[Il 6 giugno 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente prosegue la discussione generale del Titolo quinto della Parte seconda del progetto di Costituzione: «Le Regioni e i Comuni».

Vengono qui riportate solo le parti relative all'articolo in esame, mentre si rimanda alle appendici per il testo completo della discussione.]

Belotti. [...] Rimane, piuttosto, da risolvere una questione che, a torto, i compilatori del Progetto hanno, evidentemente, giudicato di secondo ordine: quella della Provincia. Nel Progetto, la Provincia appare come evanescente Cenerentola, tollerata più che adeguatamente considerata, per ragioni di compromesso coi numerosi e accesissimi suoi difensori.

Questo nostro lungo dibattito ha dato modo di constatare che la Provincia, oltre che nella mente, è viva nel cuore della grande maggioranza dei colleghi.

Come centro degli interessi del proprio territorio, il capoluogo di provincia è, almeno allo stato attuale, un dato insopprimibile: trasferire d'emblée uffici e servizi dell'ente provinciale, che ha un'ossatura, una dinamica e un'esperienza proprie e aderenti alle esigenze capillari, nel capoluogo di Regione, significherebbe, oggi, tra l'altro, aggravare il disagio dei cittadini di gran parte dei Comuni d'Italia.

Né risponde al vero per tutte le terre d'Italia quell'assenza di seria e convincente tradizione storica che l'onorevole Einaudi ha lumeggiato per le province piemontesi: in Lombardia, ad esempio, l'ente Provincia ha tradizioni anteriori al Risorgimento.

Né mi pare assuma carattere perentorio il dilemma posto, una volta tanto, non dallo specialista onorevole Nenni, ma dallo stesso onorevole Einaudi: «Dato che i due enti territoriali Regione e Provincia storicamente non preesistono alla disciplina che si vorrà dare alle autonomie locali, bisognerà creare ex novo un ente territoriale, e l'Assemblea potrà scegliere tra la Provincia e la Regione».

A me pare che, dal momento che il sistema dell'autonomia comporta l'attribuzione non del solo potere di amministrazione, ma anche di un certo potere normativo (e in questo potere sta appunto il substrato della riforma, che non si limita al semplice decentramento gerarchico o burocratico, né al più vasto, ma non ancora sufficiente, decentramento autarchico, sia territoriale che istituzionale), Regione e Provincia possano coesistere con funzioni proprie. Non è pensabile l'attribuzione del potere normativo alla Provincia, né, tanto meno, che esso possa essere esercitato se non nella più ampia sfera regionale. Io vedo, a grandi linee, la Regione con poteri normativi e di coordinamento; vedo la Provincia come ente autarchico, con poteri di amministrazione. Non v'ha dubbio che, a questo proposito, il testo dell'articolo 120 del Progetto debba essere profondamente modificato, per rispondere all'esigenza di una più netta e precisa configurazione dell'ente Provincia.

C'è un notevole pericolo da superare: quello della maggiore elefantiasi burocratica. Ma sono convinto che l'annoso e tormentoso problema della burocrazia statale non sia risolubile su un piano di centralismo. Bisogna articolare la pubblica amministrazione, per renderla più efficiente e più aderente alle esigenze periferiche. Bisogna togliere allo Stato per dare alla Regione, alla Provincia, al Comune. La Regione, a sua volta, non deve uccidere la Provincia. La difficoltà sta nell'ingranare Regione, Provincia e Comune nel complesso statale unitario, in modo che, al posto di una sola gigantesca burocrazia inefficiente e soffocatrice, non subentrino quattro burocrazie mal congegnate, che fatalmente porterebbero al caos. È questo il problema più delicato da risolvere. È necessario che la Commissione e l'Assemblea l'affrontino con decisione e con ponderazione.

[...]

Bruni. [...] È necessario compiere un altro passo in avanti nella strada delle autonomie. Oratori che mi hanno preceduto hanno messo in rilievo l'importanza ormai divenuta tradizionale, a loro parere, della Provincia, e perciò la convenienza di farla sopravvivere e anche di potenziarla avviandola al grado di ente autarchico fondamentale, invece di limitarne la funzione, come pare voglia fare il progetto di Costituzione, a quella di semplice organo di decentramento amministrativo della Regione.

Dirò subito che questa non è idea che la Commissione e l'Assemblea potranno scartare senza averci meditato sopra molto. Ma mi sia lecito di far conoscere su questo punto tutto il mio pensiero. Io sono del parere che la stessa Provincia, e specie alcune province, non sono in grado di rispondere adeguatamente all'esigenza autonomistica. L'idea di elevare ad ente autarchico fondamentale un ente più piccolo della Regione, ravvisandolo nella Provincia, è un'idea ottima come sentimento, ma a mio parere ancora insufficiente come soluzione concreta. È assolutamente necessario che l'ente autarchico fondamentale, che la cellula primigenia dell'ordinamento politico ed economico sociale sia più piccolo della Provincia, sia veramente a misura di uomo, in modo che possa prendere visione diretta dei problemi che è chiamato a risolvere.

È necessario, e in ciò sono d'accordo con quanto ha scritto Adriano Gretti, che esso non abbia limiti territoriali più ampi di quelli del circondario, del distretto militare, della diocesi.

[...]

Piccioni. [...] La Provincia, altro elemento che sta fra lo Stato e il Comune. Per la Provincia bisogna intendersi, onorevoli colleghi.

Io riconosco, anche in armonia col modo di vedere il problema di alcuni dei miei amici di Gruppo, io riconosco che la Provincia non ha esaurito il suo compito; ed essa, in questa fase di assestamento e di riordinamento della nuova vita democratica del Paese, può ancora assolvere a compiti importanti, ma non può e non deve essere assunta, così come non lo può il Comune, come dato fondamentale della riforma dello Stato, cioè come strumento e nello stesso tempo istituzione, che operi una trasformazione della vita politica dello Stato, cui noi miriamo, per una esigenza genuinamente ed autenticamente democratica. Perché, oltre tutto, i problemi della Provincia hanno il limite nella sua estensione territoriale. Ed è chiaro che, nel groviglio dei rapporti della vita sociale ed economica moderna, il limite che racchiude la provincia non è di tale respiro da consentire un ritmo più ampio e più vasto per la soluzione dei problemi, delle necessità, dei bisogni locali, in largo senso.

Ecco perché nel progetto non si cancella la Provincia, la si concepisce come organo di decentramento di taluni servizi dello Stato e di altri servizi della Regione.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti