[Il 17 settembre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale dei seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo I «Il Parlamento», Titolo II «Il Capo dello Stato», Titolo III «Il Governo». — Presidenza del Vicepresidente Conti.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Condorelli. [...] Un'altra deficienza, come accennavo, nel nostro ordinamento costituzionale, è stata quella dell'instabilità dei governi. È inutile illustrarla; è risaputa, anzi si può dire che è questa la crisi permanente di un certo tipo di Stati.

Ora, certamente, i redattori del progetto si sono preoccupati di questo inconveniente ed hanno avvisato per combatterlo dei sistemi, o meglio dei piccoli accorgimenti. E trovo strano che si sia financo protestato perché si è stabilito che per presentare una mozione di sfiducia è necessaria l'adesione di tanti deputati che costituiscano il quarto dei componenti la Camera. Io penso che una mozione che abbia un qualsiasi fondamento, che abbia una qualsiasi rispondenza alla situazione obiettiva delle cose e che abbia anche una rispondenza a quelle che possono essere le speranze di una sua affermazione, troverà facilmente un quarto dei deputati che vi aderiscano; non si muove all'attacco di un Governo se non si è per lo meno sicuri, in partenza, dell'adesione della quarta parte dei deputati. Poi, strada facendo, si potranno trovare gli altri; ma che all'inizio di un'azione di questo genere non si possa disporre di questo quarto, può essere prova della capricciosità, della tatticità inutile di una mozione, ed è giusto che essa non sorga a turbare la vita del Paese.

Un altro accorgimento che si è escogitato è quello del diritto di appello che avrebbe il Governo all'Assemblea Nazionale; ove, infatti, non si volesse rassegnare al voto di sfiducia di una delle Camere, un articolo del progetto prevede che il Governo possa appellarsi all'Assemblea Nazionale, cioè ai due rami del Parlamento riuniti. Questo accorgimento è veramente discutibile, perché tutto dipende da come sarà formato il Senato: vogliamo chiamarlo senz'altro così perché è pensabile che la nuova denominazione avrà la vita stessa del progetto. Se infatti si parla di senatori, è chiaro che vi debba essere un Senato, senza del quale non vi potrebbero essere i senatori.

Tutto dipende dunque, dicevo, da come questo Senato sarà formato. Se questo Senato sarà, come è stato previsto nel progetto, quasi un doppione della Camera dei Deputati, nulla di male che queste due Camere, come dicevano i pubblicisti del Cinquecento, si raccozzino insieme. In fondo, c'è da supporre che isolatamente ognuna delle due Camere voterebbe come voterà il complesso delle due insieme, perché lo schieramento delle forze nei due rami del Parlamento sarà pressappoco eguale.

Se però si introducessero alcuni o molti dei criteri di nomina dei senatori che si vanno proponendo, talché il Senato non sarebbe, nella sua composizione, omogeneo con l'altra Camera, questo raccozzamento non sarebbe possibile perché non si possono sommare valori eterogenei. È chiaro infatti che la rappresentatività della volontà espressa dalla Camera dei Deputati eletta a suffragio popolare non sarebbe omologa con la rappresentatività della volontà espressa da questo corpo che non è completamente elettivo e comunque non poggiato sul suffragio universale.

[...]

Fuschini. [...] L'Assemblea Nazionale è dunque un organo di maggiore e più viva rilevanza di quel che non siano la Camera dei deputati ed il Senato stesso. Ma vi è ancora di più, vi è un delicato momento della vita politica del Parlamento nel quale si è voluto inserire l'intervento dell'Assemblea Nazionale. L'articolo 87 stabilisce che, una volta costituitosi un Governo, questo Governo deve presentarsi all'Assemblea Nazionale e «ottenere con voto nominale ed a maggioranza assoluta dei componenti» la fiducia dell'Assemblea stessa. L'articolo 88 poi completa e dilata questa disposizione, cioè stabilisce che, in seguito al voto di sfiducia dato da una Camera, se il Governo non intende dimettersi, può ricorrere in appello all'Assemblea Nazionale. Ora io ritengo che questo, dal punto di vista parlamentare e dal punto di vista politico, sia un grave errore che potrà portare gravi conseguenze di carattere politico. Non credo, onorevoli colleghi, che la stabilità del Governo possa realizzarsi con questo espediente giuridico.

Le crisi ministeriali, sono state frequenti in passato nel nostro Paese, ma sono state meno frequenti che in altri Paesi di carattere parlamentare, come la Francia. Si vorrebbe limitarle, e ciò è plausibile, ma non credo che si possa ciò ottenere con questo espediente, e far sì che un Governo, colpito da un voto di sfiducia di una Camera, possa rimarginare la ferita al suo prestigio col fare riunire tutte e due le Camere. È un'illusione, perché evidentemente, siccome Camera e Senato avranno posizioni numeriche di carattere completamente diverso, le loro deliberazioni unitarie, per quanto si voglia fare e stabilire, saranno sempre influenzate dalla prevalenza di quelle correnti politiche che si verificheranno in ogni Camera. Qualunque sia il modo di formare il Senato, rimane per me indubbio che il Senato, dal punto di vista politico, rispecchierà molto da vicino la distribuzione dei seggi della Camera dei deputati.

Ora, in questa situazione è evidente che anche andando davanti ad un'Assemblea Nazionale, la maggioranza che si è stabilita per dare o negare la fiducia al Governo in una Camera non si modificherà gran che nella Assemblea Nazionale, anche senza rilevare che la prima Camera, che ha un numero di membri molto superiore alla seconda, avrà sempre la possibilità di prevalere. Si tratta quindi, a mio avviso, di un meccanismo inutile, che affatica il sistema parlamentare e lo svolgimento della vita politica del Paese, che non può trarre vantaggio dalle ripetizioni di discussioni che posso considerare in precedenza assolutamente inoperanti. Del resto, non si creda di poter creare la stabilità di Governo con degli espedienti di carattere giuridico costituzionale, o di carattere parlamentare. È bene certamente studiare i mezzi per impedire voti di sfiducia promossi di sorpresa. Nel decreto del 16 marzo 1946 è stato già stabilito che, presentata una mozione di sfiducia, questa non può essere discussa immediatamente, ma si lascia al Governo la facoltà di rispondere entro quarantotto ore, e occorre che la mozione stessa riporti la maggioranza assoluta dei suffragi dei componenti l'Assemblea. Questa disposizione si è dimostrata già efficace e opportuna, per la prima parte, come abbiamo tutti potuto constatare a proposito della mozione di sfiducia presentata dall'onorevole Nenni.

Ora, questo mi sembra sufficiente perché nelle Camere si possa impedire una discussione improvvisa che sfoci in un voto di sfiducia. Ma questa disposizione, che riguarda la nostra Assemblea Costituente, può essere riprodotta nel progetto di Costituzione, e potrà essere meglio precisata nei regolamenti delle rispettive Camere.

[...]

Corbi. [...] Ed inoltre, una volta adottata la seconda Camera, si cerchi di farla funzionare secondo criteri più pratici, direi, ed anche più moderni. Per qual motivo, ad esempio, l'approvazione dei bilanci deve essere materia demandata alla seconda Camera? Ma non è questa competenza specifica della prima Camera e soltanto di essa? Non è questa forse la giustificazione storica dell'assemblea elettiva della Camera dei deputati? È questa, del resto, prerogativa esclusiva della prima Camera in varie Costituzioni: nella francese, nell'argentina, nella canadese, nella jugoslava, nella polacca e in quelle di vari altri Paesi.

Si convenga che la materia finanziaria è la chiave del potere esecutivo e che è la prima Camera quella che rispecchia meglio le esigenze del Paese. Per la possibilità che hanno i componenti della prima Camera di avvertire le reali esigenze del Paese nella contingenza del momento politico, per la stessa vita che i suoi membri conducono a contatto diretto con gli operai, con i contadini, con gli impiegati, ecc., la Camera dei deputati meglio risponde allo scopo.

Così dicasi per quanto riguarda l'amnistia, fatto squisitamente politico, che indubbiamente la prima Camera può meglio giudicare, e per il diritto di inchiesta; così per la fiducia al Governo, ad evitare, in questo caso, quei facili conflitti che possono verificarsi.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti