[Il 3 dicembre 1946 la prima Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sullo Stato come ordinamento giuridico e i suoi rapporti con gli altri ordinamenti.]

Il Presidente Tupini. [...] Fa quindi presente, che nella relazione dell'onorevole Cevolotto è formulato un articolo i cui concetti sono stati trattati con maggior diffusione dall'articolo 3 dell'onorevole Dossetti, che, se sarà preso come base di discussione e accolto, dovrebbe essere collocato dopo quello testé approvato.

Cevolotto, Relatore, è favorevole ad assumere come base di discussione l'articolo 3 dell'onorevole Dossetti, in quanto trattasi di una formula già accolta in altre Costituzioni.

Il Presidente Tupini pone in discussione l'articolo 3 dell'onorevole Dossetti:

«La resistenza individuale e collettiva agli atti dei pubblici poteri, che violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla presente Costituzione, è diritto e dovere di ogni cittadino».

Marchesi domanda a quali organi dovrebbe essere devoluta la garanzia di tale diritto che, a suo avviso, dovrebbe avere una base giuridica e non rivoluzionaria. Infatti una insurrezione contro i poteri dello Stato, non avrebbe bisogno di appellarsi ad un articolo della Costituzione.

Cevolotto, Relatore, risponde all'onorevole Marchesi, che trattandosi di materia contemplata nel Codice penale, la garanzia giuridica è data dall'autorità giudiziaria. In sede costituzionale si afferma soltanto una direttiva, ma sarà poi compito della legge penale sancire e regolare concretamente il principio.

Marchesi si dichiara soddisfatto della spiegazione dell'onorevole Cevolotto, ma avrebbe preferito che fosse stata usata la formula dell'articolo 21 della Costituzione francese: «Qualora il Governo violi la libertà e i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza sotto ogni forma è il più sacro dei diritti e il più imperioso dei doveri». Con le parole «sotto ogni forma» si implica il ricorso a forme anche non strettamente legali.

Dossetti, Relatore, dichiara di non aver nulla in contrario ad accettare la formula della Costituzione francese, pur essendo dell'avviso che le parole «sotto ogni forma» possano ritenersi assorbite dall'espressione: «la resistenza individuale e collettiva».

Marchesi crede che per resistenza individuale e collettiva possano intendersi solo le manifestazioni regolabili dall'autorità giudiziaria.

Dossetti, Relatore, essendo sostanzialmente d'accordo con l'onorevole Marchesi, ripete di non aver nulla in contrario ad accettare la dizione della Costituzione francese.

Grassi fa presente che l'articolo 21 della Costituzione francese risponde ad un momento storico particolare della Francia, in quanto si è voluto affermare che la resistenza francese al governo Petain, durante il periodo dell'occupazione tedesca, è stata un sacro diritto ed un dovere del popolo. Invece nel caso in esame si vuole affermare il diritto alla resistenza individuale e collettiva agli atti dei pubblici poteri che violino le libertà fondamentali. Considera quindi la formula proposta dall'onorevole Dossetti più ampia di quella francese, in quanto si sancisce un principio generale, già affermato in dottrina, che cioè l'atto compiuto dal pubblico potere al di fuori della legge può essere oggetto di ribellione individuale o collettiva. È perciò favorevole alla proposta Dossetti.

Caristia pensa che il diritto alla resistenza non possa essere inserito in una Carta costituzionale, sia perché, se considerato individualmente, oltre la difficoltà di poterne definire la natura, ogni cittadino ha altri modi per far valere le sue ragioni; sia perché, da un punto di vista collettivo, corrisponde ad un movimento chiamato rivoluzione, che quando fosse riuscito ad affermarsi, non avrebbe alcun bisogno di appellarsi ad un articolo della Costituzione.

Dichiara, pertanto, che voterà contro l'articolo.

Cevolotto, Relatore, è favorevole all'articolo 3 della relazione Dossetti. All'onorevole Marchesi fa rilevare che la formula della Costituzione francese è un po' retorica e demagogica, mentre in una Costituzione, quanto meno si abbonda in aggettivi, tanto più hanno efficacia le norme che si sanciscono.

Il Presidente Tupini è favorevole a sopprimere nell'articolo che il diritto alla resistenza è anche un dovere, perché tale affermazione avrebbe solo allora un significato concreto quando fosse stabilita una sanzione in caso di trasgressione.

Dossetti, Relatore, ritiene che si debba affermare che la resistenza non solo è un diritto, ma è un dovere, suscettibile di determinare delle sanzioni, in caso di inosservanza, salvo stabilire di volta in volta la sanzione in relazione alle singole situazioni ed alle conseguenze che ne sono derivate, come si è verificato per l'eccidio delle Fosse Ardeatine.

Cevolotto, Relatore, è favorevole ad affermare che la resistenza è anche un dovere, specialmente nei riguardi di alcune categorie di cittadini, come per esempio i pubblici ufficiali che devono avere il dovere di opporsi a un ordine del superiore che sia contrario alle norme della Costituzione. La distinzione tra i casi in cui sia un dovere e quelli in cui sia soltanto un diritto, potranno essere specificati da una legge speciale.

Moro crede che la richiesta dell'onorevole Marchesi, circa l'articolo 21 della Costituzione francese, abbia avuto principalmente lo scopo di individuare il significato della norma in discussione. A parte la non opportunità di copiare l'articolo della Costituzione francese, sostanzialmente la formula proposta dall'onorevole Dossetti raggiunge lo stesso scopo del suddetto articolo 21, vale a dire di sancire il diritto alla rivoluzione, dandogli una giustificazione etico-giuridica.

Insieme a questa giustificazione si è posto però un limite, perché in tanto la rivoluzione è legittima in quanto nasca da uno stato di indebita compressione dei diritti di libertà sanciti dalla Costituzione.

A quanto è stato dichiarato dai Relatori sull'espressione: «dovere», aggiunge che essa può essere intesa anche come un dovere morale, che è bene sia affermato dalla Costituzione, nel senso che la passività, di fronte all'arbitrio dello Stato, costituisce inosservanza di un dovere morale fondamentale.

Crede, pertanto, che la norma abbia un preciso e netto significato giuridico, in quanto pone un criterio direttivo al legislatore penale, affinché non consideri come reati degli atti commessi con apparenza delittuosa; ma che hanno invece il nobile scopo di garantire la libertà umana.

Togliatti può accettare l'articolo in esame, quantunque annetta poca importanza alla giustificazione legale di una rivoluzione, perché, a suo avviso, ciò che legittima una rivoluzione è la vittoria. Però, fa rilevare che la formula, così come è stata redatta dall'onorevole Dossetti, pur essendo accettabile, potrebbe dar luogo in un domani ad inconvenienti nella pratica legislativa. Fa così l'esempio di uno sciopero fiscale di fronte ad una nuova imposizione di tasse da parte dello Stato.

Ad ogni modo, dichiara che voterà favorevolmente, perché in caso contrario potrebbe sembrare che si voglia precludere la via all'azione di resistenza contro un potere tirannico.

Il Presidente Tupini osserva che la teoria del successo, posta come base di legittimazione di ogni rivoluzione, non gli sembra accettabile, in quanto sarebbe stata legale anche la rivoluzione fascista.

Caristia è d'accordo con l'onorevole Togliatti che lo stato di fatto si traduce sempre in uno stato di diritto. Non gli sembra quindi una cosa utile sancire nella Costituzione una giustificazione della rivoluzione.

Il Presidente Tupini domanda ai Relatori se insistono nel presentare l'articolo.

Dossetti, Relatore, non fa dell'articolo una questione di principio, ma dato che le obiezioni che sono state fatte non sono insuperabili, e che lo stesso onorevole Togliatti non si è dichiarato contrario, gli sembra che esso possa essere messo in votazione.

Il Presidente Tupini pone in votazione l'articolo 3 della relazione Dossetti:

«La resistenza, individuale e collettiva, agli atti dei pubblici poteri che violino le libertà fondamentali e i diritti garantiti, dalla presente Costituzione, è diritto e dovere di ogni cittadino».

Caristia dichiara che voterà contro questo articolo perché lo ritiene superfluo.

De Vita dichiara di astenersi dalla votazione.

Marchesi dichiara che, rinunciando alla sua proposta, voterà a favore.

(L'articolo è approvato con 10 voti favorevoli, 2 astenuti e 1 contrario).

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti