[19 settembre 1946, seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione.]

Il Presidente Terracini. [...] Avverte che le successive proposte si riferiscono alle immunità parlamentari. Si ha al riguardo una formulazione proposta dall'onorevole Conti e così concepita:

«I deputati, durante l'esercizio del mandato, non possono essere arrestati se non in flagranza di reato. Non possono essere arrestati neppure in esecuzione di sentenza di condanna, né possono essere sottoposti a procedimento penale senza autorizzazione della Camera».

Un'altra formula, suggerita dall'onorevole Mortati, è del seguente tenore:

«I deputati non possono essere sottoposti a procedimento penale, né essere privati della loro libertà personale, neanche in esecuzione di sentenza penale, senza l'autorizzazione della Camera. L'autorità, che abbia proceduto all'arresto di un deputato in caso di flagrante reato, deve darne senza alcun indugio comunicazione alla Presidenza della Camera che promuove l'immediata deliberazione dell'Assemblea».

Bulloni ravvisa l'opportunità di porre un limite alla possibilità di arresto del deputato durante l'esercizio del suo mandato, anche nel caso di flagranza di reato. Ci sono infatti reati di tenuissima importanza per i quali è consentito l'arresto nel caso di flagranza. Del pari gli sembra eccessivo l'arresto del deputato in flagranza di altri reati, per cui attualmente è obbligatoria l'emissione del mandato di cattura, come — ad esemplificazione — pel reato di lesioni gravi.

Per evitare simile inconveniente, si dovrebbe stabilire che l'arresto, in caso di flagranza, debba essere limitato ai soli reati di competenza della Corte d'assise.

Leone Giovanni trova eccessiva la innovazione disposta, negli articoli proposti dagli onorevoli Conti e Mortati, relativamente all'immunità anche nel caso di esecuzione di sentenza penale. È d'accordo, per quanto concerne l'arresto preventivo, che occorra l'autorizzazione a procedere, ma, nel caso di arresto per esecuzione di un giudicato penale, non dovrebbero essere posti limiti al diritto dello Stato di immediata esecuzione del giudicato stesso. E ciò anche perché ci si può trovare di fronte al caso limite di un deputato che venga confermato per una serie di legislature, nei cui confronti quindi non si potrebbe mai eseguire, senza l'autorizzazione della Camera, l'ordine di arresto in esecuzione di una condanna.

Gli articoli proposti dagli onorevoli Conti e Mortati mirano naturalmente ad impedire che un atto dell'autorità giudiziaria o di polizia possa essere ispirato da una valutazione o da un orientamento politico e avere lo scopo di rendere impossibile ad un deputato la libera esplicazione del suo mandato parlamentare. Tale criterio però non soccorre nei confronti dell'esecuzione di un giudicato, perché questo presuppone l'esistenza di un processo e l'emanazione di una sentenza passata in giudicato, tutti atti che debbono essere accompagnati da quel senso di indipendenza che è una delle caratteristiche peculiari della magistratura.

Osserva poi, riferendosi alla proposta dell'onorevole Bulloni, che forse non sarebbe male porre un limite alla possibilità di arresto del deputato in flagranza di reato e suggerisce di stabilire che il deputato non possa essere arrestato in flagranza se non per un reato per il quale sia obbligatorio il mandato di cattura.

Di Giovanni è favorevole ad un maggiore ampliamento delle immunità parlamentari. In considerazione di ciò aggiungerebbe alle ultime parole degli articoli proposti: «senza l'autorizzazione della Camera», le seguenti: «la quale pronuncerà anche sulla convalida o meno dell'arresto in caso di flagranza». Ritiene infatti che l'intervento della Camera sia necessario non soltanto per concedere l'autorizzazione a procedere e ad emettere un mandato di cattura, ma anche per convalidare l'arresto in flagranza.

Il Presidente Terracini fa presente che una disposizione del genere è contenuta nell'articolo proposto dall'onorevole Mortati.

Mortati, Relatore, avverte che nell'articolo da lui proposto ha omesso di proposito l'espressione: «durante la sessione», contenuta nello Statuto Albertino, considerando che il redattore di tale statuto evidentemente stimava che l'attività del deputato consistesse soltanto in quella che di solito egli esplica nel momento in cui i lavori parlamentari sono in corso. La sua opinione personale è, invece, che l'attività del deputato abbia una sfera più ampia e non si esaurisca in quella svolta nell'ambito dell'aula della Camera.

Dichiara poi che non può accogliere la proposta dell'onorevole Leone. Innanzi tutto: l'accertamento relativo alla natura del reato dovrebbe esser fatto dall'agente di pubblica sicurezza perché, se ci si rimettesse alla convalida del giudice, questa si avrebbe senza dubbio dopo quella fatta dalla Camera dei Deputati, dato che nell'articolo da lui proposto si prescrive l'immediato avviso alla Camera da parte della autorità e l'immediata deliberazione dell'Assemblea.

Leone Giovanni osserva che l'onorevole Di Giovanni ha sollevato un'altra questione, quella cioè della necessità o meno di stabilire che l'autorizzazione a procedere debba riferirsi non solo alla promozione dell'azione penale, ma anche alla libertà di esecuzione dell'arresto. Così, per esempio, recentemente nel caso dell'onorevole Gallo, il relatore Rubilli si è posto il problema se l'autorizzazione a procedere doveva intendersi implicitamente anche come autorizzazione alla libera esecuzione del mandato di cattura.

Desidera pertanto di richiamare l'attenzione della Sottocommissione sulla necessità di esaminare la questione se convenga parlare soltanto di autorizzazione a procedere o si debba specificare che l'autorizzazione stessa occorre in ambedue i casi accennati.

Circa la sua proposta e le obiezioni che ad essa sono state fatte dall'onorevole Mortati, ricorda che nella legislazione attuale, l'arresto in flagranza non è consentito per tutti i reati, ma solo in relazione alla possibilità di emettere il mandato di cattura. Esiste dunque già nella nostra legislazione il sistema di demandare, sia pure in maniera imperfetta ed imprecisa, all'autorità di polizia una prima valutazione dei reati al fine di accertare se per essi possa aver luogo l'arresto in flagranza.

Lussu ritiene che le garanzie delle immunità parlamentari debbano essere concesse non soltanto in periodo di sessione, ma in qualsiasi momento, fino alla scadenza del mandato parlamentare. Accedendo alla proposta di allargare il campo delle immunità, pensa che si potrebbe in parte raggiungere lo scopo, sostituendo alle parole «in flagranza di reato» le altre «in flagranza di delitto», perché sotto la denominazione di reati vengono comprese anche le contravvenzioni. Viceversa non crede si possa dare eccessivo peso alle osservazioni dell'onorevole Bulloni circa alcuni reati particolarmente lievi. L'essenziale è che il deputato non commetta nessun delitto; ma, se ne commette, deve ricadere sotto la legge comune e non godere di una situazione di privilegio.

Quanto all'affermazione che i deputati non debbono essere arrestati, neppure in esecuzione di sentenza di condanna, osserva che non comprende esattamente a quale sentenza di condanna si riferisca tale affermazione. Se si prevede il caso di un deputato condannato per una azione penale ed arrestato prima della sua elezione, bisogna tener presente che in tale caso interviene la Camera in sede di convalida: è essa che deciderà se il deputato dovrà essere immediatamente rimesso in libertà oppure no.

Di Giovanni, aderendo a quanto ha detto l'onorevole Leone, propone un emendamento all'articolo formulato dall'onorevole Conti: sostituire alle parole «non possono essere arrestati se non in flagranza di reato» le altre: «non possono essere arrestati se non in flagranza di delitto, per cui sia obbligatorio il mandato di cattura». Completa poi l'altro emendamento già da lui proposto, nel senso di aggiungere alle ultime parole dell'articolo stesso: «senza autorizzazione della Camera», le seguenti: «la quale pronuncerà anche sulla convalida o meno dell'arresto in flagranza e sulla autorizzazione al mandato di cattura».

Ritiene che con questi emendamenti i limiti della immunità parlamentare siano meglio delineati.

Bulloni ritiene che gli emendamenti proposti dall'onorevole Di Giovanni non siano sufficienti a garantire le immunità parlamentari, tenuto presente il fatto che vi sono dei reati per i quali è obbligatoria l'emissione del mandato di cattura, pure essendo reati di una entità non rilevante, sia dal punto di vista giuridico che da quello politico, e tali che per essi non sembra giustificata un'eccezione al principio generale della immunità parlamentare. Per questi casi ritiene che sia meglio escludere in maniera assoluta la possibilità di arresto di un deputato anche nel caso di flagranza. Insiste quindi nella proposta formale già fatta in questo senso.

Nobile dichiara che non è favorevole a un troppo largo ampliamento delle immunità parlamentari, perché i deputati non debbono essere incoraggiati a perdere il dominio di se stessi ed essere indotti così ad atti inconsulti: ogni deputato deve essere di esempio agli altri cittadini non solo nella sua condotta politica, ma anche negli atti della sua vita privata. Per tali considerazioni è contrario alla proposta fatta dall'onorevole Bulloni.

Perassi desidera fare una sola osservazione. Lo scopo dell'arresto in flagranza, infatti, può essere non soltanto quello di impadronirsi del colpevole, ma anche quello di impedire che la giustizia si compia contro di lui in altro modo. L'esclusione dell'arresto in flagranza potrebbe produrre l'effetto di esporre il deputato al pericolo di un linciaggio.

La Rocca ritiene che il principio della immunità parlamentare sia ispirato non già al criterio di creare una posizione di privilegio al deputato nei confronti delle supreme esigenze della giustizia, bensì a quello di garantirlo da una eventuale sopraffazione di carattere politico.

Dichiara quindi di essere favorevole alla concessione della immunità più piena: ciò non significa però che, qualora un deputato diventi un criminale, la giustizia nei suoi confronti non debba avere il suo corso. Ciò che a suo avviso occorre evitare è che in un periodo di lotte sociali, quali quelle che si svolgono presentemente, un deputato possa essere vittima di una provocazione. Infatti, se si adottasse il principio che in flagranza di reato il deputato possa essere arrestato, ogni deputato potrebbe diventare preda di un agente provocatore, a meno che non si voglia giungere alla limitazione proposta dall'onorevole Di Giovanni, che cioè un deputato non debba essere arrestato se non per i delitti per i quali sia obbligatorio il mandato di cattura. Ma a ben considerare, neanche l'aggiunta proposta dall'onorevole Di Giovanni è sufficiente allo scopo: di fatti può darsi sempre il caso che un deputato sia aggredito e che, per difendersi, compia un atto assai grave, di quelli per cui sia appunto obbligatorio il mandato di cattura. Per tali ragioni, a suo avviso, il giudizio dovrebbe essere sempre riservato all'organo competente della Camera, cioè alla Commissione per l'autorizzazione a procedere. In altre parole, l'arresto del deputato non dovrebbe essere possibile se non quando si avesse l'apposita autorizzazione dell'organo competente.

Mannironi è d'accordo sul concetto che debba essere assicurata l'immunità parlamentare nella forma più larga. Ritiene quindi che sia da escludersi la possibilità di arresto del deputato anche in flagranza di reato. Con questa immunità non si altera sostanzialmente l'ordine giuridico, perché anche se un deputato abbia commesso un reato per il quale è facoltativo o obbligatorio il mandato di cattura, la possibilità di perseguirlo in giudizio non è mai esclusa; sarà la camera che, con il suo organo competente, metterà in grado l'autorità giudiziaria di perseguire il colpevole, dopo aver valutato le condizioni di fatto riferite nella denuncia. Il fatto che il deputato sia in libertà fra il momento del reato e il momento in cui si decide della sua sorte da parte della Camera non importa alcun pericolo sociale né altera l'ordine giuridico.

È anche del parere che, di fronte ad un delitto, sia pure grave, commesso da un deputato, l'arresto non possa essere eseguito dall'autorità di pubblica sicurezza, ma debba essere reso possibile alla autorità giudiziaria dall'autorizzazione della Camera.

Non è infine d'accordo con l'idea dell'onorevole Leone di modificare la formula adottata dall'onorevole Conti, per la quale i deputati non possono essere arrestati neppure in esecuzione di sentenza di condanna. Vero che in caso di esecuzione di sentenza di condanna, tutte le fasi del giudizio si dovrebbero presumere esaurite, e che il giudicato dell'autorità giudiziaria deve essere rispettato anche in sede parlamentare: tuttavia gli pare che non sia male riservare alla Camera dei deputati il potere di decidere dell'arresto di un suo membro, anche in caso di esecuzione di sentenza di condanna. La Camera dei deputati non potrà mai intervenire per modificare il giudicato dell'autorità giudiziaria; ma interverrà, se mai, per fare sospendere l'esecuzione della condanna; e i motivi per i quali tale sospensione può essere accordata, come è noto, sono numerosi.

Alla formula proposta dall'onorevole Conti, là dove è detto:«Non possono essere sottoposti a procedimento penale» proporrebbe di aggiungere «né a perquisizione domiciliare», perché se ci si preoccupa della libertà personale del deputato, per la stessa ragione ci si dovrà preoccupare della inviolabilità del suo domicilio. Ricorda che nel passato gravi abusi furono commessi in proposito da parte delle autorità di pubblica sicurezza, e appunto per evitare che possano ancora verificarsi, crede opportuno proporre l'aggiunta anzidetta.

Fabbri dichiara che certamente non gli è ignota la differenza che passa fra contravvenzione e delitto; tuttavia non è molto favorevole alla proposta di sopprimere la formula tradizionale della «flagranza di reato». Se dovesse essere accolta l'altra, che i deputati non debbano essere arrestati nemmeno in flagranza di delitto, l'impressione che proverrebbe il popolo alla lettura di una simile norma, sarebbe pessima. Perciò si atterrebbe alla formula tradizionale, che cioè non possa essere arrestato un deputato se non in flagranza di reato.

In ogni modo, poiché si tratta di un testo che dovrà essere conosciuto dal popolo, non avrebbe difficoltà a dire «in flagranza di grave reato», espressione che certo non ha un valore tecnico, ma che meglio dell'altra può significare per l'uomo comune che il deputato non è sottratto all'arresto almeno per i fatti di una grave entità. Non è d'accordo sulla questione sollevata dall'onorevole Leone a proposito della esecuzione della sentenza di condanna, perché assai comune è il caso in cui è consentita, anche su richiesta dello stesso interessato, l'autorizzazione a procedere — ad esempio per un giudizio di diffamazione — e può intervenire una sentenza di lieve condanna. Ora, è inammissibile che, in esecuzione di una tale sentenza, possa aver luogo l'arresto.

Ravagnan ritiene che in un articolo della Costituzione non debbano essere introdotte disposizioni troppo dettagliate. Per la questione in esame basterebbe preoccuparsi soltanto di garantire il deputato dagli arresti arbitrari e dalle sopraffazioni politiche, concetto che potrebbe essere espresso in una norma così concepita: «Durante l'esercizio del mandato i deputati non possono essere sottoposti a procedimento penale senza autorizzazione della Camera».

Il Presidente Terracini riassume le questioni controverse che sono le seguenti:

1°) se l'immunità debba aver vigore per tutta la durata della legislatura o debba subire un'interruzione nell'intervallo fra le sessioni;

2°) se per l'arresto in esecuzione di sentenza penale si debba richiedere l'autorizzazione della Camera;

3°) delimitazione dei casi in cui la flagranza deve avere efficacia o meno per procedere all'arresto del deputato;

4°) proposta di estendere l'immunità anche al domicilio dell'imputato.

Relativamente alla prima questione, mette ai voti la proposta che l'immunità duri per tutto il tempo della legislatura e quindi anche nell'intervallo tra le sessioni.

(È approvata).

Osserva che circa la seconda questione, se cioè occorra l'autorizzazione della Camera anche per l'arresto derivante da esecuzione di sentenza penale, che si fa qui riferimento sia ad una sentenza penale pronunciata in base ad autorizzazione già concessa, che ad una sentenza penale pronunciata prima o dopo l'elezione per procedimento già in corso, per il quale non è stata necessaria l'autorizzazione a procedere.

Ricorda, a questo proposito, la formula proposta dall'onorevole Mortati, secondo la quale i deputati non possono essere privati della libertà personale neanche in esecuzione di sentenza penale senza l'autorizzazione della Camera; ed aggiunge che l'onorevole Di Giovanni ha presentato un emendamento che coincide con tale punto di vista.

Mette in votazione la proposta che i deputati non possano essere privati della loro libertà personale neanche in esecuzione di sentenza penale, senza l'autorizzazione della Camera.

(È approvata).

Domanda se, circa la terza questione, relativa alla delimitazione dei casi in cui la flagranza deve avere efficacia o meno per procedere all'arresto del deputato, debba essere o meno conservata la dizione proposta dall'onorevole Conti secondo la quale i deputati non possono essere arrestati se non in flagranza di reato, o se la facoltà dell'arresto debba essere ristretta in relazione alla gravità del reato e cioè se il deputato possa essere arrestato senz'altro o debba essere richiesta l'autorizzazione della Camera.

Ritiene consigliabile cominciare ad esaminare l'ultima ipotesi, come quella più lata.

Codacci Pisanelli propone la seguente formula: «I deputati, durante l'esercizio del mandato, non possono essere arrestati o sottoposti a perquisizioni personali o domiciliari, senza autorizzazione della Camera». Aggiunge che in questa formulazione non ha fatto cenno alla flagranza di reato per le ragioni già esposte dall'onorevole Fabbri.

Lami Starnuti propone il seguente articolo: «Durante l'esercizio del mandato i deputati non possono essere sottoposti a procedimento penale, né arrestati o mantenuti in arresto in esecuzione di condanna senza autorizzazione della Camera».

Il Presidente Terracini osserva che la proposta formulata dall'onorevole Codacci Pisanelli si potrebbe fondere con quella suggerita dall'onorevole Lami Starnuti, aggiungendo alla prima che i deputati «non possono essere sottoposti a procedimento penale», onde l'articolo in questione potrebbe essere così concepito: «I deputati, durante l'esercizio del mandato, non possono essere sottoposti a procedimento penale, arrestati o sottoposti a perquisizioni personali o domiciliari senza autorizzazione della Camera».

Lami Starnuti concorda.

Bulloni osserva che la perquisizione non è possibile se non c'è un procedimento penale.

Il Presidente Terracini obietta che sono numerosi i casi di perquisizioni effettuate anche senza procedimento penale in corso.

Mannironi desidera che sia chiarito se l'espressione «non possono essere sottoposti a procedimento penale» sia da intendere nel senso che di debba anche escludere la prosecuzione di un eventuale procedimento già iniziato.

Nobile propone che la votazione abbia luogo per divisione, poiché egli è favorevole ad alcune norme e contrario ad altre.

Il Presidente Terracini mette in votazione la seguente parte dell'articolo in esame:

«I deputati, durante l'esercizio del mandato, non possono essere sottoposti a procedimento penale»,

a cui ha aderito l'onorevole Ravagnan.

(È approvata).

Mortati, Relatore, domanda se non sia il caso di considerare anche i procedimenti disciplinari quando questi comportino l'arresto.

Il Presidente Terracini ritiene che si tratti di casi troppo limitati perché sia opportuno parlarne.

Mortati, Relatore, non insiste.

Il Presidente Terracini mette in votazione la seguente espressione:

«Non possono essere arrestati».

Si tratta di una formula generale che implica anche l'esclusione di ogni arresto in caso di flagranza, secondo la proposta fatta dall'onorevole Mannironi.

(Non è approvato).

Ricorda, che, a proposito della definizione del caso in cui la flagranza comporta la possibilità di arresto, sono state presentate alcune formulazioni. Una dell'onorevole Bulloni che considera i casi in cui si tratti di delitti di competenza della Corte d'assise; un'altra dell'onorevole Di Giovanni, per cui i deputati non possono essere arrestati se non in flagranza per delitti per i quali sia obbligatorio il mandato di cattura; una terza dell'onorevole Leone di contenuto pari alla precedente.

Lami Starnuti osserva che secondo le nostre leggi penali l'offesa per mezzo della stampa alla persona del Re era di competenza della Corte d'assise. Potrebbe ora diventare di competenza delle Assise l'offesa per mezzo della stampa della persona del Presidente della Repubblica. In questo caso la formula proposta dall'onorevole Bulloni consentirebbe l'arresto per un delitto tipicamente politico. Si domanda se ciò sia opportuno.

Mortati, Relatore, propone di mettere prima in votazione la formula più ampia, cioè quella concernente l'arresto solo in flagranza di delitto. Evidentemente se tale formula verrà approvata dalla Sottocommissione, tutte le altre proposte cadranno.

Il Presidente Terracini mette in votazione la proposta dell'onorevole Mortati.

(Non è approvata).

Mette ai voti la formulazione dell'articolo proposto dall'onorevole Di Giovanni ispirato dallo stesso concetto di quello proposto dall'onorevole Leone, secondo cui è ammesso l'arresto solo in caso di flagranza di delitto per il quale sia obbligatorio il mandato di cattura, restando inteso che qualora tale formulazione fosse approvata si renderebbe superflua la votazione della proposta dell'onorevole Bulloni.

Mannironi e Mortati dichiarano di astenersi dalla votazione.

(È approvato)[1].

Leone Giovanni richiama l'attenzione della Sottocommissione sull'opportunità di completare la formula approvata facendo precedere le parole «mandato i cattura» dalle altre «ordine o...». Infatti, secondo il nostro ordinamento processuale, si chiama ordine di cattura quello emesso dal pubblico ministero e mandato quello del giudice istruttore, nonostante che i due provvedimenti abbiano la medesima essenza.

Il Presidente Terracini ritiene, poiché nessuno muove obiezioni, che la precisazione possa essere accettata, salvo a formulare in un secondo momento l'articolo in maniera definitiva.

(Così rimane stabilito).

Avverte che resta ora da decidere l'ultima questione, se cioè anche per le perquisizioni, secondo la proposta dell'onorevole Mannironi, sia necessaria l'autorizzazione della Camera. A suo parere la garanzia è comprensibile nel caso di perquisizioni domiciliari e non in quello di perquisizioni personali, che potrebbero avvenire in istrada, in occasione di un furto, di un tumulto od altro, senza che possa attendersi l'autorizzazione della Camera. Si aggiunga che generalmente un agente che si accinga a perquisire un deputato rinuncia immediatamente al suo proposito non appena questi presenti i suoi documenti di riconoscimento.

Fabbri considera poco seria una norma che prescriva per le perquisizioni domiciliari l'autorizzazione della Camera, perché il deputato sospetto, venuto a conoscenza della cosa, farà scomparire ciò che potrebbe nuocergli.

Bulloni nota che una disposizione nel senso accennato sarebbe poco seria anche dal punto di vista giuridico, in quanto non si può eseguire una perquisizione domiciliare senza un procedimento penale.

Il Presidente Terracini obietta che ciò avviene in teoria, ma che in pratica le cose vanno ben diversamente.

Mortati, Relatore, fa presente che la prima Sottocommissione sta studiando alcune proposte di limitazione della possibilità di perquisizioni domiciliari di cui occorrerà tener conto.

Il Presidente Terracini assicura che ciò sarà fatto in sede di coordinamento e mette in votazione la proposta Mannironi contenuta nella formula

«né a perquisizione domiciliare».

(È approvata).

Fa presente che resta da esaminare la questione delle immunità da procedimento disciplinare. A tal proposito l'onorevole Mortati ha proposto la seguente formula: «I deputati non possono essere chiamati a rispondere in via giudiziaria o disciplinare dei voti o delle opinioni espressi nell'esercizio delle loro funzioni. Una responsabilità per le dichiarazioni formulate non può essere fatta valere se non dalla stessa Camera».

Leone Giovanni ritiene opportuno porre alcuni limiti al godimento delle immunità in questione. Occorrerebbe ad esempio considerare il caso delle offese personali.

Il Presidente Terracini chiarisce che nel caso accennato dall'onorevole Leone provvede il regolamento della Camera.

Leone Giovanni obietta che il cittadino offeso dal discorso di un deputato rimarrebbe senza difesa. Un qualche limite all'estensione delle immunità in esame potrebbe, ad esempio, essere costituito dalla aggiunta delle seguenti parole: «concernenti l'attività politica o parlamentare» alle parole «dei voti o delle opinioni espresse».

Il Presidente Terracini ritiene che con la formula proposta dall'onorevole Mortati la questione accennata dall'onorevole Leone possa considerarsi superata, in quanto in essa si parla di voti e di opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni di un deputato. Comunque, una precisazione non sarebbe inopportuna, ma personalmente desidererebbe che l'onorevole Leone trovasse una formula più felice per esprimere il suo pensiero.

Perassi osserva che forse potrebbe servire allo scopo l'aggiunta delle parole «nella Camera», dopo le altre: «dei voti o delle opinioni espresse».

Il Presidente Terracini obietta che è pacifico che la funzione del deputato, da un punto di vista legislativo, è quella che si svolge nella Camera.

Lussu non è favorevole alla proposta dell'onorevole Perassi né è d'accordo col Presidente. Un deputato è sempre nell'esercizio delle sue funzioni. Se, ad esempio, farà un'interrogazione scritta dalla sede del suo collegio, inoltrandola per posta ed eventualmente informandone anche la stampa, ed in tale interrogazione scriverà delle offese per qualche cittadino, quando fosse accettata la proposta dell'onorevole Perassi, quel deputato non potrebbe essere perseguito.

Il Presidente Terracini mette in votazione la prima parte dell'articolo proposto dall'onorevole Mortati e cioè sino alle parole: «nell'esercizio delle loro funzioni», restando inteso che tale articolo potrà essere completato con una precisazione del concetto accennato dall'onorevole Leone, sempre se per esso si troverà un'espressione adeguata.

(È approvata).

Mortati, Relatore, chiarisce che la seconda parte dell'articolo da lui proposto si riferisce alla responsabilità disciplinare nei confronti della Camera e si richiama a quanto è disposto dal Regolamento della Camera stessa.

Intesa in questo senso, la disposizione potrebbe ritenersi superflua, a meno che non si pensi che la Camera possa poi venirsi a trovare nella impossibilità di disciplinare la questione in esame nel suo Regolamento per l'assenza di una simile norma nella Costituzione.

Calamandrei rileva che, oltre alla responsabilità disciplinare o penale, si può avere anche una responsabilità civile derivante da una osservazione fatta da un deputato alla Camera. La diffamazione per mezzo di un discorso in Assemblea potrebbe, per esempio, produrre gravissimi danni ad un cittadino. Ora, con la formula proposta, gli sembra che tale responsabilità non possa farsi valere se non dalla stessa Camera.

Il Presidente Terracini ritiene che con l'espressione «in via giudiziaria» usata nella disposizione proposta dall'onorevole Mortati e testé approvata, si comprenda tanto la responsabilità penale quanto quella civile e la Sottocommissione, approvandola, abbia escluso la possibilità di una azione di risarcimento da parte di un cittadino per la responsabilità civile di un deputato.

Mortati condivide il parere del Presidente e pertanto rinuncia alla seconda parte del suo articolo.[2]


 

[1] Il testo votato e approvato non è stato verbalizzato; tuttavia dal resoconto dei testi approvati dalla Commissione che riporta manoscritta la data del 25.9.46 (Archivio Storico della Camera dei Deputati, unità archivistica ITCD.00200.00040.00006.00004.00003) risulta essere il seguente: «È ammesso l'arresto solo in flagranza di delitto per il quale sia obbligatorio l'ordine o il mandato di cattura».

[2] I testi approvati nella presente seduta non risultano chiaramente dal resoconto sommario. Stando a quanto riportato dal resoconto dei testi approvati di cui alla nota precedente, le formulazioni dovrebbero essere le seguenti:

«I Deputati, durante l'esercizio del mandato, non possono essere privati della loro libertà, né possono essere sottoposti a procedimento penale, neanche in esecuzione di sentenza penale, senza autorizzazione della Camera».

«I Deputati non possono essere chiamati a rispondere in via giudiziaria o disciplinare dei voti e delle opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni».

«È ammesso l'arresto solo in caso di flagranza di delitto per il quale sia obbligatorio l'ordine o il mandato di cattura».

Risultano inoltre approvati i seguenti criteri:

1°) Anche per la perquisizione domiciliare è necessaria l'autorizzazione della Camera;

2°) l'immunità dura per tutto il tempo della legislatura e quindi anche nell'intervallo delle Sessioni.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti