[Il 21 settembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione riprende la discussione sul tema delle Commissioni d'inchiesta. — Presidenza del Vicepresidente Conti.]

Il Presidente Conti invita la seconda Sottocommissione di procedere all'esame dell'attività legislativa della Camera.

Patricolo si richiama all'ordine del giorno da lui presentato nella seduta del 6 settembre scorso e nel quale, premesso il principio della divisione dei poteri, si sostiene l'opportunità di sancire nella Costituzione che il Parlamento ha due funzioni distinte: quella legislativa propriamente detta e quella di vigilanza e di controllo, la quale ultima non va intesa come una funzione inerente al potere legislativo in sé, ma come una funzione politica inerente al potere legislativo, in quanto rappresentanza del popolo. Nota, a questo riguardo, che nello Statuto Albertino è fatto cenno solo del potere di accusa della Camera all'Alta Corte di Giustizia e non del diritto di interpellanza, di interrogazione, di mozione e di inchiesta, che vengono riconosciuti invece dal regolamento interno della Camera. Ritiene che sarebbe opportuno farne menzione nella nuova Costituzione per il loro fondamento democratico.

Propone quindi di precisare in un articolo succinto le funzioni del potere legislativo, ammettendo in linea di principio che esso ne ha alcune che sono al di fuori di quelle legislative propriamente dette.

Il Presidente Conti osserva che dovrebbe anzitutto decidersi una questione pregiudiziale; se, cioè, nella Costituzione debba inserirsi un articolo con l'elencazione delle funzioni della Camera.

Mortati, Relatore, precisa che le funzioni del potere legislativo sono due: quella legislativa e quella di controllo ed ispettiva. Implicitamente nella funzione di controllo si sostanzia anche il potere di interpellanza, di interrogazione, di mozione e di inchiesta che costituiscono quattro aspetti di una stessa funzione.

Per ora crede che sia il caso di occuparsi della funzione legislativa, per poi vedere quali aspetti della funzione di controllo converrà consacrare nella Costituzione.

[...]

Mortati, Relatore, fa presente che si potrebbe riprendere la discussione al punto in cui era stata lasciata nella seduta precedente. Si era iniziato l'esame del potere di inchiesta da parte della Camera e si era concluso che dovesse essere sancito dalla Costituzione. Ora si tratta di vedere se, una volta ammesso il principio, si debbono fissare i criteri organizzativi.

Ricorda al riguardo che egli aveva proposto che, in armonia con la esigenza della protezione delle minoranze, si riconoscesse ad una minoranza cospicua il potere di provocare una inchiesta, indipendentemente dal consenso degli altri deputati. Riconosce che questo potere ispettivo affidato alle minoranze, come tutela nei confronti delle maggioranze che potrebbero non far uso di tale facoltà, costituirebbe una innovazione nei riguardi della precedente legislazione. Sarà pertanto necessario fissare dei limiti per non turbare eccessivamente il buon andamento dei lavori parlamentari, ed uno di questi potrebbe consistere nel richiedere una minoranza non inferiore ad un terzo dei deputati.

In secondo luogo bisognerebbe determinare nella Costituzione i poteri della Commissione d'inchiesta di fronte ai terzi, che altrimenti potrebbero rifiutarsi di fornire le informazioni di cui fossero richiesti.

[...]

Mortati, Relatore. [...] Richiama l'attenzione sul fatto che nella riunione precedente ci si è soffermati su di un articolo del progetto Conti che prevede, tra l'altro, la costituzione di Commissioni e si è concluso che non fosse il caso di occuparsene, inquantochè non è opportuno introdurre nella Costituzione delle norme che andrebbero lasciate al potere interno organizzativo della Camera attraverso il regolamento. Viceversa era sembrato opportuno disciplinare la materia delle Commissioni d'inchiesta perché i loro atti non si esauriscono nell'interno della Camera, ma hanno anche una influenza esterna e richiedono delle norme che determinino i poteri delle Commissioni stesse nei riguardi di terzi. [...]

Di Giovanni ritiene che anche la materia delle Commissioni d'inchiesta sia da rinviare al regolamento. Anche l'attuale regolamento della Camera all'articolo 135 equipara le proposte d'inchiesta alle altre proposte di iniziativa parlamentare, stabilisce le modalità del funzionamento delle Commissioni e prevede anche il caso in cui esse debbano esplicare le loro funzioni all'esterno, stabilendo che i relativi poteri dovranno essere richiesti alla Camera.

Mortati, Relatore, obietta che la Camera dovrebbe disciplinare questi poteri e facoltà di volta in volta con un'apposita legge. Orbene, dal momento che occorre una legge per determinare certe deroghe al diritto comune (una deroga, per esempio, potrebbe consistere nello svincolare dal segreto d'ufficio i pubblici funzionari chiamati a deporre in sede di inchiesta), si tratta di vedere se è opportuno che la Camera provochi di volta in volta una legge, o se non sia preferibile che in una legge generale, o nella Costituzione stessa, siano determinate le modalità dell'esercizio del potere d'inchiesta.

Personalmente è di quest'ultimo avviso, sia per dare uniformità di trattamento alla materia, sia per affermare dei principî che può essere opportuno introdurre nella Costituzione, come quello del diritto di una certa minoranza di provocare un'inchiesta anche contro il parere della maggioranza.

Nobile è pienamente d'accordo con l'onorevole Mortati.

Lussu rileva che la Sottocommissione si è messa su di una via nettamente antitetica al criterio, adottato in seduta plenaria di Commissione, di creare una Costituzione molto breve ed estremamente semplice.

Quanto al merito, esprime l'avviso che il potere di inchiesta può considerarsi un diritto acquisito, che nessuno penserà di far scomparire dalla vita parlamentare e la cui affermazione e disciplina possono restare nell'ambito regolamentare.

Né ritiene accettabile la forma di tutela delle minoranze proposta dall'onorevole Mortati. Con tutto il rispetto che si può avere per le minoranze, pensa che esse potrebbero finire per sabotare la maggioranza e gli stessi fondamentali principî della democrazia. Se si vuole evitare uno stato di anarchia, la maggioranza deve dirigere la Nazione, con rispetto, s'intende, della minoranza che potrà in seguito divenire a sua volta maggioranza.

Di Giovanni concorda con l'onorevole Lussu ed aggiunge che la Costituzione dovrebbe essere un'enunciazione di principî, stilata in forma epigrafica.

Nel merito, non trova fondata la preoccupazione dell'onorevole Mortati. I precedenti parlamentari insegnano che solo in casi gravissimi il Parlamento ha deliberato delle inchieste. Non ci sarà niente di strano se esse resteranno equiparate alle altre proposte di iniziativa parlamentare previste dal regolamento e la Camera di volta in volta emetterà una legge che determini le funzioni della Commissione ed i suoi poteri di fronte a terzi.

Patricolo si associa agli onorevoli Lussu e Di Giovanni, circa l'opportunità di non appesantire la Costituzione, ma condivide l'opinione dell'onorevole Mortati che la questione non può essere risolta soltanto in sede di regolamento. In Italia è stata sempre avvertita la necessità di una legge generale che disciplinasse la materia nel suo complesso. Ricorda, ad esempio, che durante l'altra guerra, in occasione di un grosso scandalo, apparve la difficoltà di funzionamento della Commissione di inchiesta all'uopo nominata, di fronte al rifiuto della pubblica amministrazione di fornire i necessari elementi di indagine.

Se il diritto d'inchiesta è uno dei quattro aspetti della funzione politica di controllo, una volta affermato nella Costituzione questo potere del Parlamento, sarà compito di una legge particolare stabilirne i limiti e le modalità di esercizio.

Ambrosini pone la questione in questi termini: se una Commissione d'inchiesta nominata dalla Camera, abbia, oppure no, poteri tali da obbligare non solo i funzionari delle pubbliche Amministrazioni, ma anche qualsiasi cittadino a rispondere alle domande che essa credesse opportuno rivolgergli. Se si ritiene che per questo occorra una legge speciale, è superfluo parlarne in questa sede, perché il legislatore di volta in volta che nomina una Commissione può attribuirle i poteri necessari. Se, invece, la Commissione è nominata da una sola Camera e non da tutto il potere legislativo, occorre stabilire nella Costituzione che la Camera ha il diritto di inchiesta che esercita a mezzo di Commissioni, le quali hanno i poteri che competono agli organi giudiziari.

Patricolo osserva che, portando al paradosso quello che ha detto l'onorevole Lussu, si potrebbe pensare che le stesse difficoltà che sorgono per il diritto di inchiesta possono verificarsi anche per il diritto di interpellanza, di interrogazione e di mozione; poiché il potere esecutivo anche in questi casi potrebbe rifiutarsi di rispondere. Si chiede di stabilire se è necessario fissare nella Costituzione il diritto d'inchiesta. In caso affermativo, potrebbe pensarsi che la stessa necessità sorga per il diritto di interpellanza, di interrogazione o di mozione.

Ambrosini osserva che tali diritti sono insiti nell'essenza stessa della Costituzione. Ma avviene per questi quello stesso che avviene per la funzione di sindacato sul Governo, che si concreta a mezzo di una mozione di sfiducia: per esercitarla la Camera deve seguire la procedura necessaria per arrivare ad un giudizio e può quindi interpellare il Governo per avere spiegazioni sul suo operato.

Fabbri è d'accordo con l'onorevole Ambrosini, ma osserva che la questione si è spostata. L'onorevole Mortati ritiene che un terzo dei componenti la Camera debba avere il diritto di provocare un'inchiesta e che, deliberata la nomina della relativa Commissione, questa debba essere investita di determinati poteri anche in confronto a terzi. Si domanda come ciò possa accordarsi con i diritti della maggioranza. Non contesta il diritto di inchiesta nei rappresentanti del popolo, che è poi un diritto di controllo e costituisce una garanzia di ordine democratico; ma osserva che se si afferma che una minoranza può imporla, si viene a formulare nella Costituzione un principio per cui alla minoranza si riconosce un diritto superiore a quello della maggioranza.

Einaudi esprime, in aggiunta alle osservazioni degli onorevoli Ambrosini e Fabbri, un dubbio.

Non si può discutere il potere della Camera di fare un'inchiesta, altrimenti la potestà legislativa sarebbe diminuita nel suo valore, in quanto la Camera potrebbe esser posta nella condizione di dover legiferare senza piena conoscenza dei fatti. Si deve però tener presente che le inchieste possono essere di diversa natura. Ve ne sono alcune che hanno semplicemente lo scopo di informare il legislatore: ricorda, ad esempio, quella sul corso forzoso del 1866; la grande inchiesta doganale, fatta attraverso interrogatori per tutta Italia, nel 1874-76; la grande inchiesta agraria del 1881, ai cui atti si ricorre ancora come fonte di informazioni sulle condizioni dell'agricoltura italiana; l'inchiesta sui contadini del Mezzogiorno prima della guerra mondiale e altre ancora. Non crede per simili inchieste sia necessario un provvedimento legislativo speciale o che si possa mettere in dubbio la loro legalità. Ma vi è un altro tipo d'inchiesta, che ha stretta attinenza con la giustizia ed ha un carattere nettamente giudiziario; ad esempio quelle sulla Banca Romana, sul Palazzo di giustizia, sulle spese di guerra, sull'amministrazione delle città di Palermo e Napoli.

Questo premesso, si domanda se si deve porre nella presente sede la questione di come organizzare il potere di inchiesta con carattere giudiziario. Rileva che si è solennemente affermato che ogni cittadino non può essere portato se non dinanzi ai suoi giudici naturali: ora, se non saranno stabilite norme relative a questo potere d'inchiesta con carattere giudiziario, potrà una delle due Camere modificare questo diritto fondamentale del cittadino? Se non si determina con precisione questo potere nella sua attinenza con l'esercizio della giustizia, potranno sorgere dubbi del genere di quelli da lui prospettati.

Uberti osserva che oltre ai due tipi di inchiesta di cui ha parlato l'onorevole Einaudi, ve n'è un terzo che può essere stabilito, appunto, con la proposta Mortati. In un regime essenzialmente democratico, in cui le minoranze possono porre determinati problemi che investono tutta la vita nazionale, crede che non si possa negar loro il potere di rivendicare, in condizioni determinate, anche se la maggioranza non consenta, questo diritto d'inchiesta. Il carattere peculiare della richiesta dell'onorevole Mortati è questo, che anche le minoranze possano domandare che sia fatta una determinata inchiesta, ed egli crede che debba essere riconosciuto questo diritto alle minoranze, tanto più che nel caso in esame non si tratta di una minoranza qualsiasi, ma di una minoranza qualificata.

Osserva infine che, se si accettasse il criterio esposto dall'onorevole Di Giovanni, la Camera non avrebbe più la possibilità di determinare da sola il potere d'inchiesta, poiché questo dovrebbe essere attuato attraverso una legge con il concorso degli altri organi legislativi.

La Rocca osserva che le questioni sono due: una relativa al diritto di controllo e di inchiesta da attribuirsi alla Camera; l'altra relativa al diritto di una minoranza della Camera di provocare un'inchiesta, la cui utilità sia determinata dalle contingenze del momento.

Crede che la Costituzione non debba contenere norme troppo particolari, ma soltanto porre la base giuridica per l'attività futura degli organi legislativi competenti. Ora, nessuno può mettere in dubbio il diritto di inchiesta, poiché entra nell'orbita dei poteri dell'organo legislativo, che non può limitarsi all'approvazione delle leggi, ma deve poter esercitare un controllo politico su tutta la vita della Nazione. Quanto al modo di procedere in determinate indagini, lo si stabilirà volta per volta e crede che ciò debba rientrare nella sfera del regolamento.

Tosato dichiara di essere decisamente favorevole alla proposta Mortati, la quale implica una questione di forma ed una di sostanza.

Quanto a quella di forma, rileva che si è manifestato un grave dissenso. Si afferma che la Costituzione deve essere breve e contenere soltanto affermazioni di principio; ma la concezione della brevità della Costituzione è, a suo avviso, poco progressista, perché la Costituzione deve disciplinare tutti i problemi che hanno importanza costituzionale. Nello Stato moderno, il quale sta estendendo notevolmente la sua attività politica ed economica, il potere d'inchiesta assume grandissima importanza, e poiché l'esercizio di questo potere, non essendo esplicitamente considerato nella precedente Costituzione, ha dato luogo a gravi difficoltà, la Costituzione non può non occuparsene. Né si può rinviare questa materia al Regolamento, perché con il Regolamento non si può disciplinare il potere d'inchiesta della Camera rispetto ai terzi.

È stato detto dall'onorevole Patricolo che una legge potrà regolare il potere d'inchiesta fissato, in linea di massima, nella Costituzione. Ma qui sorge il problema della sostanza; perché, col rinvio ad una legge si evita la questione, sollevata dall'onorevole Mortati, se convenga o meno attribuire alle minoranze il potere di ottenere una inchiesta su un determinato oggetto.

Non crede che abbia fondamento il timore che le minoranze potrebbero ostacolare i poteri della maggioranza, perché il potere d'inchiesta è un aspetto del potere di controllo che le minoranze esercitano anche nello svolgimento dell'attività legislativa. Questo potere di controllo è proprio delle minoranze, e non paralizza l'attività del Governo, perché una cosa è controllare il Governo e altra governare. Come una minoranza qualsiasi può presentare interpellanze e mozioni a fini di controllo, così essa deve poter provocare anche un'inchiesta. Sotto questo aspetto gli sembra giustificata la richiesta dell'onorevole Mortati di inserire nella Costituzione il riconoscimento di questo diritto delle minoranze: è un aspetto nuovo e sostanziale di quello che deve essere la Costituzione, la quale deve garantire la maggioranza, ma riconoscere anche i diritti delle minoranze.

Ritiene che opportunamente l'onorevole Einaudi abbia distinto due tipi di inchiesta: vi sono inchieste che hanno solo scopo informativo, e queste non danno luogo a difficoltà; ma ve ne sono altre, che possono determinare particolari rapporti di carattere giudiziario. A più forte ragione pertanto si deve riconoscere l'opportunità di ammettere questo potere delle minoranze: con l'estensione dell'attività dello Stato, il Parlamento è investito di questioni di carattere economico e industriale; domani si parlerà di nazionalizzazioni; e la minoranza non può non avere il diritto di provocare un'inchiesta su determinate aziende statali. Crede perciò che si debbano regolare costituzionalmente i poteri delle Commissioni d'inchiesta, che esulano da quelli normali della Camera.

Laconi non è favorevole alla tesi prospettata dall'onorevole Lussu che la Costituzione debba essere breve, perché pensa che la democrazia italiana non è sufficientemente ricca di tradizioni. Ma non può concordare con l'onorevole Tosato, il quale ha mostrato di ritenere che una Costituzione dettagliata sia per ciò stesso una Costituzione progressista. La Costituzione deve essere breve solo per quanto possibile, aperta, elastica, e deve fare, più che al passato, riferimento al futuro.

Vi è una serie di questioni che potranno essere assorbite dalla futura discussione sui poteri della Camera; ma è necessario che si precisi il pensiero della Sottocommissione in ordine al potere di inchiesta della Camera, e che questo potere sia affermato nella Costituzione. Ritiene però che l'eventuale diritto di una minoranza a provocare un'inchiesta dovrebbe essere rimandato al Regolamento della Camera.

Nobile, d'accordo con l'onorevole Tosato, osservando che le funzioni dello Stato si vanno sempre più estendendo, afferma che il principio del diritto di inchiesta deve essere sancito nella Costituzione. Trova anche opportuno che questo diritto sia riconosciuto ad una minoranza qualificata.

Mortati, Relatore, non comprende come ad una proposta di carattere generale si possa opporre la necessità di una formulazione breve della Costituzione. Se una norma ha rilevanza costituzionale, deve trovare una corrispondente affermazione nella Costituzione. Di fronte ad un a proposta si tratta di stabilire se essa risponda o non risponda ad esigenze politiche, e non le si può opporre la prevenzione della brevità della Costituzione.

Mannironi, agli argomenti esposti dall'onorevole Tosato, aggiunge che varie altre Costituzioni hanno sancito il principio del potere di inchiesta. A suo avviso, la Sottocommissione dovrebbe, a proposito della questione in esame, conformarsi a quanto è stato già deciso circa il diritto di autoconvocazione: se si è riconosciuto alle minoranze il diritto di provocare una riunione dell'Assemblea, non vede perché non si dovrebbe ammettere analogo diritto nei riguardi dell'inchiesta.

Bozzi aderendo alle osservazioni degli onorevoli Mortati e Tosato, propone la seguente formula:

«La Camera, con deliberazione di almeno un terzo dei suoi membri, può disporre l'esecuzione di una inchiesta parlamentare.

«La Commissione d'inchiesta svolge la sua attività procedendo agli esami e alle altre indagini necessarie con gli stessi poteri e gli stessi limiti dell'autorità giudiziaria ordinaria».

Lussu nota il carattere rivoluzionario, nei confronti delle abitudini e tradizioni parlamentari, del principio per cui una minoranza potrebbe provocare delle inchieste anche contro il parere della maggioranza, ed osserva pure che un principio simile difficilmente potrebbe trovar posto nel regolamento, in quanto capovolge il criterio democratico della vita parlamentare. Questo principio servirebbe non tanto a tutelare le minoranze, quanto a dar loro la possibilità di sabotare la maggioranza. Non si può temere che, ove sia sollevato uno scandalo, la maggioranza resti insensibile, e ciò per ovvie ragioni di carattere morale, e in realtà nei dibattiti parlamentari su inchieste sempre si sono manifestate l'imparzialità e la rettitudine sia della destra che della sinistra. Oggi, poi, una coscienza democratica presiede alla ricostruzione dello Stato. Viceversa, ove si facilitasse eccessivamente la possibilità per le minoranze di provocare inchieste, l'acredine delle posizioni di partito potrebbe spingerle a creare imbarazzi continui alla maggioranza e al Governo. La proposta Mortati richiama con preoccupazione alla memoria la disposizione della Dieta polacca per cui il voto di un solo membro poteva impedire l'approvazione di una legge; disposizione che determinò l'anarchia.

E un altro inconveniente potrebbe verificarsi. Quando la minoranza provocasse un'inchiesta, la determinazione dei poteri della Commissione sarebbe rimessa al Parlamento, e in questa sede la maggioranza potrebbe vendicarsi della minoranza, negando alla Commissione tutti i poteri di cui essa avrebbe bisogno per espletare il suo mandato.

Conclude dichiarando di non condividere l'eccessiva simpatia di alcuni colleghi per la Costituzione austriaca che, a suo avviso, può sedurre l'acume e la preparazione culturale di un tecnico del diritto, ma lascia assai scettici i politici che non vi trovano l'esplicita consacrazione di quei principî politici fondamentali che una Costituzione deve contenere.

Ambrosini dissente dall'onorevole Lussu. A suo avviso una minoranza qualificata non potrà sabotare l'azione della maggioranza, attraverso il potere d'inchiesta, che ha per scopo e si esplica in una azione di accertamento. Non si tratta di inficiare un principio di azione di governo, ma di promuovere un accertamento di fatto, che può condurre ad una maggiore conoscenza dei fatti e ad un giudizio più sicuro sull'azione del Governo e sullo stesso orientamento politico dello Stato.

Crede che l'ordine del giorno Bozzi risponda allo scopo, senza contrastare con le esigenze di governo, e fa presente che, se si accettasse il punto di vista dell'onorevole Lussu, si dovrebbe senz'altro condannare il principio stesso della proporzionale, che mira esso pure alla protezione delle minoranze.

Cappi, prendendo spunto dalle parole dell'onorevole Ambrosini, propone un'aggiunta alla formula dell'onorevole Bozzi, nel senso di stabilire che le Commissioni d'inchiesta debbano essere costituite col sistema della rappresentanza proporzionale; altrimenti risulterebbe illusoria la facoltà concessa alle minoranze.

Bulloni rileva che gli argomenti dell'onorevole Ambrosini non eliminano la preoccupazione che col potere di inchiesta una minoranza possa svolgere un'attività sabotatrice od ostruzionistica nei confronti del Parlamento e del Governo, che è l'espressione della maggioranza.

Non va dimenticato che in definitiva esiste un giudice di seconda istanza, che è il popolo. Se la minoranza proporrà un'inchiesta fondata su motivi profondamente sentiti dal popolo, non sarà certo la maggioranza che vorrà impedire l'espletazione di un'indagine; ma, se dovesse avvertire che l'istanza nasconde fini obliqui, la maggioranza che rifiuterà l'esperimento dell'inchiesta, sarà assistita e confortata dal popolo, il quale rileverà, attraverso il pubblico dibattito e la stampa, l'infondatezza della richiesta della minoranza.

Propone perciò di stabilire che la richiesta può partire da un terzo dei deputati, ma deve essere approvata dalla maggioranza.

Il Presidente Conti obietta che una simile disposizione sarebbe incongruente, perché la semplice richiesta può essere fatta anche da un solo deputato.

Laconi chiede che il primo comma dell'articolo proposto dall'onorevole Bozzi sia votato per divisione, perché sull'inciso «con deliberazione di almeno un terzo dei suoi membri» può esservi dissenso.

Il Presidente Conti accedendo alla richiesta, pone ai voti la formula:

«La Camera può disporre l'esecuzione di un'inchiesta parlamentare».

Lussu e Di Giovanni dichiarano che voteranno contro, pur riconoscendo il diritto della Camera di provocare inchieste, unicamente perché ritengono che la Costituzione non sia sede opportuna per una norma del genere.

(È approvata).

Tosato prospetta l'opportunità di specificare anche l'oggetto dell'inchiesta.

Fabbri concorda. A suo avviso il potere andrebbe limitato alle inchieste sulle amministrazioni statali e parastatali, escludendo gli affari privati.

Bozzi ritiene che non dovrebbero esservi limiti al potere d'inchiesta e propone la formula: «su materie di pubblico interesse».

Il Presidente Conti pone ai voti la formula:

«con deliberazione di almeno un terzo dei suoi membri».

(È approvata).

Pone ai voti l'insieme del primo comma che, con l'aggiunta proposta dall'onorevole Bozzi, risulta così concepito:

«La Camera, con deliberazione di almeno un terzo dei suoi membri, può disporre l'esecuzione di un'inchiesta su materie di pubblico interesse».

(È approvato).

Pone in discussione il secondo comma dell'articolo:

«La Commissione d'inchiesta svolge la sua attività, procedendo agli esami e alle altre indagini necessarie con gli stessi poteri e gli stessi limiti dell'autorità giudiziaria ordinaria».

Cappi ricorda il suo emendamento che potrebbe concretarsi nell'aggiunta alle parole: «La Commissione d'inchiesta», delle altre: «che dovrà essere nominata con la rappresentanza proporzionale dei vari gruppi della Camera».

Il Presidente Conti pone ai voti il secondo comma che, con l'emendamento Cappi, risulta così formulato:

«La Commissione d'inchiesta, che dovrà essere nominata con la rappresentanza proporzionale dei vari gruppi della camera, svolge la sua attività, ecc...».

(È approvato).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti