[Il 20 settembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sull'organizzazione costituzionale dello Stato.]

Il Presidente Terracini. [...] Comunica che l'onorevole Mortati ha presentata una nuova proposta:

«La chiusura della sessione può essere pronunciata dal Capo dello Stato non più di una volta in un anno».

Crede che il problema della chiusura delle sessioni potrebbe essere ora affrontato.

Mortati, Relatore, sostiene che il problema dovrebbe risolversi in questa sede, decidendo in via pregiudiziale se si vuole ammettere l'istituto della sessione oppure no. Fa presente che si tratta di una questione di una certa importanza, poiché implica che il periodo della legislatura possa essere diviso in sessioni, la cui chiusura importa conseguenze rilevanti, come la decadenza di tutti i progetti in discussione, delle cariche dell'Assemblea, delle Commissioni, Uffici, ecc. Ricorda che l'istituto della sessione è strettamente legato ai regimi parlamentari ed è impiegato in caso di mutamento di indirizzo politico per provocare un mutamento automatico nell'orientamento generale e della organizzazione del Parlamento, per uniformarli al nuovo indirizzo rappresentato dal Governo che assume il potere.

Zuccarini osserva che la sessione è stata creata per utilità del potere esecutivo e non rappresenta una necessità del funzionamento del sistema parlamentare: il potere esecutivo che in un certo momento credeva utile interrompere i lavori della Camera, chiudeva la sessione, facendo decadere tutti i progetti in discussione. Questo istituto ha reso possibile, nei tempi passati, molti arbitrî da parte del potere esecutivo. Ora che si vuole dar vita ad una Costituzione veramente democratica, non crede che lo si possa mantenere. Si domanda se sia proprio necessario, in occasione della formazione di un nuovo Governo, interrompere tutto quello che è stato iniziato dal precedente, e far cadere nel nulla le discussioni fatte, i progetti preparati e in corso di approvazione, le Commissioni nominate e così via dicendo. A suo parere, questa facoltà di aprire e chiudere le sessioni non dovrebbe essere contemplata nella nuova Costituzione.

Fabbri è favorevole al mantenimento delle sessioni. Osserva che, se si determina una situazione politica per la quale appaia utile un cambiamento del Governo, la chiusura della sessione è l'espediente più semplice per abbandonare, ad esempio, progetti di legge senza chiederne il formale ritiro; rinnovare uffici e commissari. Dal punto di vista pratico la sessione gli sembra, cioè, una garanzia di più snello funzionamento del gioco parlamentare.

Tosato non è favorevole alla conservazione dell'istituto della sessione. Non gli sembra che un mutamento di Governo possa avere conseguenze politiche tali da richiedere un rinnovamento nell'organizzazione del lavoro parlamentare. Se ciò era ammissibile in un periodo in cui i deputati passavano con tanta facilità da un gruppo all'altro, oggi che si ha una organizzazione di partiti, non lo è più. Né gli sembra comunque conveniente interrompere l'attività dell'Assemblea.

Mortati, Relatore, osserva che si è parlato di arbitrî del Governo riferendosi evidentemente a situazioni sorpassate, perché se ci si riferisce a Governi parlamentari, tali arbitrî non sono possibili, in quanto si tratta di Governi che hanno ottenuto la fiducia dalla Camera. Del resto, la chiusura della sessione potrebbe limitarsi a non più di una volta all'anno e si potrebbe ammettere nel Regolamento della Camera la possibilità di riprendere, nonostante la chiusura della sessione, i progetti allo stato in cui si trovavano al momento della chiusura stessa.

Il Presidente Terracini personalmente condivide l'opinione dell'onorevole Tosato.

Mette ai voti la proposta di conservazione dell'istituto della sessione.

(Non è approvato).

Avverte che, con ciò, è implicitamente non approvato il relativo articolo proposto dall'onorevole Mortati.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti