[2 ottobre 1946, prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione.]

Il Presidente Tupini in relazione alle conclusioni della seduta precedente, prega i Relatori di volere dare atto alla Sottocommissione del risultato del loro lavoro.

Basso, Relatore, informa che il lavoro si concreta in tre articoli su cui i Relatori si apprestano a riferire alla Sottocommissione.

Il Presidente Tupini prega l'onorevole La Pira di voler riferire intanto sull'accordo relativo all'articolo che riguarda l'autonomia della persona umana.

La Pira, Relatore, informa che i Relatori presentano il seguente testo concordato in cui sono rispecchiate le varie esigenze manifestatesi nella discussione preliminare della seduta precedente:

«Tutte le libertà garantite dalla presente Costituzione devono essere esercitate per il perfezionamento integrale della persona umana, in armonia con le esigenze della solidarietà sociale ed in modo da permettere l'incremento del regime democratico, mediante la sempre più attiva e cosciente partecipazione di tutti alla gestione della cosa pubblica».

Il Presidente Tupini osserva che, dopo la discussione, gli stessi concetti potranno essere espressi in termini più concisi.

Lucifero dichiara di non avere capito il concetto che i Relatori intendono affermare con la loro formula.

Basso, Relatore, premesso di essere responsabile solo della frase finale della formula, spiega che nella frase iniziale: «Tutte le libertà garantite dalla presente Costituzione devono essere esercitate per il funzionamento integrale della persona umana», è contenuto il concetto fondamentale dell'articolo, che è quello di superare la concezione negativa della libertà, e di dare con questa formulazione un contenuto positivo alla libertà.

Lucifero osserva che ogni articolo di Costituzione dovrà tradursi in pratica, e di questo appunto egli si preoccupa. Si domanda chi deciderà se un determinato esercizio di una determinata libertà corrisponda o no alla «orchestrazione» fissata nell'articolo, e rileva che la disposizione può dire molto o niente, e può prestarsi ad ogni interpretazione da parte di chi ha il potere esecutivo.

Cevolotto osserva che la formula, oltre ad essere ridondante, è anche pericolosa, e dichiara di preferire la formula più chiara e precisa proposta dall'onorevole Togliatti nella seduta precedente. In essa è detto: «Le libertà devono essere esercitate in modo da permettere l'incremento del regime democratico»; concetto giustissimo che mira ad ammettere una qualche limitazione della libertà, quando di questa libertà si abusi, ad esempio per tornare a forme di neo-fascismo pericolose per la denunzia [democrazia?]. È d'avviso però che se si mette una limitazione di questo genere alla libertà, implicitamente si autorizza quel qualunque regime o quella qualunque maggioranza che eventualmente si formasse, e che non fosse democratica, ad adottare formule simili a danno della democrazia. Vede perciò nell'articolo un'affermazione di sopraffazione della maggioranza sulla minoranza, affermazione che potrebbe essere ritorta a danno della maggioranza stessa quando divenisse, a sua volta, minoranza.

Dichiara quindi di non ritenere necessario l'articolo, anche perché la repressione del neo-fascismo può essere attuata in tanti altri modi.

Mastrojanni dichiara che l'articolo, così come è stato redatto, costituisce l'antitesi della garanzia della libertà, in quanto la forma nasconde diverse insidie.

Il Presidente Tupini osserva all'onorevole Mastrojanni che non vi possono essere intenzioni insidiose.

Mastrojanni chiarisce che egli parla oggettivamente, non soggettivamente. Ritiene che l'articolo costituisca l'antitesi della libertà, sia nella forma che nella sostanza. Nella forma, perché esordisce col dire che le libertà debbono essere esercitate. Ora, questo imperativo è già un'affermazione che contrasta con l'idea di libertà, che invece si esercita sia attraverso il concetto negativo sia attraverso quello positivo, ma che comunque deve essere una libera e completa esplicazione dell'attività umana. Il concetto al quale ci si sarebbe dovuti attenere è quello che si riferisce al motto latino: «honeste vivere, recte agere, unicuique suum tribuere».

Ora, imporre il perfezionamento integrale della personalità umana significa violare la libertà umana, perché il perfezionamento imposto si presta a qualsiasi specificazione ed a qualsiasi azione positiva o negativa che lo Stato voglia comandare ai cittadini.

Ritiene perciò che la formulazione di questo articolo offra la possibilità, a qualsiasi partito che dovesse prevalere in regime democratico, di trasformare la compagine sociale secondo tutte le finalità che, attraverso questa formula, è consentito di perseguire.

Altre considerazioni di carattere particolare si potrebbero fare per ognuna delle affermazioni inserite nell'articolo, che l'oratore pertanto respinge, sia nella sua totalità che nelle singole parti. Dichiara di ritenere contraddittorio il voler convogliare l'esercizio delle libertà secondo determinate finalità, e che per tali ragioni meglio sarebbe non fare menzione di questo articolo nella Costituzione.

Moro dichiara di non vedere in questo articolo i pericoli che sono stati riscontrati da altri oratori. Avverte che l'onorevole Dossetti e lui vorrebbero che l'articolo fosse chiarificato.

Comunque ritiene frutto di un equivoco l'aver trasportato su un piano politico la considerazione della solidarietà sociale, quasi che nell'articolo in esame si parli di una unità di carattere politico che debba prevalere sull'unità di carattere personale o individuale. Invece nell'articolo si dicono cose diverse e forse più modeste: si dice, ad esempio, che la libertà garantita in questa Costituzione non è la libertà nel senso dell'arbitrio. L'onorevole Mastrojanni ha affermato che nessun ordinamento giuridico può impegnare la persona ad un perfezionamento che essa non creda, per le sue attitudini e inclinazioni, di dover perseguire. È chiaro che i proponenti dell'articolo non vogliono imporre un perfezionamento: essi intendono affermare che la libertà non è uguale all'arbitrio, ma è un'intrinseca finalità morale che si completa sul piano della solidarietà umana. E alla solidarietà umana danno soprattutto un significato positivo, in quanto tutti i diritti sono da loro concepiti non soltanto per il bene del singolo ma anche per il bene comune, che deve essere incrementato e promosso costantemente attraverso l'esercizio della libertà individuale.

Questo articolo non è posto a caso per permettere l'arbitrio dell'esecutivo, come ha mostrato di temere l'onorevole Lucifero, ma è posto come terzo articolo nella Costituzione, subito dopo gli articoli che consacrano i diritti della persona umana e confermano il principio della solidarietà sociale. Esso chiarisce che la libertà in regime democratico è una libertà che mira non a permettere il soddisfacimento dell'arbitrio individuale, ma la pienezza dei valori della persona e la collaborazione positiva dei singoli per la realizzazione del bene comune. Quindi non è libertà di arbitrio, ma soltanto norma orientatrice che dovrà concretarsi nella legislazione.

Mancini sottolinea la chiarezza e la precisione dell'articolo e dichiara di non condividere le preoccupazioni di coloro che si oppongono a che sia inserito nella Costituzione. Ritiene invece che esso debba risaltare nella nostra Costituzione, altrimenti tutte le libertà di cui si è parlato non avrebbero un contenuto pratico.

La libertà riguardata in se stessa non ha valore, o ha valore semplicemente dal punto di vista teorico. La libertà dal punto di vista politico — e si sta preparando una Costituzione politica — deve avere una precisazione in quanto si finalizza, per usare una parola del professore La Pira. Ora l'oratore ritiene che questo articolo sia necessario, perché stabilisce i fini molto precisi della libertà. In queste finalità non si nascondono e non si possono nascondere insidie, perché la parola è molto chiara e il pensiero di chi ha scritto non può lasciare adito ad alcun sospetto.

Il contenuto dell'articolo è semplicemente il fondamento della democrazia, e di questo fondamento della democrazia si deve assolutamente dare una spiegazione nella Costituzione. Non si può tornare al «neminem laedere» del diritto romano, perché sarebbe concetto assolutamente in contrasto coi nostri tempi. La società romana era basata su un altro asse costituzionale, su altri principî. La società democratica moderna ha ben altre finalità e scopi, che sono precisati in questo articolo, e precisati maggiormente quando si riferiscono a quella che è la base della nostra Costituzione e la speranza del nostro avvenire, la esigenza cioè della solidarietà umana.

Ritiene tuttavia che potrebbero essere modificate alcune espressioni. Per esempio, dove è detto «il perfezionamento integrale» sopprimerebbe la parola «integrale» perché il perfezionamento integrale non si raggiunge mai.

Poi dove si dice «in modo da permettere l'incremento del regime democratico» alla parola «incremento» sostituirebbe la parola «sviluppo». E per ultimo, dove si dice: «la sempre più attiva e cosciente partecipazione», toglierebbe «cosciente», perché quando la partecipazione è attiva e libera è sempre cosciente.

Il Presidente Tupini domanda ai Relatori se non ritengano che il contenuto di questo articolo sia pleonastico in confronto del concetto già precisato all'inizio della Costituzione, concetto spiegato con esauriente motivazione nel primo articolo: «La presente Costituzione, al fine di assicurare l'autonomia, la libertà, e la dignità della persona umana e di promuovere ad un tempo la necessaria solidarietà sociale, economica e spirituale, riconosce e garantisce i diritti, ecc.».

Nell'articolo ora proposto, le parole sono diverse, ma il concetto è identico.

Ritiene dunque inutile ripetere, in forma meno idonea, concetti già solennemente affermati nel primo articolo della Costituzione.

De Vita si dichiara d'accordo col Presidente circa l'opportunità di abbandonare questo articolo, osservando che l'obbligo di esercitare la libertà garantita dalla Costituzione può allargarsi fino al punto di toccare il lato inferiore della personalità umana, e che la partecipazione della cosa pubblica può attuarsi in modi diversi che vanno dalla democrazia diretta sino alle forme del collettivismo.

Togliatti fa presente che, pur essendo vero che nell'articolo in esame vi sono delle analogie col primo articolo della Costituzione, vi è però anche una ispirazione diversa, e vi sono alcune cose più precise che vanno al di là di quanto detto in quel primo articolo.

Non esclude che, in sede di coordinamento, si possa trovare una formulazione unica dei due concetti. Certo, tutto il lavoro delle Sottocommissioni dovrà poi essere sottoposto alla Commissione plenaria; ma non vede perché l'approvazione del primo articolo debba escludere i concetti che ora si stanno discutendo, perché qui si parla dell'esercizio della libertà garantito dalla Costituzione, idea del tutto specifica e particolare.

Propone pertanto che si cerchi di dare una formulazione definitiva a questo articolo, e che lo si approvi. In seguito, una commissione di redazione vedrà se è possibile inserire i concetti del nuovo articolo in quello introduttivo alla Costituzione.

Dossetti fa rilevare che lo scopo che si propongono i due articoli — quello introduttivo e quello presentemente in discussione — è fondamentalmente diverso. Nel primo viene fatta una enunciazione generale che rappresenta il fondamento della dichiarazione di diritti contemplati in quella prima parte; nel secondo invece si determinano certi concetti e quindi si determinano le singole libertà. Fa presente che l'articolo in esame fu originariamente concepito da La Pira e da altri, non tanto come un articolo enunciativo di una proposizione categorica, ma come una definizione di libertà in contrasto con quella inspirata ad una visione individualistica.

Ritiene che tutte le considerazioni fatte, indipendentemente dalla tecnica dell'articolo e dalla sua formulazione, coincidano sulla esigenza di un articolo il quale esprima un concetto di libertà diverso dal concetto finora adottato. Può darsi che ancora non si sia riusciti a tradurre pienamente questo pensiero, ma questo concetto va indubbiamente affermato.

Merlin Umberto si dichiara dello stesso parere espresso dal Presidente, che cioè l'articolo in esame ripeta quanto è stato affermato nell'articolo 1° già approvato, e che quindi sia meglio ritirarlo.

Caristia dichiara di concordare col Presidente sull'inutilità di ripetere concetti già affermati. Fa presente, comunque, la difficoltà di definire il concetto di libertà. Si dice di volerlo finalizzare; ora il concetto di libertà ha avuto sempre uno scopo, un fine. In un primo momento ha avuto un fine polemico, quello di limitare l'attività dello Stato; in un secondo momento si è considerato questo diritto sotto un altro aspetto, cioè sotto l'aspetto sociale. È naturale che adesso si voglia insistere sull'aspetto sociale del diritto di libertà, ma, a questo proposito, ritiene che il primo articolo si esprima sufficientemente.

Mancini fa presente che l'articolo in esame è diverso da quello già approvato, in quanto nel primo sono affermati principî importantissimi, quale quello della esigenza della solidarietà sociale, che non sono espressi nell'articolo introduttivo.

Moro è d'avviso che la Costituzione non debba essere scheletrica. Essa ha indubbiamente una portata politica tale che non può esprimersi soltanto in formule rigidamente politiche.

Da un raffronto tra l'articolo già approvato e quello ora proposto, rileva che, mentre nel primo si indica una finalità, si riconosce e si garantisce il diritto alle libertà, nel secondo si dice qualche cosa di più, e precisamente che queste libertà così garantite devono essere esercitate per determinate finalità. Nella seconda formula è poi chiarito che la solidarietà sociale non è intesa nel senso di un'armonia da stabilire fra le varie sfere individuali, ma nel senso di un contributo che ciascuno deve dare nell'ambito della vita collettiva per incrementare il complesso dei beni di consumo. C'è quindi qualche elemento nuovo che permette di formulare un altro articolo che integri gli articoli precedenti.

Corsanego fa osservare che non è una interpretazione arbitraria quella che trae la finalità sociale dal primo articolo, poiché in esso si parla espressamente della necessaria solidarietà sociale, e si dice che il fine della solidarietà sociale è il fine della presente Costituzione. I due concetti — perfezionamento della personalità umana ed esigenza della solidarietà sociale — sono affermati nel primo articolo, e quindi, coloro che trovano una identità fra i due articoli hanno ragione. Ma hanno pure ragione gli altri, quando affermano che l'articolo in esame contiene qualche cosa di più. Indubbiamente contiene due concetti non trascurabili: il concetto, per cui la nostra Costituzione deve essere orientata in modo che il popolo a poco a poco partecipi sempre più e sempre meglio alla gestione della cosa pubblica allo scopo di incrementare il regime democratico; e il concetto espresso dalla frase «pertanto ogni libertà è fondamento di responsabilità». Ora, questo concetto dà un nuovo contenuto alla libertà e un contributo moderno, con finalità sociali, alla nostra Costituzione.

Poiché i concetti del perfezionamento della personalità umana e dell'esigenza della solidarietà sociale sono contenuti, quasi con identiche parole, nell'articolo 1° della Costituzione, propone di fare un articolo 1°-bis che contempli il concetto della partecipazione di tutti alla cosa pubblica e quello che ogni libertà è fondamento di responsabilità.

Il Presidente Tupini mette ai voti la proposta di chiusura della discussione generale.

(È approvata).

La Pira, Relatore, fa presente che nel suo primitivo progetto, dopo i primi tre articoli che corrispondono al 1° e al 2° articoli già approvati, vi era un quarto articolo nel quale dovevano essere indicati quei diritti imprescrittibili e sacri di cui al 1° articolo; poi si passava alla specificazione dei singoli diritti e si cominciava con lo specificare i diritti di libertà. Allora si disse: prima di parlare dei diritti di libertà è necessario un articolo nel quale si indichi l'orientamento della libertà. Ed egli ebbe a dichiarare testualmente nella sua relazione: «Va fatta, anzitutto una dichiarazione solenne che affermi la tutela per tutti dei diritti di libertà. Ma non può qui mancare una dichiarazione altrettanto solenne dei limiti entro i quali la libertà, per essere davvero tale, va contenuta. Va affermato cioè solennemente che la libertà importa responsabilità e che essa non può essere orientata che verso il bene; bene personale per ciascuno e bene comune e fraterno di tutti».

Questo era il criterio logico architettonico: prima il fine della Costituzione, poi i diritti con cui questo fine si realizza, poi i diritti di libertà. Ma prima di indicare questi diritti è apparsa utile una dichiarazione relativa all'orientamento dell'esercizio della libertà.

Basso, Relatore, dichiara che, pure essendo completamente d'accordo sul contenuto dell'articolo, ritiene che esso non debba formare oggetto di un articolo della Costituzione, ma che sia materia di filosofia del diritto.

Per venire incontro al correlatore onorevole La Pira, ha formulato con lui un nuovo articolo, al quale ha dato una parte di contributo con la frase finale. Deve però dichiarare che, anche così formulato, l'articolo non lo soddisfa.

Togliatti propone che, invece di «permettere l'incremento, ecc.» si dica: «favorire lo sviluppo».

Il Presidente Tupini propone che, per non ripetere concetti già affermati e non alterare l'articolo già approvato, si faccia un articolo 1 bis contenente il concetto nuovo aggiungendo: «promuove e favorisce l'incremento del regime democratico, ecc.».

Dossetti fa rilevare che effettivamente, nel corso della discussione, s'è manifestato un dissenso sostanziale. Dichiara che egli e gli onorevoli La Pira e Moro insistono su questo articolo, perché vogliono affermare un concetto che rappresenta, rispetto ai concetti già affermati, un gradino ulteriore. Il concetto nuovo non è nel richiamo generico al regime democratico, ecc., ma deve apparire evidente quando non ci si arresti alle sole parole, di «personalità umana» o di «solidarietà sociale». Il concetto nuovo sta nella sintesi dell'articolo, nella frase «... debbono essere esercitate». In altre parole, la progressione logica che si è seguita in questi tre articoli è la seguente: anzitutto si dice perché e su quale fondamento la Costituzione deve riconoscere dei diritti, e si considera allora l'aspetto costituzionale sintetico: cioè la Costituzione che riconosce questi diritti. Nel secondo articolo si stabiliscono dei concetti di passaggio.

Nel terzo si dice: i diritti, così riconosciuti, debbono essere esercitati per questi dati fini.

Ora, questo è un concetto nuovo. Questa affermazione è tanto nuova che ha destato delle reazioni, perché rappresenta una certa limitazione nel concetto di libertà. Il dissenso non è nella sovrabbondanza del terzo articolo rispetto al primo, ma esiste perché nel terzo articolo viene fatta un'affermazione la quale indica un concetto di libertà che non è così astratto da potersi esercitare in ogni direzione. La libertà esiste, ma in tanto lo Stato la deve riconoscere in quanto sia esercitata per un determinato fine.

Il Presidente Tupini osserva che occorre trovare una formula, la quale consenta di chiarire questo concetto.

Mastrojanni, a titolo di suggerimento, propone la seguente formula: «Tutte le libertà garantite dalla presente Costituzione debbono esaudire i diritti individuali e le finalità di solidarietà sociale nella democrazia dello Stato».

Il Presidente Tupini propone di aggiungere all'articolo 1°, un articolo 1 bis, in cui si dichiari che le libertà garantite dalla Costituzione debbono essere esercitate al fine del perfezionamento della persona e della realizzazione delle esigenze della solidarietà sociale.

La Pira, Relatore, non ha difficoltà ad accedere alla tesi del Presidente, facendo presente che, in aggiunta all'articolo 1° si potrebbe mettere questa formula: «L'esercizio delle libertà garantite dalla presente Costituzione deve essere orientato al» (oppure «le libertà devono essere esercitate al fine del») «perfezionamento integrale della persona umana».

Togliatti osserva che si può prendere la formula com'è nell'articolo in esame e introdurla nell'articolo già approvato. Il risultato è lo stesso.

Corsanego propone che l'articolo in esame sia approvato con la riserva esplicita e col mandato alla Presidenza di studiarne il coordinamento col primo articolo.

Basso, Relatore, accetta la proposta Corsanego relativa al coordinamento.

La Pira, Relatore, si associa.

Cevolotto fa presente che vi è la sua proposta di sopprimere l'articolo.

Mastrojanni dichiara che la proposta di demandare alla Presidenza il coordinamento non può essere accettata, perché l'argomento è così scottante che ogni dizione deve essere attentamente vagliata.

Il Presidente Tupini mette ai voti la proposta Cevolotto di soppressione pura e semplice dell'articolo.

Cevolotto dichiara che voterà per la soppressione dell'articolo. Dopo le dichiarazioni dell'onorevole Dossetti sul modo come l'articolo si è formato e sulle intenzioni da cui egli e gli altri oratori sono stati mossi nel prepararlo, e specialmente considerato che essi hanno voluto finalizzare il diritto di libertà e determinare in che direzione esclusivamente i diritti di libertà possono essere esercitati, creando una libertà che si svolge in una sola direzione obbligatoriamente, ritiene che, ove fosse approvato il concetto contenuto soprattutto nell'affermazione del perfezionamento o dell'incremento del regime democratico, non si avrebbe più una Costituzione democratica. Per esempio, sarebbero lesi i diritti di libertà del partito comunista, che non potrebbe esercitarlo per arrivare alle finalità dello Stato comunista.

Togliatti fa osservare che il partito comunista potrebbe esercitare egualmente i suoi diritti, perché lo stato comunista è uno stato democratico.

Cevolotto replica che la maggioranza potrebbe pensarla in modo diverso, e allora, se l'articolo fosse approvato, la libertà dei comunisti potrebbe essere menomata.

Togliatti fa osservare che, se la maggioranza vuole impedire la propaganda comunista, troverà sempre il modo di farlo.

Cevolotto rileva che non si deve dare alla maggioranza un'arma costituzionale.

Mastrojanni dichiara di votare per la soppressione dell'articolo, perché esso offre tutte le possibilità per la coercizione delle umane libertà che si vogliono convogliare, attraverso schemi rigidi, in doveri che investono persino il patrimonio spirituale e ideologico della persona umana, e si estendono all'obbligo di una partecipazione attiva alla cosa pubblica, obbligando con ciò la persona ad operare in settori nei quali le si nega il diritto di astensione anche parziale.

Non vede come l'incremento del regime democratico possa venire attuato attraverso la costrizione costituzionale e giuridica predisposta, ma ritiene che più sicuramente si persegua attraverso la naturale, graduale e spontanea evoluzione dei tempi e della coscienza individuale e collettiva. Dichiara infine che non si deve trasformare in imperativo categorico quello che deve rappresentare un'aspirazione e un orientamento, In tema di libertà ogni eufemismo è pericoloso e dannoso. Un solo limite devono trovare le libertà: nella morale e nella legge.

De Vita dichiara che voterà favorevolmente per le ragioni già esposte.

Lucifero dichiara che voterà per la soppressione dell'articolo, per i motivi già esposti dagli onorevoli Colitto e Mastrojanni.

Caristia dichiara che voterà per la soppressione, perché i concetti in esso espressi sono già contenuti nell'articolo 1°.

Il Presidente Tupini dichiara che, per quanto riguarda la proposta pura e semplice di soppressione, si asterrà dal voto, come conseguenza delle ragioni esposte nel corso della discussione.

(La proposta di soppressione è respinta con 8 voti favorevoli, 6 contrari e 1 astenuto).

Mette ai voti la proposta Corsanego, consistente nell'approvazione di massima dell'articolo, salvo a rinviarlo alla Presidenza per quei fini di coordinamento con l'articolo già approvato, sui quali è stata richiamata l'attenzione della Sottocommissione.

Corsanego dichiara che la sua proposta ha un duplice scopo. Anzitutto, votando questo articolo, si afferma che i concetti in esso contenuti sono approvati dalla Sottocommissione, la quale fa con ciò un'affermazione di principio. Viene affermato un nuovo concetto di libertà, veramente in contrasto con coloro che hanno votato la soppressione dell'articolo. Esiste di fatto in seno alla Sottocommissione un contrasto ideologico, come è risultato dalla votazione.

In secondo luogo, poiché è innegabile che ci sono nell'articolo dei concetti che appaiono ripetuti, e poiché non è supponibile che coloro che leggeranno la Costituzione saranno sempre in grado di poter cogliere le sottigliezze che talvolta vi sono introdotte, occorre demandare alla Presidenza il necessario compito di semplificazione e di coordinamento con l'articolo 1°.

Lucifero si dichiara contrario al rinvio alla Presidenza. La Sottocommissione si raduna per mandare delle formulazioni alla Presidenza e non per farle fare ad essa.

Corsanego fa osservare all'onorevole Lucifero che occorre consentire a chi ha votato per la soppressione, perché riteneva questo articolo superfluo, di votare a favore col sottinteso che la Presidenza debba dargli un coordinamento tale che tenga conto della critica di superfluità alla quale hanno accennato alcuni oratori.

Togliatti dichiara che accetta la proposta Corsanego di rinviare l'articolo, per il coordinamento, alla Presidenza della Sottocommissione.

Lucifero rileva di aver fatto una questione di principio e che non insiste nella sua opposizione.

Il Presidente Tupini dichiara che voterà a favore dell'insieme dell'articolo, perché concorda con i concetti in esso contenuti anche se insiste nel ritenere superfluo l'articolo stesso in quanto, a suo avviso, gli stessi concetti sono già in gran parte contenuti nel primo articolo già approvato.

Moro fa presente che occorrerebbe chiarire che il coordinamento non può essere nel senso di una soppressione «sic et simpliciter» dell'articolo, nel caso che la Presidenza riconosca che i concetti in esso affermati sono compresi nell'articolo già approvato.

Merlin Umberto dichiara di votare a favore della proposta Corsanego per le stesse ragioni esposte dal Presidente.

Caristia si associa all'onorevole Merlin.

(La proposta Corsanego è approvata con 11 voti favorevoli e 4 contrari)[1].

Il Presidente Tupini fa presente che la formula proposta dai Relatori reca anche la seguente proposizione su cui non si è discusso: «Pertanto ogni libertà è fondamento di responsabilità» La pone in discussione, e domanda ai Relatori perché hanno creduto di mettere la parola «pertanto» di cui si sarebbe potuto fare a meno.

Moro osserva che proprio in quel «pertanto» c'è il senso dell'articolo, cioè il significato di novità dell'articolo stesso. Dopo aver dichiarato che la libertà va orientata nel senso del perfezionamento della persona, ed armonizzata con l'esigenza della solidarietà sociale, si dà alla libertà questo senso nuovo: la libertà è responsabilità proprio perché chiunque agisce esercitando la sua libertà, risponde di fronte a se stesso e di fronte agli altri di questi fini sociali e morali per cui la libertà è concessa e garantita.

Merlin Umberto dichiara di non capire la necessità della parola «pertanto» e ne propone la soppressione.

Togliatti prega il Relatore di non insistere su questa formula, non perché egli sia contrario, ma perché la ritiene una di quelle formule non legislative, di carattere filosofico e teorico, che fin da principio ha chiesto non venissero incluse negli articoli della nostra Costituzione.

Il Presidente Tupini osserva che la formula, non fa che rafforzare il concetto di libertà che si è tante volte affermato.

Lucifero dichiara d'essere del parere che il capoverso possa rimanere purché si tolga la parola «pertanto».

Mancini dichiara di non essere favorevole alla formula, perché ogni libertà è anche responsabilità e non intende una libertà senza responsabilità.

La Pira, Relatore, fa osservare all'onorevole Mancini che è giusto quanto egli dice, ma che c'è tutta una letteratura ed una concezione secondo la quale la libertà non è responsabilità. La stessa libertà kantiana — l'arbitrio di ciascuno coesistente con l'arbitrio di tutti — non implica una responsabilità. Per esservi una responsabilità è necessario avere una libertà finalizzata.

Mancini osserva che Kant legava la libertà ad un principio straordinario che è il dovere. Kant non prescindeva dal dovere: libertà e dovere. Quindi non c'è una libertà senza responsabile; poiché il dovere è responsabilità.

Moro dichiara di non comprendere la ragione per la quale l'onorevole Togliatti respinge questa proposizione, e ritiene che sia perfettamente coerente al suo punto di vista, ad una ben intesa funzionalità sociale della libertà umana, questo compito che ogni uomo assolve nel mondo. Ammette che sia una formula poco filosofica, ma gli sembra che essa completi questo articolo e gli dia un senso nuovo.

Togliatti osserva che ogni libertà è fondamento di responsabilità. Più chiara sarebbe la formula che ha udito suggerire dall'onorevole Lucifero, che ogni libertà comporta una responsabilità.

Mastrojanni fa presente che ci sono delle libertà, come la libertà di coscienza, le quali non hanno una manifestazione esteriore e quindi non comportano una responsabilità.

Caristia osserva che tutti i governi democratici poggiano sul concetto di responsabilità. Il fatto di partecipare alla cosa pubblica presuppone un alto senso di responsabilità; quindi il concetto di responsabilità deve essere alla base di qualsiasi governo democratico.

Dichiara di non essere contrario alla formula; ritiene però che essa sia intrinseca nello stesso concetto di democrazia.

Togliatti riconosce che vi sono libertà le quali non comportano una responsabilità giuridica di fronte allo Stato. Per questo motivo l'obiezione dell'onorevole Mastrojanni lo ha confermato nella sua opinione di non accettare questa formula, inquantochè essa implica una responsabilità per cose che possono risolversi nella coscienza individuale.

Dossetti osserva che l'onorevole Togliatti potrà superare la sua opposizione se considera che, quando i proponenti della formula affermano la responsabilità, non intendono strettamente la responsabilità giuridica, ma vogliono dire che l'esercizio della libertà implica una responsabilità che è giuridica, ma che può anche essere soltanto sociale, inquantochè determina una certa situazione di rapporti nei confronti degli altri.

All'onorevole Mastrojanni fa osservare che la sua obiezione non è giustificata, perché la libertà di coscienza, in quanto è libertà di atteggiamento interiore, è costituzionalmente irrilevante.

De Vita dichiara di concordare con l'onorevole Togliatti, perché una cosa è la responsabilità giuridica ed un'altra cosa è la responsabilità in senso filosofico.

Moro osserva che nella formula la responsabilità è assunta in due significati: o come responsabilità giuridica in senso stretto, o come autolimite nella espressione di una sensibilità sociale che permette, anche al di fuori di un rigoroso vincolo giuridico, una convivenza sociale fruttuosa e pacifica per tutti.

Mancini dichiara che voterà contro l'affermazione che ogni libertà è fondamento di responsabilità, perché sancire questo principio nella Costituzione è assai pericoloso, in quanto si dà alla parola responsabilità un significato prettamente giuridico e non morale. Invece la libertà porta sempre con sé la libertà morale.

Mastrojanni dichiara che voterà contro perché la formula gli sembra superflua.

Il Presidente Tupini mette ai voti il capoverso dell'articolo così formulato:

«La libertà è fondamento di responsabilità».

(È approvato, con 7 voti favorevoli, 5 contrari e 2 astenuti).


 

[1] Nell'elenco degli articoli approvati dalla prima Sottocommissione, datato 10 ottobre 1946, l'articolo risulta approvato nel seguente testo: «Le libertà garantite dalla presente Costituzione devono essere esercitate per il perfezionamento integrale della persona umana in armonia con le esigenze della solidarietà sociale e in modo da favorire lo sviluppo del regime democratico mediante la sempre più attiva e concreta partecipazione di tutti alla gestione della cosa pubblica».

Archivio storico della Camera del Deputati, Unità archivistica ITCD.00200.00040.00006.00004.00002.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti