[Il 5 settembre 1946 la seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sull'organizzazione costituzionale dello Stato. È in discussione la scelta del tipo di Repubblica, se Parlamentare, Presidenziale, Direttoriale o di altro tipo e il modo per assicurare stabilità al Governo.

Vengono qui riportate solo le parti relative al tema in esame, mentre si rimanda alle appendici generali della Parte seconda della Costituzione per il testo completo della discussione.]

Porzio dichiara che ha tutte le apprensioni e le preoccupazioni dell'onorevole Calamandrei, come quelle dell'onorevole Tosato.

Credeva che la questione della scelta fra repubblica parlamentare e repubblica presidenziale fosse stata già decisa, quando egli era stato forzatamente assente; ma constata che tutta la discrepanza sta su questo punto: se v'è modo di assicurare un Governo stabile in regime di repubblica parlamentare. Egli crede di aver trovato questo modo che è molto semplice: abolire la proporzionale. Se si considera la proporzionale come intangibile, si fa un discorso a rime obbligate, ma non si riesce ad armonizzare la discussione.

Quando ci sarà un Governo di maggioranza, quando cioè il corpo elettorale sarà chiamato a discutere su un programma di governo e su questo programma si sarà costituita la maggioranza, si avrà la forza, l'autorità ed il prestigio del Capo del Governo e si avrà la stabilità del Governo. Quando invece ci si trova di fronte ad una situazione elettoralistica nella quale si improvvisano i partiti, non si avrà mai una stabilità di governo e le discussioni saranno inutili perché non daranno mai la stabilità. La Francia si tormenta in una crisi da anni, perché ha la proporzionale. L'Italia si è tormentata nel dopoguerra in quelle convulsioni che tutti sanno perché aveva la proporzionale e non è stato mai possibile creare un Governo di maggioranza. Questo è l'inconveniente che l'Assemblea dovrebbe cercare di risolvere ed in questo modo essa darebbe veramente all'Italia una costituzione stabile, che abbia autorità, forza e potere per impedire la guerra civile. Questo è quello che desiderano tutti i presenti, qui riuniti per il solo desiderio di difendere la Repubblica e di darle stabilità e forza con un governo veramente libero, che mostri che l'Italia è degna della democrazia che ha conquistato.

Ci saranno sempre i cento partiti, ma i cento partiti ad un certo momento deporranno le armi per pronunciarsi su un programma del Governo e, approvandolo o non approvandolo, formeranno la maggioranza.

Un Presidente del Consiglio, che presenta un programma su cui chiama il Paese a pronunciarsi, comincia a creare quello stato della pubblica coscienza che è destinato a formare le due correnti per le quali l'America e l'Inghilterra prosperano ed hanno stabilità di regime.

Quando fu compiuto il primo esperimento della proporzionale, piccole ambizioni di uomini, piccole avidità di potere, erano veramente dei massi che si mettevano nelle ruote. Riconosce di essersi illuso, a quell'epoca, anche lui, ma quando la proporzionale fu adottata, bastò la più piccola questione, per esempio la nomina di un segretario della Camera, perché si potesse dire che il Governo era stato battuto. E fu così che l'Italia ebbe Mussolini.

Targetti. [...] Ritiene inutile far perdere del tempo per portare ancora argomenti a dimostrazione di questa tesi, ma desidera dire all'onorevole Porzio che se egli avesse ragione, bisognerebbe che fosse vero che il collegio uninominale sia stato in Italia una grande scuola di civiltà e di educazione politica, mentre egli ha in proposito molti dubbi.

La proporzionale ha molti difetti, anche perché è quasi impossibile trovare sistemi elettorali perfetti. Potrà essere corretta; ma che i difetti debbano far dimenticare che il collegio uninominale fu sempre scuola di incultura politica non gli sembra possibile.

Né crede si possa veramente dire che sussista oggi un pericolo di guerra civile. Ma se vi fossero ragioni storiche o politiche per scatenare una guerra civile, il sistema uninominale non potrebbe certamente superare il loro formarsi.

[...]

Einaudi. [...] A questo riguardo confessa di essere — come è stato sempre e come ha dichiarato anche alla Consulta, ove ha parlato contro la proporzionale senza curarsi dell'opinione del suo Partito — completamente contrario alla proporzionale e nettamente favorevole al collegio uninominale. Non crede affatto che le elezioni debbano avvenire su programmi di partiti. Questi programmi di partito in tutti i paesi sono pure forme; ma nella realtà, tanto negli Stati Uniti, quanto in Inghilterra, gli elettori votano per questo o per quell'uomo; fanno una scelta, non fra idee, ma fra uomini; una scelta tra due uomini nei quali gli uni elettori hanno fiducia e gli altri no. E questa scelta si fa dagli elettori tra uomini che essi conoscono.

In tutti i Paesi, in cui esiste la proporzionale, si formano nelle Camere dei partiti che ubbidiscono ai capi. Allora la discussione cessa; oppure, se si fa, non ha per effetto quello di convertire qualcuno; è un parlare a vuoto, e già preventivamente si conosce l'esito della votazione. In queste condizioni non esiste parlamento, non esiste discussione, non esiste la condizione fondamentale della libertà politica, che è esclusivamente la libertà di discussione.

Queste sono soltanto alcune delle ragioni, che lo fanno contrario alla proporzionale. Altra ragione fondamentale è questa: che la proporzionale moltiplica i partiti, accanto ai due o tre partiti di massa, onde viene a mancare l'equilibrio necessario ad una vera e propria discussione e non si ha una votazione nella quale coloro i quali si sono lasciati persuadere dalle buone ragioni degli avversari, modifichino il proprio atteggiamento. La proporzionale moltiplica i partiti, perché non appena si ha la possibilità di ottenere un quoziente in un collegio più o meno grande, si forma un partito per ottenerlo.

Per conseguenza non crede che, anche se si adotti il criterio che il Gabinetto debba avere la fiducia delle due Camere, e che qualcuno debba avere il diritto di scioglimento delle due Camere, il sistema, qualunque sia, possa per sé avere l'effetto di dare quello che si vuole ottenere, ossia un Governo stabile. L'esistenza di un Governo stabile dipende da tanti fattori, tra i quali importantissimo quello della libertà piena e completa della discussione, che vuol dire capacità e possibilità di persuadere gli avversari. E questa possibilità non c'è, quando le elezioni sono dominate da partiti irregimentati, come quelli che hanno prodotto la Costituente.

[...]

Mortati. [...] Tenendo conto delle considerazioni esposte, si può ritenere che lo scopo che preoccupa tutti si possa raggiungere più efficacemente col regime parlamentare. Il riferimento ora fatto all'arbitrato popolare offre occasione di richiamare l'attenzione sull'importanza fondamentale che sul funzionamento della costituzione esercita il regime elettorale. Appunto per questa importanza occorre che lo si consideri come il presupposto del funzionamento di tutto l'ordinamento dei poteri, e se si voglia e si debba tendere verso un intervento del popolo, che non sia diretto alla scelta degli uomini, secondo il concetto ottocentesco, che è irrimediabilmente passato, ma fare di esso l'ago della bilancia, il centro di riequilibrazione dei poteri, allora bisognerà che si abitui il popolo a prendere decisioni politiche, ed a questo scopo il regime elettorale proporzionalistico è quello meglio rispondente ad abituare il popolo non solo alla migliore scelta degli uomini (esigenza anch'essa essenziale) ma alla valutazione e scelta dei programmi. Il regine uninominale è il meno idoneo a questo scopo, e, in un Paese come l'Italia che ha bisogno di educazione politica, il sistema uninominale peggiorerebbe l'indisciplina dei partiti e la mobilità, la fluidità delle situazioni politiche, renderebbe più frequenti le crisi parlamentari. Il sistema uninominale potrebbe apparire soddisfacente se si riuscisse a riprodurre la situazione di cento anni addietro, situazione invece superata per il fatto che mentre allora vi erano 500 mila elettori adesso ve ne sono 28 milioni; massa tale di elettori che non può comparire efficacemente sulla scena politica se non è organizzata. L'onorevole Einaudi ha detto che in Inghilterra il sistema uninominale è indirizzato solo alla migliore scelta degli uomini, ma egli forse si è riferito ad una situazione passata in cui c'era effettivamente quella fusione di classi politiche, che ora non esiste più. Anche in America si è incominciata a verificare una maggiore scissione fra le classi ed i partiti assumono una fisionomia sempre più netta e marcata, che dà all'intervento popolare la funzione di scelta dei programmi e non solamente degli uomini.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti