La nascita della Costituzione

Relazioni e proposte presentate nella Commissione per la Costituzione
III Sottocommissione

 

RELAZIONE

del deputato GIUA MICHELE

SULLE

GARANZIE ECONOMICO-SOCIALI DEL DIRITTO ALL'AFFERMAZIONE DELLA PERSONALITÀ DEL CITTADINO

 

In merito al titolo suesposto la III Sottocommissione affidava al relatore il compito di stendere gli articoli della Costituzione, per quello che si riferisce all'istruzione, all'educazione, all'esercizio professionale ed alla migrazione.

Tenendo presente il criterio di dare alla Costituzione una forma sintetica per i quattro temi suesposti, sono stati elaborati sei articoli, che al relatore sembrano sufficienti per la nostra Costituzione.

ISTRUZIONE

Art. ... — L'istruzione è un bene sociale. È dovere dello Stato di organizzare l'istruzione di qualsiasi grado, in modo che tutti i capaci possano usufruire di essa. L'insegnamento elementare gratuito è obbligatorio per tutti. La frequenza delle scuole di gradi superiori è permessa ai soli capaci. All'istruzione dei ragazzi poveri, che per capacità possano frequentare le scuole di gradi superiori, lo Stato provvede con aiuti materiali.

Si è creduto necessario affermare esplicitamente nella Costituzione che l'istruzione è un bene sociale. È questa una affermazione che ha una portata più vasta di quella della concezione individualistica della cultura e che coinvolge principî ormai accettati come postulati fondamentali dai partiti di massa. Non crediamo che anche coloro i quali difendono ideali che si riattaccano alla concezione liberale della vita possano opporsi ad una tale affermazione. Già la stessa lotta contro l'analfabetismo, iniziata anche in Italia dai governi liberali, è il riconoscimento che un minimo di istruzione è necessario per ogni cittadino nell'interesse della collettività. È evidente che, riconosciuta questa necessità di interesse collettivo per un minimo di istruzione, non ci si debba fermare alla sola scuola elementare, ma si debba procedere oltre fino al riconoscimento di dare ad ogni cittadino la possibilità di raggiungere anche i gradi più elevati dell'istruzione.

Nell'articolo della Costituzione è detto che la frequenza delle scuole di gradi superiori è permessa ai soli capaci. Finora è stato possibile organizzare la frequenza delle scuole superiori in linea teorica ai capaci, ma praticamente tale frequenza è stata possibile nel più dei casi a coloro i quali erano dotati di mezzi finanziari rilevanti. E poiché alla ricchezza materiale non sempre corrisponde l'intelligenza, si è avuto come risultato che i soli ricchi hanno potuto raggiungere l'Università e, nella maggioranza dei casi, data l'organizzazione degli esami universitari, anche i non dotati di intelligenza, disponendo solo dei mezzi finanziari, si sono procurati quei titoli che aprono la via ai posti più elevati della vita professionale ed impiegatizia. Questo sistema ha condotto ad una vera inflazione della cultura, con grave danno per tutta la vita civile.

Per ovviare a questo inconveniente, che minaccia di indebolire la base della vita civile e mette in dubbio il progresso della civiltà, è necessario riorganizzare l'istruzione sui principi contenuti nell'articolo proposto all'esame della Sottocommissione, e soprattutto sul principio che per rinnovare la vita civile è necessario permettere ai soli capaci la frequenza delle scuole superiori.

Riconosciuto questo principio ne viene di logica conseguenza che spetti allo Stato il dovere di provvedere alla creazione di collegi, borse di studio, sovvenzioni personali, ecc. per permettere ai ragazzi poveri, ma capaci intellettualmente, di frequentare le scuole superiori.

Con ciò non solo si utilizza l'intelligenza nell'interesse della collettività, ma si permette di rinnovare la classe degli intellettuali secondo l'unico principio di vera giustizia sociale.

EDUCAZIONE

Art. ... — Qualora la famiglia si trovi nella impossibilità di dare un'educazione civile ai figli, è compito dello Stato di provvedere a tale educazione con istituzioni proprie.

Tale educazione si deve compiere nel rispetto della libertà del cittadino.

Questo articolo dev'essere posto in relazione con gli altri che trattano dell'istituto famigliare. Per quanto uno Stato democratico debba garantire alla famiglia le condizioni necessarie al suo libero sviluppo e proteggere i bambini a mezzo di una legislazione e di istituzioni sociali appropriate, sta di fatto che, qualora il ragazzo si trovi nella impossibilità di ricevere dalla famiglia, o per mancanza di mezzi o per deficienza dei genitori, un'educazione civile, è dovere dello Stato di provvedere in merito. La creazione di collegi di educazione, da affiancarsi a quelli per l'istruzione dei ragazzi poveri, diventa quindi una necessità di interesse collettivo.

Sui limiti e gli scopi dei collegi di educazione si può discutere a lungo; al relatore è parso necessario aggiungere all'articolo la clausola che l'educazione si deve compiere nel rispetto della libertà del cittadino. Ciò dire nell'ambito dello spirito veramente democratico che deve improntare ogni atto della Repubblica italiana. A fare diversamente si rischia di cadere nell'inconveniente di assegnare allo Stato un compito educativo che non corrisponde alla visione democratica della vita civile.

Alcune Costituzioni riconoscono allo Stato il diritto di sorvegliare l'educazione che i genitori danno ai figli, al fine del loro sviluppo fisico, intellettuale e sociale. Si ricorda a questo proposito l'articolo 120 della Costituzione di Weimar.

L'intervento dello Stato nella educazione dei figli deve essere limitato solamente a quei casi in cui i genitori si trovino, per cause particolari, nella impossibilità di provvedere direttamente a tale educazione. Comunque gli istituti di educazione statali debbono rispettare la libertà del cittadino, compiendo opera educativa solo in vista di creare coscienze atte alla vita civile.

Si prospetta anche la possibilità che il compito della creazione degli istituti di educazione possa essere assegnato ai Consigli regionali, e ciò per impedire che agli organi centrali dello Stato vengano dati poteri troppo vasti di ingerenza nel controllo della vita civile. Ciò, naturalmente, qualora venga riconosciuta la regione quale ente della vita nazionale.

ESERCIZIO PROFESSIONALE

Art. ... — Tutti i cittadini italiani, senza distinzione di sesso, sono ammessi agli impieghi pubblici in base a concorsi, senza alcuna restrizione, tranne quella della capacità. L'esercizio dell'insegnamento universitario è aperto a tutti i capaci indipendentemente da distinzioni di razza, religione, credo politico e nazionalità. L'accesso agli impieghi privati è aperto a tutti i cittadini italiani, senza distinzione di sesso.

Art. ... — Il cittadino italiano in possesso del titolo necessario ha diritto di esercitare una professione nel territorio della Repubblica. Tale diritto è tutelato dallo Stato e disciplinato dalle leggi e dai regolamenti degli ordini professionali. Lo stesso diritto compete ai cittadini di altri Paesi che stabiliscano il trattamento di reciprocità.

Nel quadro del diritto al lavoro e della tutela dei lavoratori si debbono inserire i due articoli che riguardano l'esercizio impiegatizio e quello professionale. Essi non innovano né infirmano nulla di ciò che è stata finora la prassi del reclutamento degli impiegati pubblici e privati, nonché della attività degli ordini professionali, ad eccezione del reclutamento del personale insegnante universitario.

Per gli impiegati pubblici si afferma la necessità del reclutamento in base a concorso, che finora costituisce la migliore garanzia per raggiungere lo scopo di avere impiegati capaci. Nell'articolo le donne vengono considerate alla stessa stregua degli uomini: è questa una conquista moderna, che è bene venga nettamente affermata dalla Costituzione.

L'accesso agli impieghi privati non può essere eguagliato a quello per gli impieghi pubblici, per ovvie ragioni; e così pure si è creduto di ammettere la possibilità che anche stranieri viventi legalmente nel territorio nazionale non vengano esclusi dall'impiego privato, e ciò non solo per affermare un sano principio di convivenza internazionale, ma pure per scopi utilitari.

Un criterio innovatore può apparire quello riguardante il reclutamento del personale insegnante universitario. Ma per l'Università italiana non è invero una novità, in quanto esso si affermò sin dal periodo del Rinascimento, e trovò sostenitori autorevoli, dopo l'unificazione, in Francesco De Sanctis ed in Quintino Sella, i quali rinnovarono la ricerca scientifica in Italia.

La crisi dell'Università italiana, particolarmente per quanto riguarda la ricerca sperimentale, rende necessario lasciare l'accesso all'insegnamento superiore agli uomini capaci, a qualunque nazionalità essi appartengano. Con ciò, oltre ad una possibilità di rinnovamento della scienza italiana, caduta in così basso loco nell'ultimo quarto di secolo, si afferma anche l'internazionalità della cultura, nel che risiede un principio vivificatore del progresso scientifico.

L'articolo riguardante l'esercizio professionale contempla la disciplina della libera professione in base al titolo necessario per un tale esercizio ed al riconoscimento giuridico degli ordini professionali.

Maggiori specificazioni non sono necessarie per fissare i termini del problema dell'esercizio professionale nel quadro della Costituzione.

MIGRAZIONE

Art. ... — Ogni cittadino può circolare e fissare la propria residenza o domicilio in ogni parte del territorio nazionale, salvi i limiti imposti dalla legge per motivi di sanità o di ordine pubblico.

Art. ... — La libertà di movimento del cittadino italiano all'esterno del territorio nazionale (diritto di emigrazione) non può essere limitato dallo Stato altro che per ciò che concerne la tutela del lavoro nell'interesse collettivo. Il cittadino italiano che abbandona volontariamente il territorio nazionale per ragioni di lavoro, non perde il diritto alla protezione dello Stato.

Il diritto del cittadino di fissare il suo domicilio in qualunque luogo del territorio nazionale è una conquista moderna, che non può non essere riconosciuta dalla Costituzione democratica italiana. L'articolo non contempla alcuna limitazione di sorta per il libero movimento del cittadino italiano, ed è bene che non si ponga limitazione alcuna anche per impedire che nell'ambito della regione possa inserirsi il divieto alla libera scelta del domicilio, che contrasterebbe con lo spirito unitario del popolo italiano.

Così pure nessuna limitazione si deve porre all'emigrazione, tranne quella della tutela del lavoro nell'interesse collettivo. La libertà di emigrazione è purtroppo un'affermazione che ancora per molti anni resterà inattuabile, dato lo squilibrio economico che si verifica in quasi tutti i Paesi. Inoltre la libertà di emigrazione per il cittadino italiano sarà sempre vincolata dalle leggi sull'immigrazione vigenti negli altri Paesi.

Comunque, il cittadino italiano che abbandona il territorio nazionale non perde il diritto alla protezione dello Stato, il che se costituisce una garanzia per il cittadino che emigra dà anche alla collettività un beneficio, in quanto l'emigrato conserva, nei più dei casi, rapporti economici con la madrepatria.

Su questa libertà di emigrazione e sulla tutela relativa si baserà la nuova politica di emigrazione dello Stato italiano diretta a meglio garantire il diritto al lavoro.

 

Torna all'indice delle appendici

Le discussioni sugli articoli - Home - Cerca

 

 

A cura di Fabrizio Calzaretti