[Il 21 dicembre 1946, nella seduta pomeridiana, la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sul coordinamento degli articoli sul potere legislativo.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 74 per il testo completo della seduta.]

Il Presidente Terracini riapre la discussione sull'articolo 31 il cui esame è rimasto sospeso, e pone in discussione una formulazione che ne ha proposto l'onorevole Mortati in sostituzione di quella del progetto del Comitato:

«I progetti divengono leggi quando siano stati approvati dalle due Camere. Le leggi devono essere promulgate dal Capo dello Stato non oltre un mese dall'approvazione.

«Ove le Camere abbiano dichiarato l'urgenza della legge, questa dovrà venire promulgata nel termine fissato dalle medesime.

«Nei termini predetti il Capo dello Stato potrà, con messaggio motivato, richiedere che le Camere procedano ad una nuova deliberazione della legge già approvata.

«Ove le Camere confermino la precedente deliberazione, la legge dovrà essere promulgata ai sensi del 1° comma.

«La promulgazione viene sospesa ove entro i termini predetti si sia indetto un referendum popolare sulla legge ad iniziativa o del Capo dello Stato o della aliquota degli elettori di cui all'articolo....»

[...]

Mortati, Relatore. [...] Per quanto poi riguarda il referendum, a parte la questione teorica se sia conciliabile o meno col regime parlamentare, desidera contrastare l'opinione di coloro che affermano la inopportunità di fare indire il referendum dal Capo dello Stato e la necessità che esso debba aver luogo solo per iniziativa popolare. Ritiene che ciò potrebbe giustificarsi quando ci fossero correnti di opinione pubblica sufficientemente delineate ed organizzate, non in un Paese come l'Italia in cui i partiti raccolgono una assai scarsa parte della popolazione e dove è difficile comprendere con esattezza quale sia l'orientamento politico prevalente. Sarebbe utile, a suo parere, concedere tale iniziativa anche al Capo dello Stato per facilitare l'affermazione di una sicura coscienza popolare, la quale, se abbandonata a se stessa, potrebbe trovare uno sbocco meno deciso e rapido e mancare così allo scopo cui il referendum tende.

Manterrebbe quindi l'articolo così come lo ha proposto, salvo, se la Sottocommissione lo ritenesse opportuno, accentuare l'autonomia concessa al Capo dello Stato.

Rossi Paolo non ritiene opportuno stabilire che il referendum possa aver luogo per iniziativa del Capo dello Stato, perché, se realmente egli sarà l'interprete di un movimento importante dell'opinione pubblica, tale movimento avrà senza dubbio dietro di sé un partito di massa al quale sarà facile ottenere il numero di firme necessario per richiedere il referendum. Fa anche presente che in tal modo l'autorità del Presidente non resterebbe impegnata, qualora l'esito del referendum dovesse essere negativo.

Nobile teme che l'iniziativa del referendum, affidata esclusivamente al popolo possa in certi casi essere pericolosa, inquantochè sarebbe facile anche ad un piccolo partito di disporre del numero di firme necessario per chiedere il referendum e compiere così un'opera sistematica di sabotaggio.

Bulloni è contrario ad affidare al Capo dello Stato l'iniziativa del referendum, perché ritiene che ciò sia in contrasto col sistema adottato per la formazione della legge e costituisca una fonte di conflitti ai danni del buon funzionamento dell'istituto democratico.

Tosato osserva che, se si ammette che il Capo dello Stato possa con un messaggio alle Camere chiedere di riesaminare un determinato progetto, sarà opportuno, per evitare che questo messaggio resti in completa balìa delle Camere stesse, riconoscere al Capo dello Stato la facoltà di indire sulla questione un referendum popolare.

Il Presidente Terracini. [...] Passando al 5° comma, pone anzitutto ai voti il principio che il referendum possa essere indetto ad iniziativa del Capo dello Stato.

(Non è approvato).

Mette quindi in votazione il principio che il referendum possa essere indetto ad iniziativa di un'aliquota degli elettori.

Rossi Paolo, a nome del suo gruppo, dichiara di astenersi dalla votazione, perché vorrebbe che il problema del referendum fosse esaminato nel suo complesso.

(È approvato).

Il Presidente Terracini comunica che, in conseguenza, il 5° comma dell'articolo 31 resta così formulato:

«La promulgazione viene sospesa ove, entro i termini predetti, si sia indetto un referendum popolare sulla legge, ad iniziativa di un'aliquota degli elettori di cui all'articolo...».

[...]

Il Presidente Terracini. [...] Ricorda che la Sottocommissione deve ancora decidere, per completare l'esame del potere legislativo, sulla questione del referendum: e a tale riguardo fa presente che l'onorevole Mortati è stato incaricato di redigere gli articoli relativi, in base ai principî approvati dalla Sottocommissione.

Mortati, Relatore, desidera dare qualche chiarimento sul referendum ed avere in proposito anche qualche direttiva dalla Sottocommissione per poter redigere uno schema il quale presumibilmente possa incontrare il favore della maggioranza dei colleghi.

In tema di referendum nazionale, non crede innanzi tutto che ci si debba occupare del referendum consultivo.

Nobile domanda la ragione di questa esclusione. Ricorda che in America funziona molto bene l'Istituto Gallupp, il quale, con i frequenti questionari sottoposti al pubblico, costituisce una fonte molto importante di notizie anche per il Governo.

Einaudi crede che un simile istituto potrebbe avere la sua influenza anche in Italia.

Mortati, Relatore, spiega che il referendum consultivo si deve scartare, perché il popolo, essendo il più qualificato organo politico dello Stato democratico, non potrebbe non vincolare, data l'autorità inerente alle sue pronunce, le quali solo apparentemente si potrebbero chiamare pareri.

Il Presidente Terracini osserva che il referendum consultivo avrebbe anche conseguenze gravi, in quanto obbligherebbe la Camera a sciogliersi se il risultato fosse contrario, perché dovrebbe ritenersi che essa non rispecchiasse più la maggioranza della Nazione. Ritiene che si possa decidere — senza arrivare ad una votazione — sull'opportunità di non considerare, nella Costituzione, il referendum consultivo.

Mortati, Relatore, aggiunge che si dovrà anche decidere se il referendum popolare sarà un referendum deliberativo, con effetto obbligatorio, in determinati casi: ed allora si dovrebbero stabilire questi casi, come anche fissare i casi di esclusione.

Per il referendum legislativo o d'iniziativa parlamentare, si dovrebbe stabilire in quali casi potrà applicarsi, oltre che in materia di leggi già approvate o in caso di dissenso tra le due Camere. Fa presente che è stato già deciso dalla Sottocommissione di escludere nel Capo dello Stato la facoltà di indire il referendum: il potere esecutivo, cioè, può sciogliere le Camere, ma non può mai sentire il parere del popolo. Si dovrebbe anche stabilire se il referendum legislativo si possa chiedere in via principale o in via sussidiaria: personalmente crederebbe in via consultiva, ma escluso il referendum consultivo, per le ragione già dette, tale ipotesi non si potrà più verificare.

Il Presidente Terracini osserva che il Governo non può prendere l'iniziativa del referendum, se non attraverso il Parlamento: quando il referendum non è d'iniziativa popolare, non può essere indetto che per legge; dovrebbe esservi sempre un articolo, nella legge che si vuol sottoporre al referendum, il quale dicesse: «la presente legge deve essere sottoposta a referendum popolare».

Mortati, Relatore, nota che si avrebbe così una formula di legislazione lasciata alla volontà del popolo.

Fuschini osserva che, con la Costituzione, si è creato un sistema di democrazia indiretta, mentre il referendum è un sistema di vera e propria democrazia diretta. Si tratta di vedere come esso possa inserirsi nel sistema legislativo.

Il Presidente Terracini ritiene che le democrazie indirette dovrebbero tendere verso una trasformazione in democrazie dirette, se non vi sono motivi che l'impediscano. Si dovrebbe perciò accogliere nella Costituzione il maggior numero possibile di elementi di democrazia diretta: rimarrebbe il problema di coordinarli.

Mortati, Relatore, dubita che si possa prendere in considerazione l'ipotesi del referendum d'iniziativa parlamentare; perché il Parlamento, qualificato a fare leggi, verrebbe in tal modo a dubitare del valore della sua funzione di rappresentante del popolo: nell'ipotesi che il popolo con il referendum non approvasse un progetto, si avrebbe un esautoramento del Parlamento. In un sistema di tipo parlamentare non vede come ciò possa farsi, senza far seguire effetti particolarmente gravi da questa consultazione. In alcune decisioni già prese dalla Sottocommissione si è attuata l'inserzione di qualche elemento non strettamente parlamentare nel sistema parlamentare, si è realizzato cioè un tentativo di superare il regime puramente parlamentare.

Sarebbe piuttosto di opinione che l'iniziativa del referendum fosse affidata al Governo, il quale potrà trovarsi nella necessità di ricorrere al responso del popolo per decidere, ad esempio, sul mantenimento o meno di un dato indirizzo osteggiato dal Parlamento. Tuttavia, per il momento non parlerebbe né di iniziativa del Parlamento, né di iniziativa del Capo dello Stato, ma solo di quella affidata al corpo elettorale. Tutto al più si potrebbe ammettere la richiesta del referendum da parte di una minoranza qualificata della Camera, riannodandosi al concetto, già altra volta invocato, della protezione delle minoranze.

Il Presidente Terracini teme che questa ipotesi — che dovrebbe verificarsi solo in casi eccezionali — potrebbe invece ripetersi troppo frequentemente.

Uberti ritiene che, almeno inizialmente, il referendum avrebbe possibilità di successo solo in campo regionale.

Osserva poi che bisogna sganciare questo istituto dall'idea di un voto di fiducia politica e dargli un carattere di soluzione pratica di determinati problemi. Comprende che ciò riuscirà difficile; ma si tratta di trovare il modo di applicare in tema di referendum quanto avviene nel caso di una votazione contraria ad una legge comune: che il Governo non viene rovesciato se non sia stata posta la questione di fiducia.

Laconi ritiene che in Italia un referendum a cui partecipino 25 milioni di persone acquisterà sempre un valore politico, qualunque sia il carattere che si vorrà dargli.

Mannironi rileva che, scartata la tesi del referendum d'iniziativa del Capo del Governo e quello di iniziativa parlamentare, si potrà trovare l'accordo su un referendum voluto da una parte degli elettori.

Il Presidente Terracini, tenendo presente tale conclusione, ritiene che l'onorevole Mortati potrà formulare un progetto da sottoporre alla Sottocommissione nelle prossime riunioni.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti