[Il 28 gennaio 1947 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione discute sui Consigli ausiliari e sul Consiglio economico.]

Il Presidente Terracini legge e pone in discussione l'articolo 1 nel testo redatto dall'onorevole Mortati, riguardante i Consigli ausiliari e l'articolo riguardante il Consiglio economico nazionale:

«Sono costituiti presso le amministrazioni centrali o gruppi di esse Consigli ausiliari composti di rappresentanti eletti dal Parlamento, dalle associazioni sindacali, dagli ordini professionale o anche da altri enti, secondo le determinazioni che saranno fatte dalla legge.

«Tali Consigli, o separatamente, o per gruppi, o riuniti in Consiglio Generale, collaborano con il Parlamento, dando i pareri che siano ad essi richiesti su disegni o proposte di legge, o predisponendo progetti legislativi, su richiesta del Parlamento o del Governo, o di propria iniziativa. Questi ultimi, anche ove il Governo non consenta in essi, sono sottoposti alla stessa procedura delle iniziative legislative dei membri del Parlamento.

«Ciascuna Camera può disporre che sui progetti che siano corredati dalla relazione di un Consiglio, non si proceda all'esame preventivo delle Commissioni di cui all'articolo 27.

«Il Parlamento può conferire per tempo limitato ai Consigli il potere di predisporre regolamenti esecutivi di singole leggi, i quali diverranno efficaci quando siano firmati e promulgati dal Capo dello Stato, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.

«I Consigli sono altresì organi ordinari di consulenza del Governo».

«I Consigli ausiliari collegati con servizi di carattere economico, insieme riuniti, formano il Consiglio economico nazionale.

«Esso, oltre alle funzioni previste dal precedente articolo, può essere autorizzato a compiere inchieste ed altresì venire incaricato, su richiesta delle parti interessate, di funzionare come organo arbitrale nelle controversie di carattere economico.

«Sono sottoposti alla ratifica del Consiglio economico, con le modalità che saranno stabilite dalla legge, i contratti collettivi di lavoro, in quanto essi siano suscettibili di ripercuotersi, attraverso aumenti dei prezzi, su tutta l'economia nazionale.

«È obbligatoria l'audizione del parere del Consiglio economico per tutti i progetti diretti a disciplinare in modo unitario l'attività produttiva del Paese».

Einaudi domanda in primo luogo come saranno regolati i rapporti tra questi Consigli ausiliari che si vogliono costituire ed i vari Consigli già esistenti, sorti in seguito a determinate esigenze che si sono manifestate; Consigli che hanno ciascuno una storia, una propria funzione, una propria fisionomia, che in gran parte sono composti di tecnici, e che in qualche caso — ad esempio per la Commissione centrale delle imposte — esercitano anche una funzione giurisdizionale. Ritiene che non sia facile effettuare questo agganciamento o questa trasformazione, specialmente per quelli che esercitano funzioni giurisdizionali.

In secondo luogo teme che possano nascere conflitti di competenza, per il fatto che un parere preventivo di questi Consigli, prevalentemente sostanziale e tecnico, non si sa se verrebbe a far cadere la necessità del parere preventivo del Consiglio di Stato, di natura essenzialmente giuridica.

Richiama inoltre l'attenzione sul comma in cui si dice che ciascuna Camera può disporre che sui progetti che siano corredati dalla relazione di uno di questi Consigli non si proceda all'esame preventivo delle Commissioni di cui all'articolo 27, poiché non crede che si possa prescindere dalla procedura normale per l'esame dei disegni di legge.

Rileva, infine, che non vi è ragione di chiamare «ausiliari» i Consigli previsti nel primo articolo: direbbe soltanto «Consigli», poiché si tratta di organi che danno pareri.

Nobile è perplesso, perché teme che questi Consigli ausiliari possano a poco a poco sostituire le Commissioni delle Camere. È convinto della utilità di questi Consigli come organi consultivi, ma non crede si possa concedere ad essi, alla leggera, così importanti facoltà, quale l'iniziativa di progetti legislativi e la formazione di regolamenti esecutivi di singole leggi.

Il Presidente Terracini manifesta la sua impressione che, con questo articolo, si inficino troppo gravemente i poteri e l'autorità del Parlamento, e che non si tratti più di organi consultivi, ma di nuovi strumenti che si inseriscano nella struttura generale dello Stato ed ai quali si affidino compiti riservati ad altri organi. Infatti, è detto che questi Consigli collaborano col Parlamento — e si deve intendere una collaborazione su un piede di eguaglianza —; predispongono progetti legislativi di propria iniziativa, a somiglianza dell'iniziativa parlamentare; e sottraggono alla normale procedura parlamentare i progetti corredati di una loro relazione.

Pur accettando, anche per il modo di loro formazione, il criterio della costituzione di questi organismi, non ritiene che essi debbano invadere il campo riservato al Parlamento, la cui autorità in materia legislativa, deve restare assolutamente intangibile.

Fabbri pensa che, con i due articoli proposti — uno sui Consigli ausiliari, l'altro sul Consiglio economico — si pretenda di colmare quella che alcuni ritengono una lacuna della Carta costituzionale, risolvendo con essi i due gravi problemi dell'ordinamento sindacale che sbocca nel contratto collettivo di lavoro e dell'ordinamento corporativo. Rileva la impreparazione dell'Assemblea all'esame intrinseco di tali problemi, e la inopportunità di creare vere e proprie fonti normative di diritto, poiché, se i contratti collettivi di lavoro sono sottoposti al Consiglio economico «in quanto siano suscettibili di ripercuotersi, attraverso aumenti di prezzi, su tutta l'economia nazionale», tali contratti finiscono per diventare legge per tutti. Osserva che, se pur si domanda il crisma del Consiglio economico per l'approvazione di questi contratti collettivi quando, in seguito ad un accordo tra le parti su un aumento dei prezzi, portano ad un danno rilevante per la popolazione, non si vede tuttavia come si potrebbe inficiare il contratto attraverso il mancato crisma, perché, per lo meno tra le parti contraenti, esso potrà sempre esser valido.

Ritiene in sostanza che la materia di tali Consigli possa essere affidata al futuro svolgimento legislativo, e che in ogni caso non si possano risolvere così alla leggera, con due soli articoli, questioni tanto importanti: tutto al più, tali articoli dovrebbero essere formulati in modo generico, senza stabilire principî che esautorassero completamente il Parlamento usurpandone le funzioni.

Bulloni si dichiara contrario all'articolo riguardante i Consigli ausiliari, sia perché rappresenta indubbiamente una menomazione dell'autorità del Parlamento, sia perché, creando organi su organi, si rendono più facili i contrasti. È favorevole invece al Consiglio economico, chiamato a dar parere su determinati casi e materie; ed approva il concetto che le parti possano demandargli in via amichevole la risoluzione delle controversie di lavoro.

Laconi osserva che questi Consigli ausiliari non sono concepiti come organi consultivi, ma come fonti di norme che, avendo la loro base nella struttura delle diverse organizzazioni, hanno determinati poteri. Non si tratta, dunque, in realtà di semplici Consigli tecnici, ma di organi rappresentativi di interessi, ed è facile immaginare il funzionamento di un organo costituito in tal modo: Sindacati e Parlamento eleggeranno persone in base a criteri politici o a particolari interessi di categoria e le decisioni saranno soltanto determinate dal numero dei rappresentanti che ciascuna parte potrà avere in seno a detti Consigli; cosa che nell'articolo non è affatto prevista.

Esamina poi le diverse disposizioni del primo articolo ed al terzo comma rileva che il procedimento normale stabilito dalla Costituzione per la formazione delle leggi, non può essere in alcun modo scavalcato o violato da Consigli dei quali, tra l'altro, s'ignora ancora la composizione che è rinviata ad una legge.

Per quanto riguarda il potere, conferito a questi Consigli, di predisporre regolamenti esecutivi di singole leggi, ritiene che la procedura stabilita non sia accettabile: non si tratta, infatti, di un lavoro puramente formale, eseguito da parte di tecnici in seguito a mandato, ma piuttosto di una delega di poteri; perché, una volta eseguito il mandato, il Parlamento non è più chiamato a dare un giudizio sulla sua esecuzione, ed i regolamenti divengono efficaci con la sola firma del Capo dello Stato, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.

Ritiene perciò, che l'articolo concernente i consigli ausiliari possa essere ridotto soltanto all'ultimo comma, in cui è detto che tali Consigli sono organi ordinari di consulenza del Governo.

Per quanto poi attiene al Consiglio economico, osserva che la disposizione secondo la quale sono sottoposti alla sua ratifica i contratti collettivi di lavoro in quanto essi siano suscettibili di ripercuotersi, attraverso aumenti di prezzi, su tutta l'economia nazionale non ha sicuro fondamento, in quanto non si vede come possa effettuarsi questa valutazione della ripercussione dei contratti collettivi su tutta l'economia nazionale. D'altra parte, connessa ai compiti che dovrebbe esercitare il Consiglio economico, egli vede tutta una concezione di carattere corporativistico che rappresenta il punto politico della questione e che ritiene debba essere completamente scartata.

Tosato si dichiara favorevole, in linea di massima, alla proposta dell'onorevole Mortati, in quanto ha il merito di cercare di risolvere sistematicamente il problema della consulenza tecnica su determinate questioni, nei confronti del Governo ed eventualmente del Parlamento.

Rileva intanto — a chiarimento dei quesiti posti dall'onorevole Einaudi — che la proposta dell'onorevole Mortati introduce nella Costituzione un principio nuovo: quello di un rinnovamento e di un inquadramento più sistematico dei vari organi consultivi, che oggi sono costituiti in modo eterogeneo, con una compartecipazione di efficacia molto dubbia di tecnici e di Consiglieri di Stato, per la pretesa connessione tra questioni tecniche e questioni giuridiche. Rileva pure che la nomina dei Membri di tali Consigli è oggi affidata esclusivamente al Governo, senza alcuna garanzia che essi possano veramente esprimere la viva voce del Paese per indirizzare l'attività dello Stato al di fuori della normale vita burocratica; ed inoltre che i vari Consigli tecnici — che possono essere ottimi singolarmente presi — mancano di un legame tra loro, ciò che è fonte di inevitabili contrasti.

Non ritiene poi giustificate le obiezioni sollevate circa una menomazione del potere sovrano del Parlamento, ed esaminando analiticamente i singoli punti dell'articolo, osserva al Presidente che, la «collaborazione» di tali Consigli non significa che essi siano posti sullo stesso piano del Parlamento, ma soltanto che con i loro pareri partecipano in qualche modo al procedimento per la formazione della volontà dello Stato che deve bensì portare a decisioni politiche, ma tecnicamente maturate, in tutti i rami delle sue attività oggi così estese. Tale collaborazione, a suo giudizio, si può esercitare con una consulenza meramente facoltativa, la cui precisazione è affidata ad una legge che potrà, per certi casi, stabilirla anche obbligatoriamente, senza che con ciò il parere debba essere vincolante. Circa la obiezione sulla potestà di iniziativa concessa ai Consigli ausiliari, rileva che, se essa è ammessa per i Consigli regionali, non è possibile negarla ad organi i quali rappresentano il substrato motore di tutta l'attività dello Stato e che seguono da vicino i problemi che sorgono ogni giorno. Se si vuole che questi organi siano veramente efficienti, debbono avere un'attività propria, essere liberi di prospettare le varie esigenze che si presentano, essere indipendenti nel campo specifico di loro competenza tecnica, perché solo così potranno veramente giovare allo Stato. Non vede in ciò alcuna ragione di timore e nulla di contrastante con la Costituzione che si sta elaborando.

Osserva poi che il terzo comma, secondo il quale ciascuna Camera può disporre che sui progetti corredati della relazione di un Consiglio non si proceda all'esame preventivo delle Commissioni di cui all'articolo 27, significa che le Camere hanno la facoltà, non l'obbligo, di seguire questa procedura; la quale del resto è già stata prevista in altro caso, in quanto è stata già votata una norma secondo la quale si può — qualora la Camera lo decida — passare direttamente un progetto all'esame dell'Assemblea.

Venendo ad esaminare l'inciso che riguarda il potere di questi Consigli di predisporre regolamenti esecutivi, si chiede se, trattandosi di una legge su materia squisitamente tecnica, sia preferibile che il regolamento esecutivo venga preparato dalla burocrazia o da un Consiglio padrone della materia, dal momento che qui non si tratta di risolvere problemi politici. Nota che del resto è un potere rimesso alla piena discrezionalità del Parlamento, e che solleverebbe l'esecutivo da un'attività la quale diventa di giorno in giorno più importante e grave.

Non comprende come la proposta dell'onorevole Mortati possa aver sollevato tante preoccupazioni e conclude affermando che essa rappresenta un tentativo di modernizzare la macchina dello Stato, la quale è purtroppo uscita dalla Costituzione in esame con una impalcatura ed un aspetto un po' antiquati rispetto alle esigenze moderne.

Bozzi, rilevata la collaborazione attiva e intensa che questi Consigli dovrebbero esercitare col Parlamento fino al punto di sostituire, in alcuni casi, gli organi normali di funzionamento del Parlamento stesso, osserva che questi nuovi organismi, come sono stati proposti dall'onorevole Mortati, costituiscono delle rappresentanze di interessi e di categorie, e che, pur collaborando in un campo che si dice essere tecnico, valuteranno in modo politico questi interessi tecnici, in quanto non vi è una linea di demarcazione netta fra tecnica e politica, tenuto conto soprattutto della facoltà di iniziativa in materie che si dicono tecniche. Se questo si vuole, si deve dirlo chiaramente.

Si dichiara poi contrario alla struttura d'insieme dell'articolazione proposta, anche perché teme che tali Consigli avranno una visione unilaterale dei vari problemi; ed andrebbero, se mai, raggruppati per poter avere da essi una valutazione complessiva ed armonica degli interessi generali del Paese. Ritiene, però che qualche cosa di questo articolo debba rimanere e che si debba, perciò, restringerne la formulazione a ciò che risponde alla esigenza di raccordare la vita delle pubbliche Amministrazioni, che oggi si muove in una cerchia chiusa, a quelle che sono state chiamate le forze vive del Paese; in modo che questi Consigli, non più concepiti attraverso la rigida disciplina di collaborazione proposta, possano far sentire ai Ministri che sono a capo delle varie amministrazioni la voce di particolari interessi che poi l'organo politico tradurrà in proposte di legge. Limiterebbe, perciò, la formulazione dell'articolo al primo comma, opportunamente adattato, nel senso di ammettere questi Consigli tecnici come organi di consulenza del Ministro e come organi di raccordo fra le pubbliche amministrazioni ed il Paese.

Einaudi si associa all'onorevole Bozzi, nel ritenere che questi corpi ausiliari si dovrebbero limitare a dare consigli intorno a quei problemi che veramente interessano la generalità dei Paese. Si domanda poi che cosa potrebbero fare i rappresentanti eletti dal Parlamento, dalle associazioni sindacali e dagli organi professionali in Consigli, come ad esempio quelli delle miniere, quello di statistica o nella Commissione censuaria centrale, dove si tratteranno problemi che devono essere affrontati soltanto da tecnici della materia. Non approva, perciò, schemi rigidi di nomine fatte da enti diversi, le quali non condurrebbero al fine che ci si propone con la istituzione di questi Consigli ausiliari, e lascerebbe aperta la via all'Amministrazione di poter scegliere i vari membri che li comporranno nel modo che più si confà alle loro funzioni prettamente tecniche.

Nobile non ha dubbi sul carattere dei Consigli ausiliari proposti dall'onorevole Mortati, che è quello di rappresentanza di interessi economici. Egli è d'opinione che oggi, affinché il Governo possa ben funzionare, vi sia bisogno di Consigli di carattere tecnico nel senso più lato. Rileva perciò la necessità di una legge speciale che riordini tutti i Consigli ora esistenti, li integri, ove occorra, e coordini le loro attività in un piano generale combinato tra i vari organi tecnici dei diversi Ministeri, in modo da avere buone leggi senza inutile sperpero di denaro.

Presenta la seguente proposta:

«Presso le singole Amministrazioni centrali o gruppi di esse, funzioneranno come organi superiori tecnici, dei Consigli, i cui compiti, composizione e ordinamento saranno determinati dalla legge.

«I Consigli suddetti, su richiesta del Parlamento, daranno parere su disegni o proposte di legge».

Bulloni fa la seguente proposta:

«Un Consiglio economico, il cui Statuto sarà stabilito dalla legge, esprimerà il proprio parere sui progetti di legge o sui regolamenti che gli saranno sottoposti dal Parlamento prima della deliberazione. Sarà organo ordinario di consulenza del Governo in materia economica.

«Funzionerà su richiesta delle parti, quale organo arbitrale nelle controversie del lavoro».

La Rocca sarebbe d'accordo con le proposte degli onorevoli Nobile e Bulloni, salvo, per quest'ultima, nella parte che riguarda l'arbitrato nelle controversie di lavoro. Ritiene si debba escludere in modo chiaro la creazione di Consigli ausiliari, dei quali non si conosce ancora esattamente la composizione e che praticamente diventano un altro organo legislativo. Vorrebbe invece che si addivenisse alla creazione di un organo con carattere di consulenza tecnica, per aiutare chi di ragione a risolvere problemi di interesse nazionale; a somiglianza di quello adottato in Francia, che dà pareri di consulenza, i quali possono essere accolti o respinti, senza alcun impegno da parte del Governo e del Parlamento.

Ravagnan ricorda che, quando si parlò della creazione di una seconda Camera rappresentativa degli interessi, egli espresse parere contrario, in quanto è d'opinione che una Camera siffatta non avrà sempre presente l'interesse generale della Nazione; e teme che ad un identico risultato si giungerebbe se si approvasse la proposta dell'onorevole Mortati. Non è però contrario al principio che si possa sentire, su determinate materie di particolare carattere tecnico, il parere di competenti o di interessati che potrà servire ad illuminare il legislatore. Ritiene che siano da respingere le disposizioni riguardanti l'eventualità di un procedimento all'infuori delle normali Commissioni della Camera e il potere dei Consigli di predisporre regolamenti esecutivi. Conclude aderendo alle proposte degli onorevoli Nobile e Bulloni, ma crede si debba sopprimere in quest'ultima il comma riguardante l'arbitrato nelle controversie del lavoro.

Fabbri desidererebbe che vi fosse un concetto unico di ausiliarietà alla base di ambedue i tipi di Consigli previsti e che non vi fosse alcuna menomazione della competenza del Parlamento, nemmeno nella forma di una richiesta del Parlamento stesso o di una delega a questi Consigli, perché ciò implicherebbe una piena irresponsabilità per il Governo. Non aderisce al concetto della completa incompetenza del Parlamento nel campo economico e della necessità, quindi, di affidare in tali materie ad un Consiglio, il quale sarà forse più incompetente del Parlamento, e ciò specialmente per il modo arbitrario o problematico della sua formazione. Ritiene però che questi Consigli superiori tecnici od economici potrebbero essere utilizzati nelle controversie di categoria come organi arbitratori, nel caso che le legittime rappresentanze delle categorie stesse credessero di deferire loro la composizione delle vertenze. Propone la seguente formulazione:

«I Consigli superiori, tecnici od economici, esistenti presso le Amministrazioni centrali dello Stato, possono, nei casi e nelle forme indicati dalla legge, funzionare quali organi arbitratori di controversie collettive, la composizione delle quali venga loro deferita dalla rappresentanza delle categorie sindacali interessate».

Mannironi è favorevole, in linea di massima, alle proposte dell'onorevole Mortati. Ricorda che nelle Costituzioni di altri Stati sono previste forme diverse di Consigli o come rappresentanti di interessi di categorie, o come organi puramente tecnici, sempre con funzione consultiva, sia per il Governo che per il Parlamento. Rileva la inconsistenza delle preoccupazioni affacciate, circa la menomazione dell'autorità e del prestigio del Parlamento, perché si tratta in genere di una facoltà di servirsi di questi Consigli quando lo si ritenga opportuno. Afferma che l'unico caso previsto di obbligatorietà di consulenza del Consiglio economico (quando si tratti di progetti diretti a disciplinare in modo unitario l'attività produttiva del Paese) non menoma egualmente l'autorità del Parlamento, poiché si tratta di parere consultivo e non vincolante. Dato ciò, ritiene che si potrebbe al più sintetizzare meglio l'articolo proposto dall'onorevole Mortati, mantenendo, peraltro, integre nei Consigli tutte le funzioni che egli ha voluto loro attribuire.

Perassi ritiene, in primo luogo, che non sia opportuno, né desiderabile che questi Consigli superiori tecnici siano tutti formati con lo stesso criterio: egualmente non ritiene conveniente attribuire una iniziativa diretta a questi Consigli, quantunque in realtà non presenti nulla di grave il fatto che un Ministro possa conferire ad essi un tale potere nella elaborazione di progetti che potrà poi fare propri. È inoltre d'avviso che non sia opportuna, o che sia per lo meno inutile, la disposizione contenuta nel terzo comma dell'articolo, poiché anche nell'ipotesi di progetti elaborati dai Consigli, che vengono direttamente portati alla Camera, sarà praticamente difficile che si possa prescindere dal procedimento normale. Si dichiara contrario al potere regolamentare eventualmente conferito dal Parlamento a tali Consigli, ammessa l'ipotesi che si possa entrare nel merito; poiché vi sono aspetti di un regolamento i quali probabilmente possono sfuggire alla competenza di un Consiglio Superiore, che può essere invece un ottimo elaboratore di regolamenti dal punto di vista tecnico: crede perciò opportuno che il regolamento esecutivo di una legge non debba essere sottratto alla procedura ordinaria. Conclude esprimendo l'avviso che si possa mettere nella Costituzione qualche formula generica relativa al Consiglio economico nazionale, in analogia a quanto è stato ammesso in altre Costituzioni, lasciando però alla legge di disciplinare quali ne saranno le funzioni e la composizione.

Il Presidente Terracini, circa la composizione dei Consigli ausiliari, osserva che nella proposta dell'onorevole Mortati vi è una mescolanza assolutamente inaccettabile di due elementi nettamente eterogenei: rappresentanti del Parlamento e rappresentanti di associazioni sindacali, di organi professionali, e di altri enti che saranno determinati dalla legge. Scartata l'idea che era sorta in lui, di un organo che potrebbe avere funzioni ispettive nell'Amministrazione pubblica, perché sarebbe fonte di perturbazioni e di mescolanza di fattori politici, crede si potrebbe pensare ad un Comitato tecnico, il quale dovrebbe però essere costituito su base completamente avulsa dal Parlamento, composto cioè di rappresentanti scelti tra coloro che adempiono funzioni amministrative in quel determinato ramo di attività che caratterizza un Ministero: siffatti organi sarebbero Comitati di consulenza non del Governo ma del Ministero, coadiutori del Ministro. Chiede poi all'onorevole Mortati se, parlandosi di progetti corredati dalla relazione di un Consiglio, per i quali si può disporre che non si proceda all'esame preventivo delle Commissioni, si tratta di progetti elaborati dal Consiglio stesso o di progetti del Governo.

Mortati dichiara che si tratta di progetti del Governo, accompagnati da una relazione dei Consigli ausiliari.

Il Presidente Terracini accetta la chiarificazione, per quanto essa non valga ai fini di esonerare tali progetti dalla procedura normale. Non ritiene poi opportuna la composizione proposta per il Consiglio economico, considerato quasi un coacervo dei vari Consigli tecnici: esso dovrebbe, a suo parere, avere un suo particolare modo di costituzione, perché deve rappresentare qualche cosa di più di un puro strumento tecnico, essendo, si può dire, il cervello economico della Nazione. Concludendo, si dichiara favorevole alla proposta dell'onorevole Bulloni, eccettuata la parte che riguarda l'arbitrato nelle controversie del lavoro, poiché in tale tema non è possibile pensare ad un organo precostituito: l'arbitro, a suo giudizio, deve essere scelto di volta in volta dalle parti.

Einaudi, circa il Consiglio economico, conviene con il Presidente che i giudizi arbitrali non possano essere affidati ad organi precostituiti, in quanto l'arbitro deve riscuotere la fiducia delle due parti, affinché la sua decisione sia rispettata. Ricorda due soli esempi di arbitri precostituiti: quelli dell'Australia e della Nuova Zelanda, dove però tale funzione è affidata alla Magistratura, considerata assolutamente imparziale, per cui riscuote la fiducia delle parti: afferma che i risultati sono stati buoni, tanto che si è formata una giurisprudenza sulle sue decisioni, la quale serve ormai di orientamento. Osserva poi che il terzo comma, il quale dispone che sono sottoposte alla ratifica del Consiglio economico i contratti collettivi del lavoro «in quanto siano suscettibili di ripercuotersi, attraverso aumenti di prezzi, su tutta l'economia nazionale», non ha significato, poiché non esiste un contratto collettivo che non sia suscettibile di ripercuotersi sulla economia nazionale. Se invece si intendesse, attraverso questa forma un po' oscura, stabilire la norma che tutti i contratti collettivi debbano avere la ratifica del Consiglio economico, non sarebbe favorevole ad una tale disposizione, in quanto si conferirebbero poteri larghissimi a questo nuovo Parlamento che si verrebbe a creare e che non si sa ancora bene di quali persone debba essere composto.

Mortati riconosce la giustezza di molte delle osservazioni fatte, ma rileva che i due articoli da lui elaborati non dovevano servire a risolvere i problemi ora affrontati, bensì e soltanto di avviamento alla discussione di essi, che avrebbe dovuto essere lunga e approfondita in relazione all'importanza dei temi. Non ritiene però che le sue proposte — le quali fanno parte di una elaborazione di pensiero, sia dottrinale che di politica legislativa, patrimonio di tutta la civiltà economica moderna da circa mezzo secolo in qua — siano aberranti e debbano essere respinte a priori, ma che meritino invece una certa considerazione, anche se la loro formulazione possa essere talvolta difettosa; come il rinvio fatto alla legge per quanto riguarda la composizione dei Consigli ausiliari, punto fondamentale sul quale sarebbe stata opportuna un'intesa, che a suo giudizio è possibile. Circa il modo di inserzione di questi Consigli in quelli esistenti, nota che taluni di questi ultimi non sono toccati dalle disposizioni in esame: ad esempio, i Consigli censuari ed in genere quelli che hanno funzioni giurisdizionali. Così crede non avrebbe ragione di essere un Consiglio ausiliario tecnico e giuridico, al quale aveva pur pensato, da costituirsi presso il Ministero della giustizia, con una base tecnica più larga di quella del Consiglio di Stato, dal momento che è stata attribuita a quest'ultimo tale consulenza. Quanto ai Consigli tecnici di studio, come quelli di statistica e quello delle miniere, potrebbero essere non esclusi da questa regolamentazione, poiché si tratta in sostanza di avvicinare la burocrazia al Paese. Rileva che il Presidente ha detto che dovrebbe trattarsi di una consulenza interna dei singoli Ministeri; ma nulla toglie che questa consulenza abbia compiti più vasti.

A suo parere poi non si menoma il prestigio e la dignità del Parlamento parlando di una collaborazione che è facoltativa; come non ritiene si debba negare ai Consigli, composti di elementi eletti da gruppi ben qualificati e rappresentanti, attraverso i gruppi, ben più di centomila persone, l'iniziativa della presentazione di un progetto di legge, per il quale si è in altra parte ammessa una iniziativa di sole 100.000 persone non qualificate.

Non comprende pure come la disposizione, la quale permette di prescindere dalla procedura delle Commissioni parlamentari, sia stata ritenuta aberrante, mentre invece rappresenta un tentativo di deflazionare ed abbreviare il procedimento legislativo: nota, del resto, che il ricorrervi è lasciato all'arbitrio esclusivo del Parlamento. Osserva inoltre, per quanto riguarda i regolamenti, che il termine «predisporre» vuol significare «preparare», nel senso di sottrarne la redazione materiale ad un corpo che può essere meno qualificato; mentre è il Consiglio dei Ministri che assume le responsabilità politiche ed eventualmente giuridiche di tale regolamentazione. Quindi, non vede in questa consulenza, in questa iniziativa ed in questo intervento dei Consigli ausiliari nulla che possa preoccupare e molto meno ledere la dignità del Parlamento.

Un più lungo esame richiederebbe, a suo parere, il Consiglio economico, a cominciare dal modo di sua formazione: se cioè esso debba essere formato, come è proposto, da una specie di sintesi dei vari elementi dei Consigli ausiliari o debba essere costituito in modo separato. Ritiene che una risposta a tale quesito sia condizionata ad un esame più approfondito sul modo di composizione dei Consigli ausiliari. Si tratta anche di accordarsi sulle funzioni particolari del Consiglio economico, ma ritiene intanto fondamentale il suo intervento nei rapporti di lavoro: accenna alla tendenza di sottrarre questi rapporti a qualsiasi regolamentazione, ma ritiene che invece si debba sempre tentare una composizione arbitrale. All'onorevole Fabbri, che parlava di un presupposto di organizzazione, risponde che nel progetto vi è il presupposto di questa disciplina che non è sogno o reminiscenza di un regime passato, ma inizio di consacrazione costituzionale da parte della nuova Carta.

Non intende affatto, con ciò, dichiararsi certo della bontà della sua proposta e comprende le accuse e le obiezioni fatte. Ricorda però che in Francia i contratti collettivi di lavoro sono sottoposti all'approvazione di un organo burocratico qual è il Ministro del lavoro.

Il Presidente Terracini osserva che la Francia è stata sempre più indietro dell'Italia in fatto di legislazione sociale.

Mortati ritiene che il problema centrale sia appunto quello di vedere se lo Stato debba prescindere da qualsiasi tentativo di regolamentazione dei conflitti di forze sociali in cui è in giuoco tutta l'economia del Paese. Egli non vede ancora chiaramente il modo di realizzare tale regolamentazione, ma ritiene che si debba tentarla e la proposta da lui presentata ha appunto valore di avviamento ad una discussione più approfondita al riguardo.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti