[Il 18 ottobre 1947 l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo primo della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Il Parlamento».

È in discussione il tema dell'Assemblea Nazionale (Parlamento in seduta comune). Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda al commento all'articolo 55 per il testo completo della discussione.]

Bozzi. Ma l'Assemblea, secondo il progetto, ha anche il voto di fiducia.

Nitti. Voto di fiducia? come e perché? Signori, queste cose noi non siamo in condizioni di farle. Che cosa farebbe tutto l'anno questa povera Assemblea costituzionale? Io non mi preoccuperei se questa Assemblea Costituente, come risulta dagli articoli del progetto, non fosse permanente e non minacciasse di dilatarsi ancora.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Ma non è permanente!

Nitti. Ebbene qui dovremmo costituire una superassemblea con Camere e magistrature ancora più numerose! Si arriva poi all'assurdo, di ficcare questa superassemblea anche nelle questioni in cui si tratta direttamente del Governo, perché quando, nell'attrito che si può verificare, il Governo non vuole dimettersi, o non intende dimettersi, deve essere convocata questa superassemblea di mille persone per dirimere questioni di questa natura. Tutto questo è assurdo, oltre che paradossale, tutto questo non può avere applicazioni pratiche. Lasciamole a qualche piccolo giurista, o a qualche professore, queste divagazioni. La nostra razza di professori quanto male spesso ha fatto con le migliori intenzioni!

[...]

Presidente Terracini. L'onorevole De Vita ha presentato il seguente emendamento all'articolo 52:

«Al secondo comma, alle parole: nei casi preveduti dalla Costituzione, sostituire le parole: nei casi preveduti dagli articoli 75 e 79.

«Correlativamente, sopprimere il secondo comma dell'articolo 87 e il terzo comma dell'articolo 88».

Ha facoltà di svolgerlo.

De Vita. Questo emendamento è connesso con l'emendamento già svolto dall'onorevole Macrelli; credo pertanto che non abbia bisogno di ulteriore svolgimento.

Ritengo che l'Assemblea Nazionale debba avere soltanto i poteri di cui agli articoli 75 e 79 e non ritengo invece, opportuno che l'Assemblea stessa deliberi in ordine a quanto è previsto nel secondo comma dell'articolo 87 e nel terzo comma dell'articolo 88.

[...]

Corbino. [...] Io ricordo che un principio elementare di aritmetica vuole che non si possano sommare cose eterogenee. Ora, come stanno le cose? Un senatore, dato il numero dei senatori che noi abbiamo fissato, ha in sé un duecento quarantesimo del potere del Senato, mentre un deputato ha approssimativamente un cinquecentosessantesimo del potere della Camera. Ciascun senatore è uguale a tutti gli altri senatori, nel Senato, come ciascun deputato è uguale a tutti gli altri deputati, nella Camera. Ma, quando noi li mettiamo insieme in un organismo unico, due sono le possibilità: o noi adottiamo il criterio della ponderazione, come si usa nei numeri indici, o noi sommiamo delle frazioni che non hanno lo stesso denominatore.

È evidente, infatti, che quando noi mettiamo insieme duecentoquaranta senatori con cinquecentosessanta deputati, è come se mettessimo un organo collegiale fatto da due insieme con un organo collegiale fatto da cinque. (Commenti).

Tonello. Sono tutti rappresentanti del popolo.

Corbino. Un momento: spiego subito che cosa avverrebbe. Facciamo un esempio concreto. Poniamo che il Governo, ottenuta la fiducia presso la Camera dei Deputati con 30 voti di maggioranza, se la veda negata dal Senato con 5 voti di minoranza. Riuniamo allora l'Assemblea Nazionale e il Governo avrà la fiducia con 15 voti di maggioranza. Che cosa conta allora la sfiducia della seconda Camera? Non conta nulla, ed il risultato sarà che la seconda Camera, non avendo potuto rovesciare il Governo, boccerà sistematicamente tutti i disegni di legge che il Governo le sottoporrà, in quanto non le si presenta altro mezzo per uscire da questa situazione. È evidente quindi che il rimettere all'Assemblea Nazionale il voto di fiducia al Governo o l'esame del conflitto fra il voto di sfiducia di una Camera e il voto di fiducia dell'altra significa non risolvere il problema. Si noti che il caso si presenta proprio quando la fiducia o la sfiducia sono ai margini; perché un Governo, il quale, fatti i conti, veda che dalla riunione dell'Assemblea Nazionale non gli verrebbe un voto di fiducia, anche se l'ha avuto in una sola delle due Camere, si dimetterà subito. Il Governo non si dimetterà proprio nel caso in cui, fatti i conti, esso avrà la certezza che l'Assemblea Nazionale non gli dà la sfiducia. E allora, a quali conflitti andiamo incontro?

Ecco perché io ritengo che se noi vogliamo o dobbiamo accettare il principio di una riunione plenaria dei due organi costituzionali per il caso dell'elezione del Capo dello Stato ed eventualmente per la dichiarazione di guerra, dobbiamo escluderlo per tutti gli altri casi, nei quali l'Assemblea verrebbe ad avere la funzione di una Camera sola, superiore alle volontà delle due Camere che la formano, alterando o sopprimendo addirittura il principio della bicameralità, che noi abbiamo ripetutamente votato. (Applausi a destra).

[...]

Costantini. [...] Io osservo, onorevoli Colleghi, che nella questione del voto di fiducia o sfiducia al Governo — così come ci è stata prospettata dall'onorevole Corbino — sta un solo lato della questione. Vi è però un altro lato, quello della opportunità che una Assemblea di circa mille fra deputati e senatori discuta questa materia, perché abbiamo già veduto che le discussioni fatte nel solo Parlamento — Assemblea Costituente — nei riguardi della fiducia al Governo, si sono trascinate per qualche settimana per cui viene naturale chiedersi, se domani dovesse l'Assemblea Nazionale discutere la fiducia o la sfiducia al Governo, se non avremmo una carenza di Governo che durerà qualche mese.

[...]

Nitti. [...] Si deve evitare che ci sia una terza Assemblea la quale decida poi al di sopra, come avviene per le dimissioni o per le crisi ministeriali. Questa superfetazione assurda deve assolutamente scomparire. Se il Presidente del Consiglio e il Consiglio dei Ministri non possono essere licenziati per un voto contrario, è assolutamente assurdo che si riuniscano poi Camera dei deputati e Senato per decidere che cosa si debba fare.

È un procedimento così tumultuario e stravagante, che non si potrà trovare una via di soluzione. Quindi, quando il Presidente del Consiglio e il Consiglio dei Ministri hanno il voto contrario di una delle due Camere è inutile metterle insieme. Il Consiglio dei Ministri prenderà le decisioni che sono inevitabili: si dimetterà o verrà una crisi. Non possiamo prevedere tutte queste cose. Non sono cose che si mettono in articoli di legge. E in una ipotesi di crisi volete riunire qualche migliaio di legislatori. Non c'è nessuna sede in Roma che possa riunire questa stranissima Assemblea che non si sa che cosa sia.

Fissiamo nettamente le funzioni che devono esplicare insieme. Per questo occorrerà qualche giorno all'anno; ma senza nessun ufficio che possa avere carattere di permanenza, e senza nessuna attribuzione che possa dar luogo ad equivoci. In questo senso credo che l'opera della Commissione sia facile.

[...]

Persico. [...] Quando esamineremo gli articoli 87 e 88 vedremo se è il caso di dare all'Assemblea Nazionale questa speciale facoltà, ed in quella occasione le considerazioni dell'onorevole Corbino potranno avere un certo valore. Si potrà rispondere che i membri dell'Assemblea Nazionale sono tutti egualmente rappresentanti del popolo e che non sono vincolati al voto che hanno dato nella Camera a cui appartengono, ecc.

[...]

Nitti. [...] Però vengono poi, non in questo capitolo, ma in altri, altre questioni di natura più delicata. Se il Governo ha un voto contrario da parte di una delle Camere elettive, convoca l'Assemblea plenaria, questa solenne e assurda Assemblea, perché giudichi e dia la soluzione. È una cosa inverosimile, perché non soltanto qui si tratta di una supercamera, la quale ha la diversità (come ha detto l'onorevole Corbino) del numero dei componenti delle due Camere che deve decidere, ma si tratta di una decisione che non può essere fatta da mille persone, in un momento di concitazione. Noi sappiamo che cosa vogliono dire le crisi: nessuno dice di voler andare al Governo, ma molti si agitano per andare al Governo. (Ilarità).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti