[Il 20 settembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sull'organizzazione costituzionale dello Stato.]

Il Presidente Terracini fa presente che in altro articolo l'onorevole Conti propone la seguente disposizione:

«La Camera delibera il proprio regolamento».

La mette ai voti.

(È approvata).

Mortati, Relatore, osserva che occorre pure decidere se le deliberazioni in materia regolamentare debbano avvenire da parte della Camera con certe determinate modalità, se cioè, sia o meno necessaria una maggioranza qualificata. Si tratta di garanzie di regolarità che potrebbero includersi nella Costituzione.

Fabbri propone che la deliberazione del regolamento sia fatta a maggioranza semplice dei componenti l'Assemblea e non dei presenti, cioè a dire, la metà più uno dei deputati.

Lussu è contrario alla introduzione nella Costituzione di una simile precisazione, che può ritenersi sottintesa anche perché non crede che in questo giochi la preoccupazione della tutela delle minoranze.

Mortati, Relatore, non trova esatta l'obiezione dell'onorevole Lussu. Una maggioranza può approfittare del fatto di essere tale per imporre nel regolamento eccessive limitazioni del diritto di discussione o altrimenti attentare al normale svolgimento dell'attività parlamentare. L'esigenza della protezione delle minoranze in sede di formulazione del regolamento può avere il suo peso. Ricorda che la Costituzione austriaca — che è importante per l'accurata elaborazione tecnica che ha avuto — richiedeva per l'approvazione del regolamento la presenza di metà dei membri della Camera e la maggioranza dei due terzi dei voti.

Targetti consiglierebbe l'obbligo dell'approvazione del regolamento in duplice lettura.

Il Presidente Terracini pone ai voti il principio che per la formulazione del regolamento si debba richiedere una maggioranza qualificata.

(È approvato).

Osserva che resta da stabilire quale deve essere questa maggioranza qualificata, e mette ai voti la proposta dell'onorevole Fabbri che il regolamento sia approvato con la maggioranza della metà più uno dei membri dell'Assemblea.

(È approvata).

[...]

Mortati, Relatore, crede sia da esaminare la questione della pubblicità delle sedute dell'Assemblea stabilendo, eventualmente, dei limiti alla possibilità di far venire meno questa garanzia, determinando, cioè, i casi in cui la Camera può riunirsi in seduta segreta; uno dei quali si ha quando essa tratta della propria amministrazione interna.

Laconi crede che si possa rimandare la materia al regolamento, stabilendo soltanto il principio della pubblicità.

Il Presidente Terracini obietta che, stabilendosi solo il principio, si escluderebbe la possibilità di eccezioni. Occorrerà precisare quando la Camera può convocarsi in seduta segreta.

Mannironi propone che la convocazione in seduta segreta sia consentita quando viene richiesta da un certo numero di deputati.

Lussu ritiene che non sia necessario introdurre questa norma nella Costituzione e che possa supplire la tradizione, alla quale è ormai acquisita questa garanzia della pubblicità.

Uberti condivide l'opinione dell'onorevole Lussu, anche per la considerazione che, durante l'altra guerra, è stato possibile convocare la Camera in seduta segreta per affrontare questioni di politica estera, che non potevano essere trattate in pubblico, e una norma tassativa potrebbe costituire un impedimento di fronte ad improvvise necessità.

Fabbri suggerisce una formula concisa e cioè: «Il regolamento della Camera fissa i casi e le forme in cui può convocarsi in seduta segreta». In questa dizione sarebbe implicito il principio della pubblicità e nello stesso tempo resterebbe stabilito che possono esservi anche dei casi di convocazione segreta, rimessi all'apprezzamento della stessa Camera.

Di Giovanni ritiene utile l'affermazione esplicita del principio della pubblicità e propone la seguente dizione: «Le sedute della Camera sono pubbliche. La Camera può convocarsi in seduta segreta a norma del regolamento».

Mortati, Relatore, ricorda che l'articolo 52 dello Statuto Albertino stabiliva la pubblicità delle sedute[i] e osserva che la soppressione di una tale norma potrebbe sembrare fatta di proposito.

Lussu insiste sull'opportunità di non introdurre la disposizione nella Costituzione.

Ravagnan crede opportuno affermare il principio della pubblicità delle sedute; ma l'espressione immediatamente successiva, secondo cui la Camera si riunisce in seduta segreta a norma del regolamento, sembra in contraddizione con la prima affermazione. Crede perciò necessario far risaltare il carattere di eccezionalità delle sedute segrete.

Rossi Paolo propone la formula:

«Le sedute della Camera sono pubbliche. La Camera si riunisce in seduta segreta soltanto nei casi previsti dal regolamento».

Il Presidente Terracini la pone ai voti.

(È approvata).


 

[i] L'articolo 52 dello Statuto Albertino recitava: «Le sedute delle Camere sono pubbliche. Ma, quando dieci membri ne facciano per iscritto la domanda, esse possono deliberare in segreto».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti