[Dalla relazione del Presidente della Commissione per la Costituzione Meuccio Ruini che accompagna il Progetto di Costituzione della Repubblica italiana.
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della relazione.]
Ed ecco ancora un altro istituto nuovo nella vita costituzionale italiana: il referendum popolare. Oltre alla facoltà che hanno cinquantamila elettori di proporre al Parlamento un disegno articolato di legge, il diritto di vero e proprio referendum è attribuito al popolo, che può richiamare a sé la decisione su leggi votate dal Parlamento. Ciò avviene in due casi-tipo. Un primo (che ad alcuni apparve con un profilo di «veto» e destò riserve) si può esercitare appena la legge è approvata, e ne sospende l'entrata in vigore, quando ciò è tempestivamente richiesto da un'avanguardia di elettori o Consigli regionali. Si devono raggiungere entro due mesi, per dar corso al referendum, tali adesioni da raccogliere complessivamente mezzo milione di elettori o sette Consigli regionali. Questa forma di referendum trova un limite nel senso che non può aver luogo per leggi dichiarate urgenti dalla maggioranza assoluta, o approvate da due terzi dei membri di ciascuna Camera.
L'altro tipo di referendum è quello abrogativo: il popolo, con l'iniziativa di un eguale quorum complessivo, può sottoporre a referendum una legge che sia in vigore da almeno due anni. La figura del referendum si affaccia ancora nella costituzione — ed anche qui ha dato luogo a riserve — con l'iniziativa rimessa non al popolo ma al Capo dello Stato, il quale può chiamare il popolo a decidere nel conflitto fra i due rami del Parlamento per l'approvazione di una legge.
Per il referendum, come per altri istituti nuovi all'Italia, deciderà l'esperienza concreta. Si è creduto di dover aprire la via ad una forma di manifestazione diretta di quella sovranità popolare, su cui poggia tutto il nuovo edificio democratico.
A cura di Fabrizio Calzaretti