[Il 20 dicembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sul coordinamento degli articoli sul potere legislativo.]

Il Presidente Terracini. [...] Pone in discussione l'articolo 33:

«Spetta all'Assemblea Nazionale deliberare la mobilitazione generale e l'entrata in guerra».

Mannironi propone che gli articoli 33 e 34 vengano fusi.

Nobile propone di aggiungere alle parole: «la mobilitazione generale» le altre «o parziale».

Tosato non ritiene possibile la fusione degli articoli 33 e 34 perché, mentre nel caso della mobilitazione generale e dell'entrata in guerra si tratta di una deliberazione e non di una legge sostanziale, nel caso dell'amnistia si tratta di una legge vera e propria.

Mannironi ritira la sua proposta.

Il Presidente Terracini pone intanto ai voti la prima parte dell'articolo:

«Spetta all'Assemblea Nazionale deliberare la mobilitazione generale».

(È approvata).

Fa presente che qui dovrebbe essere inserita l'aggiunta proposta dall'onorevole Nobile.

Tosato è contrario alla proposta dell'onorevole Nobile, che disarma eccessivamente il potere esecutivo. D'altra parte la mobilitazione parziale si può fare attraverso innumerevoli sotterfugi, sicché ritiene inutile prevederla nell'articolo in esame.

Laconi distingue due tipi di mobilitazione parziale: oltre a quello comunemente noto, vi è un tipo di mobilitazione regionale alla quale si è assistito in questo ultimo periodo in Sardegna e in Sicilia, che è un tipo di mobilitazione generale limitato ad una Ragione. Ritiene questo un caso di mobilitazione parziale per il quale sarebbe opportuno interpellare l'Assemblea Nazionale, mentre nel caso normale di richiamo di qualche classe, crede che se ne potrebbe fare a meno.

Rossi Paolo non è favorevole all'emendamento dell'onorevole Nobile, che ritiene contrario alle ragioni serie e gravi che possono giustificare la disposizione dell'articolo 33; e lo ritiene anche pericoloso, perché potrebbe determinare delle complicazioni di carattere internazionale veramente gravi.

Lussu considera la questione dal punto di vista politico: teme che, se il Governo dovrà sottoporre e giustificare al Parlamento anche il richiamo di due o tre classi di leva, si creerà quel clima pericoloso di mobilitazione generale, che è bene sia evitato per le conseguenze politiche che può produrre. Crede si possa lasciare al Governo la facoltà di decidere in merito alla mobilitazione parziale.

Il Presidente Terracini ritiene che non debba essere trascurato il caso citato dall'onorevole Laconi e propone perciò la seguente formulazione:

«Spetta all'Assemblea Nazionale la mobilitazione generale, anche se territorialmente limitata, e l'entrata in guerra».

Targetti è favorevole a questo emendamento, perché trova opportuno che nel caso di una mobilitazione importante come quella accennata dall'onorevole Laconi, non sia lasciata al Governo la libertà di prendere una decisione.

Il Presidente Terracini pone ai voti la formula testé letta.

(È approvata).

Osserva che nella seduta antimeridiana si è anche discusso se l'Assemblea nazionale deve deliberare sullo stato di guerra. Si riserva di sollevare la questione quando si sarà accertato se la legislazione italiana considera lo stato di guerra come qualche cosa di diverso dalla dichiarazione di guerra.

Bozzi fa presente che vi sono leggi le quali hanno vigore per lo stato di guerra e per farne cessare l'effetto; ma per la loro applicabilità occorre un decreto che stabilisca l'inizio dello stato di guerra. Nota del resto che la fine della guerra, che è un fatto pratico, non coincide con la dichiarazione della fine dello stato di guerra, che costituisce invece un fatto giuridico. Ad ogni modo, per decidere su questa materia ritiene che occorra rivedere le leggi sullo stato di guerra.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti