[Il 1 febbraio 1947, nella seduta pomeridiana, la Commissione per la Costituzione in seduta plenaria discute sulla avocazione dei beni di Casa Savoia.]

Il Presidente Ruini avverte che l'onorevole Einaudi ha proposto la soppressione del seguente articolo delle disposizioni finali e transitorie:

«La legge disporrà l'avocazione allo Stato dei beni di Casa Savoia».

Einaudi crede che la materia esuli completamente dal diritto. Non esistono norme generali di diritto, le quali possano giustificare l'articolo transitorio. Farà pertanto qualche rilievo di carattere politico.

In conformità alla sua fede, in tutti i discorsi che ha fatti durante la campagna elettorale per la Costituente e per il referendum istituzionale ha sentito il dovere di dichiarare agli elettori che il suo voto era per la conservazione della monarchia.

Questa dichiarazione implicava per la sua coscienza l'ossequio ad una fede ancora più profonda, che è quella nel valore della democrazia, inteso in questo senso: che la democrazia è discussione e voto. Le parti avverse discutono e poi votano; si contano le teste e si forma una maggioranza, la quale ha il diritto di deliberare e di attuare la sua volontà; e la minoranza ha il dovere di osservare lealmente il deliberato della maggioranza.

La maggioranza si è manifestata in favore della Repubblica, e la minoranza ha il dovere dell'osservanza leale di questa volontà manifestata dalla maggioranza della popolazione. Ma crede che una Costituzione debba avere un ideale più alto di quello di ottenere dalla minoranza una semplice osservanza leale della volontà manifestata dalla maggioranza.

Questo ideale, a parer suo, è quello della cooperazione volonterosa della minoranza. Una Costituzione non funziona bene se la volontà della maggioranza non si manifesti in modo che la minoranza presti non solo osservanza leale alle leggi dello Stato, ma la sua cooperazione volonterosa. Non pretende che la maggioranza sempre si debba proporre questo ideale; ma per lo meno quando il proporselo non è di grave sacrificio, quando il non cercare questa cooperazione volonterosa da parte della minoranza reca una inutile ferita ai sentimenti e alle tradizioni della minoranza stessa.

Per queste ragioni di carattere politico vorrebbe chiedere alla maggioranza di cercare quelle vie di pacificazione le quali possono ottenere dalla minoranza — che pure è stata cospicua — un avvio alla cooperazione volonterosa, quale tutti desiderano, affinché le attuali istituzioni si perpetuino e contribuiscano al bene comune.

Non ha chiesto che sia modificato un altro articolo, il quale manda in esilio i membri della famiglia reale. L'esilio è la nemesi delle dinastie. È inutile tuttavia aggiungere a questa nemesi, propria delle famiglie reali, anche un'altra che alla minoranza potrebbe sembrare una ferita inutile, una ferita economica — che non starà a dire se abbia poca o molta importanza (crede ne abbia poca, sostanzialmente, oggi) — quando arrecando questa ferita inutile si toglierebbe un po' di valore politico a quel voto, che tutti fanno, di dare cooperazione volonterosa alle istituzioni che si vanno creando.

Con questo non si dice che non si possa pronunciare una sentenza anche di questo genere. Non crede sia compito della Costituzione pronunciarla; non crede sia compito di un documento così solenne di scendere a disposizioni le quali hanno un carattere puramente economico: sarà la legge del Parlamento, la quale, caso mai, si pronuncerà in questo senso.

Si cerchi di far sì che le prossime elezioni si svolgano in un'atmosfera di concordia, senza che si pongano problemi, i quali possono inutilmente inasprire gli animi.

Ecco le ragioni per le quali ha proposto la soppressione dell'articolo.

Mastrojanni rileva che già in seno alla prima Sottocommissione espresse l'opinione che non si dovesse nella Costituzione far menzione dell'avocazione dei beni di Casa Savoia. Questa menzione non può intendersi se non come avente un carattere di sanzione. Disse in quella sede che, se tale sanzione si limitasse alla confisca dei beni, di fronte alla storia si manifesterebbe una preoccupazione di carattere materialistico, facendo astrazione dagli altri più essenziali caratteri che la questione presenta.

Ora, non sembra opportuno che la Costituzione consacri nelle sue tavole un solo lato, e il meno seducente, della questione. Ecco perché, a prescindere da qualsiasi altra considerazione, ritiene che sia da accogliere la proposta dell'onorevole Einaudi, nel senso di demandare alla legge ordinaria la confisca dei beni di casa Savoia.

Conti desidera, in assoluta serenità, rendere omaggio alla buona fede degli onorevoli Einaudi e Mastrojanni. Si tratta di una questione che necessariamente divide gli spiriti: i monarchici hanno diritto di sentire e di esprimersi come si è espresso l'onorevole Einaudi; i repubblicani hanno diritto di considerare il problema da un punto di vista storico e politico.

Pensa che la dinastia, che ha dominato in Italia, non avrebbe dovuto chiudere il ciclo della sua esistenza nel placido tramonto che ha avuto la fortuna di poter guardare, allontanandosi dall'Italia. Troppo tragica è stata la fine della Patria; ed è assurdo che si continui a dire che questa fine sia dovuta al fascismo, mentre è dovuta a casa Savoia.

La dominazione sabauda in Italia è stata la dominazione di una dinastia militaresca, di una dinastia che ha fatto rivivere in Italia il medio evo. Il fascismo è stato l'ultimo strumento sopraffattore usato dalla monarchia. Era tempo che finisse la dominazione dei Savoia!

Prima e durante la guerra si sentiva nell'animo la tragedia profonda; purtroppo era nella catastrofe che si sarebbe risolta la questione istituzionale in Italia. Non si può quindi convenire con le argomentazioni sentimentali che sono state espresse, né che si possa parlare di concetti di ispirazione materialistica. Si tratta di una situazione storica. I Savoia debbono restituire quello che hanno sottratto al Paese; questa è la base fondamentale.

Si può convenire, del resto, in una soluzione: si può dire, cioè, che la legge provvederà; ma la disposizione transitoria è necessario che resti. L'Assemblea Costituente potrà fare la legge presto, in modo che nel testo definitivo della Costituzione la disposizione transitoria sia cancellata, in quanto la legge avrà già provveduto. Ma oggi la disposizione transitoria è una garanzia, perché rappresenta la tranquillità per la democrazia italiana, la quale non può condividere un pensiero che è stato nobilmente espresso dagli onorevoli Einaudi e Mastrojanni, ma che può essere tendenzioso nella mente di molti settari monarchici, i quali fanno opera di disgregazione nazionale e vogliono distruggere la Repubblica. Essi però non ci riusciranno, perché il popolo italiano saprà difenderla.

Cappi parla anche a nome di altri colleghi, come uno il quale è stato accentuatamente repubblicano durante il periodo della campagna elettorale. Se poi è lecito un accenno personale, dirà che, nel 1923, all'indomani della marcia su Roma, quando era forse un po' più difficile dichiararsi contro la monarchia, sulla stampa protestò contro la monarchia, che aveva tradito, e per questo subì anche un processo di Corte d'assise. Aggiunge che l'onorevole Conti, e quanti altri nutrono sentimenti repubblicani, lo troveranno, e crede con tutti i suoi colleghi, al suo fianco, quando si tratterà di difendere la Repubblica contro gli eventuali assalti illegali dei monarchici. Ciò nonostante, fa osservare all'onorevole Conti che la disposizione in esame non riguarda materia costituzionale. Lo stesso onorevole Conti ha detto che sarà la Costituente a fare la legge; ma se si dà questo mandato imperativo nella Costituzione, tanto vale dire che si vuole affermare un principio costituzionale.

Ora crede che sarebbe questo l'unico esempio di una Costituzione la quale si occupi di un caso singolo. Una Costituzione, in genere, ed in particolare quella che si sta elaborando, si deve occupare o della struttura dello Stato, o di alcuni principî generali (diritti politici, diritti civili, ecc.), ma senza disposizioni di carattere individuale. Perciò quella di cui si discute, riguardante i beni privati dell'ex casa regnante, sarebbe l'unica eccezione.

Per questa ragione, egli, e, crede, anche i suoi amici, sono favorevoli a che nella Carta costituzionale non sia contenuta tale disposizione.

Targetti ritiene che l'osservazione dell'onorevole Cappi, che la disposizione non trovi la sua sede naturale nella Carta costituzionale, perché risolve un caso particolare e singolo, non sia meritevole di molta considerazione. Con essa non si provvede, infatti, alla sorte dei beni di una determinata famiglia, ma all'affermazione di un principio, che ha innegabilmente anche il significato di una sanzione. Senza presumere, né sperare, di persuadere i colleghi che hanno già, per un insieme di considerazioni, deciso di votare a favore dell'emendamento dell'onorevole Einaudi, prega i colleghi tutti di voler considerare che la votazione alla quale si sta per procedere assume un'importanza speciale, per le condizioni nelle quali avviene.

Si sarebbe potuto presentare il caso che una norma di questa portata non fosse stata inclusa nel progetto di Costituzione e che qualche Commissario oggi avesse proposto di includervela. Il caso è però molto diverso, in quanto vi è una proposta già deliberata dopo ampia discussione nella prima Sottocommissione. Se vi sono stati dei voti contrari, sta di fatto che la maggioranza vi è stata favorevole ed a formarla hanno concorso anche rappresentanti di partiti non di estrema sinistra. Oggi, quindi, l'emendamento Einaudi tende alla cancellazione di una norma già approvata.

Ognuno comprende quale sia il significato di una tale deliberazione. Qui non si discute dell'ideale monarchico in confronto a quello repubblicano; non si discute neppure quella che può essere stata l'opera della dinastia di casa Savoia sin da quando il re del piccolo Piemonte divenne re d'Italia. Spera di non scandalizzare nessuno dicendo che non ha mai ritenuto tanto poco meritato alcun appellativo come quello di «Padre della Patria» dato a Vittorio Emanuele II. Tutto questo esula dalla decisione che si sta per prendere. Si può, infatti, essere stati sinceramente, fervidamente monarchici; si può essere stati ammiratori dell'opera di Vittorio Emanuele II; si può anche arrivare a chiudere gli occhi innanzi all'azione reazionaria di Umberto I, sebbene occorra certamente un fervore monarchico molto acceso per arrivare a questo; ma, innanzi alla responsabilità chiara, evidente, incontestabile della monarchia di Savoia nei confronti di quel tristissimo fenomeno che è stato il fascismo, prova un senso di sorpresa non lieta sentendo che colleghi, i quali pure professano sentimenti profondamente antifascisti, possano esitare a riconoscere che il fascismo non avrebbe potuto conquistare l'Italia e tanto meno distruggere tanta parte del Paese, materialmente e moralmente, senza la complicità di casa Savoia.

Sopra questa verità storica non può esservi alcun dubbio. Una grande preoccupazione prende gli animi dinanzi ai problemi della ricostruzione materiale d'Italia; ma vi è un problema ancora più grave, ed è quello della ricostruzione morale. Il regime fascista ha infettato la cara Italia, ha avvelenato il sangue di tanta parte degli italiani. La prima responsabilità è stata di chi ha pagato con la vita queste malefatte, ma una complicità necessaria evidentemente c'è stata. Nessun animo gentile può dolersi che la stessa sorte non abbia colpito anche gli altri direttamente responsabili; ma non si vada più oltre: non si prendano deliberazioni che, oltre a tutto, suonerebbero offesa alla memoria di tutte le vittime del regime fascista.

Lami Starnuti ha ascoltato con molto rispetto le parole dell'onorevole Einaudi, ma voterà contro l'emendamento da lui proposto. Mentre tutto il Paese è ancora una rovina, non crede che si debba indulgere così largamente nei confronti di chi di questa rovina e dell'immane tragedia che ha colpito il Paese è tra i primi responsabili.

L'osservazione di forma dell'onorevole Cappi non persuade. Vi sono tante cose minori nella Costituzione contro le quali osservazioni di forma non sono state levate. Crede anzi che la norma stia bene nella Costituzione per il carattere che la Costituzione ha nella storia del popolo d'Italia, e perché sarà la sanzione del sentimento e del pensiero degli italiani contro coloro che sono stati, in gran parte, gli artefici delle disgrazie e delle sciagure del Paese.

Fabbri esprime il dissenso più completo e più profondo da tutto ciò che è stato detto dagli onorevoli Conti e Targetti. Come rilievo d'ordine storico, ricorda che la eliminazione dell'istituto monarchico in Germania, avvenuta dopo la fine dell'altra guerra, non impedì minimamente, nonostante l'instaurazione della repubblica social-democratica di Weimar, tutto quello sviluppo d'ordine politico, economico e sociale che in Germania ebbe luogo con una intensità infinitamente maggiore che in Italia. Ora, avrebbe dovuto rendere accorto l'onorevole Targetti il fatto che la differenza delle due istituzioni non è la chiave risolutiva di questi processi storici, che hanno ben altri sviluppi e meritano una revisione critica ben diversa da quella che tanto l'onorevole Targetti, che l'onorevole Conti hanno fatto.

La monarchia di Savoia è venuta in Italia con un plebiscito ed ha cessato di funzionare con un referendum. Sostanzialmente, e guardando la cosa in modo sintetico, era difficile trovare un istituto che si fosse meglio sviluppato su base democratica in Italia della monarchia, la quale anche nell'ultimo periodo recentissimo della sua esistenza, ha reso un grandissimo servigio, a suo parere, al Paese, in condizioni di tempo e di luogo che erano le meno propense ad una guerra civile, che in qualunque altro momento si sarebbe scatenata con conseguenze inevitabilmente gravi.

In ogni modo ha l'obbligo di coscienza e di intelletto di votare a favore dell'emendamento Einaudi, per una ragione formale e per una ragione sostanziale. La ragione formale è che non trova posto in una Costituzione una disposizione che si risolve in un atto momentaneo e singolo. La ragione sostanziale è che si tratta d'un rapporto di diritto comune e nel momento stesso in cui si vuol ristabilire il rispetto del diritto, si macchierebbe la Costituzione, a suo avviso, con un articolo deplorevole e da eliminarsi.

Togliatti osserva che l'allargamento della discussione potrebbe rendere necessario prendere posizione anche sulle questioni di ordine generale e politico che sono state sollevate, cosa che all'inizio del dibattito si riteneva superfluo. Particolarmente l'onorevole Fabbri ha enormemente allargato il campo del dibattito portando un esempio storico il quale, nelle sue intenzioni, servirebbe a confutare argomenti che non ha sentito esporre da nessuno, cioè che la forma monarchica, di per sé, porterebbe al fascismo. Questo argomento non è stato prospettato né dall'onorevole Conti, né dall'onorevole Targetti. Essi hanno unicamente formulato il giudizio storico che in Italia, nelle particolari condizioni del Secolo XX, dal 1920 al 1943, non sarebbe esistito il fascismo se non vi fosse stata la monarchia dei Savoia, la quale ha portato il fascismo al potere e ve lo ha mantenuto, nonostante che questo regime fosse contrario alla grande maggioranza del popolo.

In Germania non esisteva la monarchia, ma vi sono stati altri responsabili e quando si parlerà della storia della Germania in tale periodo si cercherà di individuarli esattamente e spetterà al popolo tedesco colpirli, e crede che li stia già colpendo. Ma il fatto che il dibattito, contrariamente alle previsioni, si sia aperto in questa sede, dà un particolare rilievo alla discussione.

Ricorda che nella prima Sottocommissione, quando il problema fu sollevato, vi fu l'unanimità, con una eccezione, crede, o una e mezza, nel rilevare che, sollevata la questione, non si poteva prendere una decisione diversa da quella che fu presa. Tale fu particolarmente la posizione dei colleghi del gruppo democratico cristiano, i quali, per bocca del Presidente della prima Sottocommissione, dichiararono che non doveva uscire da una Commissione della Costituente italiana un voto che potesse apparire come favorevole alla monarchia.

Conti avverte che fu proprio l'onorevole Moro, democratico cristiano, a proporre l'articolo di cui si chiede ora la soppressione.

Togliatti ricorda che in sede di prima Sottocommissione propose un articolo in cui si diceva che i beni di casa Savoia erano confiscati a favore dello Stato. Per evitare che si desse un voto che, in qualche modo, potesse sembrare favorevole alla casa Savoia, aderì all'articolo proposto dall'onorevole Moro.

Lucifero nota che l'articolo fu approvato con nove voti favorevoli e otto contrari.

Togliatti per la stessa ragione pensa che l'emendamento Einaudi debba essere respinto. L'argomento che la disposizione, che si propone di sopprimere, non ha carattere costituzionale, a suo parere, non è consistente, anzitutto per un motivo d'ordine formale, che cioè essa rientra nelle norme transitorie che regolano il passaggio dall'uno all'altro regime; vi è poi un motivo sostanziale, nel senso che una Costituzione, la quale è creata nel momento in cui, abbattuto un regime, ne sorge un altro, inevitabilmente contiene disposizioni che riflettono questo passaggio, in aderenza alla realtà storica e politica del momento.

Per tali ragioni è contrario alla proposta dell'onorevole Einaudi.

Dominedò si limiterà a poco più di una dichiarazione di voto, con estrema serenità e schiettezza. Preliminarmente condivide l'impostazione dell'onorevole Targetti e dell'onorevole Togliatti, per cui è innegabile che la questione si presenta diversamente quando si è dinanzi ad un articolo già approvato dalla Sottocommissione, sia pure a stretta maggioranza, rispetto a quel che sarebbe nel caso in cui si trattasse di una proposta nuova. Ma, ciò non ostante, osserva come nulla possa comprimere il diritto a manifestare un'esigenza che può dirsi di moralità politica. Prega i colleghi presenti di prendere atto di uno stato d'animo che muove da una valutazione obiettiva della coscienza ed esprime una buona fede che viene dall'intimo dello spirito.

Può prescindere dalle considerazioni di competenza relative alla sedes materiae, occorrendo sottolineare che qui si tratta di materia tipicamente legislativa e non già costituzionale, sia pur sotto lo schermo delle disposizioni transitorie. Prescinde altresì dalle valutazioni di merito giuridico, non essendo concepibile confisca senza condanna, né presunzione senza prova in contrario e senza distacco fra acquisizioni fatte durante il periodo sospetto o ad esso anteriori. Ma intende soprattutto far capo alle considerazioni di merito politico, espresse nobilmente dall'onorevole Einaudi, la cui argomentazione acquista tanto più rilievo quanto più si riesca a liberarsi dalla passionalità dell'ora. Aggiunge che il collega La Pira, partito questa mattina per Firenze, lo ha incaricato di riferire alla Commissione che anche egli, pur senza far valere alcuna formula di diritto di voto, si associa contro la proposta di avocazione per motivi da lui definiti di delicatezza ed umanità.

A questo titolo voterà l'emendamento Einaudi per la soppressione della proposta.

Tosato considera la questione soprattutto da un punto di vista tecnico. Sui beni di casa Savoia non esiste ancora alcuna legge dello Stato, sebbene sia da ritenere che nell'animo della maggioranza almeno del popolo italiano, la questione sia già sostanzialmente risolta. La Costituzione dovrebbe dunque limitarsi a stabilire la forma attraverso la quale verrà stabilita la destinazione dei beni considerati. In questo modo si può andare forse incontro a quella che sembra la sostanza dell'argomentazione addotta dall'onorevole Einaudi, il quale, richiamando le norme, anche di correttezza, che governano la vita democratica, ha fatto una questione di forma, perché siano evitate quelle espressioni che possono ferire la sensibilità della minoranza, la quale accetta la Repubblica, ma conserva la sua libertà di pensiero. Perciò, senza intaccare minimamente la sostanza dell'articolo, anzi andando più in là, propone una modificazione dell'articolo 3 così formulata:

«La legge disporrà la destinazione dei beni di casa Savoia».

Lucifero non ha creduto di intervenire nella discussione, perché pensa che chi ha la responsabilità di redigere un testo costituzionale deve prescindere da argomenti che possono suscitare urti di passioni.

Ha avuto da elettori monarchici un mandato e lo interpreta votando a favore dell'emendamento Einaudi. E vota in tal senso non da monarchico, quale è stato ed è, anche se leale cittadino della Repubblica, ma come cittadino della Repubblica. Intende che la Repubblica italiana, che non ha voluto, ma che ha accettato e riconosce, sia uno Stato in cui vi sia giustizia per tutti e in cui non vi siano sanzioni per chi non sia stato legittimamente condannato dall'autorità giudiziaria.

Cappi ritiene superfluo dichiarare che nell'atteggiamento da lui assunto non v'è nulla che possa sembrare a favore della monarchia.

Ad ogni modo, poiché è stato presentato l'emendamento Tosato, il quale rimette al Parlamento la questione in generale della destinazione dei beni di cui si discute, dichiara che voterà a favore di tale emendamento.

Tosato avverte che l'onorevole Togliatti accetterebbe tale emendamento se si aggiungessero le parole: «a fini sociali».

Bozzi prescindendo da qualunque dichiarazione di carattere politico, voterà a favore della proposta Einaudi, ritenendo che la norma non abbia carattere costituzionale, ma possa costituire eventualmente oggetto di legge ordinaria.

Mastrojanni dichiara di votare a favore della soppressione dell'articolo relativo alla confisca dei beni di casa Savoia, perché tale disposizione, a suo parere, non è di carattere costituzionale e, se inserita nella Costituzione, rappresenterebbe una sanzione che contro la casa Savoia consacrerebbe alla storia l'unico giudizio che la Costituzione stessa proclama.

Perassi osserva che coloro i quali ritengono che la disposizione in esame non ha carattere costituzionale, hanno un modo per ovviare a tale scrupolo, facendo votare dall'Assemblea Costituente una legge prima che sia approvata la Costituzione. La disposizione, d'altronde, può apparire come una dichiarazione solenne che riflette un giudizio storico rispetto a determinati eventi e a determinate istituzioni. Voterà pertanto contro l'emendamento Einaudi.

Grassi dichiara che, avendo votato nella prima Sottocommissione a favore di un ordine del giorno Cevolotto che diceva: «La Sottocommissione ritiene che la questione della confisca dei beni di casa Savoia non faccia parte della materia costituzionale, pur affermando che essa dovrà essere risolta in senso positivo per mezzo di una legge speciale», voterà in favore dell'emendamento Einaudi.

Cevolotto osserva che la questione della confisca dei beni di casa Savoia ha avuto uno svolgimento diverso da quello che poteva prevedere quando propose l'ordine del giorno richiamato dall'onorevole Grassi.

Aveva proposto che l'avocazione fosse disposta con una legge speciale. Questa legge non è venuta, e oggi, presentata la questione sotto un aspetto strettamente politico e specialmente dopo le dichiarazioni dell'onorevole Mastrojanni, non può che votare contro l'emendamento Einaudi.

Fuschini dichiara che per atto personale e sotto la sua personale responsabilità voterà contro l'emendamento Einaudi, perché ritiene che l'articolo in questione non faccia che consacrare la conseguenza della caduta della monarchia per volontà popolare.

Mannironi si associa all'onorevole Fuschini.

Federici Maria si associa all'onorevole Fuschini.

Il Presidente Ruini pone ai voti l'emendamento Einaudi, sul quale è stata chiesta la votazione per appello nominale.

(Segue la votazione nominale).

Rispondono sì: Bozzi, Dominedò, Einaudi, Fabbri, Grassi, Lucifero, Marinaro, Mastrojanni, Uberti.

Rispondono no: Ambrosini, Cappi, Cevolotto, Conti, De Michele, De Vita, Farini, Federici Maria, Froggio, Fuschini, Iotti Leonilde, Laconi, Lami Starnuti, La Rocca, Mannironi, Merlin Umberto, Mortati, Nobile, Noce Teresa, Perassi, Ravagnan, Ruini, Targetti, Togliatti, Tosato, Zuccarini.

Comunica il risultato della votazione:

Voti favorevoli 9; voti contrari 26.

(La Commistione non approva).

Vi è poi la proposta Tosato:

«La legge disporrà la destinazione dei beni di casa Savoia».

Domanda all'onorevole Tosato se egli accetta l'aggiunta Togliatti «a fini sociali».

Tosato, poiché la sua proposta, emendata e precisata nel senso indicato dall'onorevole Togliatti, perderebbe la sua ragion di essere, dichiara di ritirarla.

Fabbri dichiara che alcuni Commissari hanno modificato il loro atteggiamento a seguito della presentazione della proposta Tosato, a favore della quale si riservavano di votare, se l'onorevole Tosato non l'avesse ritirata.

Cevolotto fa osservare che se qualcuno avesse voluto insistere sull'emendamento Tosato l'avrebbe fatto proprio.

 

PrecedenteSuccessiva

Home

 

 

A cura di Fabrizio Calzaretti