Assemblea plenaria proporrà che la fissazione del limite di età per i deputati venga demandata alla legge elettorale, poiché in relazione al mutare dei tempi sarà molto più facile emendare una legge che non la Costituzione. Propone, intanto, che venga modificato l'articolo in discussione in modo da eliminare la contraddizione che è stata rilevata.

Il Presidente Tupini ricorda alla Sottocommissione che oltre ai Relatori, onorevoli Merlin e Mancini, anche l'onorevole Basso ha presentato sull'argomento in discussione una serie di articoli illustrati da una relazione.

Merlin Umberto, Relatore, si associa alle osservazioni dell'onorevole Cevolotto circa la parola: «razza», che, del resto, è stata adottata anche in altre legislazioni.

Circa la contraddizione rilevata dall'onorevole Lucifero, fa presente che la preoccupazione dei Relatori era stata quella di stabilire il medesimo limite di età sia per l'elettorato attivo, sia per quello passivo, rinviando le eventuali modifiche alla legge elettorale; per questo motivo nella formula concordata è stata inserita l'espressione: «a termini della legge speciale».

Lucifero non ritiene che la legge elettorale possa modificare il limite di età stabilito dalla Costituzione.

Il Presidente Tupini è d'accordo con l'onorevole Lucifero nel ritenere che quando la Costituzione ha stabilito un limite, questo non possa essere superato da una legge speciale.

Merlin Umberto, Relatore, obietta che in tale caso si tratterebbe di un rinvio esplicito alla legge speciale. Fa presente, poi, che, in conformità a quanto è sancito in altre Costituzioni, si è fatto un articolo speciale per l'eleggibilità a Capo dello Stato. Dichiara però che, ad ogni modo, non sarebbe contrario a sopprimere questa disposizione che potrebbe essere anche rimandata all'esame della seconda Sottocommissione.

[...]

Togliatti proporrebbe di sopprimere tutto l'articolo e di aggiungere nel seguente, alle specificazioni del voto l'attributo «universale».

Il Presidente Tupini dà lettura dell'articolo primo proposto dall'onorevole Basso: «La sovranità popolare si esercita attraverso la elezione degli organi costituzionali dello Stato mediante suffragio universale, libero, segreto, personale ed uguale.

«Tutti i cittadini concorrono all'esercizio di questo diritto, tranne coloro che ne sono legalmente privati o che volontariamente non esercitino un'attività produttiva».

[...]

Il Presidente Tupini propone di limitare l'esame solo alla prima parte dell'articolo dell'onorevole Basso, sulla quale sembra convergere il pensiero dei colleghi.

Cevolotto è favorevole alla formula dell'onorevole Basso, ma rileva che facendo cenno al solo suffragio universale viene omessa una delle forme per mezzo delle quali si esercita la sovranità popolare, cioè il «referendum».

[...]

Moro rileva che l'accenno al suffragio universale e segreto, contenuto nella dizione dell'onorevole Basso, può riferirsi solo all'elettorato attivo. Preferirebbe, invece, una formula in cui si dicesse prima che tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, hanno diritto all'elettorato attivo e passivo nelle condizioni stabilite dalla legge speciale, salvo poi precisare in quali condizioni si debba svolgere l'elettorato passivo.

Dossetti dichiara di essere favorevole alla impostazione dell'articolo, così come è stata esposta dall'onorevole Moro.

Merlin Umberto, Relatore, ritiene necessario l'accenno al limite dell'età, che è contenuto in quasi tutte le Costituzioni, compresa quella russa.

Il Presidente Tupini prospetta l'opportunità di fare in una proposizione a parte un esplicito richiamo alla legge per determinare sia i limiti di età, che i casi d'incapacità legale o naturale.

Dossetti ritiene che la delimitazione dell'età debba essere fissata nella Costituzione e non rinviata alla legge.

Moro, per maggiore chiarezza, scinderebbe l'elettorato attivo e quello passivo in due articoli, dei quali uno relativo al diritto al voto per la elezione degli organi costituzionali o per il referendum, e l'altro relativo alla eleggibilità alle cariche pubbliche. In tal modo si potrebbe con più precisione stabilire i requisiti per le due forme di elettorato.

Il Presidente Tupini è del parere che, per non creare eventuali discordanze con le decisioni adottate in materia dalla seconda Sottocommissione, sarebbe opportuno limitarsi al solo riferimento alla legge. Questa determinerà a sua volta le modalità dell'esercizio del voto, sia in ordine all'età che alle altre incapacità naturali o legali, in modo da potere arrivare ad una decisione univoca in sede di Commissione plenaria.

Insiste, pertanto, nel proporre che non si faccia in questo articolo un accenno alla maggiore età, ma la si rinvii alla legge.

Merlin Umberto, Relatore, fa osservare che nelle altre Costituzioni, eccetto quattro, è stato fissato il minimo di età per l'elettorato. Ammette l'opportunità che per l'elettorato passivo si debba fissare un'età diversa; ma intanto è necessario che sia fissata l'età maggiore per l'elettorato attivo.

Dossetti ritiene che il limite dell'età si debba fissare anche per l'elettorato passivo.

Mastrojanni è d'avviso che, in sede di Costituzione, si debbano fissare i limiti di età, sia per l'elettorato passivo che per quello attivo. È questa una questione di capitale importanza, che non solo non si può lasciare alla legge, ma anzi deve servire di guida al legislatore, affinché non si corra il pericolo di concedere il diritto di voto a giovani in età inferiore ai 20 anni, in quella età, cioè, in cui l'entusiasmo supera normalmente la riflessione.

Togliatti obietta all'onorevole Mastrojanni che una diminuzione dell'età elettorale non rappresenterebbe un pericolo, ma il raggiungimento di una legittima rivendicazione dei giovani. A suo avviso, l'entusiasmo non può essere di ostacolo all'elettorato attivo, purché sia accompagnato dal discernimento, di cui è ammessa l'esistenza nei giovani di 18 anni. Se può esser vero che negli elettori giovani prevale l'entusiasmo, è altrettanto vero che una qualità contraria prevale in coloro che hanno superato, per esempio, i 60 anni. Bisogna quindi lasciare che le due qualità, entusiasmo e riflessione, si compensino l'una con l'altra.

Esprime il parere che la fissazione del limite di età dovrebbe essere rinviata alla legge elettorale.

Grassi concorda con l'onorevole Togliatti, sull'opportunità di lasciare libero il legislatore di fissare i limiti di età, facendo presente che il rinvio alla legge speciale non pregiudica alcun punto di vista. Se invece nella Costituzione si volesse stabilire il criterio rigido dei limiti di età, concorda con l'onorevole Moro sulla opportunità di separare le due ipotesi dell'elettorato attivo e dell'elettorato passivo.

Moro, insistendo nella proposta di scindere i due casi dell'elettorato attivo e passivo, propone la seguente formula:

«Tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, quando abbiano raggiunto la maggiore età, hanno diritto all'elettorato attivo.

«La legge fissa le condizioni per l'esercizio del voto ed i casi di incapacità.

«Il voto deve essere universale, libero, uguale, segreto, personale. Esso costituisce un dovere civico».

Mastrojanni osserva all'onorevole Togliatti che il discernimento ha il suo valore in materia penale, come criterio discriminativo, ma per quanto riguarda l'esercizio dell'elettorato, che, a suo parere, costituisce l'atto più importante che l'uomo possa compiere durante il ciclo della sua vita, è necessaria qualche cosa più che il discernimento, qualche cosa cioè che a 18 anni non si può sempre avere.

Ribadisce il concetto che nella Costituzione deve fissarsi il limite di età, facendo presente che una volta fissati, per l'eleggibilità a deputato 21 anni, tale principio si estende automaticamente in altri campi, come in quello amministrativo.

Conclude affermando che non dovrebbe essere consentito alla Sottocommissione, la quale si è preoccupata di fare precisazioni rigorose in materie di gran lunga inferiori, di spogliarsi della responsabilità di fissare al legislatore l'orientamento in ordine alle capacità civili dell'uomo.

Cevolotto, per quanto si riferisce all'età per l'elettorato attivo, alle considerazioni svolte dall'onorevole Togliatti aggiunge che il fatto che un individuo, pur non avendo raggiunto i 21 anni, sia commerciante, o emancipato, ovvero capo di una famiglia, dovrebbe essere preso in considerazione anche per la concessione del diritto di voto.

In relazione a tali casi, per cui dovrebbe farsi una eccezione alla regola generale, sarebbe consigliabile non prevedere nella Costituzione un determinato limite di età, rinviandone la fissazione in sede di legge speciale, che potrà di volta in volta risolvere la questione a seconda del livello di cultura e della preparazione raggiunti dai cittadini.

Quanto poi all'elettorato passivo, non crede che sia opportuno fissare per le elezioni a capo dello Stato o a deputato il limite di età di 21 anni, che, a suo avviso, dovrebbe essere più elevato. Anche per l'elettorato passivo non ritiene che si possa stabilire un limite di età inderogabile, potendo esso essere eventualmente variato a seconda di circostanze che oggi non si possono nemmeno prevedere. Per questi motivi reputerebbe necessario adottare una formula generica di rinvio alla legge speciale.

Il Presidente Tupini rileva che, per procedere più speditamente, bisognerebbe decidere se si debba far menzione nella Costituzione dei limiti di età per l'elettorato attivo e per quello passivo, ovvero rinviare la materia ad una legge speciale, come è suo avviso.

Merlin Umberto, Relatore, insiste perché il limite di età sia inserito nella Costituzione per le ragioni già esposte. Osserva che se successivamente si verificheranno condizioni di maggiore maturità e di maggiore preparazione, si potrà sempre modificare la Costituzione e abbassare i limiti di età. Attualmente il limite di età di 21 anni è già molto basso, perché a questa età i giovani sono ancora immaturi e impreparati.

Il Presidente Tupini, riassumendo, osserva che vi è una proposta dell'onorevole Merlin tendente a fissare in sede costituzionale i limiti di età per l'elettorato attivo, ed un'altra proposta, che egli ha fatto sua e alla quale hanno aderito gli onorevoli Cevolotto e Togliatti, di rimandare alla legge speciale.

Mette ai voti la proposta di inserire nella Costituzione il limite di età per l'elettorato attivo.

(La proposta è respinta con 6 voti favorevoli, 8 contrari e 1 astenuto).

Precisa che allora si deve intendere approvato il rinvio della fissazione dei limiti di età alla legge speciale.

Ricorda che in proposito sono state presentate due formule concrete, una dell'onorevole Moro ed un'altra, la sua, che fonde parte dei concetti contenuti nell'articolo dell'onorevole Merlin e parte di quelli dell'articolo dell'onorevole Basso. La proposta dell'onorevole Moro, dopo il risultato della votazione, deve perciò intendersi modificata nel modo seguente:

«Tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, hanno diritto all'elettorato attivo.

«La legge fissa le condizioni per l'esercizio del voto e determina i casi di incapacità.

«Il voto deve essere universale, libero, uguale, segreto, personale. Esso costituisce un dovere civico».

Dà quindi lettura della sua formulazione, che diversifica da quella proposta dall'onorevole Moro, in quanto comprende sia l'elettorato attivo che quello passivo:

«Tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, hanno diritto all'elettorato attivo e passivo in condizioni di universalità e di uguaglianza.

«La legge regola l'esercizio di questo diritto e ne stabilisce le limitazioni derivanti da incapacità naturali o legali».

In tale formula non ha parlato di dovere civico del voto, ritenendo che questo concetto possa essere inserito in un successivo articolo.

Domanda alla Commissione se essa intenda prendere come base per la discussione e per la votazione l'articolo da lui proposto o quello dell'onorevole Moro.

Moro dichiara di insistere per la distinzione tra elettorato attivo e passivo. Desidera anche che si fissino in modo preciso e con tutta quella aggettivazione che è nella sua proposta, i vari caratteristici aspetti del voto, considerando un po' vaga la dizione proposta dall'onorevole Presidente con le parole «in condizioni di universalità e di eguaglianza».

Caristia, poiché tutti e due gli articoli hanno sostanzialmente lo stesso significato, crede che converrebbe fonderli insieme, integrandoli a vicenda.

Basso concorda con l'onorevole Moro circa l'opportunità di specificare dettagliatamente i vari requisiti del voto. Come base della discussione, a suo parere, potrebbe essere preso l'articolo proposto dal Presidente, purché in esso venga effettuata la suddetta specificazione.

Moro dichiara che accederebbe alla formulazione proposta dal Presidente, qualora si aggiungessero i requisiti del voto.

Merlin Umberto, Relatore, concorda con l'onorevole Moro.

Il Presidente Tupini ritiene che dei requisiti del voto si possa trattare in un altro articolo. Non crede infatti che l'approvazione dell'articolo che ha proposto pregiudichi tale questione.

Moro insiste perché la formula proposta dal Presidente venga circoscritta al solo elettorato attivo, ritenendo che per l'elettorato passivo sia opportuno formulare un altro articolo.

Lucifero riterrebbe opportuno porre in discussione la formulazione dell'onorevole Moro, in quanto più organica, salvo aggiungere un capoverso per l'elettorato passivo; dato che i due elettorati hanno diverse caratteristiche, mantenendoli divisi si potrebbe ottenere una formulazione più chiara e più precisa.

Il Presidente Tupini rileva che, qualora si dovesse discutere sulla formula dell'onorevole Moro, domanderebbe al proponente di integrare il suo articolo facendo in esso menzione anche dell'elettorato passivo.

Moro risponde che era sua intenzione fare oggetto l'elettorato passivo di un altro articolo che potrebbe essere così formulato: «Tutti i cittadini, a prescindere dalla limitazione del sesso, hanno diritto all'elettorato passivo e possono accedere alle cariche pubbliche», salvo, bene inteso, le eccezioni che dovrebbero essere specificate.

[...]

Il Presidente Tupini. [...] Circa la formula che ha fatta sua, per evitare una ripetizione di concetti, propone di sostituire alle parole: «in condizioni di universalità e di uguaglianza», le altre «mediante suffragio universale, libero, segreto e personale».

Mette ai voti la prima proposizione della formula:

«Tutti i cittadini, senza distinzione di sesso hanno diritto all'elettorato attivo e passivo».

(È approvata all'unanimità).

Apre la discussione sulla successiva proposizione: «mediante suffragio universale, libero, uguale, segreto e personale».

Dossetti obietta che questa seconda proposizione contraddice la prima, perché se è vero che l'elettorato attivo si esercita mediante suffragio libero, segreto e personale, la stessa cosa non può dirsi per l'elettorato passivo.

Merlin Umberto, Relatore, ritiene che la formula primitiva «in condizioni di universalità e di uguaglianza», in quanto consacrata in tutti i testi costituzionali e nello stesso programma votato in una delle prime sedute della Sottocommissione, nel ripartire i diversi argomenti tra i vari relatori, esprima nella maniera più limpida e più chiara i concetti contenuti negli articoli seguenti.

Il Presidente Tupini propone di formulare la seconda proposizione nel modo seguente: «Il voto deve essere universale, libero, uguale, segreto e personale».

Dossetti fa osservare all'onorevole Merlin che in relazione alla struttura della seconda Camera, così come è stata elaborata dalla II Sottocommissione, non può affermarsi in termini assoluti e generici che l'esercizio dell'elettorato passivo si eserciti in condizioni di universalità e di uguaglianza.

Mastrojanni ritiene che la preoccupazione dell'onorevole Dossetti non abbia ragion d'essere, in quanto, secondo il concetto dell'onorevole Merlin, l'esercizio dell'elettorato passivo è la conseguenza dell'universalità del voto personale, segreto, diretto e universale. Non esiste quindi la contraddizione che egli ha rilevato, né ha fondamento la sua obiezione relativa alla futura struttura della seconda Camera, in quanto che anche l'esercizio dell'elettorato passivo per l'espletamento del mandato ricevuto per la seconda Camera, è sempre la conseguenza del suddetto esercizio di voto.

Togliatti osserva che, quali che siano le condizioni in cui si dovrà esercitare l'elettorato passivo, le norme relative saranno sempre poste in condizioni uguali per tutti i cittadini. Non vedrebbe quindi il motivo di lasciare cadere la primitiva formula concisa ed espressiva: «in condizioni di universalità e di uguaglianza».

Moro non è d'accordo, perché da una simile norma costituzionale potrebbero derivare applicazioni pratiche che potrebbero essere anche in contrasto con l'intendimento della Sottocommissione.

Torna ad esprimere l'opinione che se i due concetti fossero stati considerati distintamente, si sarebbe potuta più facilmente trovare una formula che esprimesse il pensiero della Sottocommissione, senza dare luogo ad eventuali equivoci.

Mancini, Relatore, insiste sulla dizione «in condizioni di universalità e di uguaglianza» che, a suo avviso, è una formula che comprende tutti i concetti.

La Pira dichiara di accedere anch'egli a questa dizione che, nel concetto, risponde ad una formula di San Tommaso, che nel De regimine principum precisa il principio perfetto per cui tutti partecipano alla vita pubblica, nel senso che ognuno può essere eletto «ex omnibus et ab omnibus».

Il Presidente Tupini ritira il suo emendamento e mette ai voti la formula:

«in condizioni di universalità ed uguaglianza».

(È approvata con 12 voti favorevoli, 1 contrario ed 1 astenuto).

[...]

Il Presidente Tupini pone in votazione l'articolo nel suo complesso così formulato:

«Tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, hanno diritto all'elettorato attivo e passivo in condizioni di universalità e di uguaglianza.

La legge regola l'esercizio di questo diritto e ne stabilisce le limitazioni derivanti da incapacità naturali o legali».

[...]

(L'intero articolo è approvato con 10 voti favorevoli e 5 contrari).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti