[Il 14 novembre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale dei seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo IV «La Magistratura», Titolo VI «Garanzie costituzionali».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Presidente Terracini. [...] Poiché stamane l'Assemblea ha deliberato la chiusura della discussione generale, darò ora facoltà di parlare ai relatori sul Titolo IV della parte seconda del progetto di Costituzione.

L'onorevole Leone Giovanni ha facoltà di parlare.

Leone Giovanni. [...] Mentre questi rilievi devono valere a placare le preoccupazioni di coloro che sono del tutto contrari alla composizione mista ed a coloro che vorrebbero modificare il giuoco delle proporzioni in tale composizione mista; va detto a coloro che volessero muovere verso una più ampia partecipazione di elementi estranei che tale tentativo costituisce un regresso nell'indipendenza della Magistratura. Qui occorre fermarsi alla reale constatazione della situazione attuale della Magistratura, in base all'ordinamento giudiziario italiano, al quale così ampie riforme, piene di promesse di speranze, apportò il decreto legislativo Togliatti del 31 maggio 1946. Attualmente il governo della carriera dei magistrati è in gran parte nelle mani del Consiglio Superiore ed il potere disciplinare è affidato ad un organo analogo (Commissione disciplinare): organi composti tutti da magistrati. Questo è il punto dal quale bisogna partire se si vuol mirare ad una onesta soluzione del problema, che è il problema centrale della sezione che concerne la Magistratura. È un punto di vista che non può essere disatteso.

Si entra in Magistratura attraverso un concorso. La Commissione è composta quasi esclusivamente di magistrati, con partecipazione di professori universitari. Si è promossi mediante un triplice congegno, nel quale interviene o il Consiglio Superiore se si tratta di scrutinio, o una commissione di magistrati se si tratta di concorso.

Quale è il destino, sotto l'aspetto disciplinare, della Magistratura? Tutte le sanzioni disciplinari sono sottratte al potere esecutivo. Sono consegnate nelle mani di corpi periferici o centrali esclusivamente composti di magistrati.

Questi organi hanno una vera e propria giurisdizione.

Sicché, sintetizzando — e questa sintesi è indispensabile, perché possiamo muovere alla risoluzione del problema con consapevolezza — sintetizzando: ingresso in carriera per concorso giudicato da magistrati; promozioni, quale che sia il congegno, giudicate da magistrati; sanzioni disciplinari applicate da magistrati.

A che si riduce il potere del Ministro della giustizia in questo momento, nei confronti del magistrato? A congegni teoricamente modesti, che però sono praticamente più pericolosi.

Ecco il punto che occorre esaminare.

Il Ministro della giustizia ha una discrezionalità nell'assegnazione al magistrato della prima sede; quando il magistrato abbia superato il concorso, il Ministro è arbitro di mandarlo in Sardegna o a Roma. Anche qui è la discrezionalità, che dev'essere chiamata in causa, perché, se si tratta del primo vincitore del concorso, questi non andrà in Sardegna. Quando il magistrato chiede il trasferimento in altra sede, è nella discrezionalità del Ministro di assegnare questa sede, cui il magistrato aspira. Quando il magistrato è promosso, il Ministro ha il potere di assegnare la nuova sede.

Questi tre poteri ha il Ministro della giustizia sulla Magistratura. Tutto il resto rientra in quello che si dice autogoverno. Lo so che questa parola è pericolosa. Assumo in pieno la parte di responsabilità che mi compete per la partecipazione che ho avuto a questa formulazione pericolosa. Quando si è parlato di autogoverno, si è pensato quasi ad uno spodestamento del Ministro per la giustizia.

Noi invece, non facevamo altro che perfezionare l'armonia del sistema vigente. Se tutta la carriera del magistrato è nelle mani della Magistratura, se soltanto i tre indicati congegni, che sono i meno importanti astrattamente, ma i più praticamente pericolosi, sono fuori dell'autogoverno della Magistratura e sono, invece, nelle mani del Ministro, perché non trasferire anche questi tre poteri al Consiglio Superiore, il quale, mentre oggi è composto esclusivamente di magistrati, come la corte disciplinare, domani si trasformerebbe in quel Consiglio Superiore che abbiamo proposto, composto per metà di magistrati (più il Primo Presidente ed il Procuratore generale) e per metà di elementi laici?

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti