[Il 18 gennaio 1947 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sull'organizzazione costituzionale dello Stato. — Presidenza del deputato Perassi.]

Il Presidente Perassi, riprendendo l'esame del referendum, su cui già si è svolta un'esauriente discussione nella riunione precedente, osserva che nessuna obiezione sostanziale è stata sollevata dai Commissari in merito all'adozione di tale istituto. Può, quindi, procedersi senz'altro all'esame degli articoli stilati dall'onorevole Mortati, il primo dei quali è del seguente tenore:

«Oltre che nel caso previsto dall'articolo 38, il Capo dello Stato ha facoltà di indire il referendum su una legge a lui sottoposta per la promulgazione, nel termine prescritto per procedere a questa.

«Analoga facoltà compete al Capo dello Stato per disegni di legge rigettati dal Parlamento. Egli può usarne nel termine di un mese dalla deliberazione di rigetto».

Apre la discussione su questo articolo.

Fabbri dichiara di essere favorevole, in linea di massima, all'istituto del referendum anche sul piano nazionale, purché la sua rilevanza giuridica sia condizionata alla partecipazione di almeno due quinti degli elettori. Pertanto, voterà contro o si asterrà dal votare tutte quelle proposte che non corrispondano al suo punto di vista, in quanto non può ammettere che da una modestissima aliquota di elettori possa essere modificata una decisione del Parlamento, il quale rappresenta la volontà di una percentuale notevole di cittadini.

La Rocca riafferma la sua contrarietà all'articolo, per le ragioni già esposte nella seduta precedente.

Ambrosini è favorevole alla disposizione in esame, perché ritiene che ogni qualvolta si ricorra a questo supremo appello alla Nazione nessun organo dello Stato possa sentirsi diminuito dal pronunziato del popolo, dal quale derivano, in ultima analisi, tutti i poteri dello Stato.

Cappi aderisce alla formula Mortati, purché sia modificata nel senso di precisare che il referendum può essere indetto soltanto sui progetti di legge che siano stati approvati con una maggioranza inferiore ai due terzi dei membri delle Camere.

Nobile suggerisce di porre anzitutto ai voti il quesito se si vuole ammettere, in via di massima, questa facoltà del Presidente della Repubblica, salvo ad esaminarne in seguito le eventuali limitazioni.

Laconi fa osservare all'onorevole Cappi che una procedura analoga a quella da lui consigliata si è già prevista per la revisione della Costituzione, e non sarebbe opportuno porre una qualsiasi legge sullo stesso piano della Carta costituzionale. Si dichiara comunque contrario al conferimento di un così largo potere al Presidente della Repubblica.

Bulloni esprime parere contrario a quest'articolo, rilevando che la possibilità per il popolo di far sentire la sua voce è consacrata nell'articolo successivo dello schema dell'onorevole Mortati, ed è inopportuno conferire al Presidente della Repubblica il potere di promuovere una tale manifestazione di volontà.

Quanto all'emendamento Cappi, nota che esso tradisce la preoccupazione che un disegno di legge sia approvato a leggera maggioranza; ma l'entità della maggioranza non deve interessare, purché si sia espressa.

Cappi modifica la sua proposta nel senso di non ammettere il referendum sui disegni di legge approvati a maggioranza assoluta dei componenti le Camere.

Il Presidente Perassi, aderendo alla proposta dell'onorevole Nobile, pone ai voti il principio che al Presidente della Repubblica si debba conferire la facoltà di sottoporre a referendum popolare una legge votata dal Parlamento, con riserva di esaminare successivamente le eventuali limitazioni di tale potestà.

(Non è approvato).

Mortati, Relatore, avverte che si potrebbe tuttavia considerare un'ipotesi diversa, e cioè che un disegno di legge sia approvato da un ramo del Parlamento e respinto dall'altro. A questo proposito ricorda che si è già trattato in altra occasione della possibilità da parte del Presidente della Repubblica di sottoporre a referendum il progetto su cui verte il dissidio, o di sciogliere le due Camere. Propone, quindi, il seguente articolo:

«Il Capo dello Stato ha facoltà di indire il referendum su un disegno di legge sul quale vi sia dissenso tra i due rami del Parlamento.

«Analoga facoltà compete nel caso di legge rigettata da entrambi i rami».

Lami Starnuti trova che l'ipotesi di intervento del Capo dello Stato nel conflitto tra le due Camere è ancora più grave della precedente. A maggior ragione perciò vi è contrario.

Cappi subordina il suo parere favorevole al nuovo articolo alla condizione che sia emendato come aveva proposto di emendare l'articolo su cui si è votato.

Uberti riconosce un valore assoluto alla volontà popolare e ritiene che chi ha sentimenti veramente democratici non debba preoccuparsi di questo appello al popolo e della sua maggiore partecipazione alla vita politica. Aderisce, pertanto, alla proposta dell'onorevole Mortati, la quale, a suo avviso, non può considerarsi lesiva dell'istituto parlamentare.

Einaudi, poiché nell'ipotesi in esame è già la presunzione che una legge sia cattiva (in quanto respinta da un ramo del Parlamento), cosicché, non deve sentirsi la necessità di interpellare il popolo, è contrario al nuovo articolo, pur avendo votato in favore del precedente.

Il Presidente Perassi pone ai voti la nuova formula proposta dall'onorevole Mortati.

(Non è approvata).

Mette in discussione l'articolo 2 del progetto Mortati:

«Nel termine prescritto per la promulgazione, un ventesimo degli elettori iscritti potrà richiedere che sia indetto un referendum su una legge approvata dal Parlamento».

Rileva che il termine prescritto per la promulgazione è di un mese. Ora, se si ammette il referendum facoltativo sulle leggi votate dal Parlamento, bisogna concedere per la raccolta delle firme un termine adeguato, che dovrebbe decorrere da una pubblicazione della legge fatta esclusivamente allo scopo di portarla a conoscenza dei cittadini per porli in condizione, se credano, di richiedere un referendum. Il termine dunque dovrebbe essere elevato ad almeno tre mesi.

Fuschini non trova ammissibile che una legge resti in sospeso per tanto tempo.

Il Presidente Perassi informa che in Svizzera esistono due pubblicazioni ufficiali: La Feuille fédérale e Le Recueil des lois fédérales. Quando l'Assemblea federale approva le leggi che, a norma della Costituzione, possono essere sottoposte a referendum facoltativo, esse vengono pubblicate su La Feueille fédérale con l'indicazione del termine entro il quale può essere presentata la richiesta di referendum con il numero di firme necessario. La pubblicazione su Le Recueil des lois fédérales avviene solo dopo la scadenza del termine o l'esito favorevole del referendum.

Fabbri rileva che ciò è possibile in Svizzera, in quanto vi si emana un numero limitato di leggi.

Nobile, per mozione d'ordine, propone che anzitutto si voti sul principio che una legge approvata dal Parlamento possa essere sottoposta a referendum, su richiesta di un certo numero di cittadini.

Einaudi nota che l'adozione di un sistema analogo a quello Svizzero rappresenterebbe un progresso nella nostra tecnica legislativa, perché impedirebbe l'emanazione di molte leggi che potrebbero essere dannose al Paese.

Laconi rileva che il referendum, su richiesta di una percentuale degli elettori, dovrebbe ammettersi non soltanto rispetto ad una legge approvata dal Parlamento, ma anche nell'ipotesi di legge respinta.

Mortati, Relatore, replica che un progetto di legge, una volta respinto non esiste più.

Il Presidente Perassi pone per il momento ai voti il principio di ammettere su una legge approvata dal Parlamento un'istanza di referendum con le relative conseguenze, di cui si vedrà in seguito.

(È approvato).

Mortati, Relatore, premesso che l'articolo 19, nella sua formula definitiva elaborata dal Comitato di redazione, prevede una sospensiva della promulgazione della legge sulla quale sia indetto il referendum popolare, osserva che — giuste le considerazioni del Presidente — è necessaria una pubblicazione preventiva della legge stessa, che potrebbe farsi subito dopo la sua approvazione da parte della Camera che l'ha esaminata per ultima. Ricorda che un precedente del genere si ha già nell'ordinamento regionale, ove si è prevista una pubblicazione provvisoria della legge, che vale unicamente come una forma di pubblicità per rendere possibile l'eventuale opposizione da parte del Governo o delle altre Regioni. Per quanto concerne il termine, personalmente ritiene che lo si potrebbe fissare in due mesi.

Lami Starnuti riprende l'osservazione dell'onorevole Laconi, che mirava a consentire il referendum anche nel caso di legge respinta dal Parlamento, facendo rilevare che il progetto di legge respinto potrebbe anche essere ripresentato al Parlamento ad iniziativa popolare. Non v'è, quindi, motivo di negare la possibilità di ricorrere al referendum, evitando così di costringere il Parlamento a ripetere nuovamente un esame che già ha espletato.

Mortati, Relatore, obietta che per la richiesta di referendum è necessaria la firma di un ventesimo degli elettori.

Cappi concorda con l'onorevole Laconi e propone la seguente formula:

«Entro un mese dall'approvazione o dal rigetto di un disegno di legge, da parte del Parlamento, con una maggioranza inferiore ai tre quinti dei suoi membri, un quarantesimo degli elettori o la maggioranza assoluta di quattro Assemblee regionali può chiedere che sia indetto il referendum. Fino all'esito del referendum la legge resta sospesa».

Nobile espone la sua perplessità in merito all'adozione del referendum anche nel caso di progetto di legge respinto dal Parlamento. Fa osservare che il progetto rigettato potrebbe essere stato già esso di iniziativa popolare. La cosa starebbe a significare che i centomila elettori che hanno presentato un progetto di legge, dopo che questo è stato respinto dal Parlamento, avrebbero ancora la possibilità — trovando altri aderenti — di chiedere sullo stesso un referendum popolare.

Einaudi richiama l'attenzione sul fatto che la richiesta di referendum su un disegno di legge respinto dovrà partire da un corpo di elettori diversi da quello che aveva preso l'iniziativa di presentarlo; non sarà più il modesto numero di centomila elettori, ma uno molto maggiore che verrà stabilito nell'articolo in esame. Piuttosto bisogna tener presente che, nella mora dei due o tre mesi, l'opinione pubblica può essere mutata e, quindi, può essere giustificata la ripresentazione di un disegno di legge respinto.

Bulloni si dichiara contrario al referendum nel caso di rigetto di progetto di legge, per le considerazioni già svolte da alcuni colleghi e soprattutto per quanto ha detto l'onorevole Mortati in una felice interruzione: che, cioè, il disegno di legge non approvato non esiste più.

Laconi replica che l'ammissione del referendum nel caso in parola, per quanto apparentemente possa sembrare un indulgere al principio della sovranità popolare in realtà non lo è, appunto perché nulla vieta all'iniziativa popolare di far suo un progetto respinto e presentarlo come fosse un progetto nuovo. Sennonché, per la presentazione di un progetto ad iniziativa popolare sono sufficienti centomila firme, mentre per la richiesta di referendum ne occorrono molte di più.

Lami Starnuti concorda con l'onorevole Laconi, avvertendo che la sua intenzione è unicamente quella di impedire che venga nuovamente presentato al Parlamento un progetto che questo ha già respinto.

Ambrosini obietta che, se si vuole raggiungere questo scopo, è necessaria una esplicita norma costituzionale.

Il Presidente Perassi pone ai voti la proposta di ammettere il referendum anche rispetto ai disegni di legge respinti dalle due Camere o da una di esse.

(È approvato).

Osserva che, una volta deciso che l'istanza di referendum è ammessa sia nei riguardi di un disegno di legge approvato dal Parlamento, che in quelli di un disegno di legge respinto, restano da esaminare le eventuali limitazioni dell'istituto. Personalmente propone che il referendum sui progetti di legge approvati possa essere indetto soltanto quando questi abbiano ottenuto in ciascuna Camera una maggioranza inferiore ai tre quinti.

Nobile propone di escludere dal referendum i progetti di legge che siano stati approvati o respinti dalle due Camere a maggioranza assoluta, e quelli che dal Governo o da una delle Camere siano stati dichiarati urgenti.

Mortati, Relatore, suggerisce di abbinare le due ipotesi, nel senso di stabilire che il referendum non è ammesso quando il disegno di legge sia dichiarato urgente da parte di una maggioranza qualificata (ad esempio i tre quinti) delle due Camere.

Il Presidente Perassi esprime l'avviso che le due ipotesi possano coesistere, ossia che si possa escludere il referendum tanto nel caso di progetto approvato con la maggioranza dei tre quinti, quanto in quello di un progetto dichiarato urgente da una maggioranza qualificata.

Einaudi si dichiara contrario in ogni caso, per le ragioni che ha già lumeggiato, e soprattutto perché, a suo parere, neanche l'unanimità dei pareri delle Camere può costituire una prova che il provvedimento sia conforme ai desideri del popolo.

Lami Starnuti è favorevole alle proposte limitative illustrate dal Presidente, purché vengano completate da un'ulteriore limitazione, tendente a stabilire un termine alla immutabilità delle leggi; trascorso il quale, tutte le leggi approvate dal Parlamento con qualsivoglia maggioranza, possono essere rivedute.

Mortati, Relatore, insiste sulla sua proposta, facendo, fra l'altro, presente che sarebbe opportuno far assumere alle Camere la responsabilità di dichiarare l'urgenza di una legge, allo scopo di escludere il referendum su di essa.

Cappi è favorevole alla limitazione rappresentata dall'approvazione della legge con una maggioranza qualificata e contrario a quella rappresentata dalla dichiarazione dell'urgenza.

Lami Starnuti aderisce invece al punto di vista dell'onorevole Mortati, che ritiene utile ad impedire che il Parlamento eluda le disposizioni di legge sul referendum.

Nobile trova eccessivo richiedere la maggioranza dei tre quinti sia nell'un caso che nell'altro, e crede che un limite ragionevole si abbia già nella maggioranza assoluta. Ricorda, quindi, che si imporrà una modificazione dell'articolo già approvato, a norma del quale le leggi debbono essere promulgate entro un mese dalla loro approvazione.

Uberti pone in evidenza che in pratica la maggior parte delle leggi vengono approvate con una maggioranza notevole e soltanto, quelle che hanno rilevanza politica suscitano forti contrasti e raccolgono un limitato numero di adesioni.

Bulloni, premesso che bisogna avere fiducia nei futuri legislatori e ritenere superfluo ricorrere ad una consultazione popolare quando sia stata dichiarata l'urgenza di un provvedimento con una maggioranza qualificata, dichiara di aderire alla proposta dell'onorevole Mortati.

Il Presidente Perassi, riepilogando, constata che sono state presentate tre diverse proposte, miranti rispettivamente ad escludere il referendum: 1°) nei riguardi di un provvedimento legislativo votato dalle due Camere a maggioranza assoluta; 2°) nei riguardi di un provvedimento approvato dalle Camere a maggioranza dei tre quinti o dichiarato urgente a maggioranza assoluta; 3°) nei riguardi di un provvedimento dichiarato urgente dalle Camere con una maggioranza dei tre quinti.

Pone ai voti la prima delle tre proposte.

(Non è approvata).

Mette in votazione il principio che il referendum non sia ammesso su una legge votata a maggioranza dei tre quinti delle Camere, prescindendo, per il momento, dalla eventuale dichiarazione di urgenza.

(È approvato).

Rileva che l'esito della votazione fa decadere la prima proposta con l'approvazione della seconda (nei limiti in cui egli l'ha indicata mettendola in votazione), mentre resta ancora da esaminare l'ipotesi di leggi dichiarate urgenti da entrambe le Camere (a maggioranza assoluta di voti o con una maggioranza qualificata).

Lami Starnuti ritiene che il criterio di escludere la consultazione popolare per le leggi dichiarate urgenti, a maggioranza assoluta, potrebbe essere utile per rendere più difficile il verificarsi di una richiesta di referendum su una legge di carattere finanziario. Ma, poiché le leggi di tal natura, per l'articolo 5 del progetto Mortati, non possono in nessun coso essere oggetto di referendum, si dichiara contrario alla proposta in esame.

Il Presidente Perassi pone ai voti il principio che non sia ammesso il referendum sulle leggi dichiarate urgenti a maggioranza assoluta delle due Camere.

(Non è approvato).

Avverte che, con ciò è assorbita l'altra proposta relativa alla dichiarazione d'urgenza con maggioranza qualificata.

Lami Starnuti esprime l'avviso che con quest'ultima votazione non possa ritenersi esaurita la casistica, perché può anche verificarsi l'ipotesi che una legge, pur essendo stata approvata soltanto a maggioranza assoluta, sia dichiarata urgente da una maggioranza dei tre quinti di membri del Parlamento. Dovrebbe, quindi, ancora mettersi ai voti il principio di sottrarre al referendum anche le leggi approvate a maggioranza assoluta e la cui urgenza sia stata riconosciuta da ciascuna delle Camere a maggioranza dei tre quinti.

Nobile non trova fondata l'osservazione dell'onorevole Lami Starnuti, in quanto, se una notevole minoranza delle Camere è contraria ad una legge, tanto meno ne potrà volere l'urgenza. In altri termini, quel decimo che rappresenta la differenza fra la maggioranza assoluta ed i tre quinti, dopo aver contribuito al tentativo di respingere il disegno di legge, dovrebbe essere favorevole ad una dichiarazione di urgenza.

Lami Starnuti replica che spesso il contrasto non verte tanto sulla materia da disciplinare quanto sulle modalità della disciplina. Una volta formatasi la maggioranza su un determinato ordine di idee, tutto il Parlamento potrebbe riconoscere l'opportunità che la legge venga applicata con urgenza.

Fabbri obietta che in pratica la dichiarazione dell'urgenza sarà contenuta in un articolo della legge e, quindi, coloro che votassero la legge nel suo complesso ne voterebbero anche l'urgenza.

Einaudi ritiene che l'ipotesi non sia irreale, per quanto difficile a verificarsi, perché la questione dell'urgenza potrebbe sorgere anche dopo l'approvazione della legge.

Lami Starnuti ricorre ad una esemplificazione per chiarire il suo punto di vista. Ammesso che il nuovo ordinamento regionale fosse sottoposto per l'approvazione al Parlamento, alcuni deputati, fautori di una più limitata potestà legislativa delle Regioni, potrebbero combattere qualche articolo della legge e votare contro la legge stessa; sennonché, una volta approvata nel suo complesso e richiestane l'urgenza dal Governo, potrebbero votare in favore dell'urgenza nella considerazione che la creazione del Senato è legata all'entrata in vigore della legge e, nell'interesse supremo dello Stato, è necessario mettere il nuovo Parlamento in condizione di funzionare al più presto.

Laconi, aderendo al punto di vista dell'onorevole Lami Starnuti, cita un altro esempio. Su di una legge urgentissima, con cui si approvano degli stanziamenti in favore di una Regione che ha subìto un disastro, potrebbe esserci dissenso sull'entità della cifra — e quindi voto contrario di un certo numero di deputati — ma accordo unanime sull'urgenza.

Fabbri ripete che la legge si vota nel suo complesso.

Mortati, Relatore, si associa, ribadendo il concetto che la dichiarazione d'urgenza non può essere avulsa dalla legge. Quando si vota una legge, si sa già se ha o meno un carattere d'urgenza. L'approvazione e la dichiarazione d'urgenza sono dunque due momenti che fanno parte di uno stesso processo volitivo.

Tosato aggiunge che per l'articolo 19 del Comitato di redazione, le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro 30 giorni dall'approvazione. Pertanto, una legge ritenuta urgente dovrà necessariamente contenere un articolo in cui si determini un termine diverso dal normale.

Lami Starnuti non insiste.

Il Presidente Perassi, per quanto concerne il numero dei cittadini che deve sottoscrivere l'istanza di referendum, ricorda che si è proposto un ventesimo degli elettori iscritti, il che significa circa 1 milione e 400 mila elettori. Personalmente ritiene la cifra troppo elevata.

Cappi fa presente che nella sua formula si parla di un quarantesimo.

Farini sostiene che, se si stabilisce una cifra bassa, si corre il rischio di avere un referendum ad ogni piè sospinto, in quanto la raccolta delle firme non è cosa difficile in un Paese in cui esistono forti partiti organizzati. Fisserebbe, quindi, la percentuale di un decimo, o, al massimo, di un ventesimo degli elettori.

Uberti si oppone, nella considerazione che, così facendo, si escluderebbe in pratica l'istituto del referendum, data la difficoltà di mettere assieme un numero rilevante di firme.

Bulloni condivide la preoccupazione che il fissare un numero basso di elettori per la richiesta di referendum, possa prestarsi ad azioni sabotatrici da parte di gruppi organizzati.

Il Presidente Perassi ricorda che in Svizzera — con una popolazione di circa 4 milioni e mezzo di abitanti — la richiesta di referendum può essere presentata da 30 mila cittadini. In Italia potrebbe mantenersi la stessa proporzione.

Mortati, Relatore, fa presente che per la richiesta di revisione della Costituzione si è deliberata la cifra di 500.000 elettori. Sarebbe, quindi, opportuno anche in questo caso stabilire la stessa cifra fissa, anziché una percentuale.

Il Presidente Perassi concorda e mette ai voti la proposta.

(È approvata).

Ricorda che l'onorevole Cappi ha suggerito di concedere l'iniziativa della istanza di referendum anche a un certo numero (precisamente quattro) di Assemblee regionali, purché la decisione sia stata da queste adottata a maggioranza assoluta.

Pone quindi ai voti il principio, che debba essere ammessa la richiesta di referendum da parte di Assemblee regionali.

(È approvata).

Lami Starnuti propone di elevare il numero delle Assemblee regionali che possono avanzare la richiesta a nove, rinunciando però alla limitazione della maggioranza assoluta.

Il Presidente Perassi pone ai voti quest'ultima proposta.

(È approvata).

Ricorda che resta da deliberare il termine entro il quale può essere presentata la domanda di referendum.

Mortati, Relatore, ritiene che il limite di due mesi dalla pubblicazione provvisoria, fatta subito dopo l'approvazione delle due Camere, dovrebbe essere sufficiente, dati gli attuali mezzi di comunicazione.

Laconi propone il termine di tre mesi per uniformità con quanto è fissato per la revisione della Costituzione.

Nobile suggerisce il termine di un mese.

Fuschini osserva che, per evitare una troppo lunga sospensione della legge, si potrebbe stabilire che per ottenere l'effetto sospensivo basta la domanda firmata da un numero di cittadini inferiore ai 500.000, salvo poi a completare la raccolta delle firme; in questo modo potrebbe anche adottarsi un decorso di tempo relativamente breve.

Ambrosini trova che la considerazione dell'onorevole Fuschini è degna di rilievo, ma osserva che, se non si concede un termine abbastanza lungo per la raccolta delle firme, si rischia di creare un istituto di impossibile attuazione.

Mortati, Relatore, insiste nella sua proposta, aggiungendo, alle ragioni già esposte, la considerazione che i referendum saranno indetti da partiti organizzati.

Il Presidente Perassi pone ai voti la proposta di fissare il termine entro il quale può essere richiesto il referendum a due mesi dalla pubblicazione provvisoria del provvedimento legislativo.

(È approvata).

Lami Starnuti ricorda la sua proposta di stabilire che, trascorso un certo lasso di tempo, può essere assoggettata a referendum anche una legge che sia stata approvata dalle Camere con una maggioranza dei tre quinti.

Laconi ritiene che la deliberazione testé approvata sia di una gravità eccessiva, in quanto lascerebbe in sospeso le leggi per due mesi. Propone, pertanto, di considerare tutte le decisioni adottate nella seduta odierna come provvisorie, per consentirne un eventuale riesame in una prossima riunione.

(Così rimane stabilito).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti