[Il 10 ottobre 1947, nella seduta antimeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo primo della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Il Parlamento».]

Presidente Terracini. [...] Passiamo all'articolo 61. Se ne dia lettura.

Molinelli, Segretario, legge:

«Ciascuna Camera e l'Assemblea Nazionale adottano il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei loro membri.

«Le sedute sono pubbliche; tuttavia le Camere e l'Assemblea possono deliberare di riunirsi in Comitato segreto.

«Le deliberazioni delle Camere e dell'Assemblea non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro membri è se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale.

«I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto e, se richiesti, obbligo di assistere alle sedute. Debbono essere intesi ogni volta che lo richiedano».

Presidente Terracini. Resta inteso, onorevoli colleghi, che ogni riferimento all'Assemblea Nazionale nel contesto di questo articolo evidentemente non ci impegna nella deliberazione di merito, in quanto tutto ciò che si riferisce all'Assemblea Nazionale lo decideremo quando esamineremo il problema nel suo complesso.

All'articolo 61 l'onorevole Colitto ha proposto i seguenti emendamenti:

«Al secondo comma, alle parole: in comitato segreto, sostituire le altre: senza la presenza del pubblico».

«Sopprimere il terzo comma».

«Al quarto comma sopprimere le parole: se richiesti».

L'onorevole Colitto ha facoltà di svolgerli.

Colitto. A questo articolo io ho proposto tre emendamenti. Il primo capoverso dell'articolo 61, dopo aver disposto che le sedute delle Camere e dell'Assemblea Nazionale sono pubbliche, aggiunge che le une e l'altra possono deliberare di riunirsi in comitato segreto. Ora, io propongo che alle parole «in comitato segreto» siano sostituite le altre «senza la presenza del pubblico». Queste ultime sembrano a me più precise. Non si può, infatti, disconoscere che, pur essendo il pubblico assente dalle sedute, le Camere e l'Assemblea Nazionale restano tali e non si trasformano, per effetto appunto dell'assenza del pubblico, in «comitato».

Parlandosi di «comitato», sembra a me che le Camere, solo perché si chiudono le porte, subiscano una certa trasformazione, non essendo più Camere, ma diventando comitato.

Anche lo Statuto albertino, all'articolo 52, dopo aver disposto che le sedute delle Camere sono pubbliche, dice: «Ma quando dieci membri ne facciano per iscritto domanda, esse possono deliberare in segreto». Ugualmente dispone l'articolo 38 della Costituzione polacca, là dove stabilisce che la dieta può deliberare «la segretezza della discussione». Così il paragrafo 37 della Costituzione estone, il quale dispone che l'Assemblea può decidere di «riunirsi in seduta segreta».

Nessuna Costituzione parla di «comitato». La commissione speciale della seconda Sottocommissione propose, del resto, la seguente formulazione, in cui non si parlava di «comitato»: «Le sedute delle Camere sono pubbliche. Tuttavia, con l'approvazione di due terzi delle Camere stesse, possono essere segrete». Non si comprende, poi, come la stessa seconda Sottocommissione in un secondo tempo, abbia potuto preferire l'altra formulazione di «comitato», e proprio non mi spiego le ragioni che possono aver determinato questo mutamento.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ma è un mutamento che non ha alcuna importanza sostanziale.

Colitto. Ho chiesto poi la soppressione del terzo comma, il quale fissa le norme regolatrici delle deliberazioni delle Camere e dell'Assemblea Nazionale, le quali non sarebbero valide, se non con la presenza della maggioranza dei loro membri ed adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione non prescrivesse una maggioranza speciale.

Ho chiesto dunque la soppressione di questo comma, perché a me sembra che ciò possa formare oggetto più che di norma costituzionale, di norma del regolamento delle due Camere.

Ho chiesto poi, con un terzo emendamento, la soppressione, all'ultimo comma, delle parole «se richiesti». A me sembra, infatti, che i membri del Governo abbiano non solo il diritto, ma il dovere di assistere alle sedute della Camera; mi sembra, quindi, strano che si parli di dovere solo quando intervenga una formale richiesta.

Presidente Terracini. L'onorevole Mortati ha presentato due emendamenti del seguente tenore:

«Sostituire il terzo comma coi seguenti:

«Le deliberazioni non sono valide se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo i casi di deroga stabiliti dalla Costituzione.

«Il Regolamento interno determina le condizioni per la validità delle sedute».

«Sopprimere il quarto comma.

«In via subordinata, ove il comma fosse conservato, aggiungere dopo la parola: sedute, le altre: nonché alle riunioni delle Commissioni nei casi dell'articolo 69, terzo comma».

L'onorevole Mortati ha facoltà di svolgerli.

Mortati. Il primo di questi due miei emendamenti presenta un carattere prevalentemente formale. Esso consiste, soprattutto, in una proposta di rinvio della determinazione delle condizioni relative alla validità delle sedute in sede di regolamento.

Con il mio secondo emendamento, propongo invece la soppressione del quarto comma, che è quello ove è detto che i membri del Governo, anche se non fanno parte della Camere, hanno diritto e, se richiesti, obbligo di assistere alle sedute e che debbono essere intesi ogni volta che lo richiedano. Tale disposizione infatti era necessaria nelle vecchie carte costituzionali di quei paesi che non erano retti dal regime parlamentare o nei quali esso non era ancora consolidato, ma non ha evidentemente più ragione d'essere in Stati, come nel nostro, in cui il regime parlamentare sia stato esplicitamente consacrato nella Costituzione.

L'obbligo dei membri del Governo di intervenire alle sedute delle Camere emerge dalla natura stessa del Governo parlamentare, che esige una immediatezza e continuità di rapporti fra Governo e Camere, appunto per il principio della responsabilità del Governo di fronte alle Camere.

Non sussiste poi neanche quell'altra ragione, che può in altri Paesi suggerire una disposizione del genere, cioè il divieto per un Ministro, che non sia membro delle Camere, di prendere parte alle sedute delle Camere stesse, perché c'è da noi una consuetudine consolidata nel senso che i Ministri hanno diritto di partecipare alle sedute delle Camere, anche se non ne fanno parte.

Quindi, in relazione a queste considerazioni, mi sembra che si potrebbe sopprimere il comma, contribuendo così alla semplificazione della struttura formale del testo costituzionale.

Presidente Terracini. L'onorevole Clerici ha presentato il seguente emendamento:

«Inserire tra il terzo e il quarto comma il seguente:

«La ripetuta negligente assenza dai lavori parlamentari verrà dai regolamenti stabilita quale causa di decadenza dal mandato parlamentare».

Ha facoltà di svolgerlo.

Clerici. Onorevoli colleghi, ho poco da aggiungere all'emendamento aggiuntivo che ho presentato, e che si ricollega, mi pare, a quanto ha detto testé il collega onorevole Colitto.

Il mio emendamento tende a stabilire non solo il diritto, ma il dovere da parte delle Camere future di statuire nel loro regolamento interno un principio, che essendo di notevole importanza costituzionale, a mio avviso deve essere anche inserito nella Carta costituzionale; bisogna cioè stabilire che il deputato o il senatore, cioè in genere il parlamentare, il quale con negligenza persistente viola il dovere del suo ufficio, mancando sistematicamente e negligentemente ai lavori parlamentari, può decadere dal mandato.

Io credo che sia bene che il principio venga stabilito nella nostra Costituzione e che il Regolamento lo riconfermi e lo sviluppi perché è uno scandalo che alcuni parlamentari concepiscano la loro funzione unicamente per vantaggio, decoro e utile personali propri, od almeno, col loro contegno, lascino credere che questa è la ragione per la quale hanno richiesto e mantengono il mandato parlamentare. E non è giusto che da qualche collega si consideri la Camera o il Senato come una specie di «club», al quale si va, anziché a giocare a bridge o a dama, ad alzare la mano per votare, senza neanche essere al corrente dei lavori precedenti, tanto più che la Camera futura e il Senato futuro, che dovranno compiere un lungo lavoro di controllo e un pesante lavoro legislativo, specialmente nelle Commissioni, avranno necessità che le Commissioni non vadano deserte, come avviene purtroppo sovente anche per le sedute di alcune Commissioni di questa stessa nostra Costituente.

Pertanto, mi sembra che sia legittimo che la rappresentanza costituzionale del Paese, che noi, cioè, che siamo la Nazione che legifera, inseriamo nella Costituzione questo imperativo, che non è un impedimento o una limitazione che vengano posti all'esercizio del mandato parlamentare, dal momento che è la stessa rappresentanza della Nazione — cioè noi — a porre questo dovere; dovere che risponde, in fin dei conti, anche alla serietà sociale e al fatto che ormai deputati e senatori sono, se non pagati, indennizzati, e quindi sono compensati del tempo che dedicano ai lavori parlamentari.

Mi pare giusto che, mentre gli umili operai ed impiegati, andando al lavoro, devono persino far notare, secondo la prassi moderna, sulla carta che contrassegna la loro presenza, l'ora del loro ingresso, il deputato e il senatore non trascurino negligentemente e sistematicamente i lavori parlamentari, pena la decadenza. Tanto più che vi è la possibilità, col sistema attuale elettorale, di far succedere a colui contro il quale è pronunciata la decadenza, il candidato che viene immediatamente dopo nella lista. Ritengo, quindi, che questo principio debba essere affermato nella Costituzione italiana.

Stampacchia. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Su che cosa?

Stampacchia. Sugli emendamenti presentati ed anche sulla proposta Clerici e sul terzo capoverso dell'articolo 61.

Presidente Terracini. Dica pure, onorevole Stampacchia, tenendo però presente che discussioni generali sugli articoli non ne abbiamo fatte mai, per espressa deliberazione dell'Assemblea.

Stampacchia. Osservo, fermandomi preliminarmente sul terzo capoverso dell'articolo 61, che quanto esso disciplina costituisce materia regolamentare. Se noi fissiamo nella Costituzione tale disposizione — specialmente nella progettata forma assai cruda ed anche semplice — si potrà verificare che chiunque, anche i terzi estranei all'Assemblea, potranno ricorrere a quel qualsiasi organo cui sarà demandato di tutelare la Costituzione, ed impugnare le deliberazioni dell'Assemblea legislativa deducendo che nella deliberazione mancò il numero legale. E passo innanzi, perché credo che la cosa è così intuitiva che non ha bisogno di ulteriore svolgimento.

Per quanto riguarda i membri del Governo, di cui si parla al quarto capoverso, osservo che qui s'introduce un sistema già abbandonato dopo il 2 giugno 1946 — e che solo recentemente lo si è fatto rivivere — e cioè che gli estranei al Parlamento, o ad uno dei suoi rami, possano far parte del Governo. Quando ciò accadeva, vi era il correttivo, possibile solo con lo Statuto Albertino, della nomina a senatori di codesti estranei.

Pertanto, io riterrei, in questa materia, che sarebbe disposizione di carattere veramente democratico stabilire in modo esplicito che i membri del Governo non possano essere scelti se non tra gli eletti del popolo. E quindi ritengo che, ad evitare che la questione sia oggi definitivamente pregiudicata, si debba votare contro l'inciso del capoverso il quale ammette esplicitamente che i membri del Governo possono non far parte delle Camere.

Per quanto attiene all'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Clerici si permetta a me — che ho coscienza di essere tra i più assidui perché sempre presente ai lavori di questa Assemblea — di osservare che i deputati e i senatori eletti dal corpo elettorale devono dar conto della loro attività soltanto al corpo elettorale che li ha mandati ad uno dei due rami del Parlamento; diversamente si corre il rischio che un colpo di maggioranza possa ingiustamente colpire alcuno o alcuni che si assentano dall'Assemblea. L'assenza può qualche volta assumere particolare significato politico e non essere indice di noncuranza, di negligenza, di disinteresse ai lavori parlamentari. In proposito voglio ricordare che, dopo il delitto Matteotti, un cospicuo numero di deputati — e non soltanto di questi settori di sinistra — ritennero, come atto di solenne protesta, di doversi assentare dal Parlamento per non partecipare ulteriormente ai lavori di quella Camera veramente indegna; e si ritirarono, come allora si disse, sull'Aventino. Atto adunque fu quello squisitamente politico. Ebbene, che cosa fece allora il fascismo? Trasse motivo dall'assenza per dichiarare decaduti quei deputati.

Concludendo: l'assenza può avere significazione politica; onde è necessario sia fermo che della loro attività i membri del Parlamento debbono rispondere soltanto di fronte ai propri elettori e che le Assemblee non hanno diritto di rivedere, di controllare comunque, quell'attività. (Applausi a sinistra).

Tonello. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Tonello. Alcune parole voglio aggiungere su quanto hanno detto l'onorevole Clerici e l'onorevole Stampacchia.

Che sia deplorevole che vi siano colleghi che non compiono il loro dovere, siamo d'accordo. Io, che ho l'abitudine di assistere a tutte le sedute del Parlamento, molte volte ho provato un senso di disgusto per questa assenza di colleghi in tutti i banchi. Ma, fra constatare questo e derivarne provvedimenti quasi disciplinari, c'è una bella distanza.

Convengo sulla sconvenienza di un uomo che, investito di un mandato dai propri elettori, se ne infischia del mandato, fa i propri interessi e trascura i doveri parlamentari in modo biasimevole; e sono d'accordo che gli elettori faranno molto bene a ricordarsi di questa trascuratezza abituale del deputato.

Ma soprattutto, secondo me, dovrebbero agire i partiti. Viviamo in tempo di partiti. I partiti hanno l'obbligo anche di vigilare sull'attività dei propri aderenti e obbligarli ad essere presenti.

Io so che anche il mio partito, quando ha avuto bisogno di avere presenti i compagni, ha mandato dei telegrammi, ha mandato delle sollecitazioni ed altrettanto avranno fatto gli altri partiti. Il deputato, quando riceve una sollecitazione dal partito, deve pensare che questa sollecitazione non risponde al capriccio di un segretario qualunque del partito, ma all'interesse degli elettori.

Quindi, io proporrei che non si mettesse nella Costituzione questa minaccia, diciamo procedurale, contro il deputato assente, tanto più che vi può essere il caso di un deputato il quale sia più utile fuori del Parlamento che sui banchi del Parlamento stesso. In un momento di eccitazione politica, quando qualche cosa interessa le masse dei lavoratori ed esse richiedono il loro deputato sul posto, non è allora giusto che un deputato, il quale corra sui campi dello sciopero o sui campi dell'agitazione per cercare di comporre delle divergenze e cerchi insomma di fare il proprio dovere fuori dai banchi di Montecitorio, sia poi chiamato all'ordine perché non ha assistito alle sedute.

Non tutti quelli che sono assenti da qui lo sono per trascuratezza. Molti hanno degli impegni, tanto più che questi impegni erano necessari per tirare avanti. Adesso con l'aumento dell'indennità parlamentare a molti si è data la possibilità di vivere, ma prima molti colleghi avevano bisogno, per poter vivere, di svolgere la loro professione. Quindi, che sia soltanto sancito questo obbligo morale che ciascun deputato deve sentire. Questo perché sarebbe troppo ripugnante che oltre ad essere chiamati all'ordine dai nostri elettori, dovessimo essere chiamati all'ordine anche dal Parlamento.

Presidente Terracini. L'onorevole Conti ha presentato il seguente emendamento:

«Aggiungere, in fine, il seguente comma:

«Per le sedute dell'Assemblea Nazionale si applica il regolamento della Camera dei deputati».

Poiché si riferisce all'Assemblea Nazionale, verrà posto in discussione al momento in cui esamineremo quel problema generale.

Uberti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Uberti. Non sono d'accordo con il mio collega, onorevole Clerici, perché ritengo che il mandato parlamentare debba risiedere essenzialmente nella coscienza del rappresentante stesso, in quanto vi possono essere varie forme di esprimere il mandato parlamentare e vi può essere un determinato momento in cui anche l'assenza dall'Assemblea può assumere un valore politico, come l'assunse nel 1924.

Per questi motivi dichiaro che sono contrario all'emendamento ed anzi pregherei l'onorevole Clerici di non insistere. (Applausi).

Priolo. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Priolo. L'inciso, che l'onorevole Clerici vuole inserire, è inopportuno ed anche, me lo consenta il collega, offensivo; i deputati hanno fatto sempre il loro dovere e continueranno a farlo.

Poiché la nostra Costituzione varrà per le future assemblee legislative debbo fare presente, in nome anche della mia modesta esperienza, che esse non avranno il ritmo ininterrotto ed intenso della Costituente, assemblea sui generis, che ha tenuto e dovrà tenere in avvenire sedute continue, onde assolutamente concludere i suoi lavori entro il 31 dicembre prossimo.

Se in alcuni giorni, pochi invero, si notarono assenze di deputati, ciò si deve onestamente spiegare con le giuste necessità dei medesimi di trasferirsi in provincia per ragioni politiche apprezzabili o talvolta per impellenti motivi privati. Non avverrà così con le assemblee legislative normali, il cui ritmo di lavoro è diverso, intervallato da periodi di vacanza e che darà modo ai deputati di conciliare i doveri della carica con le altre esigenze. Io ricordo che nelle assemblee normali solo il lunedì, seduta di interrogazioni, si notava un certo assenteismo, cosa che non avveniva negli altri giorni.

Tutto ciò dico in aggiunta a quanto ha saggiamente osservato il collega onorevole Uberti e che perfettamente condivido.

Dichiaro perciò a nome del mio Gruppo che, ove non venga ritirato, voteremo contro l'inciso proposto dall'onorevole Clerici. (Applausi).

Presidente Terracini. Chiedo all'onorevole Ruini di esprimere il parere della Commissione sugli emendamenti.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. L'articolo 61, al primo comma, non ha nessuna proposta di emendamento. Resterà sempre da togliere «e l'Assemblea Nazionale» perché è materia rinviata.

Nel secondo comma abbiamo un emendamento dell'onorevole Colitto, al quale non piacciono le parole «in Comitato segreto». Non c'era nessun intento recondito nel mettere «Comitato»: che è parola classica nel diritto costituzionale e nelle Costituzioni. Ad ogni modo non accetterei la formula che egli propone «senza la presenza del pubblico». Se vogliamo mettere «in seduta segreta» invece di «Comitato segreto», non c'è niente di male. Fugheremo le tenebrose impressioni dell'onorevole Colitto.

Veniamo al terzo comma in cui gli emendamenti sono più numerosi. Bisognerà anche qui togliere «e dell'Assemblea», perché è materia rinviata. Che cosa ha voluto fare la Commissione nel terzo comma dell'articolo 61? Ha seguito questi criteri: che bisogna rinviare per quello che è possibile al regolamento delle Camere, per alleggerire il più possibile il testo della Costituzione, ma che è opportuno stabilire in questa alcuni principî essenziali che sanciscono garanzie costituzionali e danno la sicurezza del funzionamento dell'Assemblea. E allora, che cosa ha stabilito? Due principî: che le sedute non sono valide se non è presente la maggioranza dei deputati; e che le deliberazioni non sono valide se non sono approvate dalla maggioranza dei presenti. Ecco due principî lineari che si completano e che, anche per una certa ragione estetica, stanno bene insieme. Si è aggiunto che i casi in cui occorrano maggioranze qualificate, sono previsti dalla Costituzione. Mi pare che sia un sistema che possa reggere.

L'onorevole Colitto propone di sopprimere senz'altro ogni disposizione. Mi oppongo, perché vi devono essere criteri di garanzia costituzionale per cui una Camera non possa tener sedute con tre o quattro presenti soltanto, né deliberare senza che vi sia una vera maggioranza di presenti.

L'onorevole Mortati propone alcune modifiche, che sono più che altro di forma, molto sottili, ed io lo prego di non insistere perché adottandole potrebbe sorgere qualche dubbio. Intanto egli rinvia la questione della presenza necessaria della metà dei deputati al Regolamento, dicendo che il Regolamento farà quello che vorrà. Non mi pare opportuno. Questa norma deve essere un criterio da mettere qui; anche per andare incontro all'esigenza da cui parte l'onorevole Clerici, che vi deve essere una effettiva serietà nei lavori delle Camere. Non comprendo perché l'onorevole Mortati rinvii uno dei punti, la validità delle sedute, e metta qui la validità delle deliberazioni, ma con espressione poco felice, perché la deroga sembra che sia per essere in meno, non in più.

Prego l'onorevole Mortati di ritirare il suo emendamento, di fronte alla disposizione più lineare ed insieme più opportuna e corretta, che il Comitato mantiene.

All'ultimo comma che riguarda i membri del Governo è stabilito che essi, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto e, se richiesti, obbligo di assistere alle sedute. Disposizioni di questo genere sono contenute in molte Costituzioni; e riguardano due punti: che i membri del Governo che appartengono ad una Camera, possono partecipare anche ai lavori dell'altra (naturalmente senza voto); e che i membri del Governo, che non appartengono a nessuna Camera, possono (sempre senza voto) partecipare ai lavori di tutte due.

Debbo anzitutto una rettifica all'onorevole Stampacchia. Non possiamo stabilire che il Governo debba essere costituito soltanto di membri del Parlamento. Vi possono essere dei casi in cui sia necessario che partecipino al Governo elementi che non fan parte del Parlamento; sarà un caso estremamente eccezionale; ma non è escluso nella prassi più rigorosamente democratica; chi giudica ed ammette è in definitiva il Parlamento, che deve dare o no la fiducia; sarebbe errore escludere costituzionalmente tale possibilità.

L'onorevole Mortati propone di sopprimere l'intero comma, osservando che la disposizione si addiceva agli statuti di vecchio tipo, in cui non era ben affermato il regime parlamentare. Riconosco anch'io ed aggiungo che storicamente regime parlamentare vuol dire anche regime di gabinetto; e presuppone la fiducia del Parlamento nel Governo; così che chiunque fa parte del Governo deve poter partecipare e rispondere nelle sedute al Parlamento. Anche se non è scritto nella Costituzione, ciò può considerarsi acquisito alla nostra prassi costituzionale; e possono bastare norme di regolamento. Crederei meglio mettere qualcosa nel nostro testo; ma poiché non si tratta di necessità, ma di opportunità, il Comitato non solleva formale difficoltà acché il comma sia soppresso.

Veniamo alla proposta aggiuntiva Clerici.

Dichiaro, anzitutto, di riconoscere ed apprezzare la giusta esigenza da cui egli muove. Desidero però sottoporre alla sua mente così chiara, questi tre punti: primo, la sua disposizione non esiste in nessuna Costituzione; secondo, il vero giudice del suo rappresentante è il corpo elettorale; terzo, il più grave: è stato osservato dall'onorevole Liberti, che si potrebbe dare l'adito ad abusi; perché, in fondo, l'Aventino fu stroncato, ed ebbe luogo la famosa mozione di espulsione dalla Camera, perché si disse che gli aventiniani non adempivano al loro mandato di intervenire alle sedute. In mano ad una maggioranza faziosa la formulazione Clerici potrebbe essere pericolosa. Prego l'onorevole Clerici di non insistere sul suo articolo aggiuntivo. Si potrà, col Regolamento delle Camere, colpire in altro modo i deputati assenti, con denuncia in piena Camera ed al pubblico, con soppressione dell'intera indennità, dei biglietti di circolazione o in altri modi, senza arrivare alla decadenza.

Presidente Terracini. Domando ai presentatori degli emendamenti se, dopo aver udite le dichiarazioni dell'onorevole Ruini, mantengono i loro emendamenti. Onorevole Colitto?

Colitto. Riguardo al primo emendamento, aderisco alla formula proposta dall'onorevole Ruini: «in seduta segreta».

Non insisto nel secondo emendamento.

Il terzo mio emendamento non ha più ragione d'essere, avendo la Commissione accolto la proposta Mortati di sopprimere il quarto comma.

Presidente Terracini. E lei onorevole Mortati?

Mortati. Aderisco al cortese invito dell'onorevole Ruini per quanto riguarda il primo emendamento.

Presidente Terracini. Onorevole Clerici?

Clerici. Facendo omaggio all'ultimo argomento espresso dall'onorevole Ruini, argomento che si riallaccia a quanto detto dall'onorevole Uberti, e pur restando dell'opinione personale che il Regolamento potrà ovviare ai colpi di maggioranza, tuttavia, siccome la libertà del deputato è cosa così sacra, che bisogna cercare di impedire ogni pericolo di qualsiasi attentato ad essa, ritiro il mio emendamento.

Presidente Terracini. Pongo in votazione il primo comma dell'articolo 61, tolte le parole «Assemblea nazionale»:

«Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento con maggioranza assoluta dei propri membri».

(È approvato).

Pongo in votazione il secondo comma, nella formula che risulta dalla proposta dell'onorevole Colitto, modificata dall'onorevole Ruini:

«Le sedute sono pubbliche. Tuttavia le Camere possono deliberare di riunirsi in seduta segreta».

(È approvato).

Passiamo al terzo comma:

«Le deliberazioni delle Camere non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro membri e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale».

Poiché tanto l'emendamento Mortati, quanto la proposta soppressiva dell'onorevole Colitto sono state ritirate, pongo in votazione il testo della Commissione.

(È approvato).

Rimane l'ultimo comma: «I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto e, se richiesti, obbligo di assistere alle sedute. Debbono essere intesi ogni volta che lo richiedano».

L'onorevole Mortati ha proposto che fosse soppresso, e l'onorevole Ruini ha aderito.

Lucifero. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lucifero. Su questa soppressione dell'ultimo comma io faccio presente che, chi non è membro delle Camere non può entrare nelle Camere. Infatti anche quando un Senatore era nominato Ministro, riceveva l'autorizzazione, in qualità di Ministro, a presenziare alle sedute della Camera dei deputati. In Inghilterra non è ammessa nemmeno questa eccezione.

Una norma che autorizzi coloro i quali non sono membri delle Camere, ma del Governo, a poter partecipare alle sedute dalle Camere in questa loro qualità, ritengo che si debba conservare.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Come ho già detto, io considero che la disposizione del comma sia già compresa nello spirito e nella prassi costituzionale italiana; che nulla vieta sia diversa da quella inglese; non occorre un articolo di Costituzione: basta il Regolamento e la consuetudine a stabilire che un Ministro membro di una sola Camera, o di nessuna, partecipi ai lavori parlamentari.

Tonello. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Tonello. Vorrei che fosse aggiunto questo: che, quando si tratta di un voto di fiducia o sfiducia al Governo, i membri del Governo si debbano astenere. (Commenti).

Presidente Terracini. Onorevole Tonello, metta per iscritto la sua proposta: non si può presentare un emendamento esprimendo una propria idea in forma verbale.

Lucifero. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lucifero. Faccio noto che il fatto di poter partecipare e non presenziare soltanto alle sedute del Parlamento, deriva da un diritto conferito dagli elettori a determinati cittadini. Chi non ha ricevuto dagli elettori questo diritto non può discutere nell'Aula di nessun ramo. Bisogna stabilire quindi, come si è sempre fatto, questa norma: che i membri del Governo possano partecipare, senza diritto di voto, alle sedute delle Camere; che i membri di una Camera, che siano membri del Governo possano, senza diritto di voto, assistere alle sedute dell'altra Camera. Io insisto perché questo concetto sia mantenuto nella Costituzione, perché per me è un concetto costituzionale.

Costantini. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Costantini. Onorevole Presidente, l'ultimo comma, del quale ora stiamo discutendo, stabilisce che «i membri del Governo hanno diritto e, se richiesti, obbligo di assistere alle sedute». Ora la domanda che in me viene spontanea, sebbene sia sorta con ritardo, è questa: richiesti da chi?

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Dal Parlamento!

Costantini. Non si tratterà di una petizione formale di tutta l'Assemblea legislativa!

Presidente Terracini. Onorevole Costantini, se ha qualche proposta concreta, la faccia nella forma dovuta.

Costantini. Io vorrei precisare: «se richiesti dall'ufficio di presidenza». (Commenti).

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Rispondo innanzi tutto all'onorevole Costantini che la formula «se richiesti» mi pare la più adatta, perché lascia un certo criterio elastico. Se nella Camera si manifesta, da qualche parte, la richiesta che un membro del Governo partecipi per una ragione determinata ad una seduta, e la Camera non si oppone, questa è già una richiesta, alla quale deve ottemperare, senza bisogno di una deliberazione formale della Camera stessa o del suo ufficio di Presidenza.

In quanto poi all'onorevole Lucifero, io ripeto, per la terza volta, che il Comitato non ritiene indispensabile che sia collocata nella Costituzione la materia di cui si discute. Si tratta di un giudizio di opportunità. Ma, appunto per questo, se vi sono qui nell'Assemblea colleghi che credono opportuno l'inserimento — e se alcuni, come l'onorevole Lucifero, credono addirittura che sia necessario —, il Comitato non ha ragione di opporsi a ciò che è ripristino della originaria formula della Commissione, la quale — ripeto ancora e sempre — dovrà nella sua sostanza aver vigore in ogni caso, in forza di un articolo della Costituzione, del Regolamento delle Camere o del costume.

Buffoni. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Buffoni. Io penso che sia più conveniente mantenere questa disposizione, per gli argomenti esposti dall'onorevole Lucifero.

Presidente Terracini. Siccome vi sono alcuni membri dell'Assemblea che non aderiscono alla conclusione iniziale cui era giunto il Comitato dei diciotto, metterò in votazione anche l'ultimo comma: «I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto, e se richiesti l'obbligo, di assistere alle sedute».

Uberti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Uberti. Vorrei sapere se la Commissione accetta.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Per la quarta volta dichiaro che il Comitato non si opponeva alla soppressone proposta dall'onorevole Mortati, anche per evitare altre discussioni — io ho sempre presente la necessità di non perdere tempo —; ma se vi è chi insiste per mantenere il testo originario della Commissione, aderisco acché questo sia mantenuto.

Lussu. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lussu. Il Presidente della Commissione è estremamente debole nel difendere alcuni principî accettati. Perché deve rimettersi all'Assemblea a causa di qualche dubbio sorto? Non deve rimettersi affatto. Questi dubbi non hanno ragione di essere. Noi siamo in materia di vita costituzionale e sappiamo perfettamente che la vita costituzionale non è solo regolata dal diritto scritto, ma anche dalla consuetudine. Le preoccupazioni, per esempio, dell'onorevole Lucifero, non hanno alcun valore per noi, perché nella vita costituzionale italiana, nelle due Camere potevano entrare anche i non appartenenti ad esse, se erano Ministri.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Per verità, c'era lo Statuto.

Lussu. Non ha importanza. Ciò è entrato nella nostra tradizione, ed anche qui Ministri e Sottosegretari sono entrati nell'Aula.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. L'onorevole Lussu, che faceva parte della Commissione, poteva benissimo opporsi ab initio alla disposizione che era stata introdotta nel testo della Commissione anche col suo assenso. Se è debolezza mutar opinione, egli è il più debole di tutti. Io non ho mutato opinione. L'onorevole Lussu che del resto ha tante volte combattuto il Comitato, perché sosteneva il testo presentato, si sbaglia se vede una mia debolezza, quando cerco di tener conto di ragionevoli proposte di emendamento. È piuttosto debolezza, onorevole Lussu, incaponirsi, e lei ne sa qualche cosa, in piccole e legnose questioni formali. Io compio il mio dovere, cercando di abbreviare la discussione e di far più presto che si può. Per questo cedo di fronte a proposte di piccola o nulla importanza. È irrilevante costituzionalmente — lo ripeto non so per quale ennesima volta — che questo comma vi sia o no nella Costituzione, ma, se una parte dell'Assemblea vuol metterlo, tornare al testo originario, dobbiamo mantenerlo.

Laconi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Laconi. Vorrei far notare che in questa disposizione è introdotto di straforo il principio che i membri del Governo possono non appartenere alle Camere. Io non vorrei che la votazione riuscisse così confusa, che la Assemblea non avvertisse l'importanza di ciò che vota. Penso che sarebbe opportuno votare per divisione, in modo che da prima si affermasse se possono essere membri del Governo persone non facenti parte delle Camere, e poi se hanno diritto all'ingresso alla Camera.

Mortati. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Mortati. C'è una mia proposta subordinata nel senso che, non accettando l'emendamento soppressivo, si aggiunga anche la menzione dell'obbligo o diritto di partecipare alle Commissioni da parte dei Ministri e membri del Governo. Mi pare che se si mantiene l'inciso (che secondo me non ha ragione di essere mantenuto) bisognerebbe specificare ogni cosa, per dirimere dubbi circa la possibilità di intervento dei membri del Governo nelle Commissioni, dubbi sorti anche in passato su questo punto.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Desidero e chiedo che non si massimalizzino questioni di scarsa importanza.

I colleghi dovrebbero tener conto che la Commissione ha studiato per un anno il progetto; e non presentare emendamenti minimi, che fanno perdere tempo. L'onorevole Mortati, ad esempio, propone di aggiungere che i Ministri, che non sono membri d'una Camera, possono partecipare alle sedute di Commissioni di cui non si è parlato ancora fin qui nel progetto. Ma c'è proprio bisogno di dirlo? «Sedute» non comprende tutto? Certe sottigliezze non precisano, ma sciupano la linea semplice e costituzionale, che deve avere la Costituzione.

Presidente Terracini. Passiamo alla votazione dell'ultimo comma: «I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto e, se richiesti, obbligo di assistere alle sedute. Debbono essere intesi ogni volta che lo richiedano».

L'onorevole Laconi ha chiesto la votazione per divisione.

Laconi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Laconi. Io rinunzio, ma è importante che risulti chiaro che si introduce in sede costituzionale questo principio: che i membri del Governo possono non essere membri del Parlamento. Io non voglio parlare contro questa possibilità, ma altra cosa è ammetterla di fatto, altra cosa è prevederla in un esplicito articolo di Costituzione.

Presidente Terracini. L'onorevole Stampacchia ha presentato il seguente emendamento, che ha già svolto:

«Sopprimere l'inciso: anche se non fanno parte delle Camere».

Gli onorevoli Costantini, Nobile, Tonello, Stampacchia, Tega, Nobili Tito Oro hanno proposto il seguente emendamento:

«I membri del Governo hanno diritto e dovere di assistere alle sedute».

(Commenti al centro).

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Non ha senso. Come possono allora fare i Ministri?

Presidente Terracini. Voteremo dunque per divisione, necessariamente, date le molte proposte di emendamenti.

Pongo in votazione la prima parte del comma:

«I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere».

Lucifero. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lucifero. Un solo chiarimento. Faccio notare che il non votare «anche se non fanno parte della Camera» può creare difficoltà di diverso ordine, oltre che abbandonare completamente una tradizione non solo italiana, ma di quasi tutto il mondo.

Prima di tutto, renderebbe impossibile servirsi, in circostanze eccezionali, di particolari competenze al Governo, o, almeno, metterebbe nella impossibilità che esse possano riferire alla Camera. Ad esempio, potrebbe succedere che, in caso di guerra, si prenda un generale e lo si faccia Ministro della guerra, ma lo si metterebbe nella impossibilità di riferire alle Camere, di rispondere alle interpellanze e di mantenere i contatti fra Governo e Parlamento.

D'altra parte, si creerebbe la situazione che c'è in Inghilterra, cioè che il Ministro senatore non potrebbe intervenire alle sedute delle Camera dei deputati e che il Ministro deputato non potrebbe intervenire alle sedute del Senato. Ho desiderato illustrare questa situazione, come, del resto, ha fatto anche l'onorevole Laconi.

Presidente Terracini. L'onorevole Laconi aveva premesso che chiariva, e non ha fatto alcuna opera di convinzione per sostenere l'una o l'altra tesi. D'altra parte, non ritengo che siano necessarie tante illustrazioni, perché ho l'impressione che la maggioranza della Camera sia già orientata.

Pongo in votazione le seguenti parole:

«I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere».

(Sono approvate).

Pongo in votazione le parole:

«hanno diritto».

(Sono approvate).

Passiamo alla votazione delle parole proposte dall'onorevole Costantini:

«e dovere».

Lucifero. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lucifero. Vorrei richiamare l'attenzione dell'onorevole Costantini sulle conseguenze pratiche di questa aggiunta: se mancherà un membro del Governo, a richiesta di un deputato si dovrà sospendere la seduta? Votando una disposizione di questo genere mettiamo il Governo in condizione di far funzionare la Camera quando fa ad esso comodo. (Approvazioni al centro).

Un deputato qualsiasi chiede la presenza del Ministro dei lavori pubblici e si sospende la seduta in attesa del Ministro. Molto comodo per il Governo, ed io mi oppongo.

Costantini. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Costantini. Osservo all'onorevole Lucifero che nella formulazione della Commissione può proprio avvenire quanto egli deplora nell'emendamento, che io ho proposto appunto per ovviare a tale inconveniente.

Nel testo della Commissione è scritto che i membri del Governo hanno l'obbligo di intervenire, se richiesti.

Prima ho formulato una precisa domanda: richiesti da chi? Mi è stato risposto: dal Parlamento.

Dai membri del Parlamento o dal Parlamento, corpo collegiale? Allora, il quesito che pongo è il seguente: se nel testo costituzionale noi non mettiamo chi ha il diritto di richiedere la presenza di un membro del Governo, avverrà che qualunque deputato potrà chiedere ad un signor Ministro di intervenire ad una seduta. Con quali conseguenze, allora, onorevole Lucifero, se non proprio quelle che lei deplora? Tanto più che il testo costituzionale, di fronte alla mia proposta che parla di «dovere», dice «obbligo». E l'obbligo è più del dovere, perché lascia supporre anche un atto coercitivo, onde averne l'adempimento.

Allora, proprio per ovviare all'inconveniente accennato dall'onorevole Lucifero, ho creduto di proporre il mio emendamento.

Naturalmente, il dovere verrà esercitato quando il signor Ministro riterrà che sia di effettivo interesse partecipare alle sedute della Camera.

Questo è lo spirito che ha informato il mio emendamento.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Desidero fare alcune osservazioni semplicissime e molto pratiche. Se noi stabiliamo il dovere dei Ministri di assistere alle sedute, senz'altro, si deve logicamente intendere: a tutte le sedute. Ma un Ministro che ha tante cose da fare, come potrebbe assistere ora, per esempio, a tutti i nostri lavori di costituenti, mattina e sera? È meglio dire che devono assistere, se ne sono richiesti.

Sono stati espressi dubbi anche dall'onorevole Lucifero. Ma in che mondo viviamo? Se la richiesta non è seria, è evidente che si alzeranno gli altri deputati e si pronunceranno contro. Il pericolo che i Ministri possono, assentandosi dalle sedute, fare ostruzionismo al lavoro parlamentare è semplicemente fantastico. Né occorre formale ordinanza o decreto di Camera o di Presidenza per condurre nell'Aula, manu armata, i Ministri.

Nitti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Nitti. Senza mancare di riguardo all'Assemblea, debbo confessare che mi pare che noi stiamo facendo una discussione sterile.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Verissimo.

Nitti. Questa non è materia di costituzione, è materia di regolamento.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Io l'avevo detto.

Nitti. Qual è la situazione dei Ministri? In Inghilterra essi non possono intervenire alle sedute se non sono membri della Camera; in America, i Ministri non sono che segretari del Presidente.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. In America non c'è il regime parlamentare.

Nitti. In Francia, com'era da noi, intervenivano in tutti e due i rami del Parlamento. E i Sottosegretari, che furono una tardiva invenzione di Crispi, in principio non entrarono: poi entrarono.

Ora, cosa significa dovere? È la solidarietà del Ministero; un Ministro può anche rispondere per altri Ministri; può rispondere per tutte le questioni che riguardano il Gabinetto: lo fate voi stessi. E allora perché tacciamo tutte queste questioni? Lasciamo questa materia ai regolamenti. Noi facciamo una Costituzione, non facciamo un regolamento: manteniamoci dunque in questa linea. (Applausi).

Presidente Terracini. Pongo in votazione l'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Costantini:

«e dovere».

(Non è approvato).

Pongo ora in votazione le parole:

«e, se richiesti, obbligo di assistere alle sedute».

(Sono approvate).

Abbiamo ora la proposta dell'onorevole Mortati di aggiungere; dopo la parola: «sedute» le altre: «nonché alle riunioni delle Commissioni, nei casi dell'articolo 69, terzo comma».

Mortati. La ritiro.

Presidente Terracini. Sta bene. Non è rimasta allora che un'ultima frase, l'ultima proposizione:

«Debbono essere intesi ogni volta che lo richiedano».

La pongo in votazione.

(È approvata).

Pertanto l'articolo 61 nel suo complesso risulta così approvato:

«Ciascuna Camera adotta un proprio regolamento a maggioranza assoluta dei propri membri.

«Le sedute sono pubbliche; tuttavia le Camere possono deliberare di riunirsi in seduta segreta.

«Le deliberazioni delle Camere non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro membri e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la costituzione non prescriva una maggioranza speciale.

«I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto e, se richiesti, l'obbligo di assistere alle sedute. Debbono essere intesi ogni volta che lo richiedano».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti