[Il 21 dicembre 1946, nella seduta antimeridiana, la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sul coordinamento degli articoli sul potere legislativo.]

Il Presidente Terracini. [...] Invita la Sottocommissione ad esaminare l'articolo 31 che era rimasto in sospeso. Il testo di tale articolo nel progetto in discussione era il seguente:

«I progetti approvati dalle due Camere diventano legge e devono essere promulgati nel termine di un mese dall'approvazione intervenuta per ultimo, per opera del Capo dello Stato, a meno che questi non faccia uso della facoltà di cui al successivo articolo e altresì all'infuori del caso in cui vi sia una iniziativa popolare per la sottoposizione a referendum della legge approvata.

Nel caso che le due Camere abbiano dichiarato l'urgenza della legge, questa deve essere promulgata nel termine da essa stabilito, salvo che non si faccia uso della facoltà di cui al precedente comma».

Avverte che l'onorevole Mortati ha proposto il seguente testo sostitutivo:

«I progetti divengono legge, quando siano stati approvati dalle due Camere, e devono essere promulgati dal Capo dello Stato non oltre un mese dall'approvazione.

«Ove le Camere abbiano dichiarato l'urgenza della legge, questa dovrà venire promulgata nel termine fissato dalla medesima.

«Nei termini predetti il Capo dello Stato potrà, con messaggio motivato, richiedere che le Camere procedano a una nuova deliberazione della legge già approvata.

«Ove le Camere confermino la precedente deliberazione, la legge dovrà essere promulgata ai sensi del primo comma.

«La promulgazione viene sospesa, ove entro i termini predetti si sia indetto un referendum popolare sulla legge, ad iniziativa o del Capo dello Stato o della aliquota degli elettori di cui all'articolo...».

Avverte pure che al terzo comma del testo sostitutivo dell'articolo 31 proposto dall'onorevole Mortati, l'onorevole Mortati stesso propone la seguente variante:

«Le Camere dovranno provvedere ad una nuova deliberazione della legge già approvata, ove il Capo dello Stato ne faccia richiesta con messaggio motivato entro i termini di cui al primo comma».

Bozzi ricorda che quando si approvò l'articolo 24, secondo cui il potere legislativo è esercitato collettivamente dalle due Camere, fu escluso dal processo formativo della legge il Capo dello Stato, mentre, a norma del vecchio Statuto, il re partecipava alla formazione delle leggi con la sanzione. Ora si tratta di vedere se il Capo dello Stato, a cui è stata vietata ogni partecipazione al processo formativo delle leggi, possa avere qualche potere esterno rispetto alle leggi già approvate dalle due Camere. Da questo punto di vista la formula proposta dall'onorevole Mortati gli sembra opportuna, perché il Capo dello Stato rappresenta la volontà del Paese che lo ha eletto: a lui quindi bisogna ricorrere nei momenti in cui può verificarsi una discordanza tra la volontà del Paese e quella delle due Camere. In tal caso il Capo dello Stato, secondo la formula proposta dall'onorevole Mortati, dovrebbe appunto, con messaggio motivato, richiedere che le Camere procedano a una nuova deliberazione della legge già approvata. Il Parlamento non sarebbe privato delle sue attribuzioni, perché potrebbe sempre confermare la precedente deliberazione. È da osservare soltanto che sarebbe opportuno richiedere una maggioranza qualificata per procedere alla nuova deliberazione della legge già approvata.

Mortati dichiara che, nella formulazione da lui proposta dell'articolo in esame, si è richiamato al principio, già approvato dalla Commissione, che la forma di Governo dovesse basarsi sul sistema parlamentare, pur circondando tale sistema di opportuni congegni per assicurare la stabilità del Governo. Ammesso quindi tale principio, si trattava di scegliere fra i vari tipi di sistema parlamentare quello che fosse più idoneo a soddisfare le esigenze di una stabilità governativa. L'articolo da lui proposto mira appunto a raggiungere tale scopo. Avverte però che le norme in esso contenute dovrebbero essere esaminate tenendo presenti non solo le disposizioni dell'articolo 38 del progetto in discussione, ma anche quelle relative al potere esecutivo, per avere una visione più ampia del problema. Dalla maggioranza dei componenti il Comitato, per assicurare una certa stabilità al Governo, è stato proposto che esso possa rimanere in carica, anche se singole leggi non siano approvate dalle Camere e che per la caduta del Governo occorra una espressa deliberazione di sfiducia approvata a maggioranza qualificata. La sua proposta in seno al Comitato si riannodava a quella prospettata dal Comitato stesso, ma con questa particolarità, diretta ad assicurare una maggiore stabilità al Governo, di stabilire che, una volta accordata la fiducia espressa al Governo, questa non potesse essere revocata, se non trascorso un certo termine. In ogni modo per delineare un sistema parlamentare che non coincidesse più con quello così detto assembleare, in cui il Parlamento ha la piena potestà di far cadere il Governo in caso di dissenso anche per una sola legge, è stato predisposto l'articolo in esame, con cui si prevede la possibilità che il Governo, e per esso il Capo dello Stato, chieda al Parlamento il riesame di una legge già approvata dal Parlamento stesso.

Qui sorge il quesito se si debba richiedere, oppure no, una maggioranza qualificata, affinché le Camere possano procedere ad una nuova deliberazione della legge già da esse approvata. A tate proposito ha preferito proporre il criterio che la nuova deliberazione debba essere approvata a maggioranza pura e semplice, perché, a suo parere, se fosse richiesta una maggioranza qualificata, si darebbe al Governo, e quindi per esso al Capo dello Stato, un'influenza eccessiva nei confronti del Parlamento: si imporrebbe difatti al Parlamento di manifestare la propria volontà in un modo straordinario.

Ha creduto poi opportuno proporre un altro principio secondo cui, ove le Camere confermassero la loro precedente deliberazione, potrebbe essere indetto un referendum popolare sulla legge ad iniziativa o del Capo dello Stato, o di una data aliquota di elettori. A suo avviso, il criterio di autorizzare il Governo a richiedere l'appello al popolo, risponde al sistema parlamentare non assembleare che si vuole adottare.

È stato anche accennato all'ipotesi di addivenire allo scioglimento delle Camere in caso di dissenso tra esse e il Governo a proposito di una singola legge. A tale riguardo è sorta anche la questione se lo scioglimento debba essere richiesto per tutte e due le Camere o per una sola. Ma tale questione, secondo lui, si riferisce più che altro all'articolo 38, in cui si prevede l'eventualità di un dissenso fra le due Camere. Qui invece l'una e l'altra Camera verrebbero ad essere in contrasto con il Governo e, pertanto, se dovesse essere adottato il principio dello scioglimento delle Camere in caso di dissenso con il Governo a proposito di una singola legge, ambedue le Camere dovrebbero essere sciolte.

Un'altra questione riguarda gli effetti della mancata promulgazione entro il termine all'uopo previsto. Secondo la formula proposta, il Capo dello Stato ha l'obbligo della promulgazione. Si può domandare tuttavia cosa mai potrebbe accadere se egli non ottemperasse a tale obbligo. Non adottando alcuna speciale disposizione per tale ipotesi, si deve supporre, egli crede, che la legge entri egualmente in vigore nonostante la mancata promulgazione entro il termine stabilito. È stata da qualcuno prospettata l'opportunità che la legge non promulgata dal Capo dello Stato, entro il termine di un mese dalla sua approvazione, debba esserlo dal Presidente dell'Assemblea. Non ritiene però che ciò sia necessario, anche se l'entrata in vigore di una legge senza la promulgazione possa sembrare un'anomalia dal punto di vista giuridico formale.

V'è infine un'ultima questione, relativa al caso di urgenza. La Sottocommissione ha stabilito che le Camere possano dichiarare l'urgenza di una legge: in tal caso, nello stesso atto con cui si proclama l'urgenza, le Camere fissano anche il termine entro cui la legge dovrà essere promulgata. Si può domandare frattanto se, con la dichiarazione di urgenza debba essere, o no, eliminata la potestà sospensiva del Capo dello Stato, prevista nel testo dell'articolo sostitutivo da lui proposto. Questo quesito, a suo avviso, dovrebbe essere risolto in senso negativo, perché altrimenti basterebbe la dichiarazione di urgenza da parte delle Camere per eliminare il potere di intervento del Capo dello Stato.

Lami Starnuti ha qualche dubbio sulla convenienza politica di attribuire al Capo dello Stato la facoltà di richiedere che le Camere procedano ad una nuova deliberazione di una legge già da esse approvata, perché ritiene che il Capo dello Stato abbia altri modi per far sentire e valere la sua volontà: egli difatti può presiedere il Consiglio dei Ministri e, attraverso quest'organo, far giungere alle Camere l'espressione del suo pensiero in merito ad una legge a cui egli non sia del tutto favorevole. Il sistema proposto dall'onorevole Mortati, del riesame da parte delle Camere di una legge da esse già approvata, potrebbe inoltre creare un grave conflitto politico fra Governo e Parlamento; il che è opportuno sia evitato.

È poi decisamente contrario alla proposta, fatta dall'onorevole Bozzi, che debba essere prescritta una maggioranza qualificata, affinché le Camere possano procedere ad una nuova deliberazione di una legge già approvata. In tale caso è assurdo pensare che la nuova deliberazione possa essere approvata con un maggior numero di voti; anzi l'intervento del Capo dello Stato logicamente dovrebbe essere causa di una diminuzione della maggioranza con cui una data legge venne approvata la prima volta. In ogni modo, se la proposta dell'onorevole Bozzi fosse accolta, si darebbe in sostanza al Capo dello Stato un potere di veto assolutamente inammissibile.

È del pari fermamente contrario ad attribuire al Capo dello Stato la facoltà di indire il referendum sulle leggi approvate dal Parlamento. A suo avviso, se si verifica un conflitto tra volontà popolare e Parlamento (eventualità che è stata prospettata per giustificare il principio del referendum ad iniziativa del Capo dello Stato), non v'è assolutamente bisogno dell'intervento di quest'ultimo, ma può bastare il referendum di iniziativa popolare. È del parere, quindi, che il Capo dello Stato debba essere posto al di sopra di certi conflitti, il che varrà a conferirgli maggiore prestigio e con ciò maggiore autorità.

Grieco dichiara, da un punto di vista personale, di essere completamente d'accordo con l'onorevole Lami Starnuti. Pertanto è decisamente contrario alle disposizioni, contenute nell'articolo proposto dall'onorevole Mortati, che riguardano l'istituto della sospensione della promulgazione d'una legge approvata dalle due Camere e quello del rinvio della legge, con messaggio motivato, da parte del Capo dello Stato alle Camere per un nuovo esame. È altresì fermamente contrario alla facoltà che, secondo l'articolo proposto dall'onorevole Mortati, dovrebbe essere concessa al Presidente della Repubblica, di indire un referendum sulle leggi già approvate dalle Camere, e ciò, perché uno dei principali elementi di stabilità del regime parlamentare è dato dal fatto che il Capo dello Stato rispetti la volontà del Parlamento. Per risolvere il conflitto tra volontà popolare e Parlamento (eventualità che è stata prospettata per giustificare l'intervento del Capo dello Stato nel processo di formazione delle leggi), sarebbe meglio ammettere la possibilità dello scioglimento delle Camere. L'iniziativa di indire il referendum, concessa al Capo dello Stato, significherebbe attribuzione di un eccessivo potere al Presidente della Repubblica; ciò che potrebbe essere assai pericoloso. Non può essere quindi favorevole che al referendum di iniziativa popolare, secondo quanto giustamente ha affermato l'onorevole Lami Starnuti. Egli pensa che tale principio dovrebbe senz'altro essere ammesso, ma in modo chiaro, per evitare ogni dubbio, nel disposto dell'articolo in esame.

Mortati, fa notare che la facoltà che dovrebbe essere concessa al Capo dello Stato, di richiedere che le Camere procedano ad una nuova deliberazione di una legge già approvata, non sarebbe una facoltà di carattere personale: essa infatti sarebbe attribuita al Governo che ha la fiducia della maggioranza del Parlamento. È per questo che si dispone che l'atto, con cui il Presidente della Repubblica richiede alle Camere il riesame di una legge già approvata, sia controfirmato dal Presidente del Consiglio, il quale si deve supporre goda della fiducia della maggioranza parlamentare.

Il Presidente Terracini non è troppo convinto della tesi testé prospettata dall'onorevole Mortati. Se essa fosse esatta, basterebbe dire semplicemente che il Presidente del Consiglio ha il potere di rinviare alle Camere una legge da esse già approvata, affinché venga riesaminata.

La Rocca è decisamente contrario alla proposta di attribuire al Capo dello Stato la facoltà di richiedere, con messaggio motivato, che le Camere procedano ad una nuova deliberazione di una legge già approvata. È egualmente contrario alla proposta secondo cui il Capo dello Stato avrebbe anche la facoltà di indire il referendum sulle leggi approvate dal Parlamento. Tali proposte, se fossero accolte, altererebbero le linee del sistema che la Sottocommissione sta elaborando. Il potere esecutivo non può essere concepito che come espressione della volontà della maggioranza. Ora, con l'accoglimento della proposta anzidetta, il Capo dello Stato verrebbe quasi ad avere gli stessi poteri del Presidente degli Stati Uniti. Non solo, ma se si facesse intervenire il Presidente della Repubblica nel processo di formazione delle leggi, si ritornerebbe in sostanza al vecchio statuto albertino, secondo cui il potere legislativo veniva esercitato dal Capo dello Stato e dalle due Camere. Attribuito, inoltre, un tale potere di intervento al Capo dello Stato, potrebbero assai facilmente sorgere gravi conflitti tra Governo e Parlamento, il che assolutamente bisogna evitare.

Nobile dichiara che ogni disposizione che può servire a determinare la stabilità del Governo lo troverà sempre consenziente. Ciò considerato, osserva che, se si dà al Capo dello Stato una facoltà così grave come quella di sciogliere il Parlamento, si potrebbe anche concedergli la facoltà assai meno importante di richiedere che le Camere procedano a una nuova deliberazione di una legge già approvata.

Sarebbe bene poi stabilire il principio di richiedere una maggioranza qualificata, affinché le Camere possano procedere ad una nuova approvazione di una legge già da esse approvata, se non si ritiene opportuno di ammettere il referendum di iniziativa del Capo dello Stato.

Ambrosini osserva che, per risolvere la questione in esame, occorre soltanto domandarsi se sia opportuno, oppure no, che il Capo dello Stato possa richiedere alle Camere il riesame di una data legge. Secondo il suo avviso, a tale domanda si può senz'altro rispondere affermativamente, perché nella richiesta da parte del Governo che le Camere riesaminino una data legge egli assolutamente non riesce a vedere un atto di forza del potere esecutivo nei confronti del Parlamento. Può sempre darsi il caso che una legge sia approvata affrettatamente o sotto l'influenza di fattori contingenti, per cui può sorgere la necessità di ritornare su decisioni prese. In simile eventualità, si tratta di trovare un modo per assicurare un più approfondito esame di una legge già approvata; ma il potere delle Camere resta inalterato. Ciò considerato, ritiene che le proposte formulate dall'onorevole Mortati possano essere approvate senza alcuna preoccupazione.

Riguardo soltanto alla questione del referendum di iniziativa del Capo dello Stato, si potrà vedere se non sia più opportuno esaminarla, quando verranno in discussione le norme concernenti il funzionamento dell'istituto del referendum, da un punto di vista generale.

Tosato è favorevole alle proposte dell'onorevole Mortati, perché ritiene che esse si inquadrino perfettamente nel sistema di governo che la Sottocommissione sta elaborando. Il riesame da parte delle Camere di una legge già da esse approvata può evitare perturbamenti pericolosi nella vita politica del Paese. Lo stesso si può dire per il referendum di iniziativa del Capo dello Stato, perché con tale mezzo si può evitare lo scioglimento delle Camere, che è un provvedimento assai più grave.

Cappi propone che nel terzo comma dell'articolo formulato dall'onorevole Mortati, in cui si dispone che il Capo dello Stato potrà, con messaggio motivato, richiedere che le Camere procedano ad una nuova deliberazione della legge già approvata, tra le parole «Capo dello Stato» e le altre «potrà con messaggio», siano incluse le seguenti: «su proposta del Capo del Governo». Ciò perché, a suo avviso, l'intervento del Capo dello Stato può essere ammesso soltanto quando esista un conflitto tra Camere e Governo, e non già quando possa verificarsi un contrasto tra le Camere e il Capo dello Stato.

È contrario poi al referendum di iniziativa del Capo dello Stato, perché è del parere che il referendum non possa essere che di iniziativa popolare.

Einaudi è favorevole al testo dell'articolo proposto dall'onorevole Mortati, perché non crede che possa sorgere un contrasto fra i poteri del Capo dello Stato e quelli del Parlamento.

Fa presente poi che nel corso della discussione è stato affermato che il messaggio del Capo dello Stato, da inviarsi alle Camere per la richiesta del riesame di una legge già approvata, debba essere controfirmato dal Capo del Governo. Con ciò si arriverebbe alla conseguenza di togliere al Capo dello Stato persino il diritto di mettersi in comunicazione con il Parlamento per manifestare ad esso la propria opinione. Si domanda come tale diritto possa essere negato al Capo dello Stato. Un messaggio è una lettera, ed è inammissibile che una lettera del Capo dello Stato debba essere controfirmata dal Capo del Governo. È da tener presente, inoltre, che può verificarsi il caso che sia il Capo del Governo a chiedere al Capo dello Stato l'invio del messaggio e che questi, per una qualsiasi ragione, non sia dello stesso avviso del Capo del Governo. Ora, se il Capo dello Stato deve firmare il messaggio predisposto dal Capo del Governo, non si avrebbe più un messaggio, ma un atto che non si saprebbe come denominare, perché non avrebbe riscontro nella pratica costituzionale.

Fabbri osserva che, una volta che si è creduto opportuno istituire una repubblica democratica e parlamentare, non si può ammettere un conflitto tra Governo e Parlamento, perché ciò appunto contrasta con la logica di un governo democratico e parlamentare. Egli ritiene che il problema del riesame di una data legge abbia la sua completa risoluzione con l'adozione del sistema bicamerale. Inoltre, quando si è stabilito che il Capo dello Stato debba rimanere estraneo al processo di formazione delle leggi, ossia che non debba sanzionarle, ma soltanto promulgarle, egli senz'altro deve ottemperare a tale obbligo, a meno che non avverta un insanabile conflitto. In tal caso è inutile pretendere di dare stabilità al Governo con la ricerca di espedienti più o meno complessi: l'unico mezzo consentito da un sistema veramente democratico e parlamentare resta allora quello di indire nuove elezioni. Relativamente poi al fatto che il messaggio del Capo dello Stato, di cui al terzo comma dell'articolo proposto dall'onorevole Mortati, debba essere controfirmato dal Capo del Governo, v'è da domandarsi come ciò possa conciliarsi con la disposizione secondo cui il Capo dello Stato ha il potere di nominare e revocare i ministri.

Il Presidente Terracini fa presente che, a suo avviso, la facoltà prevista per il Capo dello Stato nel terzo comma dell'articolo proposto dall'onorevole Mortati, dovrebbe essere ammessa in un solo caso, in quello cioè di una legge di iniziativa governativa. Pertanto, dovrebbe essere espressamente vietato al Capo dello Stato di richiedere alle Camere una nuova deliberazione di una legge di iniziativa parlamentare o popolare.

In ogni modo, accettando il principio che il Capo dello Stato possa avere facoltà di chiedere alle Camere il riesame di una legge già approvata, che sia soltanto di iniziativa del Governo, vorrebbe nello stesso tempo che il Capo dello Stato fosse in pieno investito della responsabilità di aver fatto ricorso alla facoltà anzidetta.

È contrario poi al referendum di iniziativa del Capo dello Stato. Non si è voluto che questi fosse eletto direttamente dal popolo, per non conferirgli un'autorità che in tal caso sarebbe stata veramente eccessiva. Ora, se fosse accolta la proposta dell'onorevole Mortati, relativamente alla possibilità di un referendum di iniziativa del Capo dello Stato, le attribuzioni del supremo rappresentante del potere esecutivo diverrebbero del tutto preponderanti su quelle demandate al Parlamento. Ciò considerato, può essere favorevole soltanto alla possibilità di un referendum di iniziativa popolare.

Mortati osserva che, con il sistema predisposto, era stata prevista l'irresponsabilità del Capo dello Stato. Con l'eventuale accoglimento della proposta fatta dal Presidente, tutto il sistema finora elaborato sarebbe radicalmente mutato.

Ambrosini fa presente che in regime parlamentare il Capo dello Stato è sempre irresponsabile. Occorre inoltre assicurare al Capo dello Stato una posizione stabile ed è per questo che egli, in altra occasione, dichiarò di essere contrario al sistema che fu adottato sotto la terza Repubblica francese, secondo cui si poteva costringere il Capo dello Stato a dimettersi dalla sua carica. Il Capo dello Stato, salvo casi specialissimi, deve restare al suo posto e non può essere responsabile dell'azione politica svolta dal Governo.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti