[La seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione, discute per la prima volta la questione della decretazione d'urgenza, nella seduta del 20 settembre 1946 nella formulazione dell'articolo riguardante l'elezione della Camera dei Deputati. Poiché in quella sede l'argomento principale di discussione è la proroga dei poteri della Camera sciolta, fino alla riunione della nuova Camera, si rimanda per quella discussione al commento dell'articolo 61.

Entra invece pienamente nel merito (pur discutendo dei poteri e delle funzioni della Camera dei Deputati) nella seduta del 21 settembre 1946 alla presidenza del Vicepresidente Conti.]

Il Presidente Conti. [...] Avverte che si dovrebbe ora prendere in esame la sua proposta di una Giunta permanente, concretata nei seguenti termini:

«Elegge ogni anno, all'inizio della sessione di primavera, con votazione a maggioranza assoluta, una Giunta permanente, presieduta dal Presidente della Camera, composta di trenta deputati, con il mandato di procedere, nella vacanza del Parlamento, congiuntamente con la Giunta del Senato, all'esame e all'approvazione in via di urgenza di progetti di legge del Governo».

Fabbri ricorda che la Sottocommissione ha già esclusa la funzione legislativa di una delegazione di una Camera sciolta, limitando la questione alla opportunità o meno di mantenere in funzione un organo per l'insediamento della nuova Camera.

Il Presidente Conti osserva che la Giunta da lui proposta potrebbe avere il suo utile funzionamento, non solo dopo lo scioglimento della Camera, ma anche nella sua vacanza per sospensione dei lavori o per aggiornamento.

Zuccarini è contrario alla creazione di una Giunta permanente, cui sarebbero affidati dei compiti che devono invece essere assolti esclusivamente dall'Assemblea.

Oggi ci si è abituati all'idea che il Governo fa le leggi, le approva e le rende esecutive; ma tutto questo non deve più verificarsi in avvenire; non deve esserci una legge che non sia approvata dalla Camera. Il potere esecutivo deve essere il mandatario del potere legislativo. Pertanto, quell'abitudine non può trovare riconoscimento, sia pur limitato, nella Costituzione, perché ciò farebbe rinunciare la Camera alla sua funzione essenziale.

Il Presidente Conti fa presente che un solo concetto ispira l'articolo: l'urgenza. Crede che il sistema sia accettabile, per evitare il male dei decreti-legge, senza mettere il Governo in condizioni di non poter funzionare in determinati momenti.

Mortati, Relatore, osserva che l'articolo, come è formulato, conduce necessariamente all'esame del principio della ammissibilità della decretazione di urgenza.

Quanto al merito si associa all'onorevole Zuccarini. Che il Governo sia costretto in casi eccezionali e straordinarissimi a prendere un provvedimento all'infuori delle Camere, è una eventualità ammissibile e il quesito che si deve porre è se sia il caso di legalizzare questa eventualità.

Intanto bisognerebbe considerare se la vacanza della Camera sia dovuta a scioglimento o ad aggiornamento. Nell'ipotesi dell'aggiornamento, ritiene che — a parte i decreti-catenaccio, per i quali neanche la Giunta potrebbe servire — tutti gli altri casi possono essere affrontati e risolti (nell'epoca degli aeroplani, del telegrafo e dei treni lampo), in regime di Parlamento, attraverso una convocazione straordinaria.

Rileva che di tutti i decreti-legge che la storia parlamentare ricorda, solo una percentuale minima è giustificata dall'urgenza; in tutti gli altri casi questa è un pretesto che il Governo, e per esso la burocrazia, usa per decretare a sua volontà. Contro questo cattivo uso del potere esecutivo bisogna reagire, vietando al Governo l'emissione autonoma di qualsiasi procedimento di urgenza. Se il Governo non potesse fare assolutamente a meno di prendere un provvedimento del genere, lo farà sotto la sua responsabilità e potrà ottenere — come si dice in Inghilterra — un bill d'indennità. Ma egli teme che, accogliendo la proposta dell'onorevole Conti, si corra il pericolo di estromettere il Parlamento proprio dalla sua funzione caratteristica che è quella di legiferare.

Il Presidente Conti ritiene che la Sottocommissione debba prima deliberare sul principio se ammettere o no la decretazione di urgenza.

Bozzi esprime il parere che, in linea di massima, dovrebbe essere vietata al Governo questa facoltà, che è stata una delle piaghe del nostro Paese e che in periodo di Camera aperta è assolutamente inammissibile. L'onorevole Conti propone in sostanza un temperamento, per il quale, a Camera chiusa, anziché convocare l'Assemblea plenaria, si riunirebbe una Giunta permanente; ma egli non può accedervi. Potrebbe ammettere questa Commissione come organo di preparazione, di studio, di indagine, ma non come organo deliberativo, perché la deliberazione deve rimanere funzione della Camera. Al massimo si potrebbe consentire un'eccezione per i decreti-catenaccio.

Einaudi dichiara che non da oggi soltanto egli è per il divieto assoluto della decretazione d'urgenza e, senza alcuna eccezione, neanche per i decreti-catenaccio, dei quali nega qualunque giustificazione. Se nel campo fiscale-tributario si temono possibili inconvenienti, spetterà all'amministrazione di ricorrere agli opportuni accorgimenti per evitarli.

Fabbri richiama l'attenzione sul caso delle imposte di fabbricazione, per le cui variazioni di tariffa il decreto-catenaccio potrebbe essere giustificato dallo scopo di impedire facili frodi.

Einaudi ripete che all'Amministrazione finanziaria non manca il modo di evitare queste frodi, ricorrendo, ad esempio, alle risultanze delle giacenze e a quelle dei registri di carico e scarico e delle lavorazioni, ormai obbligatori in tutte le fabbriche soggette a controllo fiscale.

Nobile è pure contrario ad ogni decretazione di urgenza, perché è sempre possibile convocare tempestivamente il Parlamento, data la odierna rapidità dei mezzi di comunicazione.

Patricolo chiede ai vecchi parlamentari, che fanno parte della Commissione, se non credono che vi siano casi di vera ed assoluta urgenza nei quali occorre legiferare senza avere il tempo di riunire l'Assemblea. Trova convincenti le argomentazioni degli onorevoli Zuccarini e Mortati, ma non crede che la Giunta proposta dall'onorevole Conti debba essere svalutata. Certo, si deve rispettare il principio che il potere esecutivo non abbia la facoltà di emettere decreti; ma il principio stesso non può considerarsi violato se il potere legislativo delega ad una sua, sia pur modesta, rappresentanza di intervenire eccezionalmente con provvedimenti di urgenza per fronteggiare le conseguenze di avvenimenti impreveduti (come ad esempio terremoti od altre calamità) o provvedere a necessità impellenti di politica tributaria.

Lussu non nasconde la sua perplessità di fronte alla importanza del problema. Antico assertore della assoluta prerogativa del Parlamento nel campo della legislazione, crede di dover rettificare alquanto questo suo modo di vedere, in seguito alla sua recente esperienza di Governo. All'onorevole Einaudi, che si è richiamato a principî di liberalismo puro, osserva che la vita moderna ha esigenze democratiche più che liberali: essa è così piena di problemi urgenti che non si può negare che vi sono casi in cui il Governo è obbligato a intervenire immediatamente. Vero che la Camera potrà essere convocata in breve termine; e ciò potrà avvenire per questioni importanti; ma vi sono infiniti piccoli problemi per i quali non si può convocare il Parlamento e che d'altra parte richiedono immediatezza di decisione, se non si vuole intralciare l'opera del Governo.

È quindi perplesso e ritiene che il principio rigido dell'ostilità alla decretazione d'urgenza dovrebbe essere attenuato. D'altronde gli sembra che la proposta dell'onorevole Conti di creare una Giunta, in cui siano rappresentate le varie correnti politiche, costituisca una garanzia. Delegherebbe quindi a questa Giunta la facoltà di decidere se il provvedimento è veramente urgente.

Uberti osserva che, nella complessità dei problemi che possono presentarsi, ve ne sono molti che hanno un carattere locale e quindi potranno rientrare nella competenza delle Assemblee regionali; di fronte a questa osservazione spera che la perplessità dell'onorevole Lussu sarà superata. Inoltre fa presente che un atteggiamento spirituale diverso deve ormai importare la vita politica del Paese. Certo si governa più facilmente e più rapidamente senza l'approvazione dell'Assemblea, in cui possono sorgere ostacoli od opposizioni; ma è proprio in questo che si rivela e si afferma la vita democratica: in materia di leggi il Governo non deve agire senza il preventivo consenso dell'Assemblea legislativa. Contesta che non si possa governare senza ricorrere alla decretazione d'urgenza, e ricorda che in passato vi sono state leggi che, presentate al Parlamento con carattere d'urgenza, sono state nella stessa seduta approvate, con una relazione orale, dalla Camera e talvolta anche dal Senato nella giornata medesima. Quindi si può e si deve mutare il sistema. Ricorda che dal 1921 si cominciò a legiferare per decreto-legge, malgrado una vera insurrezione contro questo sistema, e così, con l'andare del tempo, ci si è talmente abituati ad esso che sembra quasi impossibile governare senza farvi ricorso. Ma è appunto questo il sistema che deve essere capovolto: deve essere negata al Governo la facoltà di decretare d'urgenza ed il Governo, come ha osservato l'onorevole Einaudi, ha il modo per trarsi d'impaccio anche nei casi più complicati e difficili, senza ledere questo principio, che deve rimanere integro ed assoluto.

Ravagnan confessa che la rigida formula di questo principio è seducente, ma le osservazioni dell'onorevole Lussu fanno pensare che la questione debba essere ricondotta nei suoi termini pratici. Occorre preoccuparsi del come provvedere a legiferare in caso di riconosciuta urgenza nel periodo di sospensione dei lavori parlamentari. Pertanto bisogna o abolire le vacanze del Parlamento o ridurle al minimo, o creare un organismo che provveda alla continuità dell'attività legislativa.

Mortati, Relatore, non nega il fondamento delle riserve che l'esperienza di Governo ha suggerito all'onorevole Lussu, ma desidererebbe sapere da lui se tutti i provvedimenti portati alle riunioni del Consiglio dei Ministri quando egli ne faceva parte rivestissero un effettivo carattere di urgenza o non fossero gabellati per tali dai direttori generali che li improvvisavano all'ultimo momento, concorrendo a formare quella legislazione tumultuaria, caotica e contraddittoria di cui tutti i cittadini sono vittime.

Nel caso di pubblica calamità, per cui anche il termine più breve per la convocazione dell'Assemblea potrebbe riuscire di danno, il Governo, sotto l'incalzare della necessità, potrà ricorrere a provvedimenti che, a stretto rigore, dovrebbero ritenersi illegittimi, ma che avranno applicazione di fatto almeno fino a quando un giudice non ne riconoscerà l'illegittimità. È questo l'espediente dotato in Inghilterra, dove il Governo chiede, caso per caso, al Parlamento di essere esonerato da ogni responsabilità col cosiddetto bill d'indennità. Non è poi da escludersi che in sede di Costituzione o di regolamento si possano imporre termini ristretti per la trasmissione di progetti urgenti e per abbreviare la procedura parlamentare di approvazione delle leggi.

Insiste pertanto nella proposta di abolire la decretazione di urgenza. Per i decreti-catenaccio confessa di rimanere alquanto perplesso, ma si arrende alla competenza dell'onorevole Einaudi circa gli accorgimenti ai quali la pubblica amministrazione potrebbe ricorrere per ovviare alle dannose conseguenze che deriverebbero da ritardi e dalla pubblicità nell'emanazione dei provvedimenti.

Tosato è anch'egli contrario alla decretazione d'urgenza per ragioni teoriche generali e per ragioni di carattere particolare. Ricorda che è nella teoria controverso se l'istituto dell'urgenza sia fonte di diritto: alcuni lo negano in ogni caso, altri quando manchi il riconoscimento del carattere di urgenza nel provvedimento. Anche se la facoltà della decretazione di urgenza viene limitata, la questione non è risolta; onde crede più opportuno o andare incontro alla pratica invalsa, o stabilire esplicitamente che l'istituto della decretazione di urgenza è escluso.

È contrario, anche per ragioni di carattere pratico, alla nomina della Giunta permanente proposta dall'onorevole Conti. Infatti, o essa è investita di poteri legislativi, ed allora l'attività legislativa sarà concentrata nel periodo di sospensione dei lavori dell'Assemblea e diventerà assorbente; o si conferisce a questa Giunta soltanto il potere di stabilire se il provvedimento rivesta o no carattere di urgenza, ed allora dalla maggioranza della Giunta il Governo otterrà sempre l'autorizzazione ad emanare il provvedimento e la minoranza non conseguirà altro risultato che di intralciare e ritardare l'emanazione del provvedimento stesso.

Ammette piuttosto che si possa escogitare una procedura abbreviata per i casi di vera urgenza.

Quanto ai decreti-catenaccio, ritiene che la questione sia piuttosto delicata e connessa con un problema di carattere più generale: quello dei rapporti fra Camera e Governo rispetto alle funzioni dell'Amministrazione finanziaria, sì che sarà bene esaminarla in una fase successiva.

Nobile ripete che nessun provvedimento avrà mai tale urgenza che non si possano aspettare almeno tre giorni, quanti oggi ne potranno occorrere per una decisione, anche se il Parlamento dovesse essere appositamente convocato. Concorda con i colleghi che sostengono doversi porre fine una buona volta all'uso dei decreti-legge, e assicura che ne conosce centinaia che si sono dimostrati del tutto inapplicabili, perché occasionati da esigenze transitorie o dovuti magari al capriccio di qualche direttore generale di Ministero.

Patricolo richiama l'attenzione sopra un altro aspetto della complessa questione. La gravissima situazione economica, che purtroppo esiste oggi nel Paese, potrebbe da un momento all'altro provocare sommosse popolari o comunque determinare uno stato di irrequietezza tale da consigliare il ricorso alla proclamazione del così detto stato di emergenza o di una legge marziale. Orbene, egli ritiene che non si dovrebbe lasciare al potere esecutivo la facoltà di compiere atti di tale gravità e, se non si potesse riunire l'Assemblea al completo, si dovrebbe almeno mettere a fianco del Governo un gruppo di parlamentari che rappresentassero il potere legislativo.

Fabbri non condivide l'ottimismo dell'onorevole Einaudi sulla facile eliminazione degli inconvenienti che — abolita la decretazione di urgenza — si possono determinare in materia fiscale. La sua preoccupazione riguarda particolarmente i dazi di importazione e soprattutto le imposte di fabbricazione, perché ritiene che il fermo sui magazzini sarebbe arbitrario e scarsamente efficace. Viceversa crede che il decreto-catenaccio, che ormai ha un riconoscimento nella prassi e una dottrina che lo giustifica, sia l'unico modo per impedire speculazioni e illeciti arricchimenti. Pertanto, alla norma relativa al divieto della decretazione di urgenza, aggiungerebbe un'eccezione per i decreti fiscali.

All'onorevole Patricolo fa osservare che la proclamazione dello stato di emergenza o della legge marziale rientra in un altro campo delle funzioni del potere esecutivo e deve avere una sua propria regolamentazione.

Per queste ragioni è assolutamente contrario ad una semplice limitazione di carattere generico, magari in forma indiretta, mediante la costituzione di una Giunta, anche perché potrebbe avvenire che qualche direttore generale, pur avendo in animo un provvedimento da due o tre mesi, lo presentasse, qualificandolo urgente, a Camera chiusa per evitare il fastidio della critica e della censura.

Codacci Pisanelli esprime il parere che il problema della legislazione di urgenza si ripresenterà sempre, anche se si cercherà di escludere tale competenza del potere esecutivo. È stato ricordato che anche in Inghilterra di fronte alle reali necessità si è trovato modo di sanare l'illegittimità di questi atti del potere esecutivo mediante il così detto bill d'indennità. In Italia se ne è discusso a lungo fin dai tempi dello Statuto Albertino, ricercando il fondamento di questo potere, di cui in ultima analisi il Governo si è sempre servito, e si è arrivati alla ben nota legge del 1926 che ha avuto anche una certa elaborazione scientifica. Ritiene quindi che occorra essere aderenti alla realtà e disciplinare la materia, perché altrimenti il problema risorgerebbe.

Si è accennato al timore di arbitrî da parte dei direttori generali, ma tutto dipenderà dalla disciplina che sarà data alla decretazione di urgenza. Se, per esempio, si riconoscesse al Governo, in caso di necessità o di urgenza, la facoltà di emanare provvedimenti legislativi speciali salvo a presentarli entro un brevissimo tempo (pena la decadenza) alle Assemblee legislative, l'arbitrio diverrebbe difficile: infatti, un sindacato ci sarebbe e di natura ancora più grave, perché ove il decreto non fosse approvato sorgerebbe una questione di responsabilità politica.

Giova infine tener presente che l'istituzione della Suprema Corte Costituzionale, per il controllo sulla costituzionalità della legge, assicurerebbe un'ulteriore garanzia. Se l'Italia esce da un periodo in cui la Costituzione non è stata rispettata, non si deve pensare che in avvenire ciò si ripeterà, anche perché le garanzie saranno molto maggiori.

Mannironi osserva che la discussione sulla decretazione di urgenza risolleva la questione della continuità dell'istituto parlamentare. È d'accordo, in linea di massima, che la decretazione di urgenza non debba essere ammessa; ma si preoccupa della realtà di fatto a cui accennava l'onorevole Codacci Pisanelli e pensa che, alla stessa maniera che non si può concepire una nazione senza governo o in vacanza di governo, non si può neppure concepire un governo senza l'istituto parlamentare o qualche cosa che lo rappresenti durante la sospensione dei lavori parlamentari o l'intervallo tra due legislature.

È d'accordo con la proposta Conti per l'istituzione di una Giunta permanente che, a suo avviso, dovrebbe avere i particolari compiti di assicurare la salvaguardia delle prerogative del Parlamento rispetto all'azione del Gabinetto e di controllare l'azione del Gabinetto stesso nei periodi in cui il Parlamento non è in grado di funzionare. Rileva che l'istituto trova il suo riscontro in altre costituzioni. Per esempio, quella di Weimar prevedeva due diverse commissioni: una per gli affari esteri ed un'altra per il controllo legislativo del Gabinetto; qualche cosa di analogo è previsto anche nell'ultima Costituzione francese.

Trova eccessiva la preoccupazione di forma di coloro che sostengono che una Camera che ha cessato di esistere per fine della legislatura o per scioglimento non dovrebbe avere più alcun diritto di sopravvivenza, e conclude che, se al Governo in determinati casi urgentissimi sarà data la possibilità costituzionale e giuridica di emanare qualche provvedimento, converrà non lasciarlo del tutto solo, e consentirgli di appoggiarsi a un organo che rappresenti il Parlamento.

Perassi premette che è sempre stato nemico dei decreti-legge e che perciò incontra le sue simpatie la posizione rigida che esclude la possibilità per il Governo di emanare norme giuridiche senza l'ausilio del Parlamento. Non disconosce però che nella realtà si possono incontrare difficoltà di ordine pratico per cui non si può essere fondamentalmente avversi al sistema previsto dall'onorevole Conti.

Circa i decreti-catenaccio non sarebbe esatto il riferimento ai prezzi dei generi di monopolio, perché ormai la legislazione ha attribuito al Ministero delle finanze la facoltà di fissarli. Resta invece la materia delle imposte di fabbricazione, per cui potrebbe forse ammettersi una eccezione.

Il Presidente Conti invita i Commissari ad esprimere il loro parere unicamente sulla questione pregiudiziale se, cioè, debba ammettersi o no una decretazione di urgenza.

Lussu si pronuncia conto l'ammissione di qualsiasi legislazione di eccezione che non abbia almeno il correttivo della Giunta.

Fabbri insiste sulla possibilità di limitare la decretazione di urgenza alla materia fiscale e in particolare alle imposte di fabbricazione.

Zuccarini non ammette alcuna delega al potere esecutivo ed è contrario all'istituzione di una Giunta permanente che operi in caso di aggiornamento della Camera. A suo avviso, la Camera deve essere sempre in condizioni di legiferare.

Il Presidente Conti chiarisce che la Giunta dovrebbe in primo luogo valutare il carattere di urgenza del provvedimento (perché, se riconoscesse che non sussiste, sarebbe autorizzata a respingere la pretesa governativa); in secondo luogo, una volta riconosciuta l'urgenza, dovrebbe partecipare all'opera legislativa assunta dal Governo.

Laconi propone di non votare sulla questione di principio, che è fuori causa, ma sulla proposta Conti. Non crede che si menomi in alcun modo la sovranità della Camera quando le si riconosca la facoltà di delegare i suoi poteri ad una parte dei suoi membri.

Mortati, Relatore, obietta che la delegazione di poteri in una costituzione rigida deve essere oggetto di espressa autorizzazione costituzionale.

Bulloni sostiene che il potere legislativo spetta esclusivamente alla Camera e non deve subire eccezioni nemmeno nelle materie fiscali, per le quali si potrà ricorrere alle misure amministrative accennate dall'onorevole Einaudi.

Propone la seguente formula:

«Non è consentita la decretazione di urgenza da parte del Governo».

Il Presidente Conti fa presente che una simile affermazione non esclude la possibilità dell'istituzione della Giunta permanente.

Perassi aggiunge che, in questa formulazione, si potrebbe procedere alla costituzione della Giunta con una legge apposita.

Fabbri suggerisce una nuova dizione:

«Solo per l'istituzione o la variazione di imposte di fabbricazione e atti fiscali è nella facoltà del potere esecutivo di emettere decreti aventi forza di legge».

Mannironi propone la seguente formulazione:

«Al principio di ogni legislatura la Camera nomina una Commissione permanente di trenta deputati con la rappresentanza proporzionale di tutti i gruppi. Tale Commissione nella vacanza del Parlamento e congiuntamente con analoga commissione nominata dalla seconda Camera, controllerà l'opera del Gabinetto, decidendo se ricorrono ragioni di urgenza per la emanazione di provvedimenti legislativi di carattere eccezionale».

Chiarisce che questa sua proposta dovrebbe in ogni caso essere messa ai voti dopo approvata la formulazione proposta dall'onorevole Bulloni sul divieto generico.

Tosato propone di mettere in votazione prima l'ordine del giorno Bulloni per passare poi alle eccezioni.

Il Presidente Conti pone ai voti la proposta Bulloni:

«Non è consentita la decretazione di urgenza da parte del Governo».

(È approvata all'unanimità).

Avverte che all'articolo da lui proposto sono state apportate talune modificazioni ond'esso risulta così formulato:

«La Camera elegge ogni anno all'inizio della sessione di primavera, con votazione a maggioranza assoluta, una Giunta permanente presieduta dal Presidente della Camera, composta da trenta deputati, con il mandato di procedere nell'aggiornamento del Parlamento, congiuntamente con la Giunta del Senato, all'esame ed all'approvazione in caso di urgenza di progetti di legge del Governo».

Lussu propone che invece di «all'inizio della sessione di primavera», si dica: «all'inizio dei suoi lavori».

Fabbri domanda se con tale disposizione i decreti-catenaccio restino esclusi. Non vuol dire cosa men che deferente verso il Parlamento, ma fa presente che quando un provvedimento che si intende emanare è a conoscenza di trenta persone, potranno verificarsi complicazioni che ben si possono immaginare. Ritiene che i decreti-catenaccio debbano rimanere tali.

Uberti ammette che, da un certo punto di vista, questa Giunta potrebbe rappresentare una tutela del diritto parlamentare; ma poiché ritiene che si debba rovesciare un costume invalso da decenni, voterà contro la nomina di questa Giunta per affermare integralmente il diritto del Parlamento.

Il Presidente Conti pone ai voti l'articolo da lui proposto nella formulazione definitiva di cui ha testé dato lettura.

(Non è approvato).

Avverte che, in conseguenza, resta implicitamente respinta anche la formulazione Mannironi.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti