[Il 5 dicembre 1946 la seconda Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione inizia la discussione sul potere giudiziario.

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Calamandrei, Relatore. [...] Ammessa quindi la possibilità di abolire le giurisdizioni speciali, resta da vedere se, tra quelle attualmente esistenti, ve ne siano alcune che debbano o meno essere mantenute. Pur avendo nella relazione posto dei punti interrogativi circa alcune eccezioni al divieto (Corte dei conti, Contenzioso tributario, Tribunali militari), egli è per la soluzione più rigorosa e cioè per l'abolizione generale di tutte le giurisdizioni speciali. Dichiara, ad ogni modo, di essere favorevole alla soppressione delle sezioni giurisdizionali speciali del Consiglio di Stato, pur riconoscendo che quest'organo ha dato, anche nel periodo fascista, innegabili prove di fermezza, di indipendenza e di attaccamento agli elevati e delicati suoi compiti.

A suo avviso il Consiglio di Stato dovrebbe rimanere soltanto quale organo consultivo. I consiglieri di Stato diverrebbero consiglieri di cassazione ed anche nelle Corti d'appello potrebbero, per le cause tra cittadini e pubblica amministrazione, crearsi delle sezioni specializzate, i cui membri sarebbero scelti tra i consiglieri di Stato delle sezioni consultive, da trasferire nell'ordine giudiziario. A tali concetti si ispira l'articolo 20 del progetto da lui presentato.

Per quel che riguarda la Corte dei conti essa dovrebbe, a suo avviso, sussistere soltanto come organo di controllo contabile. Si dovrebbero inoltre coordinare le Commissioni delle controversie in materia tributaria con gli organi giudiziari ordinari.

Così i Tribunali militari potrebbero esser soppressi o almeno se ne potrebbe limitare il funzionamento al solo periodo di guerra.

[...]

Passando agli articoli 14 e 15 osserva che essi regolano i rapporti fra il potere giudiziario e quello amministrativo. La materia era fino ad ora disciplinata dalla legge del 1865, che abolì i Tribunali del Contenzioso amministrativo, stabilendo che, in tutti i casi di dissidio tra cittadini e pubbliche amministrazioni per questioni di diritto soggettivo, dovevano essere giudici i Tribunali ordinari; e ciò rappresentò invero una tappa fondamentale nella vita costituzionale italiana. Ma, oltre a tali conflitti, potevano sorgere, fra privati e pubbliche amministrazioni, anche questioni di legittimità, per le quali furono appunto create le giurisdizioni speciali del Consiglio di Stato, che da organo affiancato alle pubbliche amministrazioni, a poco a poco, si trasformò in un vero giudice indipendente. Egli è personalmente d'avviso di far rientrare questa materia nella competenza del giudice ordinario.

[...]

Leone Giovanni, Relatore. [...] Circa il secondo gruppo di articoli (dal 12 al 15), dichiara di condividere il pensiero dell'onorevole Calamandrei e dell'onorevole Patricolo sulla unità della giurisdizione. Innanzi tutto, il frazionamento potrebbe prestarsi a pressioni di carattere politico e a sollecitazioni di carattere extragiudiziario. In secondo luogo, la pluralità delle giurisdizioni crea per il cittadino incertezze nei riguardi dei suoi giudici. Concorda anche sull'abolizione delle giurisdizioni straordinarie speciali precostituite per determinati conflitti giudiziari in rapporto alle persone e alle materie. Tuttavia, se talune di esse dovessero essere mantenute, propenderebbe per la conservazione del Consiglio di Stato, che ha reso ottimi servigi, e della Corte dei conti.

È favorevole alla soppressione dei Tribunali militari che, a suo avviso, potevano trovare una giustificazione quando il Paese aveva una imponente organizzazione militare, non oggi invece, date le modeste proporzioni a cui il nostro esercito dovrà essere ridotto. A parte le difficoltà derivanti dalla ampiezza della giurisdizione dei Tribunali militari, destinate ad accrescersi con la riduzione dell'esercito (ampiezza destinata a sacrificare il necessario contatto tra giudice e parte), osserva che la giustizia militare è composta tutta di elementi militari, a partire dal Presidente, i quali non offrono certo i necessari requisiti di competenza tecnica giuridica. L'esistenza di un Codice penale militare non comporta di conseguenza la necessità di un giudice speciale; e se la giurisdizione militare poté giustificarsi in passato come una conquista della casta militare per poter amministrare la giustizia nei confronti dei propri elementi, non ha più ragione d'essere in uno Stato democratico, nel quale tutti i cittadini debbono avere un'unica giurisdizione. Ritiene piuttosto che si potrebbero creare, nella giurisdizione comune, delle sezioni speciali in cui i militari, intervenendo come componenti del collegio, porterebbero il loro contributo tecnico.

In proposito richiama l'attenzione su una questione di particolare gravità, e cioè sul fatto che nei giudizi avanti il Tribunale militare recentemente istituito per i delitti di rapina e di estorsione, non è ammesso alcun diritto di impugnativa. Pur riconoscendo la gravità dei suddetti reati, ritiene inammissibile che mentre per il delitto di ingiuria esistono in Italia tre gradi di giurisdizione, per il delitto di rapina, che può comportare la pena di morte, non sia possibile impugnare la sentenza neanche per difetto di giurisdizione. Per ovviare a tanta enormità propone l'introduzione di una norma transitoria che sancisca, con effetto retroattivo, il diritto di impugnativa nelle giurisdizioni speciali straordinarie, almeno presso la Corte di cassazione.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti