[Il 1 febbraio 1947, nella seduta pomeridiana, la Commissione per la Costituzione in seduta plenaria discute sulla Corte costituzionale.]

Il Presidente Ruini avverte che restano da esaminare gli ultimi due argomenti: garanzie costituzionali e norme finali e transitorie.

Per quanto riguarda le garanzie costituzionali, l'onorevole Einaudi ha proposto di sostituire i primi quattro articoli proposti dal Comitato di redazione coi seguenti:

Art. 1.

Il magistrato ordinario è giudice della costituzionalità delle leggi.

Art. 2.

La Corte di cassazione a sezione riunite risolve i conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato, fra lo Stato e le Regioni e fra le Regioni.

L'Assemblea nazionale giudica il Presidente della Repubblica ed i Ministri accusati, a norma della Costituzione.

Einaudi ha presentato questo emendamento, anche se non ha grande fiducia nell'accoglimento di esso, perché, a suo parere, la istituzione di una Corte costituzionale non adempie agli scopi a cui dovrebbe servire.

Per decidere sulla costituzionalità delle leggi vi sono due sistemi: quello della Corte e quello del magistrato ordinario. Quello della Corte non ha dietro di sé nessuna esperienza: è qualche cosa di cui si è scritto molto nei libri, si è scritto anche in molte Carte costituzionali che, o sono andate male, o non hanno avuto un'applicazione concreta. Il solo metodo applicato per lungo tempo, e con grande efficacia, è il metodo del magistrato ordinario. I due esempi principali sono quelli del tribunale federale svizzero e della Corte suprema americana. Non si occupa del primo esempio, in quanto la competenza di quei giudici in materia costituzionale riguarda le leggi cantonali e non quelle federali (per l'Italia leggi statali), che dovrebbero essere, invece, la materia principale del giudizio di costituzionalità della legge.

Il vero caso importante relativo a questa materia è quello che si dice impropriamente della Corte suprema americana. Impropriamente, in quanto la Corte suprema americana non è affatto stata creata con lo scopo di dare un giudizio relativo alla costituzionalità delle leggi. Nella Costituzione americana, che egli sappia, esiste un solo articolo che indirettamente ha dato luogo al giudizio di costituzionalità e questo articolo — articolo 6 — dice semplicemente: «Questa Costituzione e le leggi degli Stati Uniti che saranno emanate in obbedienza alla Costituzione costituiranno la legge suprema del Paese». Non c'è altro che potesse dar diritto alla corte di giudicare sulla costituzionalità delle leggi. Tutto quello che si è fatto è stata l'opera dei magistrati: sono i magistrati ordinari che si sono impadroniti di queste due o tre parole della Costituzione e, in base ad esse, hanno elaborato il sistema di giudizio sulla costituzionalità delle leggi. È stato soprattutto merito di un grande giurista, il primo giudice Marshall, alla fine del secolo XVIII e nel primo trentennio del secolo scorso, il quale ha affermato che il magistrato ordinario aveva il diritto di giudicare sulla costituzionalità delle leggi. Questo diritto non appartiene affatto alla Corte suprema: è un diritto che spetta al magistrato ordinario. Qualunque giudice federale, anche appartenente alle corti inferiori, può dichiarare che una certa legge è incostituzionale. Di qui, attraverso i gradi successivi di giurisdizione, si arriva al giudizio della Corte suprema, il quale ha il valore che hanno tutti i giudizi, cioè ha valore per il caso deciso e non si estende ad altri casi.

Quindi, astrattamente, la legge dichiarata incostituzionale dalla Corte suprema potrebbe essere ancora applicata; ma ciò non è mai accaduto. La legge potrà rimanere, astrattamente, nel codice delle leggi; ma di fatto non esiste più. Di fatto accade che persino gli editori della raccolta delle leggi vigenti trascurano di ristampare quelle disposizioni che sono state dichiarate incostituzionali dalla Corte suprema.

Può darsi — qualche rarissimo caso si è verificato — che un tale pretenda di applicare una legge dichiarata incostituzionale; ed allora ciascuna delle due parti ha il diritto di riprendere la causa fin dall'inizio e portarla fino alla Corte suprema, per provocare un secondo giudizio, sia che confermi il primo, sia che lo annulli. Però questi casi, nella storia giuridica americana, sono praticamente trascurabili; e, se anche un caso di questi si presenti, vuol dire che la coscienza pubblica si è modificata e che il magistrato ha ritenuto che una disposizione la quale era in passato considerata come incostituzionale, debba ora considerarsi conforme alla Costituzione.

Il solo argomento che, a questo riguardo, sussisterebbe a favore di una Corte costituzionale sarebbe puramente formale, e cioè che si saprebbe che una certa legge non è più tale perché è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte. È un argomento il cui valore è, si direbbe, di costruzione giuridica. Si può tranquillamente ammettere che i giuristi dicano, che quella tale legge è ancora in vigore. Basta che essa di fatto sia da tutti considerata nulla.

Quali sono le ragioni per cui il sistema del magistrato ordinario sembra preferibile al sistema della Corte costituzionale?

La ragione fondamentale è che, se il giudizio della incostituzionalità delle leggi è lasciato al Tribunale ordinario, si ha la massima probabilità che il giudizio stesso sia inspirato esclusivamente a criteri giuridici; mentre invece, se tale giudizio è affidato ad una Corte speciale, esso avrà in parte un valore giuridico, ma in parte più notevole un valore politico. La Corte, per quanto si circondi di garanzie, è pur sempre una Corte nominata dal Parlamento e, quindi, ha un carattere indiscutibilmente politico. Attraverso la nomina politica quello che influisce di più è l'ambiente politico e non quello giuridico: non sono considerazioni puramente giuridiche quelle che fanno sì che il giudizio di costituzionalità sia formato. Il giudizio di costituzionalità di una legge è un giudizio che deve avere puramente un carattere giuridico. Qualora il Parlamento voglia modificare la legge, la modifichi secondo le vie normali, non attraverso questa maniera indiretta di far pronunziare la incostituzionalità o la costituzionalità di una legge.

Inoltre, a favore della competenza del magistrato ordinario a giudicare in questa materia, vi è anche il fatto che in tal modo il giudizio non è affidato ad «una» Corte, che gli occhi del pubblico non si concentrano esclusivamente su «una» Corte. Il giudizio di costituzionalità può anche essere promosso dinanzi alle Corti inferiori. Sono i magistrati singoli che diranno: «in questa materia credo che la legge non debba essere applicata, perché non è costituzionale».

Verranno poi i magistrati superiori, che pronunceranno sentenze più ponderate e rivedute, fino ad arrivare alla sentenza superiore, da parte di quell'organo che nell'ordinamento italiano è la Corte di cassazione.

Così si crea un ambiente nel quale il giudizio è pronunziato esclusivamente per ragioni giuridiche e non per ragioni che abbiano carattere politico. Si evita inoltre, con questo sistema, l'inconveniente proprio del sistema contrario della Corte costituzionale che una volta che di una disposizione si sia affermata la incostituzionalità (ed il giudice ordinario si limita semplicemente a riconoscere, come è detto nel progetto, che la pretesa della parte non è senz'altro da respingersi), il giudizio su quella controversia rimane sospeso. Tutto è rimesso alla Corte costituzionale la quale dichiarerà con grande apparato che la legge è incostituzionale. Manca in questa maniera un fondamento per una gradualità nel perfezionamento del giudizio nei riguardi di quel determinato caso; e si ostruisce il giudizio del magistrato sui casi ordinari. Pensa pertanto che il sistema del magistrato ordinario sia preferibile, dal punto di vista giuridico, a quello della Corte costituzionale.

Il sistema della Corte costituzionale deve essere, a suo parere, respinto, in quanto non si ha notizia di alcuna esperienza durata per qualche tempo in nessun paese e perché si darebbe il mezzo al potere legislativo di modificare la Costituzione passando sopra alla procedura fissata nella Costituzione medesima.

Mastrojanni è nettamente contrario all'emendamento così egregiamente illustrato dall'onorevole Einaudi. Le sue argomentazioni dimostrano che il sottoporre questioni di così grave importanza al giudice ordinario costituisce una diminuita garanzia per il popolo.

D'altra parte l'inconveniente che il giudizio dato dalla suprema Corte di cassazione non implica l'inapplicabilità della legge dichiarata incostituzionale e che quindi si venga a creare una giurisprudenza fluida e contrastante, basterebbe per ripudiare senz'altro la proposta dell'onorevole Einaudi. Così come avviene adesso, sia in diritto pubblico che in diritto privato, i giudicati della Corte di cassazione fanno stato fra le parti ed esclusivamente per quel determinato oggetto, ma non vincolano gli stessi organi della magistratura a tener fede all'insegnamento della Corte suprema. Se tutto questo è possibile in tema di diritto pubblico e privato, non è però ammissibile in materia costituzionale, dove la certezza del diritto deve essere costante: una volta deciso che quella determinata legge è contraria alla Costituzione, nessun organo deve poterla più applicare.

L'onorevole Einaudi ha anche lamentato l'inconveniente che per primi si sperimenti l'istituto della Corte costituzionale. Tale preoccupazione è, a suo parere, infondata, perché la composizione stessa della Corte costituzionale, formata di magistrati, avvocati e persone di indiscussa competenza, offre la garanzia che l'alto Collegio saprà egregiamente assolvere l'altissimo compito, pur senza far riferimento alle esperienze passate, le quali, d'altra parte, in una tale materia è dubbio che potrebbero dare lumi. Si tratta di risolvere problemi di diritto costituzionale, così come li risolverebbe il giudice di Tribunale o il pretore, ma con maggiore competenza e più alta serenità, come si addice all'alto consesso.

Altre ragioni non vi hanno che possano indurre a seguire la proposta dell'onorevole Einaudi, mentre gli inconvenienti che derivano dall'emendamento sono evidenti, inconvenienti che possono anche essere esasperati da problemi procedurali. A chi spetterebbe, infatti, la competenza di decidere sulla incostituzionalità della legge: al pretore, al Tribunale, alla Corte d'appello, o addirittura alla Corte di cassazione?

Einaudi osserva che potrebbe spettare anche al conciliatore.

Mastrojanni. La pronuncia di incostituzionalità di una legge che richiede indubbiamente indagini molto difficili e complicate, a suo avviso, esula dalla competenza del conciliatore. Ma i fatti che maggiormente preoccupano la pubblica opinione, per quanto riguarda le garanzie costituzionali, non sono quelli limitati al diritto privato, bensì tutti i problemi che investono la vita nazionale, ed è appunto a questi problemi che si fa riferimento e per cui si chiede l'istituzione di un organo competente e sovrano, che abbia competenza e potestà di decidere. Per tali motivi voterà contro l'emendamento dell'onorevole Einaudi.

Targetti è contrario all'emendamento proposto dall'onorevole Einaudi per le ragioni esposte dall'onorevole Mastrojanni, che sono le stesse che condussero la maggioranza della seconda Sezione della seconda Sottocommissione a respingere analogo emendamento proposto dall'onorevole Calamandrei. Non si dilunga pertanto a dimostrare come la maggioranza della Sezione abbia ritenuto che non sarebbe, né logico, né opportuno, né pratico e neanche giustificato investire, per esempio, un vice pretore onorario di questa gravissima facoltà di apprezzare la costituzionalità o meno della legge.

Nello stesso emendamento dell'onorevole Einaudi si stabilisce la competenza della Corte di cassazione a sezioni riunite in materia di incostituzionalità. A suo parere, questa proposta non tiene esatto conto della natura delle disposizioni contenute nella Carta costituzionale. Se la incostituzionalità di una norma si dovesse e si potesse verificare soltanto quando la legge ordinaria avesse violato dei principî strettamente giuridici stabiliti nella Carta costituzionale, allora non dovrebbe essere difficile aderire alla tesi dell'onorevole Einaudi; ma quando si tenga presente che accanto a norme di carattere strettamente giuridico la Carta costituzionale è ricca — ed alcuni critici non troppo benevoli dicono che è straricca — di affermazioni di carattere politico, filosofico e persino morale, pensa che si debba escludere la competenza della Cassazione a giudicare della incostituzionalità delle varie leggi. La costituzionalità di una legge ordinaria può essere eccepita anche in quanto contenga norme che ledono principî filosofici, morali o politici stabiliti dalla Carta costituzionale.

Basta, a suo parere, la constatazione di questa realtà a giustificare la creazione della Corte costituzionale.

Cappi si associa alle ragioni esposte dagli onorevoli Mastrojanni e Targetti. Ricorda che l'Italia esce da un periodo nel quale si è visto con grande cinismo lacerare la Carta costituzionale; si vuole pertanto presidiare la nuova Costituzione in modo da rendere difficili quelle offese alla Costituzione che sono state così numerose e gravi durante il passato regime.

Circa il riferimento alla Corte costituzionale degli Stati Uniti fatto dall'onorevole Einaudi, osserva che ben difficilmente in Italia la maggioranza dei cittadini si uniformerebbe, come invece avviene in America, alla decisione di incostituzionalità di una legge.

Dichiara, pertanto, di essere contrario all'emendamento proposto.

Laconi avverte che la questione è già sorta in sede di seconda Sezione della seconda Sottocommissione. In sostanza, egli sostenne in quella sede che il potere di sindacare le leggi che saranno emanate dall'organo legislativo ordinario circa la loro rispondenza alla Costituzione, spetterebbe alla Costituente. E poiché vi è un limite nel tempo assegnato all'Assemblea Costituente, si tratta di delegare un potere al futuro Parlamento. Ora è possibile rimettere questo potere a un organo che abbia un'investitura inferiore a quella della Costituente? A suo parere, no. Occorre proiettare nel futuro un organo che abbia una investitura altrettanto degna di quella che ha l'Assemblea Costituente nei confronti della sovranità popolare.

Pensa che tale organo debba essere costituito con le stesse cautele con cui le Assemblee legislative ordinarie avranno il potere di modificare domani la Costituzione; e particolari cautele sono state appunto introdotte in questa parte della Costituzione. Così quando si è stabilito che la Corte costituzionale debba essere eletta dal Parlamento in seduta plenaria; che deve durare sette anni anziché cinque anni; che i magistrati debbano essere circondati da particolari cautele e debbano essere scelti entro certe determinate categorie, si è voluto appunto che la scelta di questi giudici sia cautelata in modo che possa corrispondere agli stessi criteri con i quali potrà domani essere riformata la Costituzione.

A questa proposta si contrappone un'altra: quella secondo cui il potere di sindacare la legge e constatare se corrisponda alla Costituzione sia rimesso alla magistratura.

Rileva che la magistratura in Italia non ha una investitura popolare e quindi non è assimilabile al potere costituente e non può avere investitura di questo genere. Si è parlato di un potere di carattere tecnico, ma, a suo parere, la funzione attribuita alla Corte costituzionale ha un alto valore politico.

Ritiene che la magistratura ordinaria non abbia tali qualità da renderla arbitra di tutta la vita democratica della Nazione.

Fabbri non aderirebbe per intero al grave problema sollevato dall'onorevole Einaudi, ma vorrebbe che si distinguesse fra la non applicazione della legge relativamente al caso singolo che si presenta davanti al magistrato e l'abrogazione della legge. Sono due ipotesi sostanzialmente diverse nella loro portata e nella loro attuazione pratica, e non nasconde la sua preoccupazione per il fatto che si è predisposto un congegno il quale è funzionante soltanto per la eventuale procedura diretta alla abrogazione della legge — e quindi con efficacia erga omnes — mentre si è trascurato completamente il caso del modesto cittadino che eccepisce davanti al magistrato ordinario la incostituzionalità di una data norma, con la possibilità che il giudice si pronunci anche favorevolmente al singolo cittadino in quel determinato caso e senza nessuna efficacia abrogatrice della legge nel confronto con la generalità dei cittadini.

Anche attualmente la possibilità di una dichiarazione di incostituzionalità di una certa norma è lasciata al magistrato, e se un pretore o un giudice del Tribunale fa questa dichiarazione, v'è la soddisfazione dell'interesse particolare per quel caso, ma non v'è nessuna ripercussione generale di abrogazione della legge.

Ora, l'avere completamente trascurato questa sostanziale differenza sottrae, a suo parere, una garanzia elementare al cittadino e lo abbandona all'apprezzamento discrezionale del giudice, il quale finisce, di fronte al caso particolare, per non investirsi della portata politica delle eccezioni sollevate dal cittadino ed esamina la eccezione soltanto limitatamente al caso particolare. Il più delle volte penserà che non vale la pena arrivare alla Corte costituzionale delle garanzie per una modestissima questione e finirà per soffocare un diritto individuale. Sono tutte ragioni di ordine pratico e contingente che lasciano molto perplessi sul testo proposto e dichiara perciò che, sotto il profilo esposto, voterà in favore dell'emendamento Einaudi.

Il Presidente Ruini informa l'onorevole Fabbri che nel Comitato di redazione si è lunghissimamente discusso a tale proposito; e vi era anche una proposta dell'onorevole Rossi Paolo, nel senso che per la prima volta si occupassero di queste questioni le autorità giudiziarie e che soltanto contro le sentenze inappellabili su questioni di incostituzionalità, fosse ammesso il ricorso alla Corte costituzionale.

La proposta è stata respinta, perché si è ritenuto che essa potesse dar luogo a complicazioni ed inconvenienti e che sia più pratico, nel caso che sia sollevata un'eccezione di incostituzionalità, che il giudice, quando non la ritenga infondata, la rimetta alla Corte costituzionale.

Fabbri ringrazia, avvertendo che non aveva visto l'ultimo testo.

Einaudi desidera fare qualche rilievo, pur non avendo alcuna speranza circa l'esito della sua proposta.

Come dato di fatto, l'onorevole Laconi ha osservato che in altri paesi, dove esiste la competenza del magistrato ordinario, le condizioni sono diverse, perché i magistrati sono elettivi. Ora, le cose non stanno così: i magistrati federali americani non sono elettivi; particolarmente poi quelli della Corte suprema sono nominati dal Presidente a vita, e non hanno neppure l'obbligo — se non quando la loro coscienza lo comanda — di andare in pensione; e si videro così giudici che sorpassarono l'età di novant'anni e rimanevano fermi al loro posto.

Condivide una preoccupazione dell'onorevole Laconi. Dato il tipo della Costituzione, non vede quale questione concreta di diritto civile o di diritto penale non possa essere portata dinanzi alla Corte costituzionale. A suo parere, vi sarà sempre qualche cosa che permetterà di dire ad una parte che c'è una violazione della legge costituzionale. Le disposizioni relative ai diritti dei cittadini sono talmente ampie — è stato notato che esse hanno un valore morale e politico più che giuridico — che crede non vi sarà questione la quale non possa essere portata dinanzi alla Corte costituzionale. Con tutta probabilità, per un lungo tempo — sino a che non sia consolidata una certa giurisprudenza — vi sarà un ingorgo spaventoso di questioni. L'esperienza, a questo riguardo, è abbastanza probante. La massima parte delle questioni che sono state portate finora dinanzi alla Corte suprema nel solo paese dove questo sistema di giudizio di costituzionalità ha una lunga durata, sono dovute a due o tre parole inserite nella Costituzione, ossia che ogni persona — e la persona essendo stata interpretata come persona fisica e giuridica, anche tutti gli enti morali e le società per azioni hanno avuto la possibilità di valersi della norma — ha diritto di essere giudicata secondo un giusto procedimento di legge.

Facendo ricorso a queste poche parole, moltissime questioni sono andate dinanzi alla Corte suprema per giudizio di incostituzionalità; e quella norma così generica è l'arma più frequente di cui quella Corte si serve per dichiarare l'incostituzionalità delle leggi. Si può immaginare quello che accadrà in Italia, dove non poche, ma infinite parole possono fornire argomento a giudizi di incostituzionalità. Non si potrà evitare l'inconveniente che accanto ad una procedura normale, la quale spesso sarà interrotta, si avrà una procedura di incostituzionalità per decidere moltissimi casi particolari.

È stato detto che questa Corte deve ispirarsi a concetti i quali vengono fuori dalla sovranità popolare. Ma, già altre volte ha avuto occasione di osservare come in materia di applicazione delle leggi tale criterio non abbia valore: l'unico criterio che ha valore è quello di vedere che cosa dice la legge costituzionale. Ora, sapere che cosa dice una legge costituzionale è compito specifico di qualunque magistrato, e qualunque magistrato — anche il più piccolo conciliatore — ha diritto di dire: «Questa disposizione che mi viene presentata e di cui si chiede l'applicazione, è in contrasto con un'altra legge, che è legge fondamentale». La sovranità popolare ha un altro mezzo congruo per sua natura di farsi valere: far votare nelle forme previste dalla Costituzione una modificazione della legge costituzionale.

Il Presidente Ruini pone ai voti l'emendamento proposto dall'onorevole Einaudi.

(Non è approvato).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti