[Il 19 dicembre 1946 la prima Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione inizia la discussione sul potere esecutivo.]

Il Presidente Terracini apre la discussione sull'articolo 1 del progetto:

«Elezione. — Il Presidente della Repubblica è eletto, a scrutinio segreto, dall'Assemblea Nazionale con la partecipazione dei Presidenti delle Assemblee regionali e delle Deputazioni regionali.

Per l'elezione è richiesta la maggioranza dei due terzi dei membri componenti il Collegio.

Dopo il terzo scrutinio l'elezione ha luogo a maggioranza assoluta».

La Rocca, Relatore, ricorda di aver sostenuto, in seno al Comitato, la opportunità che il Presidente della Repubblica fosse eletto soltanto dall'Assemblea Nazionale, ritenendo del tutto superfluo l'intervento dei Presidenti delle Assemblee regionali e delle Deputazioni regionali, in quanto, essendo stata la seconda Camera concepita come espressione delle Regioni, è perfettamente inutile che le Regioni stesse inviino degli altri rappresentanti a partecipare all'elezione del Presidente.

Tosato, Relatore, illustra le considerazioni che nel Comitato furono contrapposte a quelle dell'onorevole La Rocca. Dei tre sistemi che si possono seguire per l'elezione del Presidente — elezione diretta da parte del popolo, elezione secondo il sistema classico delle due Camere riunite, elezione da parte di un Collegio speciale — il Comitato è stato unanime nel respingere il primo, ritenendo che un Presidente, che fosse esponente diretto del popolo, sarebbe così forte da mettere in difficoltà il funzionamento del Governo parlamentare, in cui invece il Presidente non ha una posizione di primissimo piano.

Né ha ritenuto di accogliere il secondo sistema, nella considerazione che la elezione del Presidente da parte delle due Camere renderebbe quello eccessivamente prigioniero di queste.

Di qui la necessità di allargare, sia pure di poco, il Collegio elettorale del Presidente. È sembrato pertanto opportuno adottare il sistema di far partecipare all'elezione presidenziale, oltre ai membri dell'Assemblea Nazionale, anche i Presidenti delle Assemblee regionali e delle Deputazioni regionali, sia per il criterio accennato di allargare la base elettorale, sia per legare maggiormente le Regioni allo Stato, nella considerazione che, essendosi lo Stato unitario trasformato in uno Stato a base regionale, fosse giusto far partecipare gli esponenti delle Regioni all'elezione del Presidente della Repubblica.

Conviene con l'onorevole La Rocca che una delle Assemblee legislative è composta da rappresentanti delle Regioni, ma fa rilevare che nel caso in esame i Presidenti delle Assemblee regionali e delle Deputazioni regionali intervengono nel Collegio elettorale come rappresentanti dei corpi territoriali, Regioni, come tali, e quindi precisamente per fissare quel collegamento particolare che si crede indispensabile fra Stato e Regione.

Mortati dichiara di dissentire dal sistema proposto dal Comitato, per ragioni opposte a quelle fatte presenti dall'onorevole La Rocca.

Ritiene opportuno far precedere le sue dichiarazioni da una premessa relativa alle funzioni del Presidente, perché gli sembra che non ci si possa occupare del modo di elezione, se non si conoscono le funzioni del Presidente, e soltanto in relazione a queste si potrà stabilire il modo di elezione.

A suo avviso, il Presidente deve avere funzioni non di partito, ma neutrali, e quindi debbono adottarsi modalità di elezione che valgano a distaccarlo dai movimenti politici, come tali, ed a renderlo, nei limiti del possibile, imparziale.

Ritiene invece che con il sistema adottato non si sia attuato sufficientemente questo distacco, in quanto i partiti sono rappresentati nell'Assemblea Nazionale.

Secondo il suo punto di vista, il Presidente dovrebbe essere eletto da un Collegio speciale, in cui non intervenisse l'Assemblea Nazionale nel suo complesso, ma solo alcuni elementi eletti nel suo seno ed altri eletti da altri organi; un Collegio, cioè, formato di elementi che fossero espressione di diverse forze sociali.

Soggiunge che, non essendo stata accolta la sua proposta — sostenuta anche da altri colleghi del suo Gruppo — dell'istituzione di una Camera professionale, la quale avrebbe reso meno sensibile il bisogno dell'intervento di una organizzazione non strettamente politica, sarebbe opportuno far intervenire le varie forze sociali in sede di elezione del Capo dello Stato. Poiché questi ha la funzione tipica di mantenere l'equilibrio fra le varie tendenze, è opportuno far concorrere alla sua elezione tutte le forze che possono essere interessate al mantenimento di tale equilibrio, e non vagheggiano il predominio di un partito sugli altri. È convinto che, ad assicurare queste garanzie di imparzialità, il sistema che ha delineato in modo sommario sia più idoneo di quello proposto dal Comitato, mentre ancora peggiore sarebbe la proposta dell'onorevole La Rocca, che farebbe del Presidente della Repubblica l'esponente della maggioranza parlamentare, laddove è avvertito il bisogno di porre il Presidente in una posizione di indipendenza di fronte ai partiti.

Rossi Paolo rileva che il sistema suggerito dal Comitato rappresenta una soluzione conciliativa fra le due tesi estreme: la forma puramente parlamentare sostenuta dall'onorevole La Rocca e quella extra parlamentare suggerita dall'onorevole Mortati.

Lami Starnuti dichiara di aver aderito al testo del progetto, perché, a suo avviso, esso obbedisce anche ad un altro principio, quello di ribadire il carattere unitario della Repubblica Italiana, stabilendo la partecipazione dei Presidenti delle Assemblee regionali e delle Deputazioni regionali alla nomina del Presidente della Repubblica.

Fuschini chiede ai membri del Comitato se è stata considerata un'altra soluzione: sostituire, cioè, la partecipazione dei Presidenti delle Assemblee regionali e delle Deputazioni regionali con quella di delegati nominati all'uopo dalle Assemblee regionali.

Rossi Paolo risponde che al Comitato è sembrato che i Presidenti delle Assemblee e delle Deputazioni regionali dovessero considerarsi i delegati naturali delle stesse alle elezioni del Presidente della Repubblica. D'altra parte, se si volesse — adottando la soluzione accennata dall'onorevole Fuschini — garantire per ciascun organo regionale una rappresentanza proporzionale, sarebbe necessario nominare parecchi delegati per ogni Regione, mentre con la formula del progetto si avrebbe una immissione complessiva di circa 44 persone.

Tosato, Relatore, osserva che l'esigenza di porre il Presidente in condizioni di svolgere una funzione moderatrice e di equilibrio — a cui ha accennato l'onorevole Mortati — è in parte soddisfatta dal secondo comma dell'articolo in esame, in cui si dice che per l'elezione è richiesta la maggioranza dei due terzi dei membri componenti il Collegio. Personalmente è persuaso che le osservazioni dell'onorevole Mortati siano molto fondate; ma la soluzione che questi suggerisce espone a difficoltà pratiche, che nel momento attuale sembrano difficilmente sormontabili. Appunto per questo, il Comitato ha ritenuto opportuno scegliere il sistema di elezione classico, modificandolo leggermente con la partecipazione dei Presidenti delle Assemblee e delle Deputazioni regionali. Riconosce che con tale innovazione i rapporti proporzionali fra le varie forze politiche non saranno rispettati, ma avverte che questo inconveniente è eliminato dal fatto che di massima si esige la maggioranza dei due terzi dei componenti del Collegio per l'elezione del Presidente.

Lussu aderisce al sistema proposto, principalmente perché, ammettendo la partecipazione dei massimi rappresentanti delle Assemblee regionali e delle Deputazioni regionali, si dà all'elezione un maggior carattere unitario, legando le Regioni al centro.

Il Presidente Terracini, rispondendo in primo luogo alle osservazioni dell'onorevole Mortati, rileva che la sua aspirazione di spoliticizzare la figura del Presidente è una meta che non sarà mai raggiunta, perché è impensabile l'esistenza di un Presidente della Repubblica il quale, quanto meno come orientamento, non rappresenti politicamente una posizione di partito. È contrario quindi al sistema proposto dall'onorevole Mortati, in quanto ritiene che anche con esso il Presidente avrebbe egualmente un orientamento politico; né vede come sia possibile evitarlo, quali che siano gli accorgimenti con i quali si creda di poter sfuggire all'azione dei partiti, in una Nazione nella quale questi hanno realizzato una posizione così decisiva per la vita collettiva.

Non comprende peraltro per quale ragione si debba nutrire la preoccupazione, accennata dall'onorevole Tosato, che il Presidente possa divenire prigioniero delle due Camere. Le Camere eleggono il Presidente, il quale ne sarà tanto prigioniero quanto lo è un Deputato nei confronti dei suoi elettori; dovrà rispondere verso chi lo elegge, ma nei limiti nei quali il suo mandato si esercita. Dipenderà da lui il saper svolgere le proprie funzioni in modo corrispondente all'attesa di coloro che lo hanno eletto; e se non lo farà e sorgerà conflitto, vi sarà la Costituzione che stabilirà i mezzi per risolverlo.

Crede inoltre che gli accorgimenti, attraverso i quali il progetto ha cercato di evitare questa prigionia, non rispondano allo scopo; perché, a suo avviso, i 42 o 44 che si aggiungeranno ai circa 700 componenti l'Assemblea Nazionale, eserciteranno scarsa influenza. In quanto poi i Presidenti delle Assemblee regionali e delle Deputazioni regionali non costituiscono un corpo unitario, essi non daranno il minimo fastidio al Presidente, il quale saprà che deve rispondere soltanto di fronte alle Camere.

Osserva poi che, ricorrendo agli organi regionali, si modifica alquanto il classico Collegio elettorale del Presidente, ma così facendo, si altera anche il rapporto fra le forze della prima e della seconda Camera, poiché i Presidenti delle Assemblee regionali e delle Deputazioni regionali saranno portati naturalmente ad avvicinarsi a quella delle due Camere che è più affine a loro, e nella quale ritroveranno una quantità di elementi alla cui elezione hanno concorso essi stessi.

Questa è un'altra delle ragioni per cui dissente dal sistema proposto dal Comitato.

Se si immettesse nell'Assemblea Nazionale qualche elemento neutro, potrebbe anche concordare, pur dubitando della necessità di alterare o di modificare l'organo che si presenta come il Collegio naturale per l'elezione del Presidente. Dal momento che gli elementi che si immettono non possono essere neutrali, perché la loro origine è la stessa della seconda Camera, non può ammettere che si alteri l'equilibrio fra le forze delle due Camere, che è stato stabilito nel corso delle discussioni sul potere legislativo.

Ritiene altresì che l'ipotesi, avanzata dall'onorevole Fuschini, che le Regioni siano rappresentate da delegati appositamente eletti, aggraverebbe ancora il difetto a cui ha accennato, perché tali delegati si sentirebbero soltanto rappresentanti delle Assemblee regionali ed andrebbero a schierarsi a fianco dei rappresentanti delle Regioni nella seconda Camera.

Per queste ragioni, e per altre ancora che tralascia, dichiara di considerare artificiosa e di non poter approvare qualsiasi immissione di elementi estranei nel naturale Collegio elettorale del Presidente della Repubblica. Una volta escluso il sistema del suffragio diretto ed accolto quello di secondo grado, è del parere che detto collegio debba essere costituito esclusivamente dall'Assemblea Nazionale.

Tosato, Relatore, avverte subito che le ragioni che consigliano un Collegio speciale sono proprio quelle che l'onorevole Terracini non ammette. Precisa quindi che, dicendo che il Presidente non deve essere prigioniero delle due Camere, intendeva alludere al fatto che, se il Presidente fosse espressione pura e semplice delle Camere, nell'esercizio del potere di scioglimento del Parlamento si troverebbe fortemente vincolato. Di qui la necessità di trovare un correttivo, allargando, sia pure il meno possibile, il Collegio costituito dall'Assemblea Nazionale.

All'obiezione del Presidente che in tal modo si altera il rapporto fra le due Camere, risponde che esso viene alterato nel modo minore, perché i Presidenti delle Assemblee e delle Deputazioni regionali non intervengono come rappresentanti delle Regioni (in quanto questi si trovano già nella seconda Camera), ma come elementi rappresentativi di Enti autonomi facenti parte dello Stato. Ritiene che questo ampliamento costituisca il minimo indispensabile per assicurare alla figura del Presidente una posizione un po' autonoma, per quanto con poteri limitatissimi, di fronte alle Assemblee legislative.

Nobile si rende conto dello spirito che anima tanto le osservazioni dell'onorevole Tosato quanto quelle dell'onorevole Mortati, i quali vorrebbero che il Presidente non fosse prigioniero delle due Camere. Fa presente che vi sarebbe un sistema, già scartato dal Comitato, per raggiungere tale scopo e garantire l'indipendenza del Presidente: farlo eleggere direttamente dal popolo. All'obiezione del Relatore che, così facendo, gli si conferirebbe un potere troppo grande in confronto a quello dell'Assemblea Nazionale, replica che a questo inconveniente si ovvierebbe se si accogliesse una proposta che ha già avuto occasione di sostenere, ma che non è stata presa in considerazione dal Comitato: istituire cioè un Consiglio Supremo della Repubblica. Ove si costituisse questo Consiglio, come emanazione diretta dell'Assemblea Nazionale, e si stabilisse che il Presidente non può nulla deliberare senza il suo parere conforme, i poteri del Presidente stesso sarebbero molto attenuati e si potrebbero conciliare le due diverse esigenze: quella di creare un Presidente indipendente quanto più è possibile dalle due Camere, perché non eletto da esse; e l'altra di evitare uno strapotere del Presidente.

Bordon propone il seguente emendamento: nel primo comma dell'articolo 1 sopprimere le parole «e delle Deputazioni regionali».

Il Presidente Terracini, riassumendo, nota che si è di fronte a quattro diverse proposte, oltre a quella del Comitato: la prima, dell'onorevole Nobile, è la più radicale, in quanto muta il sistema di elezione, che da elezione di secondo grado diviene elezione diretta, subordinata però alla costituzione di un Consiglio Supremo della Repubblica che segga a fianco del Presidente; la seconda è dell'onorevole Mortati, il quale accetta l'elezione di secondo grado, ma scarta nettamente l'idea che il Collegio elettorale sia costituito dai membri delle due Camere, ammettendo tuttavia, la partecipazione di elementi da esse delegati allo scopo; la terza è dell'onorevole La Rocca, il quale pensa ad un Collegio costituito esclusivamente dall'Assemblea Nazionale; la quarta dell'onorevole Bordon, il quale propone che il Collegio elettorale sia costituito dall'Assemblea Nazionale unitamente ai Presidenti delle Assemblee regionali.

Pone anzitutto ai voti la proposta dell'onorevole Nobile.

Tosato, Relatore, dichiara che voterà contro, perché l'elezione diretta infirmerebbe tutto il sistema parlamentare già approvato, e la stessa conseguenza comporterebbe la creazione di un Consiglio Supremo della Repubblica.

(Non è approvata).

Il Presidente Terracini pone ai voti la proposta dell'onorevole Mortati.

(Non è approvata).

Pone ai voti la proposta dell'onorevole La Rocca.

(Con 5 voti favorevoli e 5 contrari non è approvata).

Pone ai voti la proposta dell'onorevole Bordon.

Lussu dichiara di votare in favore.

(Non è approvata).

Il Presidente Terracini pone ai voti la formula proposta dal Comitato.

(Con 5 voti favorevoli e 5 contrari non è approvata).

Avverte che, trattandosi di una delle questioni che saranno più dibattute nei successivi stadi di elaborazione, verranno comunicati alla Commissione plenaria i risultati di queste votazioni, lasciando per il momento in sospeso la formulazione del primo comma.

Pone ai voti il secondo e terzo comma dell'articolo 1.

(Sono approvati).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti