[Il 5 dicembre 1946 la seconda Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione inizia la discussione sul potere giudiziario.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Calamandrei, Relatore. [...] Rileva inoltre che dissensi potranno sorgere sul capoverso dell'articolo 4, concernente la conservazione degli istituti di grazia, amnistia e indulto e sulla questione dell'organo a cui i relativi poteri dovranno essere affidati.

[...]

Leone Giovanni, Relatore. [...] Nei riguardi del secondo comma, mentre ritiene che debba essere conservato l'istituto della grazia come potere del Capo dello Stato, sostiene la necessità dell'abolizione dell'amnistia. Indipendentemente dalla concezione attuale, secondo la quale l'amnistia appare come un'elargizione che, in speciali circostanze fauste od infauste per il Paese, viene concessa dal Capo dello Stato (per cui, in caso di conservazione dell'istituto, è del parere che il potere di amnistia debba essere attribuito al legislativo), osserva che non convince, né sul piano politico né su quello strettamente giuridico, che in un certo momento lo Stato (potere esecutivo o legislativo: il problema sotto questo aspetto non muta) possa togliere carattere di reato ad un fatto che nel momento in cui fu commesso tale carattere rivestiva.

Un solo motivo può giustificare tale intervento dello Stato; ed è la considerazione di situazioni nelle quali un fatto — per intervento di nuove condizioni o di nuove visioni politico-criminali, o per nuova interpretazione delle condizioni che legittimarono la qualificazione di un fatto come reato — non presenti più le caratteristiche del reato (cioè le caratteristiche dell'antisocialità). Ma a queste situazioni corrisponde una ben altra forma di disciplina giuridica: la legge abrogativa, la quale, secondo il Codice vigente (perfettamente aderente in questo punto alla tradizione), investe perfino il giudicato, producendo pertanto un effetto perfettamente identico (se anche non più largo) all'amnistia.

Eccettuato tale caso, l'amnistia non può esprimere altra esigenza che quella di rinunzia, da parte dello Stato, al suo diritto all'esecuzione della pena (i fini sono indifferenti: pacificazione del Paese, difficoltà di giudicare una massa di reati germinata da un particolare terreno politico o sociale, esaltazione di un evento fausto o perdono in seguito ad un evento infausto). Orbene, a tale esigenza corrisponde in maniera perfetta l'istituto dell'indulto, che estingue la pena (rinunzia dello Stato alla pena) e non il reato.

A suo avviso, lo Stato — e più precisamente, ciascuno dei poteri in cui la sovranità statale si snoda — non può togliere ex post ad un fatto il carattere di reato (tranne nell'ipotesi esaminata della legge abrogativa); ma può rinunziare solo alla pena.

Ciò indipendentemente dalle non facilmente regolabili questioni applicative, tra cui in particolare segnala quella della rinunziabilità o meno dell'amnistia, riuscendo egualmente insoddisfacenti la soluzione positiva e quella negativa.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti