[Il 25 ottobre 1947 l'Assemblea Costituente prosegue l'esame degli emendamenti agli articoli del Titolo terzo della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Il Governo».]

Presidente Terracini. L'ordine del giorno reca: Seguito della discussione del progetto di Costituzione della Repubblica italiana.

Iniziamo l'esame dell'articolo 92. Se ne dia lettura.

Schiratti, Segretario, legge:

«Il Consiglio economico nazionale, composto nei modi stabiliti dalla legge, è organo di consulenza del Parlamento e del Governo in materia economica; ed esercita le altre funzioni che gli sono dalla legge attribuite».

Presidente Terracini. A questo articolo sono stati presentati vari emendamenti. L'onorevole Nitti ha proposto di sopprimerlo. Non essendo presente, si intende che abbia rinunziato a svolgerlo.

Anche l'onorevole Corbino ha proposto di sopprimere l'articolo.

Ha facoltà di svolgere l'emendamento.

Corbino. Il problema del quale si tratta ha una importanza rilevante dal punto di vista dell'assetto amministrativo e tecnico-economico del Paese; ma non credo che, malgrado tale importanza rilevante, esso debba trovare una enunciazione esplicita nella Carta costituzionale. Noi abbiamo in Italia una lunga, magnifica tradizione in materia di organi consultivi.

Basta ricordare il Consiglio superiore dell'industria, il Consiglio superiore del commercio, il Consiglio superiore dell'agricoltura, la Commissione consultiva per la pesca, la Commissione permanente per l'industria della seta, il Consiglio superiore del lavoro con gli uffici del lavoro, che allora avevano carattere completamente diverso da quello che hanno oggi, in quanto che erano veramente e semplicemente organi consultivi, per tutto ciò che concerne la legislazione sociale. Quindi, anche senza esplicito riferimento costituzionale, abbiamo sempre avuto organi consultivi necessari e sufficienti per dare al Governo e al Parlamento i mezzi di studio dei problemi economici più gravi del Paese. Tanto meno poi appare la necessità di creare attraverso la Carta costituzionale un organo speciale a questo scopo, quando si tenga presente che abbiamo dato ad ogni Camera un potere d'inchiesta, che non ha neanche il limite nel consenso dell'altra Camera; di modo che il Parlamento può, o attraverso organi permanenti, o attraverso organi transitori predisporre tutte le indagini di cui esso senta la necessità per lo studio continuo dei problemi economici.

Ecco perché io penso che non convenga assolutamente cristallizzare, con una formula che potrebbe rispondere alla necessità di oggi, ma potrebbe non rispondere alle necessità future, la struttura, le competenze, gli attributi di un organo consultivo di questa natura. In subordinata alla proposta di soppressione, io presento una proposta di rinvio, nel senso di coordinare la proposta della Commissione relativa alla creazione del Consiglio economico nazionale, alla proposta di articolo aggiuntivo che porta la firma degli onorevoli Di Vittorio, Bitossi, Bibolotti.

Evidentemente, l'emendamento ora presentato dall'onorevole Clerici vuol essere forse un primo tentativo di coordinare la proposta Di Vittorio con quella dalla Commissione. Per l'estrema complessità della materia converrebbe dar tempo alla Commissione per studiare fino a qual limite possa giungere l'iniziativa legislativa, della quale parla l'onorevole Clerici — collegandosi probabilmente con la richiesta di riconoscimento del diritto di contribuire direttamente all'elaborazione di una legislazione sociale, di cui all'articolo proposto dal collega Di Vittorio — e per decidere se accogliere l'idea di inserire nel Consiglio economico nazionale un Consiglio economico del lavoro. Comunque, se le mie proposte di soppressione o di rinvio non dovessero essere accettate, in sede di discussione del testo della Commissione o dell'emendamento dell'onorevole Clerici, vedremo come trovare un accordo tra le varie correnti.

Presidente Terracini. Lei fa una questione formale ed immediata di questa sua proposta di rinvio?

Corbino. Non è una questione immediata. È una delle proposte che potremo poi prendere in esame.

Presidente Terracini. L'onorevole Persico ha presentato i seguenti emendamenti:

«Sostituirlo col seguente:

«Il Consiglio economico nazionale, composto nei modi stabiliti dalla legge, è organo di consulenza del Parlamento e del Governo in materia economica.

«In tale materia può esercitare l'iniziativa prevista dall'articolo 68.

«Esso esercita anche tutte le funzioni che gli sono dalla legge attribuite.»

«Aggiungere il seguente comma:

«In ogni Regione è costituito un Consiglio economico regionale, composto nei modi stabiliti dalla legge.

«Il Consiglio economico regionale è organo di consulenza dei pubblici poteri nelle materie interessanti l'economia regionale, ed esercita tutte le altre funzioni che gli sono dalla legge attribuite».

Non essendo presente, s'intende che abbia rinunziato a svolgerli.

L'onorevole Bertone ha proposto di sopprimere l'articolo. Non essendo presente, si intende che abbia rinunciato a svolgere l'emendamento.

Gli onorevoli Quintieri Quinto, Condorelli, Lucifero e Fabbri hanno presentato il seguente emendamento:

«Alle parole: Il Consiglio economico nazionale, aggiungere: degli esperti».

L'onorevole Condorelli ha facoltà di svolgerlo.

Condorelli. È per rendere più ampia la possibilità di scelta, perché ci sono dei tecnici che forse non si potrebbero considerare dei tecnici economici (per esempio gli ingegneri e gli agronomi), per rendere perciò più ampia la scelta anche tra queste persone e per aderire ad una richiesta che è venuta dall'ordine degli ingegneri, che è stato presentato il nostro emendamento.

Presidente Terracini. L'onorevole Clerici ha presentato il seguente emendamento sostitutivo:

«Il Consiglio economico e del lavoro, composto, nei modi stabiliti dalla legge, da tecnici e da rappresentanti delle categorie produttive, è l'organo di consulenza del Parlamento e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono dalla legge attribuite; ha l'iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione sociale secondo i principî ed entro i limiti stabiliti dalla legge».

Ha facoltà di svolgerlo.

Clerici. Onorevoli colleghi! Il mio emendamento non ha bisogno di molti chiarimenti, anche perché, come con la solita acutezza ha osservato or ora l'onorevole Corbino, esso tende a conglobare tutto quanto vi è di vitale e di nuovo nell'articolo aggiuntivo presentato dagli onorevoli Di Vittorio, Bitossi e Bibolotti.

Ma io credo, onorevole Corbino, che, come il secolo scorso si è aperto con la istituzione da parte di Napoleone della Corte dei conti e del Consiglio di Stato — che non erano novità in modo assoluto, ma furono relativamente una novità rispetto alle istituzioni del passato — così a metà di questo secolo, che è per eccellenza e dovrà essere sempre più il secolo del lavoro, sia opportuno che, sia pure in termini generici, adatti e conformi ai lineamenti severi della Costituzione, sia anche stabilito il «Consiglio economico e del lavoro», che acquista un'importanza ben diversa e maggiore, ed in ciò sta la novità, da quelli che erano i vari Consigli consultivi in epoca prefascista e da quelli stessi che rimarranno più limitati e specifici, presso i vari Ministeri.

Io ho proposto la terminologia «Consiglio economico e del lavoro», per dire con un termine vasto e comprensivo che questo Consiglio potrà, com'è evidente — come è già avvenuto con l'esperimento fatto qualche settimana fa a Roma — e sta per rinnovarsi a Milano — suddividersi in tante sezioni e in tanti uffici, quanti man mano lo svolgimento del tempo e delle circostanze suggeriranno e richiederanno.

Ritengo che il termine «Consiglio economico e del lavoro» dia pienamente soddisfazione a quelle, per me legittime e sacrosante aspirazioni, di cui si sono resi interpreti gli onorevoli Di Vittorio, Bitossi e Bibolotti nel loro articolo aggiuntivo non ancora da essi illustrato.

Ed ecco il mio emendamento. Non è pubblicato, quindi mi permetto di leggerlo: «Il Consiglio economico e del lavoro, composto, nei modi stabiliti dalla legge» (quindi vi è tutta la possibilità dell'evoluzione in sede amministrativa e legislativa secondo i suggerimenti e le esperienze) «da tecnici» (per parte mia nessuna difficoltà a dire esperti in luogo di tecnici; anzi trovo che l'osservazione dell'onorevole Condorelli merita accoglimento e si può sostituire alla parola tecnici quella di esperti che è più larga) «e da rappresentanti delle categorie produttive» (questo è il nocciolo della proposta degli onorevoli sindacalisti Di Vittorio, Bitossi e Bibolotti) «è l'organo di consulenza del Parlamento e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono dalla legge attribuite» (anche qui il solito concetto di adeguare man mano la legislazione alle necessità, emergenze ed opportunità future) «ha l'iniziativa legislativa» (cosa che mi sembra non dover stupire perché all'articolo 68 abbiamo riconosciuto ampiamente questa iniziativa legislativa ad organi ed enti) «e può contribuire alla elaborazione della legislazione sociale secondo i principî ed entro limiti stabiliti dalla legge». (Anche qui vi è la parte sostanziale della proposta degli onorevoli Di Vittorio, Bitossi e Bibolotti).

È un articolo, quindi, questo da me proposto che, a mio avviso, dovrebbe essere votato ed avrebbe ragione di avere collocazione nella nostra Costituzione, così come gli altri che indicano le diverse istituzioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti. Tale Consiglio economico e del lavoro sarà adunque, un organo nuovo, che si svolgerà nel tempo. La Costituzione deve però preannunciarlo ed in certo modo prefigurarlo.

Presidente Terracini. Gli onorevoli Di Vittorio, Bitossi e Bibolotti hanno presentato il seguente articolo aggiuntivo:

«Ai sindacati è riconosciuto il diritto di contribuire direttamente alla elaborazione di una legislazione sociale adeguata ai bisogni dei lavoratori e di controllarne l'applicazione mediante la costituzione di un Consiglio nazionale del lavoro elettivo, nel quale saranno rappresentati il Governo e le categorie produttrici in misura che tenga conto della loro efficienza numerica».

L'onorevole Di Vittorio ha facoltà di svolgerlo.

Di Vittorio. Constato con soddisfazione che l'emendamento proposto dall'onorevole Clerici si approssima moltissimo nella sostanza a quello da me proposto.

Vorrei domandare all'onorevole Clerici se non sia possibile fare lievi modifiche al suo emendamento. La prima modifica che propongo è questa: nella dizione dell'onorevole Clerici si dice «Consiglio economico e del lavoro»; io sopprimerei «e» e direi «Consiglio economico del lavoro», in modo che sia possibile comprendere le due idee senza subordinazione dell'una all'altra.

L'altra modifica che propongo è più sostanziale, ed è quella di aggiungere, quando si accenna alla composizione di questo Consiglio, un accenno alla misura della rappresentanza delle categorie produttrici. La frase che vorrei aggiungere è la seguente:

«In misura che tenga conto della loro importanza numerica».

Le categorie produttrici, che possono a giusto titolo essere chiamate a far parte di questo Consiglio economico del lavoro sono numerose, e non tutte hanno la stessa importanza, né dal punto di vista numerico, né da quello produttivo. Allora, è giusto che questa rappresentanza si ispiri, almeno in misura largamente approssimativa, al concetto di una rappresentanza proporzionale in base alla importanza effettiva che ha nel processo produttivo dell'economia del Paese ciascuna categoria.

Ma io non voglio tacere la preoccupazione fondamentale che ho e che è la seguente: era invalso, specialmente in Italia, il costume di considerare (specialmente nel regime corporativo fascista) tutte le categorie di lavoratori e datori di lavoro in condizioni di assoluta eguaglianza, anche nei casi in cui la categoria dei lavoratori, per esempio, rappresenti interessi vitali di un milione di persone, e quella dei datori di lavoro rappresenti interessi, altrettanto legittimi, ma di cento persone.

Io comprendo che vi è anche una differenza nella natura di questa rappresentanza, ma io penso che in un regime democratico, il numero delle persone che bisogna considerare, deve avere una importanza ed un riconoscimento perché, se anche una piccola categoria di cittadini ha una importanza particolare in rapporto al capitale che può rappresentare, è anche vero che, se un'altra categoria è tanto vasta da rappresentare una parte imponente della Nazione, abbia un'importanza proporzionata al suo numero.

Perciò io proporrei questo emendamento, e, poiché credo che non sia in contrasto con i principî sociali della parte a cui appartiene l'onorevole Clerici, credo che possa essere accettato anche da lui, almeno questo è l'augurio che io mi faccio.

Presidente Terracini. Ha facoltà di parlare l'onorevole Ruini per esprimere il parere della Commissione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. L'Assemblea ricorda che nel progetto della Commissione era, all'articolo 92, contemplata l'istituzione di un Consiglio economico, come organo di consulenza del Parlamento e del Governo in materia economica, con le attribuzioni che la legge avrebbe stabilito. Quando arrivammo al Titolo dei «rapporti economici» nella prima parte della Costituzione, l'onorevole Di Vittorio ed altri colleghi proposero un articolo che riguardava i sindacati, riguardava il mondo del lavoro, e stabiliva che i sindacati avrebbero avuto il diritto di partecipare alla elaborazione della legislazione sociale nei modi che sarebbero stati regolati dalla legge. L'Assemblea accolse il concetto dell'articolo proposto e rinviò, per un coordinamento, la definizione di questa materia a quando si sarebbe trattato del Consiglio economico. Il momento è venuto.

Temevo che non potesse realizzarsi per oggi un pieno accordo. Ma pei contatti presi, comunicando a vari colleghi una bozza di testo, credo di esservi riuscito. La proposta dell'onorevole Clerici corrisponde, quasi in tutto, alle aspirazioni dell'onorevole Di Vittorio.

Si parte anzitutto dal concetto che non vi debbano essere due organi e due Consigli nazionali separati: quello economico e l'altro del lavoro. È indispensabile un coordinamento di tutta la vita economica e di tutte le questioni del lavoro. Vi potranno essere due sezioni, più sezioni; ma il Consiglio deve essere uno.

Quanto al nome, io personalmente non avrei alcuna difficoltà a chiamarlo «Consiglio economico del lavoro»; perché ciò corrisponde alle mie vedute sopra l'economia del lavoro, che ormai sostituisce quella del capitalismo storico. L'espressione «Consiglio economico del lavoro» corrisponderebbe poi, e riprenderebbe i motivi fondamentali di repubblica fondata sul lavoro, che aprono, come le prime note di una sinfonia, la nostra Costituzione. Ma io non farò mai battaglia per un nome; sono così poco nominalista io! Ciò che importa è la realtà e la concretezza.

L'onorevole Clerici propone di aggiungere un «e»; «Consiglio economico e del lavoro». Non faremo la battaglia dell'«e». L'onorevole Clerici può aver le sue ragioni; temendo che col mettere soltanto «del lavoro» sembrino esclusi i problemi del commercio, dell'industria e di altri settori; (il che per verità non è, dato il modo in cui va compresa la formulazione: «economia del lavoro»). A dirimere ogni dubbio si potrebbe adottare l'espressione: «Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro». Scegliete pure. Se volete, ve ne troverò degli altri. Per non decidere in fretta, potreste lasciare la scelta del nome al momento finale di revisione e di coordinamento del testo della Costituzione.

Un'altra differenza fra l'onorevole Clerici e l'onorevole Di Vittorio c'è; in quanto l'onorevole Di Vittorio ammette bensì che facciano parte del Consiglio anche periti o esperti (si potrebbe accettare quest'ultima espressione «esperti» di un altro emendamento), ma domanda che nel testo dell'articolo si indichi che per le rappresentanze delle categorie produttive si tenga conto della consistenza numerica. Il criterio di distinguere fra categoria e categoria di lavoratori, e fra categoria e categoria di imprenditori, è evidentemente giusto; ma dà luogo a controversie e dubbi rilevanti, se si vuol trasportare alla proporzione reciproca, ramo per ramo, di lavoratori e di imprenditori; una grossa azienda in società anonima non può contare per uno, ed i suoi operai per centomila. Quando si discusse la formazione del Senato, i democristiani, sostenendo la rappresentanza organica, misero avanti il criterio quantitativo del numero, ma aggiunsero l'altro della qualità. Non è detto che non si potrebbe raggiungere un accordo, combinando i due criteri; ma la formula che si otterrebbe sarebbe estremamente generica; e lascerebbe l'adito ad incertezze ed a dubbi; potrebbe spaventare e potrebbe essere innocua. Ciò che importa è di vedere le soluzioni concrete, le proporzioni effettive di rappresentanze; e sarebbe meglio non dir nulla nella Costituzione, e rimandare la questione alla legge istitutiva del Consiglio nazionale.

Ciò che importa è che oggi decidiamo, e mettiamo nella Costituzione, il principio del Consiglio economico del lavoro, che esiste in tanti altri paesi, e che sarà sinteticamente espresso, nell'articolo che adotteremo, in modo da poterlo configurare con un tipo nostro ed italiano. Si realizzerà così una delle tenaci aspirazioni, che ho manifestato nei miei libri e nella mia attività, dal 1906 in poi.

Di Vittorio. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Di Vittorio. Vorrei domandare all'onorevole Clerici se accoglie il mio emendamento nel suo.

Presidente Terracini. L'onorevole Clerici ha facoltà di rispondere alla richiesta dell'onorevole Di Vittorio.

Clerici. Aderisco al punto di vista dell'onorevole Ruini particolarmente per quanto riguarda il secondo degli emendamenti che l'onorevole Di Vittorio ha avuto l'amabilità di propormi. Ritengo poi che debba essere lasciato alla legge, che sicuramente andrà evolvendosi secondo le necessità sociali che si svolgeranno in futuro, lo stabilire la proporzione delle diverse categorie e classi rappresentate.

Per la verità, onorevole Di Vittorio, non ho ben capito il concetto da lei sostenuto circa la diversa misura ed il diverso valore delle rappresentanze. Lei intende riferirsi da una parte ai datori di lavoro e dall'altra ai datori di opera, oppure intende il diverso peso sociale ed economico delle diverse categorie produttrici, per esempio i metallurgici di fronte ai fabbricanti di guanti, oppure intende altri concetti?

Di Vittorio. L'uno e l'altro.

Clerici. Ma, in realtà, onorevole Di Vittorio, occorre, per non sopravalutare codesta sua preoccupazione, tener presente che siamo davanti ad un organo per ora soltanto consultivo. Io ho viva fede in un parlamento futuro — scusatemi il termine — corporativo (corporativo nel senso buono, sano e democratico della parola); ho perciò molta fiducia che l'organo che noi stiamo per istituire darà larghi frutti in prosieguo di tempo. Ora però non dobbiamo dimenticarci che è un organo consultivo, e in un organo consultivo non ha tanto valore il numero dei rappresentanti quanto il fatto che il numero sia rappresentato. Ciascun rappresentante varrà per quello che esso rappresenta e socialmente e politicamente. I diversi valori di tutte queste rappresentanze saranno secondo il merito valutati e dal Governo e dal Parlamento. Io vorrei quindi pregare l'onorevole Di Vittorio di rimettere tutto questo alla futura legge, la quale presenta maggiori possibilità di modificazioni, e cioè di evoluzione e di progresso.

Quanto poi al primo punto, io riterrei essenziale — e in ciò dissento alquanto anche da ciò che ha detto, con ispirito conciliativo superiore, l'onorevole Presidente Ruini — la particella «e»; essa ha importanza, giacché noi non costituiamo soltanto un consiglio economico del lavoro. Infatti il lavoro, pur avendo, come è indubbio, grandissima importanza nel mondo nostro, e pertanto meritando giusto riconoscimento secondo lo stesso spirito che ci ha animato, come ha poc'anzi ricordato l'onorevole Ruini, nella redazione dei primi articoli della Costituzione, il lavoro dicevo, non è tutto, non può essere tutto: l'economia è più vasta; essa è una direttiva, il lavoro attuazione, indubbiamente una delle principali attuazioni; ma esso non può annullare — e non lo potrebbe neppure in un regime comunista — gli altri settori, le altre categorie della economia. Vi sarà infatti un settore della produzione, uno della circolazione, uno del credito, uno per l'emigrazione, ed altri, ciascuno con singole necessità e problemi, ai quali bisognerà provvedere.

Resto quindi fermo nella mia proposta di denominare tale organo «consiglio dell'economia e del lavoro» o di usare altro termine che esprima i concetti che or ora ho avuto l'onore di esporre.

Di Vittorio. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Di Vittorio. Aderisco alla formulazione suggerita dall'onorevole Ruini. Per quanto riguarda poi l'altra mia proposta non avrei difficoltà a rinviarla alla legge. Osservo però che non si tratta di una questione di secondaria importanza.

Clerici. È una questione importantissima.

Di Vittorio. È una questione di principio, che io vorrei fosse affermata nella Costituzione, la quale ha appunto il compito di fissare determinati principî ai quali si dovrebbe ispirare il nuovo Parlamento, ai quali si dovrebbe ispirare la legislazione della Repubblica italiana.

Ora, io vorrei affermare il principio che non è vero che in tutti gli organismi dello Stato in cui si tratti di interessi di varie categorie di cittadini e di produttori, gli interessi dei lavoratori e quelli dei datori di lavoro siano eguali, anche se gli uni sono un milione e gli altri sono, poniamo, dieci o cento. Non è vero questo: non è vero perché, intanto, gli interessi di un milione di persone sono interessi di carattere collettivo, di carattere sociale, mentre quelli di dieci o di cento persone possono anche essere interessi egoistici, anche se legittimi, e, in taluni casi, anche di carattere antisociale, cioè contrastanti con gli interessi generali della società.

Non è giusto quindi porli, in una Costituzione democratica, sullo stesso piano di uguaglianza. Perciò l'affermazione di questo principio potrebbe servire a dare un indirizzo più democratico alla nostra futura legislazione e ad estendere questo criterio anche alle altre categorie, che non siano quelle contrapposte dei lavoratori e dei datori di lavoro, come, ad esempio, quella cui alludeva l'onorevole Clerici. C'è infatti una differenza fra, poniamo, la categoria dei guantai e quella dei metallurgici. Io non vorrei dilungarmi poi a discutere l'osservazione, che, se ben ricordo, in una riunione della Commissione dei Settantacinque, aveva fatto l'onorevole Moro, il quale esprimeva la preoccupazione che nella mia enunciazione il numero potesse essere contrapposto alla qualità. Se fosse così, aggiungerei anche: «tenendo conto dell'importanza numerica e qualitativa», appunto per chiarire che, non intendo contrapporre il numero alla qualità, non intendo soffocare la qualità per il numero.

Del resto, la formula che ho suggerito è molto larga, molto tenue: si dice: «in misura che tenga conto»; quindi non si tratta di fissare un principio rigido, una proporzionale pura, assoluta, ma affermare nella maniera più tenue possibile il principio che non è vero che gli interessi di dieci persone equivalgono agli interessi di un milione o anche di dieci milioni di persone nella società democratica italiana.

È per queste ragioni che io insisto nel mio emendamento.

Presidente Terracini. Allora, onorevole Di Vittorio, del suo testo di articolo aggiuntivo, che si riconnette a questo articolo 92, lei conserverebbe l'ultima frase: «in misura che tenga conto della loro efficienza numerica».

Di Vittorio. Sì, onorevole Presidente, ma vorrei aggiungere, per il motivo che ho già spiegato, «e qualitativa»; appunto per dissipare la preoccupazione che è affiorata.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Io credo che i due presentatori degli emendamenti sarebbero d'accordo nell'accettare il nuovo titolo: Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.

Presidente Terracini. Abbiamo, dunque, onorevoli colleghi, il testo presentato dall'onorevole Clerici, che la Commissione ha accolto come base della votazione.

Al testo dell'onorevole Clerici la Commissione ha dichiarato di includere la proposta dell'onorevole Condorelli, sostituendo, cioè, alla parola «tecnici», la parola «esperti»; e l'onorevole Clerici ha accettato questa modificazione.

Vi è poi la modificazione proposta dal Presidente della Commissione, di sostituire il termine «Consiglio economico e del lavoro» con quello di «Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro», accogliendo, così, anche una delle proposte dell'onorevole Di Vittorio, il quale ha dichiarato di accettare questa formula definitiva.

Resta poi da votare in modo particolare la proposta dell'onorevole Di Vittorio di inserire, al punto in cui si parla delle categorie produttive, le seguenti parole: «in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa».

Allora pongo in votazione la prima parte dell'emendamento Clerici, con le modificazioni accettate dal proponente:

«Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, composto nei modi stabiliti dalla legge, da esperti e da rappresentanti delle categorie produttive».

(È approvata).

Passiamo ora alla votazione dell'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Di Vittorio, del seguente tenore:

«in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa».

Nobile. Chiedo di parlare:

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Nobile. Mi sembra inammissibile che una questione così importante possa essere decisa da un'Assemblea così poco numerosa. (Commenti).

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Onorevole Nobile, non ci sono dissensi su questo punto. (Approvazioni).

Moro. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Moro. Dichiaro che voterò a favore dell'emendamento aggiuntivo dell'onorevole Di Vittorio, riprendendo un concetto già espresso nel nostro ordine del giorno.

Presidente Terracini. Pongo in votazione l'emendamento aggiuntivo proposto dall'onorevole Di Vittorio:

«in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa».

(È approvato).

Pongo in votazione le seguenti parole:

«è l'organo di consulenza del Parlamento e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono dalla legge attribuite».

(Sono approvate).

Pongo in votazione l'ultima parte del testo proposto dall'onorevole Clerici:

«ha l'iniziativa legislativa e può contribuire all'elaborazione della legislazione sociale secondo i principî ed entro i limiti stabiliti dalla legge».

(È approvata).

Pertanto il testo dell'articolo 92 risulta nel suo complesso, così approvato:

«Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro composto, nei modi stabiliti dalla legge, da esperti e rappresentanti delle categorie produttive in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa, è l'organo di consulenza del Parlamento e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono dalla legge attribuite; ha l'iniziativa legislativa e può contribuire all'elaborazione della legislazione sociale secondo i principî ed entro i limiti stabiliti dalla legge».

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti