[Il 10 ottobre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo primo della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Il Parlamento».]

Presidente Terracini. [...] Passiamo all'articolo 66. Se ne dia lettura.

De Vita, Segretario, legge:

«I membri del Parlamento ricevono una indennità fissata dalla legge.».

Presidente Terracini. È stato presentato un emendamento da parte dell'onorevole Calamandrei, del seguente tenore:

«Sostituirlo col seguente:

«I componenti del Parlamento ricevono una indennità fissata dalla legge, che può essere determinata in misura più alta per coloro che non abbiano altri redditi.

«Ai componenti del Parlamento non possono essere conferiti incarichi retribuiti, né nella Amministrazione pubblica centrale o locale, né in enti pubblici o soggetti al controllo dello Stato; l'accettazione di uno di tali incarichi è causa di decadenza dall'ufficio parlamentare.

«Solo in caso di pubblica utilità detti incarichi possono essere conferiti per nomina deliberata da ciascuna Camera».

L'onorevole Calamandrei ha facoltà di svolgere il suo emendamento.

Calamandrei. Onorevoli colleghi, il mio emendamento si compone di tre commi, che sono il frutto di una unica ispirazione; la quale — ve lo dico sinceramente — deriva dall'esperienza che io ho avuto, e voi avete avuto con me, del funzionamento della Commissione degli undici.

Onorevoli colleghi, io non so se voi abbiate una impressione, che io ho vivissima: cioè che l'opinione pubblica non ha, in questo momento, molta simpatia e molta fiducia per i deputati. Vi è intorno a noi un'atmosfera, che tutti quanti avvertiamo, di sospetto e di discredito.

Fondamentalmente al centro di questa atmosfera c'è la convinzione diffusa, che molte volte l'esercizio del mandato parlamentare, il quale è conferito per il raggiungimento di scopi di pubblico interesse, possa servire a mascherare il soddisfacimento di interessi personali; e diventi un affare, una professione, un mestiere.

Ora, nella massima parte dei casi questa impressione dell'opinione pubblica è sbagliata. Ma ci sono profonde ragioni che potrebbero spiegare perché è sorta: ragioni che in parte risalgono lontano, ed in parte anche al ventennio trascorso. Oggi l'opinione pubblica scarica su di noi il disprezzo accumulato in venti anni contro gli uomini politici del fascismo, contro i «gerarchi». Noi siamo gli innocenti parafulmini delle malefatte dei gerarchi del ventennio fascista. Ma ad accrescere questa opinione sfavorevole ha contribuito, io credo, recentemente anche l'inchiesta della Commissione degli undici, la quale, se per i casi concreti presi in esame ha dato risultati soddisfacenti — come sempre è soddisfacente il risultato, quando accerta la inesistenza di accuse lanciate contro parlamentari — però, per il modo con cui la Commissione ha funzionato ha dato l'impressione che sotto inchiesta fosse tutta quanta la Camera. Sicché nell'opinione pubblica si è andata diffondendo la convinzione che le accuse, lanciate contro alcuni, colpivano, per la loro indeterminatezza tutti noi e che proprio per questo non hanno avuto nella relazione della Commissione una risposta esauriente. Tuttavia il funzionamento della Commissione degli undici ha avuto almeno un risultato favorevole e benefico: quello di dimostrare, direi quasi sul tavolo sperimentale, quali possono essere le vie, attraverso cui la corruzione può penetrare nei meccanismi parlamentari. Anche se la Commissione ha accertato che nei casi concreti questo non era avvenuto, l'indagine ha potuto dimostrare come questo potrebbe avvenire; e quindi può essere utile, facendo tesoro di questa esperienza, guardare, per quel poco che possono fare le leggi, là dove soprattutto vale il costume, come si possa chiudere alcuna di queste vie di infezione che minacciano l'organismo parlamentare.

A questo scopo mira appunto il mio emendamento. Il primo comma modifica l'articolo 66 del progetto «I membri del Parlamento ricevono una indennità fissata dalla legge» in quest'altro testo: «I componenti del Parlamento ricevono una indennità fissata dalla legge, che può essere determinata in misura più alta per coloro che non abbiano altri redditi».

Qui vi è un problema, che riguarda tutti noi: quanta parte della propria attività il deputato deve dare alla esplicazione del mandato parlamentare? Deve dedicarla tutta e inibirsi ogni altro lavoro, o è opportuno che egli continui ad esercitare la sua professione? E nel caso che vi siano deputati, i quali dedicano tutta la loro attività al mandato parlamentare, ed altri che invece ne dedicano soltanto una parte, perché continuano a fare i professionisti, è giusto che l'indennità sia uguale per gli uni che per gli altri? Vi sono certe professioni (chi vi parla è un avvocato e quindi non è persona sospetta, se egli stesso lo dice) per le quali tradizionalmente si ritiene, anche se non è sempre esatto, che l'esercizio del mandato parlamentare rappresenti un aumento di decoro e quindi di reddito professionale, quasi un complemento naturale della professione; in modo che dall'esercizio del mandato parlamentare, il professionista non solo non ha una perdita che meriti di essere compensata con indennità, ma in sostanza può alla fine avere un guadagno.

Ma possono esserci casi anche più tipici: di uomini di affari, per i quali il mandato parlamentare costituisce una specie di biglietto d'ingresso ai Ministeri, per ottenere agevolazioni nella conclusione dei loro affari, che non otterrebbero se non fossero deputati.

Si potrebbe arrivare anche alla misura draconiana di vietare ai deputati l'esercizio di qualsiasi altra attività.

Ma non credo che questo sarebbe in sostanza giovevole alle stesse istituzioni parlamentari: che i deputati diventino mestieranti retribuiti della politica, funzionari di partiti che abbiano nell'esercizio del mandato parlamentare la loro professione o il loro mestiere, non credo che questo sia augurabile per innalzare il prestigio delle istituzioni parlamentari. D'altra parte una quantità di professionisti posti dinanzi al bivio tra scegliere la deputazione e la professione, non esiterebbero un istante a scegliere questa seconda via, non soltanto per ragioni di guadagno, ma anche per ragioni più alte, di carattere spirituale, per attaccamento alla propria vocazione e ai propri studi. E così si sottrarrebbero alle Assemblee legislative gli uomini più competenti. Credo per questo che in via migliore sia quella di adottare l'emendamento che ho proposto: se ci sono deputati, parlo soprattutto dei deputati appartenenti a certe categorie di lavoratori, come gli operai, gli impiegati, i contadini, che assumendo il mandato parlamentare vengono necessariamente a dedicare ad esso tutta la loro attività, sia loro conferita una indennità superiore a quella conferita a coloro i quali dal mandato parlamentare ricevono indirettamente un vantaggio professionale e quindi patrimoniale.

Altri due commi dell'emendamento si riferiscono a quella materia delicatissima degli incarichi conferiti dal Governo o dalle pubbliche amministrazioni a deputati in carica (se non addirittura, come talvolta si è visto a Sottosegretari o a Ministri che fanno parte dello stesso Governo).

Non vi ricorderò come questa sia stata una delle materie più dibattute in seno alla Commissione degli undici e come questo sia in astratto uno degli aspetti che bisogna tener presenti quando si voglia, come vi dicevo, chiudere le vie più pericolose attraverso le quali la corruzione penetra nei meccanismi parlamentari. Divieto assoluto, secondo me, di conferire incarichi pubblici ai deputati in carica: non solo incarichi pubblici di nomina governativa, ma anche incarichi pubblici nelle amministrazioni locali. La formula che vi propongo è questa: «ai componenti del Parlamento non possono essere conferiti incarichi retribuiti, né nell'Amministrazione pubblica centrale o locale, né in Enti pubblici soggetti al controllo dello Stato. L'accettazione di uno di tali incarichi è causa di decadenza dall'ufficio parlamentare».

Possono esservi però casi in cui, in via assolutamente eccezionale, si riconosce che nel Parlamento c'è l'uomo tipicamente competente al quale lo stesso interesse pubblico consiglia di affidare un incarico pubblico retribuito. In questi casi l'ultimo comma dell'emendamento disporrà, se voi lo accetterete, che «solo in caso di pubblica utilità detti incarichi possono essere conferiti per nomina deliberata da ciascuna Camera», (non si intende, per nomina governativa).

Lucifero. Chiedo di parlare sull'emendamento dell'onorevole Calamandrei.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lucifero. Confesso che, quando ho letto l'emendamento dell'onorevole Calamandrei, sono rimasto trasecolato; quando l'ho sentito illustrare ho trasecolato, se era possibile, ancora di più, perché, in verità, io l'emendamento, tra le altre cose, non l'avevo capito quando l'ho letto ed ho finito per non capirlo affatto quando lo ha illustrato l'onorevole Calamandrei. (Commenti).

Ho avuto l'impressione precisa, leggendo l'emendamento e sentendo parlare l'onorevole Calamandrei — e l'impressione è stata più profonda, dato che, come modesto giurista, ho una stima grandissima di quel grande giurista che è l'onorevole Calamandrei — ho avuto l'impressione precisa (l'onorevole Calamandrei mi perdoni) che questo emendamento e la sua illustrazione fossero stati ugualmente dettati da un complesso di inferiorità; da quello stesso complesso di inferiorità che fece prendere a questa Camera la deliberazione affrettata della costituzione di quella Commissione degli undici, alla quale l'onorevole Calamandrei si è riferito; quello stesso complesso di inferiorità per il quale molti, che non avevano nessuna ragione di rispondere a quella Commissione, perché nessuno li aveva messi menomamente in causa, hanno ugualmente risposto; il complesso di inferiorità di chi non trova appagamento nella tranquillità della propria coscienza.

Onorevoli colleghi, va bene che noi siamo di fronte al pubblico, ma noi siamo di fronte al giudizio del pubblico e non a disposizione delle calunnie del pubblico. E noi non facciamo altro che asservirci a qualunque calunniatore ed a qualunque ricattatore che, individualmente o collegialmente, voglia farci paura per ottenere non si sa che cosa o, molto spesso, si sa che cosa; e soprattutto per gettare discredito sugli organi massimi della democrazia, che noi tanto faticosamente stiamo ricostruendo in Italia.

Questo è il complesso di inferiorità contro il quale mi ribello.

Io non sono professionista, onorevole Calamandrei, ma vi dico questo: non voglio un Parlamento di plutocrati, di vagabondi o di stipendiati di partito. Io aspiro ad un Parlamento di uomini liberi, e gli uomini liberi non sono né fra i ricchi, né fra gli stipendiati; perché i ricchi sono servi del loro danaro e gli stipendiati sono servi di chi li paga. E noi abbiamo bisogno di deputati liberi, e questo lo possiamo ottenere solo se questi deputati potranno fare i deputati con serenità di coscienza, senza andare a cercare di essere pagati da qualcuno o da qualche cosa.

Noi escludiamo con questo emendamento tutta questa gente che vive di determinato lavoro e che questo lavoro non può lasciare; noi escludiamo con questo emendamento una quantità di persone che si troverebbero in uno stato di inferiorità. Perché, chi è che va alla Camera a mendicare uno stipendio superiore? Ogni uomo ha il suo decoro. Noi dobbiamo stabilire un criterio paritetico. Credo che il più povero di noi non sarebbe disposto a firmare una domanda che gli assicuri 10 o 15 mila lire al mese di più del suo collega, perché si sentirebbe in uno stato di inferiorità.

Manteniamo quelle che sono le vecchie tradizioni. Non possiamo chiedere a della gente che lavora, che sospenda la propria attività per un periodo di cinque anni, perché quando andrà a riprenderla si troverà che dovrà ricominciare daccapo.

Noi non possiamo dire, come qui è scritto: «Enti pubblici o soggetti al controllo dello Stato». Onorevole Calamandrei, lo dicessi ancora io che sono da questa parte della Camera, che sono un liberale; ma lei è seduto alla sinistra. Voi volete un'economia generale controllata. Dove sarà più l'ente che non sia controllato dallo Stato? Ma se già tutto è controllato dallo Stato! E le banche, e le miniere, e l'agricoltura, e le industrie, e i commerci, e i traffici: tutto è controllato dallo Stato. Ma volete fare la Camera dei vagabondi? Per ognuno, si potrà sollevare l'eccezione. Io credo che dovremmo ricordarci come è sorta l'indennità parlamentare, che non è uno stipendio. E mi permetta la Camera di ricordarlo. Quando il suffragio universale allargò ancora le porte del Parlamento in Italia diventarono più frequenti delle figure che forse non sono illustri come dovrebbero essere illustri, figure soprattutto di quei banchi (Accenna a sinistra) come l'onorevole Chiesa, come alcuni altri; quei deputati che la sera pigliavano (parlo di Chiesa il socialista) il treno e scendevano a Chiusi per essere di nuovo la mattina a Roma e non pagare una camera d'albergo, che costava due lire; quei deputati che si cuocevano due uova sul davanzale delle finestre della Camera nascondendosi ai commessi che cercavano di richiamarli all'ordine perché sporcavano coi giornali bruciati; quei deputati che molti di voi ricordano e che il pubblico non ricorda più. Ed allora fu stabilito di dare non uno stipendio, ma una indennità. È vero che lo Statuto, il quale era elastico, diceva che la professione di deputato è gratuita, ma occorre pensare che se effettivamente lo slancio e la passione e l'amor patrio che fanno fare il deputato non possono essere pagati, si può dignitosamente soccorrere alle necessità di un individuo. Oggi abbiamo visto per esperienza che, se vuole veramente compiere il suo dovere, il deputato deve lasciare tutto; quelli di noi che fanno parte di Commissioni lo sanno: sono entrati stamattina alle 9 e usciranno stasera non si sa a che ora, e così per giorni e giorni, e non c'è più professione, non c'è più lavoro. Non dobbiamo fare sperequazioni; non dobbiamo creare fra noi certe differenziazioni che vogliamo distruggere fuori; rifacciamoci alle origini. Purtroppo, o per fortuna, le indennità parlamentari sono tali che non spostano nulla per gli abbienti e che risolvono dei problemi soltanto per i veramente poveri. Ricordiamoci delle origini. Rispettiamo i più poveri; ricordiamoci dei più poveri; rigettiamo l'emendamento dell'onorevole Calamandrei e rimettiamoci a quello che la saggezza ha già istituito e che ha egregiamente funzionato. (Applausi al centro e a destra).

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. L'onorevole Lucifero ha detto che non aveva compreso l'emendamento dell'onorevole Calamandrei. Io l'ho compreso ed è appunto per questo che debbo fare alcuni rilievi, e non posso accettarlo.

Non mi abbandonerò ai voli che, con la sua giovanile esuberanza, ha fatto l'onorevole Lucifero. Mi limiterò ad osservazioni modeste e concrete. La prima parte dell'articolo aggiuntivo Calamandrei è che la indennità può essere determinata in misura più alta per coloro che non hanno alti redditi. Due semplici osservazioni: la prima è che l'indennità non è uno stipendio, tanto è vero che non è soggetta a ricchezza mobile; è una indennità a rimborso di spese; ne deriva logicamente che dovrebbe essere conferita indipendentemente dalla situazione finanziaria di coloro cui è attribuita. La seconda è che, se andiamo nell'ordine di idee proposto dall'onorevole Calamandrei, dovremmo fare un ufficio di accertamenti delle finanze e dei redditi dei membri del Parlamento, una specie di ufficio imposte, magari con calcolo di bisogni ed assegni famigliari. Spero che l'onorevole Calamandrei si convinca che tutto ciò è praticamente impossibile.

Il secondo comma dell'articolo Calamandrei dice che ai componenti del Parlamento non possono essere conferiti incarichi retribuiti, né nella Amministrazione pubblica centrale o locale, né in Enti pubblici o soggetti al controllo dello Stato senza che portino alla decadenza dall'ufficio parlamentare. Osservo in linea preliminare che, anche se non nelle proporzioni a cui ha accennato un po' fantasiosamente l'onorevole Lucifero, l'intervento economico dello Stato si è sviluppato largamente; e può convenire che alle gestioni economiche dirette o indirette dello Stato siano chiamati a partecipare anche membri del Parlamento. La dizione usata dall'onorevole Calamandrei è ad ogni modo non precisa: e potrebbe da un lato impedire una nomina per concorso, ad esempio a professore; e dall'altro colpire un semplice incarico, ad esempio di una perizia professionale. Comunque sia, non è accettabile il criterio che ogni e qualunque incarico retribuito porti automaticamente alla decadenza. Il testo costituzionale da noi approvato rinvia alla legge la determinazione dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità, e noi — accogliendo un punto di un altro emendamento Calamandrei — abbiamo aggiunto che le Camere giudicano anche delle cause sovraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità. Rinviamo dunque alla legge, che è la sede più opportuna, l'esame e la decisione se e quando nuovi incarichi retribuiti siano da considerarsi fra tali cause. La legge, e lo stesso Regolamento delle Camere, potranno stabilire altre cautele e norme, ad esempio che degli incarichi debba darsi comunicazione alla Camera o al suo Ufficio di Presidenza, e che magari occorra un'autorizzazione. Ma decidere oggi, senz'altro, nella forma drastica che ci è proposta, non mi sembra opportuno. Aggiungo che — tenendo presenti gli scrupoli e gli intenti, che hanno un giusto fondamento, dell'onorevole Calamandrei, di purificare da ogni sospetto la vita pubblica — bisognerebbe anche, nella nuova legge, considerare, se è possibile, i casi di incarichi, ben più rimunerativi di quelli statali, da parte di società ed imprese private.

Infine, per l'ultimo comma dell'articolo Calamandrei, osservo che la formula usata di «nomina da parte della Camera» non può reggere. La Camera può aver comunicazione; può dar autorizzazione; ma che nomini essa è un assurdo. L'altissima coscienza giuridica dell'onorevole Calamandrei lo riconoscerà.

Per queste ragioni non possiamo accogliere il suo articolo.

Presidente Terracini. Onorevole Calamandrei, mantiene il suo emendamento?

Calamandrei. Ritiro, dopo le osservazioni dell'onorevole Lucifero, il primo comma, ma sul secondo e sul terzo comma dell'emendamento insisto, e credo che alcuni colleghi proporranno l'appello nominale.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Oltre alla sostanza, non può andare la forma del suo testo, onorevole Calamandrei.

Uberti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Uberti. Sono decisamente contrario a tutte le limitazioni all'esplicazione del mandato parlamentare, perché, altrimenti, rischiamo di creare una posizione diversa fra cittadino e cittadino. Questa disposizione potrebbe applicarsi — se venisse approvata — anche ad un assessore comunale, a un sindaco di un Comune, il quale ha un'indennità e non potrebbe più essere sindaco; vi è poi il caso dei professori — non solamente quelli universitari, i quali possono magari svolgere ugualmente il loro compito — ma professori di scuole medie, insegnanti elementari, che hanno pure diritto di poter essere presenti in questa Assemblea.

E poi vi sono numerose altre categorie che hanno qualche incarico, anche pubblico, per cui, in sostanza, si verrebbero a preferire solo coloro che hanno abbracciato la carriera di avvocato e che con la loro qualità di deputati possono domani difendere delle cause importantissime, proprio perché questa carica ha dato loro un lustro particolare.

Anche di fronte a queste considerazioni mi sembra che una proposta di questo genere non sia assolutamente accettabile.

Credo che l'unica sanzione sia quella dell'opinione pubblica, quella del popolo, il quale, se trova che un suo rappresentante non ha agito corrispondentemente alle norme della correttezza e della giustizia, potrà non rieleggerlo. Ci sarà la sanzione popolare, che è l'unica, la vera; saranno gli elettori che non rieleggeranno quei deputati che non hanno fatto come meglio avrebbero potuto e dovuto.

Ora, per queste ragioni, ritengo che questo emendamento non possa essere accolto, e ve lo dico io che non ho nessun incarico e che ho cercato semplicemente di svolgere in questa Assemblea nel modo migliore il mio compito, cercando di essere sempre presente e rinunziando a qualsiasi provento. Io dico che, proprio per questo, è assolutamente necessario non fare alcuna discriminazione fra deputato e deputato, perché rischieremmo di commettere ingiustizie profonde ai danni di qualche categoria di deputati.

Se esaminiamo a fondo la questione, vediamo che vi sono delle situazioni talmente diverse, talmente complicate, che non è possibile mettere una norma di questo genere nella Costituzione.

Ci sarà la legge elettorale e lì potremo meglio specificare e vedere se vi siano da prevedere determinate incompatibilità; ma mettere nella Costituzione una disposizione di questo genere non solamente determinerebbe sperequazioni profonde, ma suonerebbe anche disistima verso il popolo, in quanto sarebbe come insinuare che esso non arriva a saper scegliere quelli che sono più degni di essere i suoi rappresentanti. (Applausi).

Gasparotto. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Gasparotto. Dichiaro di votare il testo della Commissione. Riconosco bensì, necessario che una legge precisi le incompatibilità parlamentari; riconosco che è opportuno che coloro i quali si presentano come candidati alla deputazione sappiano sino da quel momento di fronte a quali incompatibilità vanno incontro; ma non convengo con l'onorevole Calamandrei che oggi, così affrettatamente, si decida tanto delicata materia che porta a ripercussioni economiche e morali profonde.

Onorevole Calamandrei, la questione è ben più complessa di quel che non si rilevi dal testo del suo emendamento. Io mi limiterò a ricordare — ed è tradizione nobilissima del nostro Parlamento — che nel 1919 la Camera dei Deputati votò all'unanimità un semplice ordine del giorno su proposta di Eugenio Chiesa, con il quale si riteneva incompatibile per i deputati l'esercizio professionale dell'avvocatura nelle cause in cui lo Stato fosse parte o avesse comunque degli interessi.

Ebbene, senza che questo ordine del giorno venisse mai convertito in legge, il Parlamento italiano lo ha sempre scrupolosamente rispettato, fino all'avvento del fascismo. Vi era anzi qualcuno che eccepiva l'incompatibilità generica fra l'esercizio del mandato parlamentare e l'esercizio dell'avvocatura, in quanto — si diceva — che da parte del deputato influente si sarebbe potuto esercitare un'indebita pressione sull'autorità giudiziaria.

Sono argomenti questi, onorevoli colleghi, che vanno trattati con ponderazione e larghezza d'indagini; soprattutto si deve valutare il fatto che non si può limitare eccessivamente l'attività privata del deputato, per evitare il pericolo che egli diventi un mestierante della politica. Si diceva infatti un tempo, che il deputato, prima ancora di entrare in Parlamento, deve essere un cittadino che viva del proprio lavoro come tutti gli altri, tanto vero che l'indennità per un certo tempo non costituiva che un appena parziale rimborso di spese.

Temo che approvando l'emendamento presentato dall'onorevole Calamandrei, si potrebbe rendere il deputato un professionista della politica, e quindi un elemento parassitario nella vita del Paese. Lasciamo quindi impregiudicata la questione della quale si parlerà nella discussione della legge elettorale. Vuol dire che da questa anticipata delibazione dell'argomento la Commissione competente trarrà argomento per presentare più meditate proposte.

Bozzi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Bozzi. Onorevoli colleghi, io vorrei precisare un argomento formale che è stato delineato anche attraverso la discussione di questa mattina. Questa mattina — l'onorevole Calamandrei era assente, se non erro — noi abbiamo approvato l'articolo 62 in cui è detto che la legge determina i casi di incompatibilità con l'esercizio della funzione di deputato o di senatore. Ora, quanto è sancito nel testo dell'emendamento dell'onorevole Calamandrei si risolve in un caso di decadenza, e io non vedo perché noi questa specifica figura la dobbiamo fissare nella Costituzione, mentre tutte le altre cause di ineleggibilità e di incompatibilità, che possono anche essere gravi, le dobbiamo rinviare alla legge.

Io credo che la legge è la sede opportuna, perché tutte le figure di ineleggibilità e di incompatibilità preventive o successive di decadenza siano previste, anche perché la legge ha una maggiore mobilità della Costituzione. Mentre la Costituzione è qualche cosa che deve, o dovrebbe, restare senza modificazioni più a lungo possibile, la legge subisce le influenze dei tempi, delle visioni politiche che mutano, e quindi può meglio adattarsi alle diverse situazioni. Cosicché quello che diceva l'onorevole Ruini acquista veramente rilievo, perché oggi esiste, si può dire, un controllo dello Stato su tutti gli enti. Infatti, chi ha pratica di cose di diritto, sa quanto è difficile stabilire se ci sia il controllo e la vigilanza, e dove sia questo controllo. Si tratta di questioni molto astruse, perché oggi lo Stato interviene dappertutto, oggi non vi sono limiti alla sfera di ingerenza dell'attività statale nell'attività privata. Qual è oggi l'ente che, in un certo senso, non si possa dire che sia controllato dallo Stato?

Io credo che questi problemi seri e meritevoli di studi profondi, che sono stati sottoposti al nostro esame dalla proposta dell'onorevole Calamandrei, vadano risolti in quella legge speciale che si occuperà delle cause di ineleggibilità e incompatibilità.

Badini Confalonieri. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Badini Confalonieri. Io non ho trasecolato come l'amico Lucifero; ho cercato di rendermi conto dei motivi che potevano aver indotto l'onorevole Calamandrei a proporre il suo emendamento. E francamente, pur mettendomi nella sua direzione di pensiero, non sono riuscito a comprendere quella diversità che nella sostanza si sarebbe venuta a creare tra coloro che accettano incarichi statali o parastatali, o come li si voglia chiamare, e coloro i quali accettano incarichi da società private, che non sono i meno lauti e che anzi, il più delle volte, sono i meglio retribuiti.

D'altra parte, devo dire all'onorevole Calamandrei che sono completamente scettico sulla possibilità di fissare attraverso delle disposizioni di legge l'onestà di un Parlamento. Io penso che questa onestà debba vivere nella coscienza degli uomini e che, comunque, la legge è assolutamente insufficiente e assolutamente inidonea a questo fine.

Collimo, poi, con le osservazioni fatte dai precedenti oratori.

Per questi motivi, voterò contro l'emendamento Calamandrei.

Lussu. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lussu. Se il collega onorevole Calamandrei avesse conservato il primo emendamento al primo comma, io, in coscienza, per la parte centrale dell'emendamento che comincia dalle parole «Ai componenti del Parlamento» e finisce con «ufficio parlamentare», avrei votato a favore.

Ma dicendosi «incarichi retribuiti» a me pare che ciò non significhi includere il caso dei professori universitari, dei professori di liceo o di ginnasio, ecc., perché quelli non sono incarichi. «Incarico», se non mi sbaglio — e il collega onorevole Calamandrei può correggermi — vuol dire tutt'altra cosa. Incarico, secondo me, è per esempio quello di un presidente del consiglio d'amministrazione di una società industriale, o di un consigliere delegato, ecc., ecc.

Mi pare che questo sia il caso dell'incarico. Quindi, in coscienza, io voto a favore di questa parte. Però, non mi pare che sulla questione si debba chiedere l'appello nominale, perché colleghi e amici miei su questo la pensano differentemente e votano quindi in modo differente. Il che mi fa immediatamente comprendere che l'appello nominale non ha più alcun significato.

Perciò vorrei pregare i colleghi, che intendevano su questo chiedere la votazione per appello nominale, di non presentare più tale richiesta.

Presidente Terracini. C'è anche una richiesta di scrutinio segreto, onorevole Lussu!

Lussu. E pregherei anche i colleghi che hanno presentato questa richiesta di ritirarla.

Colitto. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Colitto. Mi associo ai rilievi fatti dall'onorevole Lucifero e dagli altri colleghi.

Io credo che il deputato abbia due luci che devono illuminargli la vita: la propria coscienza e l'interesse del corpo elettorale. Sono due luci che costituiscono insieme due limiti.

Ora, se questi limiti sono stati rispettati, il deputato è libero di fare quello che egli crede e di assumere incarichi che la sua probità e la sua sensibilità gli permettono di accettare. Ecco le ragioni per le quali io dichiaro di votare contro l'emendamento.

Rodi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Rodi. Mi associo a quanto ha brillantemente detto l'onorevole Lucifero ed aggiungo che l'onorevole Calamandrei è partito da un presupposto, secondo me, errato, poiché egli ha sostenuto che l'Assemblea Costituente è circondata da un grande discredito.

Ora io affermo invece, che il popolo italiano segue attentamente il nostro lavoro e penso quindi, che la valutazione dell'onorevole Calamandrei sia del tutto soggettiva.

Per questo io voterò contro l'emendamento Calamandrei.

Targetti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Targetti. Onorevoli colleghi, mi associo all'osservazione fatta dall'onorevole Bozzi che — in base all'articolo 62, che noi abbiamo già approvato — questa materia dev'essere regolata dalla legge speciale.

Ricordo a me stesso il tenore dell'articolo 62: «la legge determina i casi di ineleggibilità e incompatibilità con l'ufficio di deputato o di senatore».

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. E aggiunge: «e le cause sopraggiunte di ineleggibilità e incompatibilità».

Targetti. Però, siccome si potrebbe essere d'accordo di rinviare alla legge elettorale, tanto essendo contrari quanto essendo favorevoli ai concetti che hanno ispirato l'emendamento dell'onorevole Calamandrei, per ciò che mi riguarda (e coerentemente a quello che ho avuto occasione di sostenere nei lavori della seconda Sottocommissione), in massima io sono favorevole alle preoccupazioni che ispirano l'emendamento dell'onorevole Calamandrei.

Bisogna tener presente che, di ciò che egli ha detto nella illustrazione del suo emendamento, non tutto è stato incluso nell'emendamento stesso. A proposito dell'esercizio della professione dell'avvocato, si potrebbe aggiungere anche l'esercizio di qualche altra professione. Anzi vorrei dire che, tolta la professione del medico, quasi tutte le altre professioni offrono vantaggi e facilitazioni a chi le esercita ricoprendo la carica di deputato. E non solo le professioni: ma vi sono tante altre forme di attività sociale, che purtroppo ricevono queste facilitazioni.

Tutti questi problemi però non sono considerati dall'emendamento Calamandrei che riguarda, come i colleghi sanno, dei fatti, delle ipotesi specifiche, le quali, articolate forse in un modo un po' diverso, non possono non costituire casi di incompatibilità.

Per queste considerazioni io sono d'accordo che non sia questa la sede di regolare questa materia. Tuttavia ho ritenuto opportuno fare queste dichiarazioni e ribadisco che in linea di massima, io sono nell'ordine di idee dell'onorevole Calamandrei.

Presidente Terracini. Prego l'onorevole Ruini di esprimere il parere della Commissione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Desidero chiarire che non faccio mie alcune osservazioni che ho sentito echeggiare in questa discussione; che cioè non c'è niente da fare, e non si possono trovare norme per evitare gli inconvenienti accennati dall'onorevole Calamandrei; non c'è che la coscienza, il costume, eccetera. No; riconoscendo che le preoccupazioni dell'onorevole Calamandrei hanno un fondamento giusto e morale, credo che si debbano tener presenti in sede opportuna; e si debba cercare, per quanto è possibile, di trovare norme adatte. Credo che si debbano considerare non solo incarichi dello Stato, ma anche di società ed aziende private. Ma non si può mettere tutto ciò nella Costituzione; tanto meno nella formulazione Calamandrei, che si presta ai rilievi da me già fatti.

Penso che l'onorevole Calamandrei potrebbe tener presenti queste esplicite dichiarazioni del Comitato, fatte proprie dall'Assemblea; ed acconsentire ad un rinvio alla legge ed al Regolamento della Camera.

Nitti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Nitti. Io prego l'Assemblea di mettere fine a questa discussione che è completamente inutile. Il testo dell'articolo è semplice e chiaro: non avrebbe dovuto dar luogo ad alcuna discussione. Esso dice soltanto che i membri del Parlamento ricevono una indennità fissata dalla legge. È questa una disposizione così chiara e così semplice che non meritava tutta questa dissertazione.

Di che discutiamo? Di cose assurde. I membri del Parlamento hanno diversa situazione: devono ricevere diverse indennità. Vi pare serio? E quale Parlamento mai ha discusso su questo?

Tutto al più può essere materia di regolamento, o di leggi speciali. Ma non si può in questa materia decidere in blocco con una disposizione costituzionale. Il fatto che i membri del Parlamento possono avere altre cariche non costituisce materia per le norme della Costituzione.

I membri del Parlamento possono avere altri uffici? In quale misura? Con quali limiti? Se ne discuterà in sede opportuna. Qui basta affermare che i membri del Parlamento hanno diritto ad una indennità. E finiamola con le assurde differenziazioni, come la differenziazione di tessera per il pane.

Credete che sia semplice discutere queste cose? Volete che non lo Stato, non il Governo, ma il nostro Parlamento decida, se si può, caso per caso. Mettiamo fine a queste discussioni che ci hanno fatto perdere gran parte della seduta e che, potete esserne sicuri, nessuno di noi prevedeva, perché l'articolo era così semplice e la questione così chiara che non meritava veramente la perdita di tanto tempo.

Prego, quindi, l'Assemblea di votare l'articolo come è stato proposto dalla Commissione. Le questioni singole le vedremo caso per caso, quando si tratterà dei vari argomenti.

Presidente Terracini. Onorevole Calamandrei, le domando se mantiene il suo emendamento.

Calamandrei. Onorevole Presidente, io vorrei chiarire ai colleghi (dolendomi che l'onorevole Nitti mi abbia mosso un rimprovero per aver fatto perdere tempo all'Assemblea, mentre credo che nelle mie abitudini non ci sia l'uso di farlo perdere troppo spesso... In ogni seduta noi siamo lieti di ascoltare i lunghi discorsi dell'onorevole Nitti; ma quasi in nessuna seduta l'Assemblea deve perdere tempo con l'ascoltare i discorsi tanto meno autorevoli di colui che qui vi parla) vorrei spiegare, ripeto, ai colleghi che nel secondo comma del mio emendamento è contenuto un concetto che potrà essere discutibile ma che è chiaro; perché, mentre la posizione degli impiegati che diventano deputati, ed il divieto fatto a questi impiegati di conseguire promozioni o incarichi nel loro impiego mentre sono deputati, è materia di un altro articolo che si trova già nel progetto della Commissione, questo mio emendamento mira a prevenire ed a vietare quell'inconveniente del quale sembra che oggi gli oratori di questa Camera siano ignari, mentre si tratta proprio di quell'inconveniente sul quale è stata ordinata da questa Assemblea un'inchiesta generale, e la Commissione degli Undici ha lungamente indagato, con un lavoro di statistica su schede che tutti noi abbiamo dovuto riempire, che è durato molti mesi. Si trattava allora, come ricorderete, di accertare quali sono i deputati che hanno incarichi pubblici retribuiti di nomina governativa: come può essere quello di commissario o di sequestratario di un ente parastatale, o di presidente di un istituto bancario, o qualsiasi altro di questa natura qualunque ne sia la denominazione. Proprio su questi incarichi la Commissione degli Undici fu invitata a indagare: non si tratta dunque di materia nuova e misteriosa.

Ora, onorevoli colleghi, quando il Governo è chiamato, in casi come quelli su cui la Commissione degli Undici indagò, a nominare alcuno ad un pubblico ufficio ed invece di nominare una persona qualificata per i suoi requisiti tecnici, nomina un uomo politico del proprio partito, si può pensare che i criteri che hanno guidato il Governo a questa nomina siano stati criteri non tecnici, come avrebbero dovuto essere, ma politici; e questo è un motivo di corruzione parlamentare, perché può portare a mettere ai posti di comando non gli uomini tecnicamente più degni, ma quelli più graditi al partito che in quel momento è al Governo; e altresì perché in questo modo il mandato parlamentare, in coloro che sperano di trarre un lucro appunto dal conseguire questi incarichi, rischia di degenerare in una specie di caccia a questi incarichi: sicché può temersi che il deputato svolga la sua attività politica non in conformità degli interessi pubblici, ma in vista della possibilità di conseguire questi incarichi lucrosi.

Tutto questo, onorevoli colleghi, sarà un linguaggio ingenuo, ma è un linguaggio chiaro, perché proprio su questo fu chiamata a indagare la Commissione degli Undici formata da voi; e se con questo mio emendamento si cerca di prevenire che si ripetano per l'avvenire inconvenienti simili a quelli su cui la Commissione degli Undici fu chiamata a indagare, mi pare che non ci sia da meravigliarsi... Quindi io mantengo il secondo e il terzo comma del mio emendamento. Non tengo a che su di esso si voti per appello nominale. Si può votare per alzata e seduta; e se in questa votazione per alzata e seduta l'unico ad alzarsi sarò io, non mi avrò a male se voi mi darete dell'ingenuo; ma io stasera andrò a casa con la coscienza tranquilla.

Presidente Terracini. Poiché l'onorevole Calamandrei ha rinunciato al primo comma del suo emendamento, possiamo votare il testo della Commissione. Gli altri due commi dell'emendamento Calamandrei si devono considerare come emendamenti aggiuntivi al testo della Commissione.

Pongo in votazione l'articolo 66 nel testo della Commissione:

«I membri del Parlamento ricevono una indennità fissata dalla legge».

(È approvato).

Sopra i due commi aggiuntivi dell'onorevole Calamandrei ho ricevuto una richiesta di scrutinio segreto a firma degli onorevoli, Meda, Corbino, Candela, Castelli Avolio, Rodinò Mario, Codacci Pisanelli, Caronia, Siles, Orlando Camillo, Romano, Dominedò, Quarello, Balduzzi, Valenti, Avanzini e altri.

Domando se è mantenuta.

Codacci Pisanelli. La ritiriamo.

Targetti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Targetti. Sottopongo a lei, signor Presidente, questo problema. Siccome io ed altri colleghi abbiamo fatto la proposta di rimandare la soluzione di questa questione alla legge elettorale, non crede lei che sia opportuno interrogare prima l'Assemblea su questo punto?

Gasparotto. Siamo tutti d'accordo.

Presidente Terracini. Coloro che saranno incaricati di redigere la legge elettorale avranno senz'altro facoltà, se lo ritengono opportuno, di riprendere, il concetto e di immetterlo. Non so se è nella sua intenzione che una decisione dell'Assemblea divenga impegnativa per la Commissione per la legge elettorale. Lei propone che l'Assemblea deliberi di rimettere questa formulazione alla Commissione che esaminerà la legge elettorale; ma con una tale votazione l'Assemblea impegna la Commissione della legge elettorale a includerla.

Targetti. Impegno me stesso, ma non l'Assemblea.

Presidente Terracini. I componenti della Commissione per la legge elettorale sono presenti nell'Aula e terranno conto della discussione di questo argomento e dei pareri espressi.

Targetti. Lo scopo della mia proposta sarebbe questo: portare l'Assemblea ad affermare che la materia non è di competenza della Carta costituzionale, ma dev'essere regolata dalla legge elettorale.

Scoccimarro. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Scoccimarro. A nome del Gruppo comunista dichiaro che, se avessimo la certezza che nella legge elettorale sarebbe incluso questo principio, noi voteremmo a favore del rinvio.

Ma, poiché il modo come si pone la questione non dà questa certezza, noi voteremo a favore dell'emendamento Calamandrei. (Commenti).

Presidente Terracini. Ritengo che, poiché l'emendamento Calamandrei è presentato e l'Assemblea ne è investita, questa debba votare. Successivamente, nella ipotesi che l'Assemblea non approvasse in sede costituzionale il testo dell'onorevole Calamandrei, c'è sempre la possibilità di invitare la Commissione per la legge elettorale ad esaminare se non sia materia eventualmente della legge elettorale.

Cosattini. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Cosattini. La proposta fatta dagli onorevoli Gasparotto, Targetti ed altri ha una vera portata sospensiva nella decisione.

Presidente Terracini. Non l'hanno formulata come tale.

Cosattini. Ho detto che ha portata sospensiva, perché una volta che l'Assemblea decidesse di rimettere la questione alla Commissione per la legge elettorale, essa non avrebbe più ragione di continuare la discussione.

Badini Confalonieri. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Badini Confalonieri. Desidero fare osservare all'onorevole Targetti che la sua proposta è stata già votata ed accettata, perché noi abbiamo votato l'unico comma dell'articolo 66, il quale prevede proprio il rinvio alla legge elettorale: «I membri del Parlamento ricevono una indennità fissata dalla legge». Siamo tutti d'accordo che la legge dovrà fissare ed eventualmente dovrà o no limitare l'indennità.

Noi chiediamo con la reiezione dell'emendamento Calamandrei che questa discussione non avvenga, demandando al legislatore di quella tale legge, alla quale ci richiamiamo, di decidere come meglio riterrà opportuno.

Presidente Terracini. Mi permetto di richiamare l'attenzione dell'onorevole Cosattini sulla disposizione regolamentare, la quale esclude che si possa proporre la sospensiva per gli emendamenti.

Quindi la proposta di sospensiva non può essere accolta.

Lucifero. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Lucifero. Data la delicatezza dell'argomento, ritengo che si debba votare a scrutinio segreto.

Presidente Terracini. Comunico che è stata presentata una domanda di votazione a scrutinio segreto dagli onorevoli: Lucifero, Rodi, De Maria, De Martino, Di Fausto, Benedettini, Raimondi, Codacci Pisanelli, Montini, Pecorari, Rapelli, Delli Castelli Filomena, Colitto, Burato, Perugi, Capua, De Unterrichter Maria, Geuna, Sullo, Buonocore.

Precisiamo allora cosa votiamo e come si vota. Dobbiamo procedere alla votazione per Scrutinio segreto dei due commi aggiuntivi all'articolo 66 proposti dall'onorevole Calamandrei di cui do lettura:

«Ai componenti del Parlamento non possono essere conferiti incarichi retribuiti, né nella Amministrazione pubblica centrale o locale, né in enti pubblici o soggetti al controllo dello Stato; l'accettazione di uno di tali incarichi è causa di decadenza dall'ufficio parlamentare.

«Solo in caso di pubblica utilità detti incarichi possono essere conferiti per nomina deliberata da ciascuna Camera».

Presidente Terracini. Dichiaro aperta la votazione.

Presidenza del vicepresidente Conti

(Segue la votazione).

Presidente Conti. Dichiaro chiusa la votazione e invito gli onorevoli segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Presidenza del Presidente Terracini

Presidente Terracini. Comunico il risultato della votazione segreta:

Presenti e votanti............ 292
Maggioranza.............. 147
Voti favorevoli........... 125
Voti contrari.............. 167

(L'Assemblea non approva).

[Nel resoconto stenografico della seduta segue l'elenco dei deputati che hanno preso parte alla votazione.]

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti