[Il 20 dicembre 1946 la prima Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sul potere esecutivo.]

Il Presidente Terracini. [...] Apre la discussione sull'articolo 8 del progetto:

«Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e lo rappresenta».

Poiché nessuno chiede di parlare, lo pone ai voti.

(È approvato).

[...]

Il Presidente Terracini. [...] Apre quindi la discussione sull'articolo 9:

«Il Presidente della Repubblica promulga le leggi, emana i decreti legislativi nei limiti della legge di delegazione, e, previo parere del Consiglio di Stato, i regolamenti esecutivi.

Quando la legge lo consenta, emana anche regolamenti autonomi per la disciplina dei poteri discrezionali della pubblica amministrazione».

Tosato, Relatore, chiede che venga lasciata in sospeso la questione relativa al parere preventivo del Consiglio di Stato.

Mortati osserva, dal punto di vista formale, che i due commi potrebbero essere fusi in uno.

Il Presidente Terracini concorda sulle osservazioni fatte dagli onorevoli Tosato e Mortati. Con tali riserve pone ai voti il testo dell'articolo 9.

(È approvato).

Apre quindi la discussione sull'articolo 10:

«Il Presidente della Repubblica ratifica i trattati internazionali, previa autorizzazione delle Camere.

«I trattati segreti sono nulli».

Einaudi ricorda quanto si verifica negli Stati Uniti, in cui alcuni trattati internazionali, che non sono presentati al Senato dal Presidente della Repubblica per evitare la difficoltà della ratifica (che, secondo quella Costituzione, deve essere data dal Senato), assumono la forma di convenzioni o di accordi internazionali, per i quali tale ratifica non è richiesta. Domanda se tale eventualità sia stata prevista.

Tosato, Relatore, fa presente che la formula «trattati internazionali» è così vasta da comprendere qualsiasi atto internazionale; riconosce però che una disposizione di carattere generale potrebbe determinare delle difficoltà, specie quando si trattasse di modificare o integrare le clausole di certi trattati internazionali attinenti ad accordi economici (di pagamento), rispetto ai quali il ritardo della ratifica potrebbe essere pregiudizievole. Appunto per evitare tale inconveniente, l'onorevole Perassi aveva proposto una formula molto ampia, contenente un'elencazione dei trattati internazionali soggetti alla procedura indicata nell'articolo, senza sottoporre indistintamente tutti i trattati ad autorizzazione preventiva.

È del parere che frattanto si possa dare il proprio parere circa l'opportunità o meno di indicare nella Costituzione per quali specie di trattati debba essere richiesta l'autorizzazione preventiva, facendo notare che si parla di «autorizzazione» e non di «approvazione», appunto per escludere la possibilità di ratificare un trattato e di sottoporlo successivamente all'approvazione delle Camere.

Il Presidente Terracini ritiene che il Presidente della Repubblica dovrebbe ratificare tutti gli atti internazionali, previa autorizzazione della Camera.

Tosato, Relatore, ripete che ciò creerebbe delle difficoltà, quando si trattasse di approvare trattati di scarsa portata politica, ma dei quali fosse necessaria l'esecuzione immediata. È appunto per evitare tale difficoltà che in America si segue il sistema dianzi accennato dall'onorevole Einaudi.

Quanto alla formula dell'onorevole Perassi, fa presente che essa era costituita da un'elencazione dei trattati da sottoporre, prima della ratifica, all'approvazione delle Camere, così ampia da soddisfare in pieno l'esigenza del controllo delle Camere sull'attività internazionale, tralasciando quei trattati di scarsa portata politica dei quali ha parlato poc'anzi.

Einaudi fa presente che il commercio internazionale non potrebbe sussistere, se si dovessero sottoporre alle due Camere gli accordi internazionali di pagamenti, sui quali devono essere apportate delle variazioni, qualche volta, da un giorno all'altro.

Il Presidente Terracini invita l'onorevole Tosato a dar lettura della proposta dell'onorevole Perassi. Osserva però che, anche facendo un'elencazione, non si eviterà l'eventualità che degli atti importanti sfuggano, perché classificati sotto un altro titolo.

Tosato, Relatore, non è in possesso in questo momento della formula Perassi, della quale si ripromette di dare comunicazione nella prossima seduta.

Quanto al secondo comma, osserva che tale norma ha efficacia puramente interna e non impegna la responsabilità degli organi dello Stato, mentre dal punto di vista internazionale la questione rimane aperta, perché un trattato può essere valido rispetto agli altri Stati e non valido a norma del diritto interno dello Stato.

Nobile è del parere di sopprimere la formula o di adottare una dizione dalla quale risulti chiaramente che non sono consentiti trattati segreti. Sarà infatti sempre possibile al Capo dello Stato rifiutarsi di firmare un trattato, se si stabilirà nella Costituzione una norma che non gli dia facoltà di firmarlo.

Tosato, Relatore, rileva che il divieto è già implicito nella dizione del primo comma, dal quale si desume che un trattato, per il quale non esista la preventiva autorizzazione delle Camere, non può considerarsi esistente ai sensi del diritto interno; quindi il secondo comma non fa altro che accentuare tale divieto.

La Rocca, Relatore, prospetta l'opportunità che, in sede di organizzazione del potere legislativo, si stabilisca che le due Camere devono autorizzare la ratifica dei trattati internazionali.

Il Presidente Terracini invita l'onorevole La Rocca a presentare questa proposta in sede opportuna.

Lussu rileva che il pericolo da evitare è che i trattati — come spesso si verificava in passato — siano resi definitivi, senza che i rappresentanti della Nazione ne vengano informati.

Grieco si dichiara d'accordo, in linea di principio, con l'onorevole Tosato, ma si domanda se sia opportuno precludere in senso assoluto la possibilità al Governo di stipulare trattati segreti, i quali potrebbero contenere delle condizioni vantaggiose per il nostro Paese.

Tosato, Relatore, fa presente che ora si tratta di decidere se sia miglior partito quello di seguire la tendenza che riconosce l'utilità dei trattati segreti o l'altra che li ritiene dannosi.

Il Presidente Terracini osserva che il secondo comma è una conseguenza del primo. Aggiunge che, a suo avviso, anche i trattati segreti, prima di essere ratificati dal Presidente della Repubblica, dovranno essere sottoposti alle Camere per la concessione dell'autorizzazione.

Tosato, Relatore, ricorda la formula della Costituzione spagnola («I trattati segreti non impegnano lo Stato»), la quale potrebbe rispondere ai desideri dell'onorevole Grieco.

Il Presidente Terracini, più che dichiarare nulli i trattati internazionali segreti, crede sarebbe opportuno stabilire, come propone l'onorevole Nobile, che questi non debbano stipularsi, se tutti sono d'accordo che i trattati segreti sono da considerare dannosi. In tal modo, non essendo permessa la stipulazione di trattati segreti, mancherebbe la controparte e quindi non entrerebbe nemmeno in funzione quella norma di diritto internazionale per cui un trattato diviene vincolante anche se una delle parti contraenti si rifiuti di rispettarlo.

Aggiunge che, se si entrasse in quest'ordine di idee, la disposizione relativa, concepita in termini generici, potrebbe trovar posto in un altro punto della Costituzione: o dove si parla del Governo, o, meglio, nel preambolo.

Lussu fa presenti le ragioni che rendono necessario condurre in forma segreta le trattative per la conclusione di un accordo internazionale: ed aggiunge che la garanzia è costituita dall'avere stabilito che la ratifica da parte del Presidente della Repubblica — necessaria per rendere valido il trattato — deve essere autorizzata dal Parlamento. Si dichiara perciò favorevole alla soppressione del secondo comma dell'articolo 10.

Mortati osserva che è opportuno che la Sezione non addivenga ad una decisione circa la sorte del secondo comma, se prima non si sarà pronunciata sul primo comma, dal quale il secondo discende.

Dopo aver rilevato che il primo comma tende non a dichiarare nulli, ma ad impedire la stipulazione di trattati segreti, osserva che lo stabilire una tale forma unilateralmente porrebbe lo Stato italiano in una condizione di inferiorità rispetto alle altre Nazioni.

Grieco crede che, tutto considerato, la soluzione migliore sia quella di indicare quali trattati (e l'indicazione dovrebbe essere limitata alle voci più importanti) devono essere sottoposti alla firma del Presidente solo previa autorizzazione delle Camere.

Il Presidente Terracini si dichiara favorevole all'introduzione nella Carta costituzionale della norma che richiede per la ratifica dei trattati internazionali la preventiva autorizzazione delle Camere, perché è appunto dalle norme introdotte nelle singole legislazioni che trovano la loro origine le norme di diritto internazionale. Aggiunge che una disposizione del genere è impegnativa per gli uomini politici italiani, i quali potranno anche violarla, assumendone la responsabilità, per il bene superiore del Paese.

Fabbri ricorda che tutti i trattati internazionali stipulati dagli Stati aderenti al patto della Società delle Nazioni non avrebbero dovuto aver valore, se non registrati a Ginevra; ma tale principio è stato però pregiudicato dalla fine della Società delle Nazioni.

Il Presidente Terracini risponde che l'esperimento non diede buoni risultati, perché fu fatto quando non si era creata una consuetudine di registrazione.

Crede che, in attesa della formula dell'onorevole Perassi che sarà comunicata dall'onorevole Tosato nella prossima seduta, sia opportuno sospendere ogni decisione sul primo comma di questo articolo.

Fabbri dichiara, per il caso che il secondo comma non sia soppresso, di essere favorevole alla proposta dell'onorevole Nobile, la quale, stabilendo che i trattati segreti sono vietati, implica la responsabilità di chi firma.

Grieco domanda se nella parola «trattati» si debbano comprendere anche le annessioni e gli scambi diretti.

Il Presidente Terracini propone la dizione più comprensiva: «Ogni impegno internazionale di carattere segreto è proibito».

Lussu è contrario a questa formulazione.

Nobile vi è invece favorevole.

Codacci Pisanelli vi è contrario, specialmente in considerazione del fatto che i trattati militari internazionali devono per necessità di cose essere segreti.

Mortati è anch'egli contrario.

Il Presidente Terracini pone ai voti la seguente formulazione del secondo comma:

«Ogni impegno internazionale di carattere segreto è proibito».

(Non è approvata).

Mette ai voti la soppressione del secondo comma.

Tosato, Relatore, dichiara di essere favorevole alla soppressione.

(È approvata).

Il Presidente Terracini apre la discussione sull'articolo 11:

«Il Presidente della Repubblica dichiara la guerra deliberata dall'Assemblea Nazionale».

Mortati è del parere che si possa sopprimere la seconda parte dell'articolo, poiché in materia di potere legislativo si è già stabilito di affidare la deliberazione della guerra all'Assemblea Nazionale.

Nobile propone la soppressione dell'intero articolo, in quanto ora si usa cominciare la guerra prima di dichiararla. Concederebbe al Capo dello Stato le facoltà di fare la mobilitazione generale e di dichiarare lo stato di guerra.

Il Presidente Terracini, premesso che allora bisognerebbe analogamente sopprimere anche l'articolo che affida all'Assemblea Nazionale la deliberazione della guerra, osserva che, con la richiesta della dichiarazione solenne da parte dell'Assemblea Nazionale, si vuole eliminare l'eventualità di una guerra di aggressione.

Tosato, Relatore, ricorda che nei primi articoli della Costituzione esiste una disposizione nel senso di vietare qualsiasi guerra di aggressione; è evidente quindi la necessità e l'opportunità di stabilire in quali forme costituzionali una dichiarazione di guerra debba essere fatta.

Vanoni osserva all'onorevole Nobile che si può anche ammettere che la guerra possa cominciare prima della dichiarazione ufficiale; ma è necessario che, magari successivamente, si emani un atto che serva a chiarire la situazione.

Grieco propone la seguente dizione:

«Il Presidente della Repubblica proclama lo stato di guerra, quando lo esiga la difesa dell'indipendenza e dell'integrità territoriale del Paese».

Il Presidente Terracini trova che la formula proposta dall'onorevole Grieco comprende due ipotesi: quella della dichiarazione di guerra e quella del pericolo di un'aggressione al territorio nazionale. Osserva che in questo secondo caso, la proclamazione dello stato di guerra come atto interno di allarme non si identifica con la vera e propria dichiarazione di guerra, ma rappresenta una nuova facoltà data al Presidente della Repubblica, sulla cui concessione egli potrebbe anche essere d'accordo.

Grieco precisa che con la frase «proclama lo stato di guerra» intende comprendere, senza bisogno di ulteriori specificazioni, anche la dichiarazione della guerra.

Rossi Paolo adotterebbe la seguente formula:

«Il Presidente della Repubblica dichiara la guerra deliberata dall'Assemblea Nazionale per la difesa dell'integrità e dell'indipendenza del territorio nazionale».

Vanoni, premesso che attualmente si va verso una forma di organizzazione internazionale più vincolante per gli Stati, in relazione al quale sarà ammissibile fare la guerra non per l'interesse particolare di una Nazione, ma per l'interesse generale della pace, osserva che, se si approvasse l'articolo proposto dall'onorevole Grieco, evidentemente si escluderebbe la possibilità di una guerra determinata da obblighi internazionali, così come avrebbe potuto aver luogo se il patto della Società delle Nazioni avesse avuta efficacia concreta, o come avrà luogo in futuro, se sarà portata a compimento l'Organizzazione delle Nazioni Unite.

Prospetta quindi l'opportunità — considerando la questione sotto questo profilo — di ritenere sufficiente l'impegno formale contenuto nella prima parte della Costituzione di non ricorrere a guerre di aggressione.

Nobile osserva all'onorevole Vanoni che, il giorno in cui sarà ammessa nell'Organizzazione delle Nazioni Unite, l'Italia sarà tenuta a mettere a disposizione del Comando di Stato Maggiore dell'O.N.U. i contingenti che le saranno richiesti; ma la guerra non la farà l'Italia, bensì l'Organizzazione delle Nazioni Unite.

Tosato, Relatore, replica che l'Organizzazione delle Nazioni Unite non è una persona giuridica che possa dichiarare la guerra a suo piacere, ma è costituita da tutte le Nazioni che ne fanno parte e che non sono da essa assorbite.

Rossi Paolo non vede la necessità di considerare in una norma della Costituzione la deliberazione di una guerra, che è un atto che può essere considerato una legge, e come tale può seguire il corso stabilito appunto per i provvedimenti legislativi.

Fabbri è favorevole alla formula del progetto, la quale si limita a prevedere — e appunto questo deve essere indicato nella Costituzione — l'organo competente a dichiarare la guerra, secondo il diritto delle genti.

Nobile, rispondendo all'onorevole Tosato, dichiara di non essere persuaso che l'Organizzazione delle Nazioni Unite non abbia una personalità giuridica, in quanto trattasi di un'associazione in cui vi è una maggioranza che s'impone alla minoranza del Consiglio di sicurezza, alla cui decisione di portare la guerra contro un determinato Paese tutte le Nazioni aderenti sono vincolate ad obbedire.

Il Presidente Terracini riconosce che ogni Stato sarà tenuto ad adempiere quanto stabilito dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, ma baserà la sua azione sulle forme stabilite dalle sue leggi, convocando, cioè, nelle forme previste dalle leggi interne i propri organi competenti ed adottando rapidamente le decisioni necessarie. Così, ad esempio, l'Italia dovrà fare approvare dal Parlamento una legge con cui il Governo sarà autorizzato alla spesa necessaria per fornire i contingenti richiesti dall'Organizzazione delle Nazioni Unite. Domanda all'onorevole Nobile se propone una formula.

Nobile dichiara di aderire alla formula dell'onorevole Grieco.

Tosato, Relatore, fa presente che il momento della deliberazione della guerra sta a quello della dichiarazione come l'approvazione della legge sta alla promulgazione.

Codacci Pisanelli spiega che, mentre dal punto di vista del diritto interno la deliberazione dell'Assemblea Nazionale è quella che decide la guerra, dal punto di vista internazionale la deliberazione delle Assemblee legislative non ha valore, non essendo queste organi di diritto internazionale e non avendo quindi la capacità di rappresentare l'Italia. Di qui la necessità che la guerra sia dichiarata dal solo organo capace di rappresentare la Nazione, cioè dal Presidente della Repubblica.

Bordon riconosce l'opportunità di esaminare a fondo un problema di tale importanza e propone di modificare la formula del relatore Tosato, la quale non lo soddisfa, nel modo seguente:

«Il Presidente della Repubblica dichiara la guerra nei casi e nei modi previsti dalla Costituzione».

La Rocca, Relatore, desidera si affermi il concetto che, mentre finora la dichiarazione di guerra era una prerogativa esclusiva del Capo del potere esecutivo, oggi questo diritto deve trasferirsi negli organi che esprimono la volontà popolare; ma poiché il Parlamento, dal punto di vista giuridico, non può dichiarare la guerra, e si è accettato il concetto che il Presidente della Repubblica rappresenta lo Stato, non può essere altri che questi a dichiarare la guerra, facendosi portavoce della volontà popolare che già si è espressa attraverso il voto dell'Assemblea Nazionale. Sarebbe però necessario che dalla Costituzione risultasse ben chiaro che tale dichiarazione deve aver luogo «dopo che l'Assemblea Nazionale ha deliberato».

Vanoni propone la seguente formula che, a suo giudizio, tiene conto dell'esigenza formale che la guerra sia stata già deliberata dall'Assemblea Nazionale, e di quella sostanziale che la guerra possa essere dichiarata soltanto quando ricorrano le ipotesi previste in uno dei primi articoli della Costituzione:

«Il Presidente della Repubblica dichiara la guerra nei limiti previsti dalla Costituzione».

Fabbri preferirebbe la seguente formula:

«Il Presidente della Repubblica promulga e notifica la guerra dichiarata dall'Assemblea Nazionale».

Avverte che la parola «promulga» si riferisce agli effetti interni, mentre la parola «notifica» si riferisce agli effetti internazionali.

Il Presidente Terracini direbbe soltanto: «Il Presidente della Repubblica notifica la guerra dichiarata dall'Assemblea Nazionale», o anche: «proclama la guerra, allorché sia stata dichiarata dall'Assemblea Nazionale».

Nobile insiste nella sua proposta di parlare di «stato di guerra».

Il Presidente Terracini fa notare che lo stato di guerra è un'ipotesi differente da quella della guerra e che quindi, regolata la prima, dovrà poi risolversi la seconda.

Fabbri modifica la sua formula nei seguenti termini:

«La dichiarazione di guerra, deliberata dall'Assemblea Nazionale, è fatta dal Presidente della Repubblica».

Il Presidente Terracini fa notare che, in correlazione con gli articoli precedenti, è opportuno che il Presidente sia il soggetto dell'articolo.

Mette ai voti la proposta formulata dall'onorevole Grieco:

«Il Presidente della Repubblica proclama lo stato di guerra, quando lo esiga la difesa dell'indipendenza e dell'integrità territoriale del Paese».

(Non è approvata).

Fa presente che dovrebbe ora essere messa ai voti la proposta dell'onorevole Nobile, la quale fa egualmente cenno allo stato di guerra.

Nobile dichiara di non insistervi.

Il Presidente Terracini dovrebbe allora mettere ai voti la proposta dell'onorevole Bordon.

Bordon ritira il suo emendamento.

Il Presidente Terracini ritiene allora che la formula definitiva potrebbe essere la seguente:

«Il Presidente della Repubblica dichiara la guerra, allorché sia stata deliberata dall'Assemblea Nazionale».

Vanoni sostituirebbe la parola «allorché» con l'altra «quando».

Il Presidente Terracini mette ai voti la formula:

«Il Presidente della Repubblica dichiara la guerra, quando sia stata deliberata dall'Assemblea Nazionale».

(È approvata).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti