[L'8 marzo 1947 l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Benedettini. [...] Passo ora ad esaminare il secondo difetto organico del progetto di Costituzione. Esso risente eccessivamente del clima fazioso nel quale viviamo; risente in ogni sua parte del prepotere dei partiti di massa che, per la cieca disciplina di partito che li anima, portano a sacrificare la libertà e la dignità della persona umana al predominio della massa.

[...]

È per questo spirito fazioso che la Costituzione, mentre all'articolo 45 precisa che «non può essere stabilita nessuna eccezione al diritto di voto, se non per incapacità civile o in conseguenza di sentenza penale», poi limita questo diritto per responsabilità fasciste, e lo stesso dicasi per l'articolo 56 relativo al diritto di eleggibilità.

[...]

Un rilievo di massima io non posso tacere a proposito dell'ordinamento delle due Camere. La nuova Camera dei Senatori, in ultima analisi, nella sua composizione, non sarà diversa dal vecchio Senato, anche per le sue specifiche attribuzioni. Ora io non riesco a spiegarmi come e perché, mentre questa Costituzione risente in sommo grado dell'influsso dei partiti di sinistra per ciò che riguarda le affermazioni astratte dei diritti dei lavoratori, poi, quando si passi alle affermazioni concrete, questi influssi sembrano svanire, anzi svaniscono del tutto. Perché non si è dato vita ad una seconda Camera integralmente sindacale, alla quale i legittimi e diretti rappresentanti delle diverse categorie lavoratrici avrebbero potuto appartenere con pieno diritto? Onorevoli colleghi, se noi abbiamo veramente a cuore le sorti e l'emancipazione dei lavoratori, se vogliamo che essi non rappresentino una massa amorfa, ma delle personalità distinte, se auspichiamo che essi diventino parte viva, attiva, dirigente nella vita della Nazione e dello Stato, noi — rappresentanti del popolo — dobbiamo dare ad essi possibilità di esprimersi direttamente, secondo le esigenze delle categorie cui appartengono, in una Camera, in un'Assemblea che sia il frutto di rappresentanze di categorie sindacali.

Né ci si dica che oggi i lavoratori sono già uniti in sindacati, in federazioni e, infine, in una Confederazione generale del lavoro, giacché questa, come l'onorevole Di Vittorio m'insegna, può, sì, difendere i diritti degli iscritti, ma, in fondo, l'arma più potente di cui dispone per la sua difesa è il diritto di sciopero, vale a dire un'attività negativa. Ma questa è l'ora, questo è il tempo in cui le masse lavoratrici, e dunque quel popolo che noi chiamiamo sovrano, deve assurgere a protagonista della storia. Ebbene, per apprestargli questo viatico, per spianargli la strada, per fare che esso si emancipi a fatti e non a parole, dobbiamo riconoscergli il diritto di esprimersi in un'Assemblea legislativa formata da autentici lavoratori manuali, oltre che da lavoratori dell'intelletto. Perciò io mi auguro che quest'Assemblea, nel riprendere l'esame particolare del progetto di Costituzione voglia tener presente questa mia osservazione e questa mia raccomandazione.

Questo io sostengo in quanto, come hanno rilevato alcuni colleghi dell'estrema sinistra, la nostra Costituzione deve esser tale da apprestare le giuste rivendicazioni, le opportune conquiste e l'attesa giustizia sociale che l'avvenire potrà dare al lavoro italiano.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti