[Il 20 novembre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la votazione degli ordini del giorno sui seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo IV «La Magistratura», Titolo VI «Garanzie costituzionali».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Presidente Terracini. [...] l'onorevole Merlin Umberto ha facoltà di svolgere il seguente ordine del giorno:

«L'Assemblea Costituente riafferma:

che base e fondamento di un regime democratico deve essere la autonomia e la indipendenza assoluta della Magistratura, la quale non deve dipendere da alcun altro potere dello Stato;

che, per assicurare tale indipendenza, bisogna vietare la istituzione di giudici sia speciali, sia straordinari, che il più spesso nascondono organi che il potere esecutivo si crea per giustificare, almeno nelle apparenze, i suoi atti di prepotenza, violatori delle libertà fondamentali del cittadino;

che la eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge sarebbe cosa vana senza la unicità della giurisdizione civile, penale ed amministrativa e che, in particolare, va mantenuta la Cassazione unica, come supremo giudice di diritto, e va evitato qualsiasi trasferimento delle sue funzioni ad altro organo con conseguente menomazione dei diritti dei cittadini;

che, per assicurare la indipendenza dei magistrati, occorre dare ad essi la libertà dal bisogno;

che il reclutamento dei magistrati deve essere fatto solo per concorso o per titoli, con divieto ai magistrati di appartenere a partiti politici o ad associazioni segrete;

che la giuria popolare va abolita avendo fatto pessima prova in tutte le materie che vennero sottoposte al suo giudizio;

che, infine, ad accentuare il carattere giurisdizionale della Corte costituzionale, a coordinare l'attività delle due Supreme Corti e ad evitare la possibilità di conflitti, è giusto che la Corte costituzionale sia presieduta dal Primo Presidente della Cassazione.

«Accettando i principî affermati in queste premesse,

delibera

1°) che nella nuova Costituzione sia garantita alla Magistratura piena autonomia e perfetta indipendenza;

2°) che siano aboliti i giudici speciali o straordinari e sia affermato il principio della unità della giurisdizione civile, penale, amministrativa;

3°) che conseguentemente sia mantenuta la Cassazione Unica per tutte le materie civili e penali;

4°) che sia rimessa all'ordinamento giudiziario la questione della giuria popolare;

5°) che sia data ai magistrati una posizione economica adeguata alle loro funzioni, alla loro dignità ed al necessario prestigio».

Merlin Umberto. [...] Io non do una grande importanza alla distinzione del nome «ordine» o «potere»; a me basta che rimanga ferma la libertà e la indipendenza della «funzione». Ora è quasi superfluo ch'io ricordi ai colleghi che noi abbiamo votato già tutti gli articoli, che assicurano le libertà fondamentali dei cittadini: la libertà personale, la libertà di stampa, la libertà di organizzazione, la libertà di professare la propria fede religiosa e di diffonderla, la libertà di organizzarsi nei partiti che ciascuno creda di scegliere, concorrendo con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Questo complesso di diritti forma la «democrazia costituzionale». Avremmo perduto perfettamente del tempo, e avremmo scritto degli articoli che rimarrebbero lettera morta, se noi non assicurassimo anche la libertà e l'indipendenza all'organo che sarà chiamato a difendere questi diritti contro tutti. Sempre, nella storia di ogni popolo, in qualunque momento, la democrazia ha potuto resistere, vivere e prosperare, se ha saputo contare su una Magistratura libera e indipendente; e la democrazia, invece, è crollata come un ramo secco, dove la Magistratura è stata soltanto serva del potere esecutivo.

La Magistratura è la garanzia effettiva della libertà e dei diritti dei cittadini.

Come noi dobbiamo assicurare questa indipendenza alla Magistratura e in che modo? Ci si è domandato: contro chi? Forse contro lo Stato? No, mai contro lo Stato, ma contro uno dei poteri dello Stato, contro quello che più spesso è tratto, per mala volontà di uomini o per lo strapotere di un partito, ad uscire dai limiti della sua sfera d'azione. Troppo spesso è accaduto nei secoli che «vicino a un principe che viola la legge è rarissimo che non vi sia un giurista, il quale assicuri di non esservi nulla di più legittimo, dimostrando sapientemente che la violenza è giusta», perché non si senta irrefrenabile l'aspirazione di formare dei magistrati superiori per moralità, cultura e perfetta indipendenza di giudizio. Onde, se vogliamo assicurare la libertà ai cittadini, bisogna che la Magistratura sia assolutamente libera e indipendente; e l'articolo 97 pare che non contraddica a questo principio quando dice che «la Magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente».

Qualche riserva è stata fatta da qualche banco, ma io credo e spero (lo ha detto qui con parola più autorevole della mia un uomo da tutti noi stimato per la sua indipendenza, per il suo carattere, per la sua fede: l'onorevole Conti), che l'Assemblea possa votare all'unanimità questo articolo che è uno dei capisaldi del nuovo Statuto.

Non c'è bisogno che io vada divagando nel vasto campo delle discipline politiche per riaffermare cose che costituiscono patrimonio e conoscenza comune.

Tutti sanno che la tripartizione dei poteri dello Stato non è una creazione artificiosa né dei cultori di diritto pubblico, né della filosofia o delle scienze politiche.

Essa è una realtà, risponde alla diversità delle funzioni, che possono anche confondersi nella stessa persona, ma che esistono.

Già in Aristotele si parla di potere legislativo, esecutivo e giudiziario, e Montesquieu ha ricalcato le vie di Marsilio da Padova e di Machiavelli.

Ora, fin dalle più antiche costituzioni — io alludo per esempio a quella degli Stati Uniti d'America, che ha preceduto anche la rivoluzione francese — si scriveva che «la separazione dei poteri è la prima condizione di un governo libero».

Alcuni dicono: «Ma volete mettere un potere contro l'altro? Volete offendere la sovranità dello Stato che deve essere unica?».

Rispondo: il principio della separazione dei poteri non rinnega l'altro della sovranità una ed indivisibile, ma postula invece una sana ed utile collaborazione. Ciascun potere nei suoi limiti e nei suoi confini. Questo è lo Stato democratico ed è il contrapposto dello Stato totalitario. Come lo Stato democratico autolimita i suoi poteri nei riguardi della famiglia e dell'individuo, così esso fissa i limiti dell'esecutivo, del legislativo e del giudiziario. E ciascuno di questi tre poteri, osservando le sfere della sua competenza, è di necessità portato alla sana collaborazione, con che viene rafforzata e non indebolita la unità della sovranità dello Stato.

Io per primo riconosco ed ammetto che la teoria fondamentale del Montesquieu abbia nel corso del tempo subìto anche delle trasformazioni e delle modificazioni e che, pur avendo avuto sempre (come insegna il nostro illustre collega Orlando) una notevole influenza nel campo di queste discipline, tuttavia abbia anche subìto delle attenuazioni. Ma è certo, onorevoli colleghi, che se noi non diciamo francamente di essere tutti d'accordo su questo punto, noi creiamo dei dubbi, delle incertezze e delle confusioni a tutto danno della «democrazia» che vogliamo invece rafforzare e difendere.

Credetelo, io rispetto l'opinione contraria, rispetto anche i dubbi che possono essere stati sollevati; ma in questo campo non si può volere e disvolere. Non si può, per esempio, volere una indipendenza a metà ed ammettere, viceversa, un controllo per l'altra metà.

O la si vuole piena ed intera questa indipendenza, e la si riconosce come un dovere e un interesse dello Stato, o se no, un po' alla volta, si riduce la libertà dei magistrati e si cade nell'arbitrio.

Parliamoci chiaro: che cosa si domanda ai magistrati? Si domanda forse ai magistrati di essere dei giudici «futuristi», dei giudici i quali applichino leggi che non sono state ancora approvate? Voi capite benissimo che questo sarebbe un pericolo gravissimo perché si sovvertirebbe tutto l'ordine giuridico dello Stato e si creerebbe l'abuso dove, viceversa, noi vogliamo la sicurezza del diritto di ciascuno.

Voi, quando dubitate dei magistrati, forse non li conoscete a sufficienza. Essi non sono né conservatori né retrivi. Sono, sì, conservatori in quanto, per forza di cose, applicando la legge che esiste, vogliono rispettare l'ordine giuridico costituito, ma non sono dei conservatori se voi e il Parlamento farete delle leggi progressiste, la riforma agraria, la riforma industriale; se faremo sopratutto delle leggi chiare, delle leggi ben fatte, delle leggi meditate e non improvvisate, delle leggi con linguaggio giuridico esatto e con terminologia precisa, i giudici osserveranno la legge e l'applicheranno in tutta la sua estensione! (Approvazioni).

Del resto, che paura avete della Magistratura? Badate che nel corso dei secoli mai si sono avuti colpi di Stato da parte dei magistrati! I colpi di Stato son venuti da ben altro potere e precisamente dal potere esecutivo. La Magistratura qualche volta ha piegato anche la schiena, ma io vorrei dire a questo proposito, ripetendo quello che ha detto l'onorevole Conti in quest'Aula, che, se noi proprio con animo sereno vogliamo giudicare quella che è stata la Magistratura anche durante il regime fascista, non potremmo dire onestamente che essa sia stata semplicemente composta di uomini schiavi. Se noi antifascisti trovavamo conforto nella nostra pena, se noi avevamo qualche funzionario dello Stato al quale confidare le nostre tribolazioni e dal quale avere qualche aiuto, se sopratutto nel nostro esercizio professionale noi andiamo ricordando quello che hanno fatto i magistrati, noi dobbiamo riconoscere che c'era sì da parte del gerarca avvocato l'illecita intromissione, con la quale egli spesso pretendeva delle sentenze ingiuste, ma, fatta qualche rara eccezione, i magistrati non ne hanno scritto delle sentenze ingiuste! E il cittadino, anche in quel periodo di tempo, ha potuto affidare ai magistrati il suo patrimonio ed il suo onore senza avere il pericolo che gli si negasse giustizia! E gli avvocati anche antifascisti hanno potuto liberamente parlare nelle aule dei tribunali.

Ora pare — ripeto — che la Costituzione a questi principî si ispiri; ma una subordinazione almeno parziale della Magistratura al potere esecutivo e legislativo io la trovo in questi quattro punti: istituisce giudici speciali in ogni materia, meno che in quella penale; stabilisce che metà dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura, e fra questi anche un Vicepresidente, che sposta la maggioranza a danno dei magistrati, siano eletti dalle Assemblee legislative; dispone in linea generale e limita a proprio beneplacito la tutela giurisdizionale dei diritti ed interessi verso gli atti della pubblica amministrazione; sospende l'esecuzione d'una sentenza irrevocabile.

Ora, o colleghi, per non cadere in questi inconvenienti, bisogna correggere qualche articolo. La Costituzione, com'è proposta, merita ad esempio correzione all'articolo 97 che riguarda il Consiglio Superiore della Magistratura. Questo Consiglio è presieduto dal Presidente della Repubblica ed è composto da due Vicepresidenti: uno è il Primo Presidente della Corte di Cassazione, il secondo è nominato dall'Assemblea Nazionale; poi vengono i membri eletti per metà dai magistrati e per metà ancora dall'Assemblea Nazionale.

Ora basta tirare le somme per vedere che in questa maniera noi approveremmo non il Consiglio della Magistratura, ma un altro Consiglio, perché in quel Consiglio i magistrati sarebbero in minoranza. L'Assemblea Nazionale, che è un'Assemblea politica, verrebbe a disporre del Consiglio Superiore della Magistratura. E qui io voglio ricordare una cosa: siccome tutto migliora, noi dobbiamo, prima di accingerci a modificare quello che è lo stato di fatto e di diritto attuale, tenere conto delle conquiste che la classe dei magistrati ha ottenuto; noi non possiamo dimenticare che oggi è in vigore una legge, quella del 31 maggio 1946, n. 511, che porta la firma di De Gasperi, porta la firma di Corbino, ma porta anche la firma del Guardasigilli Togliatti.

Ora, se vi è stata una legge democratica, una legge la quale sia venuta incontro alle aspirazioni dei magistrati nel modo migliore, è questa e io ne faccio lode precisamente a colui col cui nome questa legge si appella, all'onorevole Togliatti perché, evidentemente, come Guardasigilli fu lui che l'ha preparata, l'ha fatta approvare e l'ha fatta diventare legge dello Stato. Con questa legge sono istituiti i Consigli giudiziari in ogni Corte d'appello, è istituito il Consiglio Superiore della Magistratura, tutti eletti dai magistrati. In ogni Corte d'appello si riuniscono i magistrati per la nomina del Consiglio distrettuale e per il Consiglio Superiore votano tutti i magistrati d'Italia.

Ora, è vero che voi mi potete rispondere che questo Consiglio Superiore della Magistratura in atto non ha tutti i poteri che noi, con l'articolo 97, gli daremmo. Ma intanto, o signori, c'è questo: tutti i giudizi disciplinari contro i magistrati sono decisi da tribunali composti di magistrati: l'ammonimento, la censura, la perdita di anzianità, la rimozione e destituzione sono decisi da tribunali composti esclusivamente di magistrati. Sono provvedimenti delicatissimi che non vengono affidati ad estranei, ma a magistrati. Ma anche sulle promozioni, le assegnazioni e i trasferimenti è il Consiglio Superiore che dà il suo parere e voi ne comprendete tutta la importanza.

Voi capite benissimo che non c'è Ministro e non c'è stato Ministro dal momento della nostra liberazione ad oggi che non abbia tenuto in massimo conto questo parere. Nessuno ha promosso un magistrato trascurando il parere del Consiglio Superiore. Ed allora, volete oggi dare meno di quanto i magistrati abbiano già ottenuto?

Allora ecco la proposta che io faccio: io tengo fermo che questo Consiglio Superiore della Magistratura sia presieduto dal Presidente della Repubblica. È una innovazione identica a quella della Costituzione francese, articolo 83.

Io spero e confido che i magistrati accetteranno questo loro capo, sentiranno anzi l'onore, l'orgoglio che il loro massimo Consiglio sia presieduto proprio dal Capo dello Stato.

Io domando semplicemente che sia tolto il secondo Vicepresidente che non ha ragione di essere; sia lasciato un solo Vicepresidente e cioè il Primo Presidente della Corte Suprema e sia data la maggioranza, leggera, se volete, ma maggioranza, ai magistrati e che gli altri membri siano eletti dall'Assemblea Nazionale sia pure, ma siano eletti in certe categorie, ex magistrati, avvocati, non che abbiano sospeso la professione, ma che la abbiano abbandonata del tutto e che si siano fatti cancellare dall'albo degli avvocati, perché solo così questi uomini potranno compiere con piena indipendenza il loro dovere, ed infine professori di università. Ecco la collaborazione in atto. Tra questi uomini eccelsi per studio, per ingegno, per capacità, sorgerà piena e facile la più cordiale fusione di intenti e di opere.

È una proposta semplicissima, ma è una proposta che viene incontro ai desideri dei magistrati.

Io non so anche qui, perché noi, che cerchiamo nelle nostre leggi di accontentare, se è possibile, tutti i legittimi interessi della classe cui il provvedimento si riferisce, non dovremmo tener conto dei desideri dei magistrati e venire incontro in questa maniera ai voti che essi hanno espressi anche in Assemblee recenti, tenute qui a Roma. Diamo dunque soddisfazione a queste domande che, a parer mio, sono legittime.

[...]

Adonnino. [...] Vengo agli ultimi due punti dell'ampia materia della Magistratura, che si ricollegano direttamente al mio tema della Corte costituzionale, come elementi essenziali di un'organica concezione di essa. Cioè: l'indipendenza assoluta delle giurisdizioni tutte ordinarie e speciali; e la composizione del Consiglio Superiore della Magistratura. Se il potere legislativo e l'esecutivo potessero influire sulle varie giurisdizioni componenti l'ordine giudiziario, vano sarebbe affidare alla Corte costituzionale il compito di garantire i limiti dell'azione dei tre cennati poteri. Dunque necessità d'indipendenza assoluta di tutto il potere giudiziario; l'indipendenza e l'autogoverno delle giurisdizioni speciali debbono essere identiche a quelle della giurisdizione ordinaria. Altrimenti cade il disegno architettonico sopra delineato, e in cui è caratterizzata la figura della Corte costituzionale. Per necessaria conseguenza le norme regolatrici delle giurisdizioni speciali debbono essere incluse nella legge sull'ordinamento giudiziario che regola la giurisdizione ordinaria; l'ammissione a tutte le giurisdizioni deve avvenire mediante concorso, pure ammettendo ai concorsi per le giurisdizioni speciali solo le categorie adatte psicologicamente per provenienza, per abito mentale, per preparazione culturale; l'autogoverno di tutta la Magistratura deve essere completo, considerando la Magistratura formata sia dalla giurisdizione ordinaria, sia dalle speciali; i magistrati debbono definitivamente lasciare la amministrazione di provenienza; quelle giurisdizioni che formano ora parte integrante di un più vasto organismo amministrativo debbono da esso distaccarsi, anche come sede. Questo è il sistema fondamentale, per il quale potremo dire di attuare veramente l'indipendenza della magistratura.

Se aggiungiamo che il Consiglio Superiore della Magistratura deve essere composto, secondo la mia proposta, per un terzo di magistrati scelti fra le alte cariche, per un terzo di magistrati eletti fra tutti i magistrati di Italia nelle diverse categorie e per l'altro terzo fra insegnanti universitari ordinari di diritto, possiamo concludere che la Magistratura sarà veramente indipendente e completamente avulsa dagli altri organi dello Stato, nella sua organizzazione, nel suo capo, nella sua direzione.

Né è da temere di creare una «casta chiusa». Sarebbe chiusa alle deleterie influenze delle maggioranze e dei partiti; ma bene aperta alla benefica influenza delle grandi correnti di pensiero e di sentimento politico e sociale, che ogni giudice assorbirebbe nella vita sua quotidiana e nei suoi studi, e che lo avvierebbero alle più moderne concezioni, pur dentro i limiti del rigoroso ossequio alle leggi.

[...]

Bertini. [...] Intanto, io rilevo che l'indipendenza della Magistratura non può confondersi con la creazione di una casta chiusa, ma deve essere intesa come una salutare tendenza a mantenere nell'unità dello Stato il funzionamento libero e conveniente di tutti gli ordini, che, come il potere giudiziario, sono investiti di una loro speciale autonomia. Questa autonomia di funzione, di carriera, di disciplina deve essere sempre mantenuta rigorosamente. E se potremo raggiungere meglio questo fine attraverso gli emendamenti che sono stati presentati e che saranno poi illustrati, io credo che la Carta costituzionale, per questa parte, potrà ottenere il consenso e l'approvazione della Magistratura.

[...]

Mastino Gesumino. [...] Questa nostra faticosa impostazione del nuovo ordinamento giudiziario, che deve essere la base e, insieme, il coronamento della costruzione delle garanzie delle libertà dei cittadini, è diretta non a creare nell'ultima fase (autonomia della Magistratura, elevazione sociale e morale dei magistrati) un privilegio per la classe dei magistrati, ma è diretta soprattutto a creare la suprema garanzia per i diritti dei cittadini.

Badate, non si tratta d'una posizione puramente dialettica e formale. È posizione — secondo me — essenziale, perché noi in tanto dobbiamo creare questa suprema costruzione che dia ai magistrati l'autonomia e quasi l'autogoverno, in quanto questa autonomia e questo autogoverno rappresentino una garanzia ulteriore per i singoli cittadini.

Ogni autonomia ed ogni autogoverno devono cessare di funzionare quando da essi possa essere diminuito od in qualche modo offuscato il completo esplicarsi di tale garanzia.

[...]

Identicamente — e in una sfera maggiore, anzi in una sfera più alta e comprensiva di tutte le nostre discussioni — io ritengo che l'autonomia dei magistrati, che si attui attraverso il Consiglio Superiore della Magistratura, debba essere limitata dalle necessità di garanzia verso i cittadini.

Ma, onorevoli colleghi, se noi concepiamo l'autonomia e l'autogoverno della Magistratura quasi come un debito dovuto alla Magistratura a prescindere da ogni altra considerazione, considerandola nell'ordine puramente logico ed astratto, come necessità deduttiva del principio che la Magistratura non deve, nell'esercizio della sua suprema missione, essere in qualsiasi modo influenzata dagli altri poteri; se questa concezione noi dovessimo condurre alle estreme conseguenze, considerandola a sé, io credo che una tale autonomia, così intesa nelle sue più late accezioni, non potrebbe essere accettata. Se noi invece partiamo dal principio, che, come detto, deve essere considerato come essenziale presupposto di tutto il problema, noi vedremo che non è possibile porre la Magistratura al di fuori, quasi al di sopra, della compagine dello Stato. Noi dobbiamo questa autonomia della Magistratura considerarla incuneata, compresa, articolata nell'insieme dell'organizzazione dello Stato.

Ora, siccome non è possibile che noi neghiamo la necessità del controllo del Parlamento sul governo della Magistratura, mi pare eccessiva la frase contenuta nell'articolo del progetto in cui è detto che il Consiglio Superiore della Magistratura ha autonomamente, con esclusione di qualsiasi ingerenza, il governo della Magistratura. Perché allora io vorrei chiedere: come si potrà esercitare il controllo parlamentare sull'opera della Magistratura, che pure è essenziale in ogni Stato ordinato e libero? L'onorevole Conti, nel suo così vasto, così completo, così appassionato discorso ha elencato, tra i poteri che attualmente spettano al Ministro per la giustizia, il potere ispettivo; ma il potere ispettivo, contenuto nelle leggi attuali, dovrebbe essere inquadrato nelle norme costituzionali che noi dobbiamo statuire. Ora, se le norme costituzionali stabilissero la facoltà esclusiva del supremo organo della Magistratura di autogovernarsi, evidentemente la facoltà ispettiva del Ministro della giustizia si dovrebbe esplicare sulle attività marginali dell'amministrazione giudiziaria o sull'attività dei cancellieri, e non mai sul governo della Magistratura. Ma questo è inammissibile in un retto Governo e in uno Stato democratico.

Quindi io propongo, nel mio ordine del giorno, che «con la creazione del Consiglio Superiore della Magistratura, sia attribuita al Governo la facoltà ispettiva nel funzionamento dell'amministrazione della giustizia, al fine di rendere possibile l'iniziativa dell'azione disciplinare da parte del Ministro responsabile ed il controllo parlamentare».

Non credo che questo possa, in alcun modo, nuocere alla creazione di quella nuova Magistratura autogovernantesi ed organicamente costituita come potere autonomo nella sfera delle sue competenze, che noi vogliamo istituire. Noi dobbiamo questa nuova Magistratura crearla in modo da non estraniarla dall'ambito dello Stato; perché, se è vero che la divisione dei poteri è uno dei principî che hanno regolato la creazione dello Stato moderno, è anche vero che non si può ritenere la divisione dei poteri essere un qualche cosa di meccanico, che funzioni automaticamente, al di fuori della realtà sociale, giuridica e politica.

Anche la Magistratura, concepita come organo sovrano dello Stato e, se si vuole, come potere dello Stato, deve essere inquadrata, essere amalgamata, essere inserita nella Costituzione in modo da potere essere compresa in tutto quell'insieme di controlli, che forma la garanzia suprema della libertà di tutti i cittadini.

[...]

Presidente Terracini. Dichiaro chiuso lo svolgimento degli ordini del giorno. Gli altri che mi sono stati consegnati nel corso di questa seduta, a tenore del Regolamento, non danno diritto ai loro presentatori di svolgerli.

[...]

Darò ora lettura di altri due ordini del giorno presentati nel corso di questa seduta. Uno è firmato dall'onorevole Patricolo, del seguente tenore:

«L'Assemblea Costituente

afferma

che l'autonomia e l'indipendenza dei poteri dello Stato deve essere considerata come esigenza fondamentale di ogni regime democratico

delibera

che il potere giudiziario venga riconosciuto dalla nuova Carta costituzionale dello Stato come potere autonomo e indipendente, senza pregiudizio della facoltà di sindacato e di controllo spettante al Parlamento».

[...]

Presidente Terracini. [...] Sono del parere che noi possiamo votare questi ordini del giorno, se mai, mano a mano che incontreremo gli argomenti specifici che essi trattano.

Occorrerebbe che in precedenza, però, i presentatori dei vari ordini del giorno, che toccano problemi comuni, con soluzioni eguali, si mettessero d'accordo, per presentare un testo solo, in maniera da togliere all'Assemblea la preoccupazione della scelta dell'ordine del giorno da porre in votazione.

Non vorrei che, accingendoci poi a votare quegli ordini del giorno che presentano una analogia e che sono confondibili tra di loro, sorgesse la questione della precedenza.

[...]

io sono del parere che (essendo stato utile ed interessante ascoltare in soprannumero, oltre agli oratori iscritti nella discussione generale, anche i presentatori degli ordini del giorno), giunti a questo punto, possiamo passare all'esame degli emendamenti.

Se non vi sono obiezioni, o se qualche presentatore di ordine del giorno non rivendica il diritto di porlo in votazione, propongo dunque all'Assemblea di passare all'esame degli emendamenti relativi all'intitolazione di questo titolo.

L'onorevole Ruini ha facoltà di esprimere il parere della Commissione a questo riguardo.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. Aderisco pienamente alla proposta del Presidente.

(Così rimane stabilito).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti