[Il 5 dicembre 1947, nella seduta pomeridiana, l'Assemblea Costituente inizia l'esame delle disposizioni finali e transitorie.]

Presidente Terracini. [...] Passiamo alla seconda disposizione. Se ne dia lettura.

Amadei, Segretario, legge:

«I discendenti delle Case già regnanti in Italia non sono elettori né eleggibili a cariche pubbliche.

«I membri di Casa Savoia non possono soggiornare nel territorio della Repubblica italiana».

Presidente Terracini. Sono stati proposti vari emendamenti.

L'onorevole Codacci Pisanelli ha proposto di sopprimere questa disposizione.

Ha facoltà di svolgere l'emendamento.

Codacci Pisanelli. Prendo la parola unicamente per continuare nel proposito, già espresso, di fare in maniera che la Carta costituzionale che stiamo preparando possa essere considerata da tutti gli italiani come la propria Carta, cosicché tutti possano dire: «Questa è la nostra Carta costituzionale».

A tale scopo, per andare incontro alle convinzioni basate sul ragionamento e sul sentimento di una gran parte del popolo italiano, ritengo che sia la seconda, sia la terza disposizione transitoria debbano essere escluse dal nostro testo costituzionale.

Ritengo che i compilatori siano andati contro le stesse loro intenzioni, perché l'esclusione dall'elettorato non soltanto per i viventi, ma anche per i loro discendenti e per i figli dei figli e per quelli che nasceranno da loro, mi sembra una enormità, non voluta dagli stessi compilatori dell'articolo.

Mi rendo conto delle preoccupazioni che li hanno ispirati, e conosco i precedenti offerti da altre Costituzioni. Ritengo, però, che le norme in parola non siano rispondenti, quanto a senso della misura, alle convinzioni profonde di un popolo equilibrato come quello italiano. D'altra parte, l'altro divieto, quello del soggiorno, si estende a tutti gli appartenenti ad una determinata Casa. Divieto evidentemente eccessivo, in quanto riguarda uomini e donne in maniera indistinta ed esclude non solo i viventi, ma anche coloro che saranno in avvenire.

C'è la terza delle disposizioni, alla quale accenno fin da ora e sulla quale non mi soffermo, quella che dispone l'avocazione di tutti i beni di Casa Savoia; avocazione inconciliabile con i principî da noi stabiliti nella prima parte della Costituzione.

Ripeto, non mi soffermo e dirò poi il perché. Non intendo urtare le convinzioni di alcuno. Voglio che la nostra discussione si mantenga in quel tono elevato che abbiamo sempre cercato d'imprimerle da questi banchi. Voglio che prima di giungere ad una conclusione, la quale dispiacerebbe (non disconosciamo questa realtà) a una gran parte del popolo italiano, e dispiacerebbe non soltanto ai viventi — perché di un popolo non fanno parte soltanto i viventi, ma anche coloro che li hanno preceduti — non dimentichiamo che questo sentimento radicato e dimostrato ha tra le sue ragioni anche quella che non vi è, si può dire, alcuna famiglia italiana che non abbia tra i suoi congiunti qualcuno che nelle cinque guerre d'indipendenza sia caduto col sacro binomio della «Patria e del Re» sulle labbra. (Interruzione a sinistra Commenti).

Teniamo conto di questi precedenti e rispettiamoli. Rendiamoci conto di una realtà che ogni uomo politico deve tener presente. Siccome si tratta di una disposizione che non corrisponde ai principî sanciti, ma di una disposizione che stabilirebbe in perpetuo una incapacità civile per determinate persone, facendo cadere sui discendenti la colpa dei loro predecessori — concetto che non corrisponde alla moderna concezione della libertà e del diritto — ritengo sia opportuno sopprimere le due disposizioni in esame.

Quanto al soggiorno ed all'esilio, appunto perché le nostre istituzioni attuali possano essere stabili, sarebbe opportuno evitare di sancire in maniera così categorica un esilio, anche perché l'esilio, come la storia del Risorgimento italiano ci dimostra, ottiene l'effetto contrario a quello voluto; gli esiliati prima o poi tornano trionfatori, perché sono sempre circondati da un'aureola particolare. (Interruzioni a sinistra).

Ho accennato, ma non insisto, all'inopportunità dell'avocazione dei beni. Non insisto perché non ci si accusi di essere difensori di particolari interessi, di particolari situazioni privilegiate; appunto perché non si rivolga questa accusa a quella parte di questa Camera, alla quale si deve, fra l'altro, l'introduzione della prima legge di espropriazione per pubblica utilità e il primo progetto di legge di nazionalizzazione, quella delle ferrovie, sul quale cadde il governo della destra nel marzo 1876. Non insisto sull'inopportunità dell'avocazione, idea profondamente sentita e più volte affermata dal popolo italiano, dimostra come, se vi è una aspirazione verso una particolare distinzione dei rappresentanti del nostro popolo, gli italiani desiderano che tale distinzione si completi nel distacco dalle ricchezze. Così che, se la terza disposizione transitoria venisse approvata, non farebbe che rendere i colpiti ancora più conformi all'alta idealità italiana, che anche i meno abbienti del nostro popolo compendiano nel motto: «poveri, ma signori»!

Presidente Terracini. Anche l'onorevole Condorelli ha proposto di sopprimere questa disposizione.

Ha facoltà di svolgere l'emendamento.

Condorelli. Onorevoli colleghi, se vi nascondessi che le mie parole sono in questo momento dominate da un profondo dolore, non sarei sincero; però, con perfetta sincerità posso dirvi che quello che sto per dire, sperando di ottenere da voi un voto conforme, attinge la sua ragione dalla mia coscienza di giurista e di uomo civile, e solo per questo io spero che le mie parole possano trovare risonanza in voi.

La legge che oggi è sottoposta al vostro giudizio ed al vostro voto è certamente incostituzionale: incostituzionale dal punto di vista di una costituzionalità strutturale. È incostituzionale, perché in flagrante contraddizione con i principî costituzionali che voi avete voluto alla base della nostra Costituzione.

Si oppone a questa legge, prima di tutto, una costituzionalità che ho chiamata strutturale, giacché, a prescindere dalle norme che possono essere consacrate in questa o quella Costituzione, sta di fatto che il legislatore, il costituente, non può emettere che delle norme, cioè dei comandi generici di classi di azioni, di tipi di azioni, non comandi particolari come potrebbero essere sentenze, o condanne o assoluzioni. Difatti la legge che qui siamo chiamati a votare ha soltanto l'aspetto di legge, ma in realtà decide un caso strettamente individuale. Ora voi, noi potremmo con una disposizione di legge ristabilire la pena di morte, ma non possiamo infliggere ad una persona determinata neanche una multa di cinque lire. Noi non abbiamo questo potere, perché siamo legislatori e non possiamo emettere provvedimenti di carattere particolare od individuale. Non è dunque questa la sede in cui si potrebbe discutere di questa materia ed assumere provvedimenti in merito.

L'incostituzionalità per diretta opposizione a singole norme da noi sancite è troppo evidente, perché sia necessario soffermarci su di essa, specialmente dopo quanto ha detto l'onorevole Codacci Pisanelli.

Vietare a dei cittadini italiani il soggiorno in Italia, è in diretta contraddizione con l'articolo 10 della nostra Costituzione, che afferma la libertà di soggiorno per tutti i cittadini. Espropriare i beni ai cittadini italiani od a chiunque, è impossibile sotto l'aspetto di confisca, al cospetto dell'articolo 38 da noi votato, in cui è prevista sì l'espropriazione contro indennizzo per utilità generale, ma non è affatto prevista la confisca per ragioni politiche. L'opposizione a questa norma statutaria che noi abbiamo voluta, non potrebbe essere più stridente.

Ma le ragioni di contrasto con questa legge sono fondate anche su un argomento che noi giuristi chiamiamo di merito: è la legge, nei suoi legamenti interiori, che non si regge. Che carattere ha questa legge? Ha un carattere sanzionatorio, di pena? Evidentemente no. Il legislatore qui, come del resto in tutte le leggi, non pone il fine della norma; la norma bisogna ricavarla dal contenuto della legge stessa. Ma è chiaro che, a luce di secolo XX, questa legge non può avere un significato sanzionatorio, perché essa contravverrebbe al principio universalmente accettato, e peraltro da noi sancito espressamente all'articolo 21 nella nostra Costituzione, che la responsabilità è personale ed individuale. Qui si consacrerebbe invece una responsabilità familiare, che si riverserebbe anche sui futuri e, per altro, vi è anche il principio, del pari affermato nello stesso articolo della Costituzione, che non vi può essere condanna senza giudizio. Lo dicevano anche gli antichi: non è possibile condannare senza un giudizio, sine previo judicio poenali.

Essa ha, quindi, certamente, un altro carattere: carattere di sicurezza, è una legge di sicurezza, perché si ritiene che il soggiorno di determinate e individue persone, nel territorio dello Stato, possa costituire un pericolo verso la forma costituzionale che è stata adottata e che il possesso di beni economici da parte di quelle persone possa costituire un pericolo per la stessa forma repubblicana, per quella preponderanza economica che può dare un vasto patrimonio.

Ora, non vi è chi non si accorga che una legge simile è per lo meno anacronistica ai tempi d'oggi. Sappiamo tutti che nei tempi passati quando si spodestava una dinastia od anche una famiglia che senza essere una dinastia avesse poteri in un paese, si facevano delle leggi di prescrizione, si facevano delle leggi di confisca dei beni. Ma questo avveniva perché allora la forza di un privato, di un principe spodestato, poteva sopraffare la forza dello Stato. Ma oggi che lo Stato ha assunto l'aspetto di quell'immenso Leviatano che noi vediamo funzionare ogni giorno nella pienezza della sua strapotenza, non vi è situazione individuale o familiare che possa costituire un pericolo per lo Stato.

Ma, avviciniamoci al caso concreto. Che pericolo può costituire per lo Stato questa dinastia spodestata? Sono soprattutto i repubblicani che mi diranno che non costituisce nessun pericolo. Peraltro, l'atteggiamento da essa assunto, che deve essere tenuto presente da questa Assemblea, esclude il pericolo. C'è stata subordinazione a quello che è avvenuto, c'è stata una leale esecuzione della decisione risultata dal referendum, per cui nessun riavvicinamento storico è possibile con quello che si è operato in altri paesi a seguito di rivoluzioni o di guerre civili.

La rilevanza dei beni ha anche una notevole importanza. Qui si interdice a tutti i membri di casa Savoia di possedere beni in Italia. Ma, che cosa sono questi beni? Ci sono compresi anche i cadetti. La famiglia dei Duchi di Genova non possiede neanche un palmo di terreno od un muro. (Interruzione a sinistra).

Il Castello di Agliè era l'unico retaggio di quella famiglia, e fu alienato per la impossibilità di dividerlo fra tutti i discendenti. (Interruzioni a sinistra). Il castello di Agliè in questo momento è di Umberto di Savoia. (Commenti a sinistra). I beni del ramo primogenito di casa Savoia non credo che nella più larga delle valutazioni superino il mezzo miliardo; penso che ne siano al di sotto. Ebbene, che pericolo può costituire per lo Stato un patrimonio di questo genere, in mano anche a persone che si presumono avversarie di questa forma repubblicana, ai giorni d'oggi, in cui ci sono patrimoni che superano il centinaio di miliardi? Evidentemente, vi preoccupate di un pericolo che non può esistere, che voi penalisti chiamate impossibile.

Se mi si obiettasse di avere esaminato dal punto di vista giuridico e di avere analizzato giuridicamente una norma o delle norme che hanno un significato politico, io risponderei immediatamente che è tempo che ci liberiamo degli ultimi residui della «ragion di Stato», di quell'assolutismo che è stato il nemico diretto delle libertà individuali, da cui queste si sono emancipate nel penoso travaglio delle rivoluzioni liberali.

Quale pericolo? E se vi fosse un pericolo, voi potete evitare questo pericolo facendo delle leggi tiranniche? Non è escluso che vi possano essere in uno Stato dei singoli o dei partiti che costituiscono dei pericoli, ma, finché i principî della democrazia, della libertà e del diritto non consentono di sopprimere questi partiti o di espellere gli uomini pericolosi, non vi è Stato che si vanti di assidersi sul diritto, che voglia conservare la qualifica di Stato di diritto che, in nome di interessi politici, possa sopprimere le eterne ragioni della giustizia.

Guardate invece questa legge da un punto di vista sanamente politico, guardate questa legge per la significazione che essa potrebbe assumere innanzi alla coscienza della maggior parte degli italiani. Io mi rivolgo particolarmente a voi, colleghi di parte democristiana: all'indomani della partenza del re dall'Italia la radio trasmetteva un messaggio di Alcide De Gasperi al popolo italiano, di Alcide De Gasperi che non era soltanto il Capo dello Stato e del Governo d'Italia, ma anche il vostro autorevole esponente, e questi aveva parole di umana comprensione per il dolore di quella metà del popolo italiano che aveva rivelato la sua volontà monarchica nel referendum, e promise che nulla si sarebbe fatto che avesse potuto significare scherno o mancanza di riguardo per quel dolore. E questa legge che cos'è, se non irrisione estrema?

Questa legge che cosa vuol dire a quegli italiani che hanno creduto nella monarchia, anche se oggi non vi credono? Significa soltanto questo: quel re per cui voi avete votato, quel re che avete acclamato freneticamente nelle piazze (Commenti a sinistra), quel re non è degno di possedere beni in Italia, quel re è colpito dall'interdetto aqua et igni, così come erano una volta perseguitati i ribaldi. Questo direste al cospetto del popolo italiano, il quale potrebbe constatare che quella promessa formulata in un momento di dolore è stata, a distanza di un anno e mezzo, tradita! (Commenti a sinistra).

Una voce a sinistra. Il re dovrebbe essere condannato a ben più grave pena.

Condorelli. Ho letto in un libro che riunisce le sublimi preghiere che ci insegna la Chiesa cattolica, una preghiera che supremamente mi ha colpito e mi ha fatto piegare il capo e le ginocchia, una preghiera nella quale è espresso il concetto altissimo della solidarietà spirituale che avvince tutti gli uomini dall'alto al basso, dal basso all'alto: una preghiera in cui l'anima cristiana dice che chiede a Dio venia per i peccati del suo re, perché pensa che alcuni o molti di questi peccati, se ci possono essere stati, possono essere stati causati anche dai sudditi, per la tragica legge della propagazione del male, che anch'essa come la solidarietà e ricalcando queste vie della solidarietà ascende dal basso all'alto e dall'alto scende al basso. (Rumori a sinistra).

Allora l'anima orante si piega su se stessa e si domanda: «Chi sa se il re non ha peccato anche per colpa mia?»

E se il popolo italiano, nel suo complesso e nell'individualità di ciascuno si rivolgesse questa domanda, potrebbe escludere che alcune delle colpe che si attribuirono al re non dipendano dal popolo o da alcune parti del popolo? (Rumori a sinistraInterruzioni).

E per altro, quali colpe si possono sensatamente attribuire al giovane re?

Anche per ammissione di molti dei vostri, che con me hanno parlato e sono presenti stasera in questa Assemblea, si è universalmente riconosciuto che egli era immagine viva di lealtà e gentilezza. (Rumori a sinistra).

Una voce a sinistra. Non è vero! (Commenti a destra).

Condorelli. Io mi rivolgo particolarmente a voi, colleghi democristiani e vi invito a riflettere e a considerare se nell'anima vostra non sentite in questo momento questa solidarietà.

E a tutti i colleghi di questa Assemblea, ai repubblicani di tutti i settori, io dico: cominciai nel primo discorso tenuto in questa Assemblea col dirvi che, se noi abbiamo lottato, abbiamo lottato per un sentimento di amore, per la istituzione e la dinastia che la impersona, che per noi è simbolo vivo dell'unità d'Italia e che poteva essere una garanzia della continuazione di questa unità.

Noi abbiamo lottato mossi da questo sentimento, non voglio discutere se giusto o ingiusto: attendiamo il verdetto della storia e non lo diamo noi, mentre ancora sono vivi gli echi della lotta.

Voi avete agito per risentimento.

Nell'ultimo intervento che faccio in questa Assemblea vi chiedo di smentirmi, di contraddirmi e di dimostrare che avete agito per giustizia. Consacrate, quindi, questa giustizia nel voto di oggi, ricordandovi, amici, che la giustizia è il fondamento dello Stato.

Una voce a sinistra. È per giustizia che agiamo in questo modo! (Commenti).

Condorelli. E questa Costituzione sarà ancor più rispettabile, per il vantaggio di quella repubblica che voi amate e che noi ci siamo impegnati a rispettare e rispetteremo; ma che più altamente rispetteremo, se ci dirà una parola di giustizia, quella giustizia che attendiamo da voi. (Applausi a destra Commenti).

Presidente Terracini. L'onorevole Mortati ha presentato il seguente emendamento:

«Sostituire il primo comma col seguente:

«I membri ed i discendenti della casa già regnante in Italia non possono rivestire cariche pubbliche».

Ha facoltà di svolgerlo.

Mortati. Il testo da me proposto è più estensivo di quello della Commissione, perché, mentre questo si riferisce soltanto alle cariche elettive, l'altro riferisce l'indegnità a tutte le specie di cariche o uffici pubblici. Altrimenti si potrebbe verificare l'ipotesi che un membro della Casa ex regnante possa essere, ad esempio, nominato ministro o sottosegretario della Repubblica e non, poniamo, consigliere comunale.

Il mio emendamento tende inoltre ad ovviare ad un'altra deficienza della formulazione del progetto, sostituendo il singolare al plurale, e perciò dicendo Casa già regnante invece di Case già regnanti. Sembrerebbe, infatti, se si mantenesse al plurale che si volessero comprendere anche come indegni i membri delle antiche case, che abbiano dominato in passato in qualche parte d'Italia, quali i Malatesta o i Duchi d'Urbino, ecc., il che manifestamente è contrario alle nostre intenzioni. La Costituzione deve proporsi obiettivi concreti, e risolvere problemi politici, non inseguire fantasmi, e il fare riferimento alle antiche case, (non mai considerate neppure al momento della formazione dell'unità nazionale, che determinò la fine di alcune di esse) apparterrebbe a quest'ultimo ordine di esercitazioni.

Clerici. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Clerici. Onorevoli colleghi, io non ho presentato un emendamento, ma aderisco formalmente a quello dell'onorevole Mortati, e, più che una dichiarazione di voto, che avrei diritto di fare, è una domanda di chiarimento che mi permetto di rivolgere a chi, con tanta autorità, rappresenta la Commissione dei Settantacinque: che cosa si vuol dire con l'espressione «discendenti delle case già regnanti in Italia?» Non c'è pericolo di usare un'espressione da una parte equivoca, dall'altra vuota?

O infatti si vuole intendere i membri di Casa Savoia, e ciò allora riveste un significato politico col quale pienamente concordo; o si vuole invece — e questo mi sembra inammissibile — alludere indiscriminatamente ai discendenti di tutte le case che hanno regnato in Italia, e allora...

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. È giusto: se no si risalirebbe fino ad Arduino d'Ivrea...

Clerici. ...e allora si potrebbe anche voler alludere ai Conti Sforza di Milano e ne conseguirebbe che anche il nostro collega Conte Sforza potrebbe ricadere nel disposto di questo nostro articolo (Si ride).

È evidente dunque che si tratta di una espressione equivoca, la quale potrebbe dar luogo a ricerche storiche, esperite nell'intento di recar danno a questo o a quello.

Ma io considero anche equivoca la stessa parola «discendenti», perché — ove non si addivenga ad una migliore precisazione — si potrebbe voler anche intendere di colpire colui o colei che abbia nella sua famiglia una ava o una bisava di famiglia regnante sia pure di secoli e secoli addietro, una Sforza, una Bentivoglio, un Gonzaga e via dicendo.

È evidente quindi che la frase reclama una precisazione ed io mi auguro che il Presidente della Commissione dei Settantacinque vorrà accedere alla proposta dell'onorevole Mortati, così da conferire a questo articolo un più esatto significato storico, giuridico, politico.

Presidente Terracini. Invito l'onorevole Ruini a esprimere il parere della Commissione.

Ruini, Presidente della Commissione per la Costituzione. L'emendamento presentato dall'onorevole Mortati riguarda in sostanza due punti. Il primo è che, mentre il testo dice «non sono elettori né eleggibili a cariche pubbliche», l'onorevole Mortati vorrebbe dire invece «non possono rivestire cariche pubbliche». Sembra a me che si debba mettere l'una e l'altra cosa: sottolineare l'elementi dell'eleggibilità e parlare degli altri uffici. E cioè: «non possono ricoprire cariche elettive e uffici pubblici».

Anche il secondo punto dell'emendamento Mortati mi sembra giusto, perché, lasciando il testo attuale, si potrebbe anche risalire alle più antiche dinastie italiche, completamente innocue ed in gran parte dimenticate. Quella che bisogna considerare è la dinastia e la casa Savoia.

Vi sono, per quanto riguarda questo articolo, altri punti, ai quali si deve porre attenzione. Nel testo originario si diceva che «i membri di casa Savoia non possono soggiornare nel territorio della Repubblica italiana». A questo riguardo è stato in seguito presentato un disegno di legge, che venne discusso nella Commissione dei Settantacinque, e tutte le correnti politiche furono d'accordo in alcune precisazioni e limitazioni. Ho pregato l'onorevole Fabbri, presidente della Sottocommissione che riferì ai Settantacinque, di rendere conto di tali modifiche. Così avremo tutti gli elementi per decidere.

Fabbri. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Fabbri. Per la benevolenza dei colleghi che componevano la Commissione, io fui appunto chiamato alla presidenza della Commissione stessa; e allora avemmo occasione di esaminare i due problemi: quello relativo al soggiorno e quello relativo alle cautele da prendersi in ordine ad un'eventuale confisca dei beni di Casa Savoia.

I lavori si svolsero con la più completa serenità, senza, naturalmente, alcun intralcio e alcuna difficoltà pretestuosa da parte mia, che mi rendevo conto di quelle che erano le esigenze politiche della nuova situazione. E quindi si addivenne a delle formulazioni che per conto mio furono completamente accettate e risultarono pacifiche per quello che concerneva il punto del soggiorno; restammo, invece, in dissidio, e naturalmente anche in minoranza il sottoscritto, relativamente alla parte del disegno di legge relativa all'eventuale confisca dei beni di Casa Savoia, parendo a me che non concorresse nessuna ragione, né di ordine morale, né di ordine giuridico per questa confisca, e quindi cadesse in pieno il provvedimento proposto che si profilava come seria misura di ordine cautelativo; in sostanza, una specie di sequestro.

Siccome poi da allora è passato molto tempo, non per ostruzionismo da parte della Commissione, perché il disegno di legge fu portato davanti all'Assemblea, e soltanto lo svolgimento dei lavori parlamentari non ne ha ancora permesso la discussione, così è accaduto che a quella eventuale misura di carattere cautelativo si sovrappone oggi la discussione in ordine alla norma di merito; e quindi il provvedimento di misure cautelative è superato dagli avvenimenti. Infatti, ove questa Assemblea decidesse la confisca, è chiaro il superamento.

Ove poi — come mi auguro — l'Assemblea decida per la non confisca, è ancor più chiaro che non ha più nessunissima ragione d'essere il provvedimento cautelativo.

Premesso ciò, e senza volere adesso esaurire quella che è la materia dell'articolo successivo delle disposizioni transitorie, mi riferisco all'argomento relativo al soggiorno.

Noi vedemmo che quella genericità dell'espressione che è contenuta nelle disposizioni transitorie non era corrispondente alla realtà delle cose e alle esigenze politiche che potevano essere prese in considerazione, e quindi redigemmo la norma che risultò approvata, in sostanza, potrei dire, all'unanimità, in questi termini, che io raccomando all'Assemblea, direi così, in qualità di Presidente di quella Commissione, che esaminò il disegno di legge al quale mi riferisco:

«Agli ex-re di Casa Savoia, loro consorti e loro discendenti maschi sono vietati l'ingresso e il soggiorno nel territorio della Repubblica».

Con questa dicitura vi è una notevole precisazione di quello che sono le persone fisiche a cui risulta vietato l'ingresso e il soggiorno. C'è una precisazione in ordine anche alle regine; e si è ritenuto che l'andare oltre e uscire da questa identificazione potesse avere un carattere persecutorio ed esulante da quelle ragioni di natura politica che in un cambiamento di regime possono giustificare il divieto di soggiorno per i sovrani e le loro consorti nel territorio dello Stato.

Questa, quindi, è la formulazione che mi permetto di proporre, perché a questo sono stato invitato dagli stessi componenti del Comitato dei Diciotto, a comunicare cioè che questo è il testo che il Comitato dei Diciotto fa proprio e raccomanda a questa Assemblea.

Conti. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Conti. Onorevoli colleghi, io prendo la parola unicamente perché da parte monarchica si è voluto parlare su questo tema delicato. Non l'avrei presa mai per infierire (non infierirò neanche in questo momento) contro il cessato regime e contro la ex casa regnante.

Avrei preferito che l'onorevole Condorelli non avesse parlato, che avesse pensato che fra la generosità e la mancanza del senso della responsabilità c'è una grande differenza. Noi possiamo essere generosi, ma non possiamo dimenticare che abbiamo gravi responsabilità verso il Paese! Generosi sono stati in Italia tutti i partiti repubblicani, fino al punto di non chiedere che i Savoia fossero processati; generosi fino al punto di aver lasciato tranquilli i monarchici italiani nella loro propaganda e nella loro azione piuttosto complessa — dirò così — per la monarchia; generosi sempre saremo verso i nostri avversari monarchici. La Repubblica non teme nulla, è generosa e magnanima, anche perché, se è vero che 10 milioni di italiani votarono per la monarchia, noi abbiamo la certezza che quei 10 milioni sono oggi ridotti a ben modesta misura: Abbiamo la certezza che il popolo italiano sente la Repubblica, ne intende i benefici, l'ama, l'amerà sempre di più: se si osasse di attaccarla, il popolo italiano la saprebbe difendere in ogni modo!

Ma il problema è pratico, onorevoli colleghi; non è né giuridico, né morale, né procedurale. Lo dico specialmente all'onorevole Fabbri. È un problema politico ed è un problema di carattere essenzialmente pratico.

Esclusione dei Savoia dal territorio nazionale, dei maschi e delle femmine.

È la cosa più naturale di questo mondo, onorevoli colleghi! Volete tenere il nemico in casa? I Savoia non possono essere amici della Repubblica. La Repubblica non può essere amica dei Savoia. Se i Savoia vivessero in Italia, essi sarebbero cospiratori contro la Repubblica. Non sono esistiti re così generosi fino al punto da lasciare tranquilli gli Stati che dovettero abbandonare. Ricordiamo i regimi passati: i re borboni organizzarono il brigantaggio, la regina di Borbone era in rapporti diretti con i capi briganti!

Noi sappiamo bene che cosa sarebbe avvenuto in Italia se uno dei Savoia fosse rimasto qui: avrebbe organizzato molte e dolorose vicende per il popolo italiano. Sappiamo quello di cui furono capaci i Savoia prima del referendum. Noi abbiamo la documentazione dell'ingaggio di giovani per azioni armate da briganti sull'Appennino italiano. Noi abbiamo le prove che erano stati ingaggiati giovani per simulare atti di brigantaggio affinché il popolo italiano si impressionasse per fantastiche difficoltà nel trapasso del regime. Figuriamoci che cosa sarebbe avvenuto se i Savoia maschi e femmine fossero rimasti in Italia dopo la proclamazione della Repubblica!

L'onorevole Fabbri, fortissimo avversario, carissimo amico personale, l'onorevole Fabbri ignora, ignorano gli italiani che Maria Jesé, la moglie di Umberto, è una donna di grandissimo ardore combattivo, una donna di sentimenti reazionari profondi? Nessuno ignora in Italia che è stata il tramite fra Vittorio Emanuele ed Hitler, che ha cercato di lottare in tutti i modi e con tutte le risorse del genio femminile contro gli italiani che lottavano per la loro liberazione. L'onorevole Fabbri non può ignorare ciò che tutti sanno. (Interruzione a destra).

Ebbene, onorevoli colleghi, non facendo astrazioni, non andando sulle nuvole, dovendosi discutere un problema pratico di carattere strettamente esclusivamente politico, io dico: è proprio l'ingresso di Maria José necessario nel nostro Paese? Io temo che vivendo nella vicina Svizzera essa sia già un grosso pericolo per le istituzioni italiane, perché quella donna è una organizzatrice formidabile di azioni reazionarie. È insomma, una donna che deve essere tenuta lontana dal nostro Paese.

Vedete: io parlo con linguaggio pratico e positivo; non mi perdo nelle nuvole come l'amico Condorelli, che ama le divagazioni e le digressioni filosofiche e giuridiche.

Io dico dunque che non è possibile su questo primo punto consentire con i colleghi dell'altra parte della Camera.

Avocazione dei beni. Onorevoli colleghi, noi non siamo ingenui! Intanto si deve osservare una cosa molto dolorosa. Io sapevo già dal periodo che precedette il referendum come la ex regina Elena sfaccendasse da mattina a sera per mettere in serbo e in salvo tutto il tesoro di Casa Savoia. Questo avvenne fin dal periodo della presenza dei tedeschi in Italia; certe grotte di Villa Savoia erano piene zeppe di valori enormi che sono poi spariti. Si tratta di ricchezze rubate all'Italia: quelle ricchezze dovevano rimanere nel nostro Paese.

Dico, dunque, che siamo già sconfitti su questo punto. Tanti beni, tutti i beni mobili di grande valore sono partiti. Molti italiani hanno notizia della vendita di quadri, della vendita di arazzi, della vendita di argenterie. Io so di argentieri romani che hanno comprato quantità grandi di argenteria dai Savoia: oro, gemme preziose; tante cose sono partite per l'estero.

Benedettini. Sa tutto lei.

Conti. Lo so io.

Chiostergi. Lo posso testimoniare anch'io, che ero in Svizzera.

Conti. Ora, rimangono, beni immobili. Se dovessimo fare la storia dei beni immobiliari di casa Savoia dovremmo risalire a un gesto di Vittorio Emanuele nel 1919, quando, simulando generosità, cedette allo Stato una grande quantità di beni immobili. Li cedette perché la manutenzione costava troppo. Adesso lo Stato prenderà beni immobili che costeranno allo Stato per la manutenzione notevolissime somme, se lo Stato non provvederà, come provvide quando al demanio passarono i beni dei regimi passati.

Si potrà procedere a vendite le quali saranno utilissime per i bisogni della Nazione. Ma sarebbe ingenuo, dicevo, accogliere l'istanza che viene dai difensori di Casa Savoia. Ma siamo ingenui, davvero, e fino al punto di lasciare ai Savoia ricchezze con le quali continueranno ad alimentare molti loro sostenitori! Noi speriamo che finalmente cessi in Italia la fungaia dei giornali e delle stampe numerose destinate a propaganda monarchica accanita. Sappiamo bene che la propaganda monarchica è fatta anche coi denari di banche, e di organizzazioni che vorrebbero riportare l'Italia sul terreno della guerra civile, ma sappiamo anche quanto concorso finanziario danno i Savoia, ad onta della tradizionale ben conosciuta avarizia di quei signori. Sappiamo che denari sono spesi largamente per sovvenzionare la propaganda giornalistica e libraria nel nostro Paese. Parliamo dunque seriamente della questione che è davanti al nostro giudizio: colleghi monarchici, e dateci una prova. Ve la chiedo con tutta l'anima e con tutta franchezza. Dateci la prova che avete veramente disarmato, che vorrete nutrire, che nutrirete nel vostro spirito l'idealità monarchica, se l'aspirazione monarchica può considerarsi idealità, che resterete monarchici fedeli, ma non difendete né i beni né le cose di Casa Savoia, perché voi fate sospettare della vostra lealtà.

Fabbri. È troppo comodo!...

Conti. Lasciate i Savoia al loro destino. Combattete per le vostre idee e noi vi saremo avversari leali. Se vi trovaste di fronte a chi volesse impedirvi di parlare o di svolgere l'opera vostra, sarei il primo a difendere la vostra causa. Ma non usate con noi argomenti sentimentali.

Amici democristiani, avete ascoltato l'appello sentimentale dell'onorevole Condorelli. Fatemi dire una parola sincera anche a voi. V'è il sospetto in tanti italiani che voi non siate leali si pensa che voi siete repubblicani, ma non così forti fino a resistere se la monarchia tornasse. Si pensa che vi adattereste!... (Proteste al centro).

Non lo penso io, lo pensano molti. Date la prova, onorevoli colleghi democristiani che siete come io credo che siate, leali profondamente verso la Repubblica. Non accettate l'invito dell'onorevole Condorelli: tradireste la vostra causa...

Mazza. Accettate quello dell'onorevole Conti!...

Conti. ...tradireste la causa della democrazia nel nostro Paese. Pensate, onorevoli colleghi democristiani, quello che sarebbe stato del nostro povero Paese, se invece della Repubblica avesse trionfato la monarchia. Pensate alla situazione greca. Sì, signori grave e preoccupante è oggi la lotta politica e sociale. Io non mi illudo. Tanti saranno i contrasti e gli scontri. È fatale. Ma non vi saranno conseguenze dolorose. La discussione, la libera discussione, nei contrasti senza violenza, tra i contrasti liberamente affrontati con onestà di intenti, porterà il Paese al superamento di tutte le difficoltà. Fu il De Tocqueville a dire che la libertà nasce in mezzo alle tempeste, che essa si stabilisce penosamente in mezzo alle discordie civili, e non dà frutti se non quando diventa vecchia. I giovani, vivono oggi tra le sventure e la discordia ma tra esse la libertà e la democrazia si consolidano. Nella giovinezza dall'istituzione che abbiamo creata avremo tante delusioni e tanti dolori. Ma voi monarchici non promuovete la guerra civile per le pretese dei regnanti che sono scomparsi. Siate buoni italiani! E voi democratici cristiani, che avete tanta forza, aiutate la Repubblica; aiutatela, fatela forte. Sarà il trionfo della democrazia; sarà il trionfo del lavoro. Una Italia nuova adoreremo domani, con il nostro cuore che palpita pieno di amore per il popolo italiano. (Applausi a sinistra).

Coppa. Chiedo di parlare

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Coppa. Prendo la parola per rettificare una affermazione dell'onorevole Conti circa i rapporti di Maria José con Hitler. (Interruzioni e proteste a sinistra). Devo precisare un dato di fatto che mi risulta personalmente, e precisamente: in occasione della visita fatta da Hitler in Italia, a Napoli Maria José non ha mai rivolto una sola parola ad Hitler. (Interruzioni a sinistra Commenti).

Maria José non ha mai dimenticato che la Germania aveva martirizzato il Belgio; e quindi non è preciso — direi, non è onesto — affermare quanto l'onorevole Conti ha detto.

Una voce a sinistra. Era testimone?

Coppa. Infatti ero testimone.

In quanto alla lealtà nostra verso la Repubblica, non è in base a questo articolo di legge che voi potete metterla alla prova. Noi vi garantiamo tutta la nostra lealtà ad un solo patto: che voi ci garantiate che questa Repubblica non diventerà mai una Repubblica sovietica. (Interruzioni e rumori alla estrema sinistra).

Merlin Angelina. Speriamo che non diventi una repubblica stellata.

Covelli. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Covelli. Neppure io avrei preso la parola, se l'onorevole Conti non avesse voluto, nella sua immensa buonafede, accennare a delle inesattezze così grossolane il cui giudizio rimetto all'Assemblea.

Certo è che altri uomini qui dentro molto più autorevoli di me (e non so se più autorevoli dell'onorevole Conti) a proposito di contatti o di mediazioni, avrebbero dovuto sentire il dovere di comunicare a chi ancora non lo sapesse che se una sola volta la Regina d'Italia Maria José assunse il compito di mostrarsi quella che era — democratica — questi contatti furono presi con il Comitato di Liberazione Nazionale.

Non è qui il luogo per le disposizioni di carattere storico, di carattere morale, di carattere politico, a carico o a favore della monarchia dei Savoia.

Noi monarchici, la cui lealtà non potete, non dovete mettere in dubbio, in virtù dell'azione che noi svolgiamo, e che intendiamo svolgere, avremmo voluto qui, in un momento di certa solennità per noi, ma di maggiore solennità per voi, che aveste prevenuto l'affermazione un po' imprudente dell'onorevole Conti, in relazione a talune citazioni. È vero che le repubbliche si consolidano nelle sventure, è vero che le libertà nascono nelle sventure; ma è altrettanto vero, onorevole Conti, che non si può garantire la vita di una Repubblica, quando questa nascesse dalle sventure e soprattutto dalla animosità consapevole, che larga parte, nel caso specifico, del popolo italiano, non potrebbe non avere oggi in conseguenza dell'atto, che state per compiere; noi volevamo non una lezione di storia, quindi non una lezione politica; volevamo dai repubblicani onesti una lezione di umanità, signori colleghi: volevamo, cioè, che prima di tutto si pensasse che, in virtù di un giudizio politico, non si colpisce Umberto di Savoia e Vittorio Emanuele III, ma si colpiscono quattro bambini. (Interruzioni a sinistra).

Schiavetti. Ve ne sono a milioni in miseria, per colpa dei Savoia.

Covelli. Noi volevamo che si tenesse presente — è un motivo che ho avuto il piacere di ricordare altra volta, e sul quale passa fugacemente l'onorevole Conti — che, a volere restare ai dati dell'onorevole Romita, 10 milioni e più di italiani hanno votato per la monarchia.

Romita. Sono dati esatti.

Covelli. Il voto che state per dare potrebbe essere una dichiarazione di onestà politica e di pacificazione nei confronti di questi milioni di italiani che hanno votato inscindibilmente per l'istituto della monarchia, ma potrebbe anche essere un'offesa gravissima, che la Repubblica italiana, nel momento in cui conclude i lavori della sua Costituzione, fa a quei milioni di italiani che, creda a me, onorevole Conti, potrebbero essere più di quelli che hanno votato per la monarchia il 2 giugno.

Certo è che il popolo italiano non si affida tanto a noi, rimasti sparuti per circostanze varie, che fanno parte del merito politico, ma guarda a voi, mallevadori e fondatori della Repubblica, perché sappiate dare a loro, agli italiani, con questo gesto, una prova certa, decisa che non si manomette la libertà, che non si manomette il diritto, che, soprattutto, la Repubblica nasce nella generosità e non nella sventura; (Interruzione del deputato Pajetta Giancarlo); nasce soprattutto in un senso solo: quello di poter abbracciare, se lo meriteranno, tutti gli italiani in un empito unico di patriottismo, per cui sapranno gridare tutti, insieme a voi: Viva l'Italia! (Applausi a destra).

Gullo Fausto. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Gullo Fausto. Consentitemi, onorevoli colleghi, che io dica che se c'è da fare un'amara constatazione in questo momento è che la Repubblica italiana, la nuova Repubblica italiana indugi tanto ad adottare un provvedimento così giusto e così politicamente opportuno qual è il divieto di soggiorno ai membri di casa Savoia in Italia. (Approvazioni a sinistra). Non indugiò tanto Vittorio Emanuele III ad abbandonare il suolo della Patria (Vivi applausi a sinistra) e ad abbandonare l'Italia e gli italiani all'orrore di una tragedia che egli stesso aveva determinato! Non parole di pietà, che sono fuori di posto, onorevole Covelli: non è degna di pietà una dinastia che conta nelle sue pagine la vergogna di aver fatto morire in esilio Giuseppe Mazzini, il creatore dell'unità d'Italia (Rumori a destra Interruzione del deputato Russo Perez).

Una dinastia che si è resa complice del fascismo e che...

Condorelli. ...ha fatto l'unità d'Italia!

Gullo Fausto. ...insieme col fascismo ha precipitato in un abisso senza nome la Patria italiana.

Richiedono questo provvedimento, politicamente opportuno prima di tutto, ma anche intrinsecamente giusto, tutte le innumeri vittime del fascismo e della monarchia; richiedono questo tutti i sacrifici ed i dolori, che tanti italiani hanno affrontato durante il fascismo e durante la monarchia. Chiedono questo i sacrifici ed i martiri dei partigiani d'Italia. (Vivissimi applausi a sinistra e al centro).

Voci a sinistra. Viva i partigiani!

Geuna. Viva anche i partigiani monarchici! (Vivi applausi a destra).

Gullo Fausto. Chiedono questo l'eroismo e il sacrificio dei partigiani d'Italia, che di fronte alla monarchia, che aveva umiliato la Patria, salvarono la dignità e l'onore del nostro Paese. (Applausi a sinistra). Noi votiamo, signor Presidente, onorevoli colleghi, questo articolo della Costituzione perché, ripeto, esso è imposto innanzitutto da una chiara ed evidente opportunità politica. Noi siamo qui un'Assemblea politica che giudica politicamente. Dovremmo negare tante e tante esperienze storiche, dovremmo negare, per esempio, e dimenticare ciò che fecero i Borboni qui in Roma nello Stato Pontificio dal 1860 al 1870? Dovremmo dimenticare tutto ciò che accadde in Francia, per aver inopportunamente consentito ai discendenti delle dinastie francesi di soggiornare nel territorio della Nazione? È semplicemente stolto richiamarsi a motivi di pietà, del resto così intrinsecamente fuori posto. Ma se anche questa evidente opportunità politica non esistesse (ed esiste invece e deve indurci senz'altro a votare il divieto di soggiorno) io ripeto che è una esigenza sovrana di giustizia che deve indurci a votare la disposizione ed a gridare alto e forte che nella Repubblica italiana non ci può essere diritto di cittadinanza per i membri di casa Savoia. (Applausi a sinistra).

Presidente Terracini. Poiché la discussione si è spostata anche sulla terza delle norme finali e transitorie, passiamo allo svolgimento degli emendamenti a questa relativi.

Detta norma, nel testo del progetto, è del seguente tenore:

«La legge dispone l'avocazione allo Stato dei beni di casa Savoia».

L'onorevole Marinaro ha presentato il seguente emendamento sostitutivo:

«Ogni decisione sui beni di casa Savoia è rinviata ad una legge del Parlamento».

Ha facoltà di svolgerlo.

Marinaro. Onorevoli colleghi, non ho proposto la soppressione dell'articolo 2 e dichiaro anzi che voterò per il principio affermato nell'articolo 2. Io penso che l'esilio sia la nemesi di tutte le dinastie. Le dinastie che cadono o che vengono abbattute comunque, sono destinate a battere la via dell'esilio. D'altra parte, mi sembra superfluo quanto è stato stabilito nell'articolo 2 poiché penso che nessuno dei Savoia si sogni di tornare in Italia. (Commenti a sinistra). È una mia opinione personale.

Io invece ho fatto una proposta sostitutiva della disposizione contenuta nell'articolo 3, e questa mia proposta è basata su motivi di carattere giuridico e su considerazioni di ordine politico.

Motivi di carattere giuridico: la norma è qualificata transitoria. Ora, io ho l'onore di parlare ad una Assemblea composta in gran parte di giuristi e di avvocati. Non è possibile, secondo me, concepire una disposizione transitoria, senza un riferimento ad una norma generale di diritto. Ora, non vedo la norma generale di diritto che possa dare luogo ad una disposizione transitoria del genere.

Togliatti. La proclamazione della Repubblica.

Marinaro. Disposizioni transitorie squisitamente tali sono le V, VI, VII, VIII, e IX, ma non la norma di cui ci stiamo occupando. Comunque, transitoria o non transitoria, è indubbio che la materia contemplata dall'articolo 3 è materia di competenza squisitamente, tipicamente legislativa e non costituente. Non solo, ma quando l'Assemblea Costituente affermasse una disposizione di quel genere con cui virtualmente dispone la avocazione allo Stato dei beni dei Savoia, evidentemente, signor Presidente ed onorevoli colleghi, ha già emanato una norma di carattere dispositivo; di guisa che al nuovo Parlamento, alla legge, non resterebbe altro che emanare le norme di attuazione della norma dispositiva. Io credo che questo l'Assemblea non possa fare senza invadere la competenza e la potestà del nuovo Parlamento; ragione per cui io ritengo che questa materia, senza essere affatto pregiudicata, debba essere rinviata, per queste modeste considerazioni di ordine giuridico che ho avuto l'onore di prospettare, al nuovo Parlamento.

Va da sé, signor Presidente e onorevoli colleghi che, ove l'Assemblea accettasse questa mia proposta, verrebbe messa in discussione e passerebbe all'approvazione il noto disegno di legge che contiene tutte le garanzie per evitare la alienazione dei beni degli ex regnanti d'Italia; ma, dicevo, che anche considerazioni di ordine politico mi hanno mosso a formulare questa proposta: io penso che un regime di democrazia, un regime di sana, di vera democrazia, ha il diritto di vedere osservate lealmente dalla minoranza tutte le sue decisioni, e la minoranza ha il dover di rispettare lealmente le decisioni della maggioranza. Ma ritengo altresì che questo non debba essere il solo ideale di una democrazia; io penso che vi debba essere un altro ideale, ben più alto, quale è quello di ottenere che la maggioranza abbia la collaborazione e la cooperazione volenterosa della minoranza.

Ora, onorevoli colleghi, sono sicuro che nessuno di voi è convinto che in questa questione, che in questa misera questione economica, ci possa essere una intenzione di ottenere la collaborazione della minoranza da parte della maggioranza. Tanto più, onorevole Conti, quando si pensi che questa misera questione economica è in contrasto con un gesto che il sovrano ha fatto recentemente, quale è quello di donare allo Stato la sua famosa collezione di monete antiche, che tutti hanno valutato ad oltre due miliardi, somma indubbiamente assai superiore a quello che può essere il valore degli immobili della ex Casa Savoia. (Si ride all'estrema sinistra Interruzione del deputato Russo Perez).

Non è cosa da prendere a scherzo, trattandosi di somma veramente cospicua. Quindi, io dicevo che, se una mira deve avere una maggioranza democratica, essa deve essere quella di ottenere la generosa collaborazione della minoranza ed io vi dico che noi abbiamo accettato lealmente le nuove istituzioni dello Stato ed intendiamo cooperare con voi per il bene comune, per il trionfo di queste nuove istituzioni; ma voi non dovete offendere il sentimento di una minoranza, quale che sia, cioè sia essa di undici milioni, di dieci, di due o di uno, ma dovete dare la sensazione che non intendete ferire i sentimenti di questa minoranza, la quale vuole evitare, con la mia proposta, di consacrare in un atto solenne, quale è la Carta Costituzionale, una struttura a mio giudizio anti-giuridica, vuole sotto l'impero delle nuove istituzioni, collaborare con la maggioranza repubblicana. (Applausi a destra).

[...]

Presidente Terracini. L'onorevole Geuna ha proposto di sopprimere la terza disposizione transitoria.

Ha facoltà di svolgere l'emendamento.

Geuna. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, desidero affermare che intendo parlare con tutta la serenità possibile del mio animo e chiedo alla cortesia degli onorevoli colleghi di accettare questa mia testimonianza di abbandono di ogni idea di parte, unicamente in funzione del compito di deputati, affinché la nostra espressione corrisponda alla coscienza e alla volontà del Paese, che qui rappresentiamo.

Per questa ragione ho chiesto la soppressione dell'articolo terzo delle norme transitorie, che riguarda l'avocazione allo Stato dei beni di Casa Savoia.

E rifacendomi ad una espressione dell'onorevole Gullo, vorrei dire che non ritengo di impostare la mia esposizione sulla intenzione di chiedere pietà a nome di Casa Savoia. Io chiedo agli onorevoli colleghi, anche avversari, anzi avversari e dissenzienti dalla mia ideologia, di considerare una questione di giustizia. Altrimenti si stabilirebbe, con questo giudizio, il principio che anche in un domani, qualunque contendente in una valutazione politica quale quella del referendum e nella quale anche la parte avversaria, la parte repubblicana, per il solo fatto che aveva accettato di battersi con armi democratiche e leali, come il referendum, con un avversario, portava questi al piano stesso di contendente, si stabilirebbe dico il principio che qualora un sistema o un'idea soccombano in base ad una votazione, per quella stessa votazione il loro rappresentante debba essere punito. È questo il risultato.

Se Casa Savoia — lo metto come ipotesi — avesse vinto, in quanto il concorso dei voti monarchici fosse stato superiore a quello dei vostri voti repubblicani, ecco che giuridicamente e legalmente non si sarebbe posto, in una Costituzione nuova — ove non si fosse mantenuto lo Statuto — un articolo che infliggesse al vincitore l'umiliazione e l'ingiustizia di una confisca dei beni. (Rumori a sinistra — Interruzione del deputato Pastore Raffaele).

Mentre un'ingiustizia costringerebbe quella parte a rendersi passibile di reazione a questa imposizione.

E vi dirò un altro aspetto della questione, più contingente, che non ha alcun rapporto con la difesa di interessi anche giusti e sacrosanti che riflettono il diritto di proprietà privata di una Casa che ha perso in una votazione politica, ma tocca anche i diritti di altri liberi cittadini in quanto nel testo di legge che doveva essere discusso recentemente e che per circostanze materiali inerenti ai nostri lavori non poté ancora vedere questo risultato, è appunto accennato alla possibilità di far sì che anche quei beni che erano stati passati dal 2 giugno 1946 con atto di vendita ad altri privati potessero essere passibili di confisca con azione retroattiva, e quindi in odio a qualunque norma di diritto.

Orbene se passasse questo provvedimento che lascia alla futura norma legislativa la possibilità di decidere se sarà opportuna o meno questa azione nei confronti dei nuovi acquirenti, compiremmo un'azione ingiusta verso gente il cui acquisto (parlo per quanto concerne la tenuta di Racconigi e di Pollenzo) di zone marginali boschive di quelle tenute, ha consentito di poter continuare, mentre il re si allontanava, l'assistenza di asili infantili e di scuole popolari alle quali lo Stato o non aveva potuto, o non era in grado di pensare. Non voglio incolpare nessuno.

In quelle regioni, per la permanenza fisica, per gli anni in cui i nostri regnanti erano stati bambini, si era sviluppato un senso di affetto così profondo che faceva sì che il regnante si svestisse della sua figura di re per provvedere alle necessità dei non abbienti, di modo che, lasciando l'Italia, dopo un referendum popolare, si può dire che non lasciava i tesori che noi oggi vorremmo carpirgli, ma proprietà di cui beneficiavano le popolazioni italiane. (Interruzione a sinistra).

Io mi permetto quindi di obiettare all'onorevole Conti, che, proprio per dimostrare quanto sia spassionato, quanto sia privo di interesse il nostro intendimento, proprio oggi che siamo pochi contro molti, proprio oggi che la nostra ideologia è battuta dal risultato del referendum, proprio oggi, noi restiamo fedeli a noi stessi e alla nostra idea.

Troppo comodo sarebbe infatti essere fedeli ai propri ideali e sostenerli quando questi salgono, per poi coprirli di ingiurie quando essi decadono. Noi sentiamo sempre questo dovere di difendere le nostre ideologie in quanto esse hanno di giusto e di grande. (Commenti a sinistra).

E debbo deplorare che in quest'Aula, da un collega di solito così cavalleresco come l'onorevole Conti, siano state pronunciate parole oltraggiose, calunnie e accuse non suffragate da alcuna prova nei confronti di quella che — se egli non vuole chiamar regina — è pur sempre una donna.

Un altro fiero repubblicano — il Carducci — almeno aveva saputo anche a colei che egli considerava nemica perché regina, rendere omaggio in quanto donna italiana! (Commenti a sinistra).

E io non posso pensare — qualora la formulazione per cui i membri di Casa Savoia non dovrebbero più avere diritto di alloggio nella patria che loro diede i natali dovesse essere da voi votata — che le ossa della principessa Mafalda — martire in un lager tedesco e ancora oggi in terra straniera — non possano un giorno tornare a riposare in Patria nel sonno eterno. (Applausi a destra — Commenti all'estrema sinistra).

Presidente Terracini. Onorevoli colleghi, di questa norma transitoria sono state ancora presentate due formulazioni rispettivamente dagli onorevoli Targetti e Macrelli.

L'onorevole Targetti ha proposto il seguente testo:

«I beni degli ex re di casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi esistenti nel territorio nazionale sono avocati allo Stato.

«Sono nulli i trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni stessi avvenuti dopo il 2 giugno 1946».

L'onorevole Macrelli ha proposto la seguente formulazione:

«I beni degli ex re di casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti, esistenti nel territorio della Repubblica, sono avocati allo Stato».

Onorevoli colleghi, dobbiamo ora passare alla votazione della seconda disposizione transitoria.

Chiedo all'onorevole Mortati se mantiene il suo emendamento alla seconda disposizione transitoria o se aderisce al testo accettato dal Comitato di redazione.

Mortati. Aderisco alla formula del Comitato.

Moro. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Moro. Dichiaro che voterò in favore del testo accettato dal Comitato, trattandosi di misure di sicurezza in relazione all'articolo 131, già votato, tendente ad affermare la definitività della forma repubblicana dello Stato italiano.

Presidente Terracini. Passiamo alla votazione della formulazione accettata dal Comitato di redazione:

«I membri e discendenti della Casa Savoia non possono ricoprire cariche elettive e uffici pubblici.

«Agli ex-re di Casa Savoia, alle loro consorti e loro discendenti maschi sono vietati l'ingresso e il soggiorno nel territorio della Repubblica».

De Martino. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

De Martino. Qualche altra volta ho preso la parola per richiamare l'attenzione degli onorevoli colleghi sulle norme che noi di sovente facciamo provvisorie.

Qui si parla di discendenti di Casa Savoia. Sta bene; ma fino a quale generazione? (Commenti a sinistra).

Presidente Terracini. Onorevole De Martino, questa non è una norma provvisoria; è una norma transitoria.

De Martino. Sì, signor Presidente, ho capito; ma io domando agli onorevoli colleghi se essi hanno l'idea che questa nostra Costituzione possa durare dei secoli, cosa che ci auguriamo tutti... (Commenti Interruzioni a sinistra).

Presidente Terracini. Onorevole De Martino, se lei ha qualche proposta da fare, la formuli.

De Martino. Propongo che l'inibizione a soggiornare nel territorio della Repubblica sia limitata ai soli discendenti maschi dei Savoia e sino alla terza generazione. (Rumori a sinistra).

Chiostergi. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Chiostergi. Propongo di sopprimere al secondo comma la parola «maschi».

Fabbri. Chiedo di parlare.

Presidente Terracini. Ne ha facoltà.

Fabbri. Credo di potere interpretare anche il pensiero della Commissione dal momento che ero stato poco fa incaricato di illustrare la dicitura dell'articolo formulato nel disegno di legge. In Commissione si è tenuto presente che vi sono delle discendenti di sesso femminile che sono divenute mogli modestissime, borghesi, di cittadini italiani e non si sa perché, senza che vi sia stata mai la più lontana occasione, né prossima né remota, che abbia determinato una qualsiasi insofferenza in individui avversi alla monarchia circa la loro presenza e la loro vita in Italia, queste signore dovrebbero essere inopinatamente colpite da un provvedimento di esilio insieme alle loro famiglie (se non supponiamo dei divorzi o delle separazioni coniugali di fatto complete) per dei fatti per cui non ricorre nessuna delle considerazioni di ordine politico che mi hanno fatto considerare difendibile e anche opportuno quel testo che io ho modestamente illustrato e difeso.

Presidente Terracini. Pongo in votazione il primo comma della formulazione del Comitato:

«I membri e discendenti della Casa Savoia non possono ricoprire cariche elettive e uffici pubblici».

(È approvato).

Pongo in votazione le parole del secondo comma:

«Agli ex re di casa Savoia, alle loro consorti»;

(Sono approvate).

«e loro discendenti»;

(Sono approvate).

«maschi»;

(Dopo prova e controprova, e votazione per divisione, è approvata).

Pongo in votazione la proposta aggiuntiva De Martino:

«fino alla terza generazione».

(Non è approvata).

Pongo in votazione le parole:

«sono vietati l'ingresso e il soggiorno nel territorio della Repubblica».

(Sono approvate).

La seconda disposizione transitoria risulta nel suo complesso così approvata:

«I membri e discendenti della Casa Savoia non possono ricoprire cariche elettive e uffici pubblici.

«Agli ex-re di casa Savoia, alle loro consorti e loro discendenti maschi sono vietati l'ingresso e il soggiorno nel territorio della Repubblica».

Passiamo alla votazione della terza disposizione transitoria che nel testo della Commissione era del seguente tenore:

«La legge dispone l'avocazione allo Stato dei beni di Gasa Savoia».

Sono stati presentati due emendamenti sostitutivi dagli onorevoli Targetti e Macrelli.

Macrelli. Mi associo a quello dell'onorevole Targetti.

Presidente Terracini. Sta bene.

Allora pongo in votazione il testo dell'onorevole Targetti del seguente tenore:

«I beni degli ex re di casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi esistenti nel territorio nazionale sono avocati allo Stato.

«Sono nulli i trasferimenti e la costituzione di diritti reali sui beni stessi avvenuti dopo il 2 giugno 1946».

È stata chiesta la votazione a scrutinio segreto dagli onorevoli Benedettini, Lucifero, Condorelli, Marinaro, Coppa, Russo Perez, Fabbri, Perrone Capano, Castiglia, Bonino, Bencivenga, Miccolis, Rodi, Abozzi, Perugi, Di Fausto, Codacci Pisanelli ed altri.

Presidente Terracini. Dichiaro aperta la votazione segreta.

Presidenza del Vicepresidente Bosco Lucarelli

(Segue la votazione).

Presidente Bosco Lucarelli. Dichiaro chiusa la votazione segreta. Invito gli onorevoli segretari a procedere alla numerazione dei voti.

(Gli onorevoli Segretari numerano i voti).

Presidente Bosco Lucarelli. Comunico il risultato della votazione segreta sul testo dell'onorevole Targetti:

Presenti e votanti............ 359
Maggioranza.............. 180
Voti favorevoli........... 214
Voti contrari.............. 145

(L'Assemblea approva).

[Nel resoconto stenografico della seduta segue l'elenco dei deputati che hanno preso parte alla votazione.]

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti