[Il 20 novembre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la votazione degli ordini del giorno sui seguenti Titoli della Parte seconda del progetto di Costituzione: Titolo IV «La Magistratura», Titolo VI «Garanzie costituzionali».
Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]
Presidente Terracini. L'onorevole Bertini ha presentato il seguente ordine del giorno:
«L'Assemblea Costituente afferma la necessità:
1°) che il potere giudiziario sia posto in grado di tutelare prontamente ed efficacemente la libertà e i diritti dei cittadini e che l'esercizio della funzione giurisdizionale sia regolato secondo le supreme esigenze della giustizia in uno stato di diritto, mediante magistrati che godano della più netta e congrua indipendenza ed autonomia di funzioni, nonché di un trattamento decoroso e pienamente adeguato alla delicatezza e difficoltà dei compiti di loro spettanza;
2°) che non si abbia più oltre a ritardare la riforma dei Codici in modo organico e conforme allo spirito ed alle garanzie del nuovo reggimento politico e sociale dello Stato;
3°) che sia portato un riparo alle ormai inveterate e deplorate insufficienze della giustizia penale, provvedendola di tutti i mezzi strutturali, processuali ed economici, a cominciare dall'istituzione di un corpo speciale di polizia alla diretta dipendenza dell'autorità giudiziaria;
4°) che si ribadisca il principio dell'assoluta incompatibilità dei magistrati con l'appartenenza a qualsiasi partito od organizzazione politica o segreta, in vista sia del compito di inderogabile imparzialità inerente alla delicatezza delle loro mansioni, sia del conforme affidamento che il pubblico deve riportare in ogni circostanza per la condotta del magistrato in tutti i suoi atti;
5°) che il Governo, in coerenza ai principî ora indicati, non abbia a rallentare o a lesinare più oltre quelle misure di riparazione atte a ristabilire la Magistratura nella piena sicurezza della sua posizione, della sua efficienza e del suo avvenire».
Ha facoltà di svolgerlo.
Bertini. [...] Parliamo dell'ordinamento penale; e mi riferisco alla nostra proposta per dare la possibilità al giudice istruttore o al magistrato di merito di servirsi della polizia giudiziaria addetta alle Questure.
Questo è un argomento che va affrontato apertamente e senza peli sulla lingua. Signori, molte delle istruttorie penali vanno male perché sono un monopolio della polizia, perché la polizia si diletta, per una sua abitudine o tendenza, a queste istruttorie. Si capisce anche la tendenza che c'è in ogni organo di allargare e di trattenere gelosamente quanto più è possibile la sua competenza su una determinata serie di attività.
Ma oggi c'è un latente conflitto, se non continuo, intermittente, fra le questure, la polizia giudiziaria, e le procure della Repubblica. Bisognerebbe invece qui mutare sistema. Il centro motore della polizia giudiziaria debbono essere le procure della Repubblica; non dovrebbe essere ammesso che le questure, come avviene quasi, direi, settimanalmente, se non giornalmente, trattengano per settimane, settimane e settimane i procedimenti, dopo l'arresto degli imputati, mentre la procura non ne sa nulla.
Accade, infatti, continuamente che noi ci si rivolga alla procura e la procura ci risponda che nulla risulta dalla sua rubrica, come è avvenuto in un processo per il quale da un mese e mezzo si fa la spola da una città all'altra e ancora si discute della competenza.
Ora, è ammissibile tutto ciò? Il principio, se veramente si vuole il senso della libertà applicato all'amministrazione della giustizia, nei rapporti di chiunque sia inquisito, deve essere questo: nei casi urgenti, si comprende che la polizia giudiziaria debba agire senza limitazione; ma in ogni modo essa deve informare subito la procura della Repubblica, con suo rapporto, del procedimento che si sta iniziando, perché è soltanto la procura della Repubblica che deve dirigere l'istruttoria o per lo meno iniziarla.
Sarebbe in tal modo evitato, seguendo cioè queste giustissime e ormai reclamate innovazioni, quello che succede oggi: che cioè i procedimenti pervengano alle procure già istruiti, dando, fra l'altro, luogo a tutta quella serie di questioni che nascono, che cioè gli interrogatori siano stati fatti sotto lusinghe o sotto minacce e con atti, con perizie che senza alcun dubbio esulano dalla competenza della questura. Avviene così che i fascicoli relativi ai processi si accumulino sui tavoli della questura; avviene così che si venga a ribaltare la causa o ad affrettarla oltre misura; avviene così che si commettano ingiustizie nel senso che si viene a condannare un imputato che meriterebbe di esser considerato innocente o che si consideri innocente un imputato che meriterebbe di esser considerato colpevole.
Il principio dunque che noi vorremmo vedere affermato nella Carta costituzionale e che io contemplo con uno specifico comma nel mio ordine del giorno è appunto costituito dalla proposta che la polizia giudiziaria passi direttamente alla direzione e alla competenza — salve le dovute norme di coordinamento — per tutto ciò che riflette al suo andamento e alla personificazione dell'organo che deve avere la responsabilità dell'istruttoria, all'autorità giudiziaria.
A cura di Fabrizio Calzaretti