[Il 6 dicembre 1946 la seconda Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sul potere giudiziario.]

Castiglia, Relatore, dichiara che riassumerà a grandi linee la relazione dell'onorevole Patricolo, assente, e farà nello stesso tempo le sue personali osservazioni sulle diverse proposte degli onorevoli Patricolo, Calamandrei e Leone.

Rileva che la caratteristica della relazione Patricolo consiste nel fatto che essa si ispira al più rigoroso principio della divisione dei poteri, soprattutto nella parte centrale che attiene all'ordinamento del potere giudiziario: solo così, egli afferma, si può garantire ordine e libertà attraverso il diritto ed attuare la difesa della libertà e dell'autorità contro l'invadenza ed i tentativi di sopraffazione. Ma l'applicazione completa della divisione dei poteri porta ad un nuovo orientamento, a svincolare, cioè, la magistratura dal potere esecutivo.

Nota che nel primo articolo è sancito il principio dell'indipendenza del potere giudiziario da ogni altro potere dello Stato: e questo articolo si completa con il terzo, con il quale potrebbe essere fuso, in cui si definiscono gli organi del potere giudiziario (magistratura, polizia giudiziaria, amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena). Nell'articolo 2 invece si afferma con preciso linguaggio scientifico la funzione del potere giudiziario, che è quella di provvedere alla «attuazione della giustizia». Ritiene che a questo punto si potrebbe opportunamente inserire l'articolo 3 del testo proposto dall'onorevole Calamandrei, che fissa la competenza esclusiva del potere legislativo per l'interpretazione delle leggi, e quella della Suprema Corte Costituzionale per la dichiarazione della loro incostituzionalità.

Osserva che l'articolo 6 del progetto Patricolo attribuisce al potere giudiziario tutte le funzioni giurisdizionali dello Stato, salvo quelle della Suprema Corte Costituzionale; mentre l'articolo 7, che fa divieto di istituire organi giurisdizionali speciali, straordinari o eccezionali, si riconnette all'articolo 13 del progetto Calamandrei, con la sola differenza che questo va anche più oltre, in quanto prevede l'abolizione degli organi speciali giurisdizionali già esistenti.

Fa poi notare che lo stesso articolo 7 del testo Patricolo va integrato col successivo articolo 9 col quale potrebbe fondersi, in quanto con questo si stabiliscono le materie per le quali la magistratura è competente a giudicare (civile, penale, amministrativa, militare, del lavoro).

Dichiara che, per quanto riguarda il Consiglio di Stato, dissente dal concetto espresso dall'onorevole Patricolo, come da quello dell'onorevole Calamandrei, ritenendo che si debbano conservare anche le Sezioni giurisdizionali di questo organo, non solo per la considerazione che il Consiglio di Stato, anche durante il periodo fascista, è stato esempio di indipendenza di giudizio, presidio e garanzia di giustizia, ma anche perché, a suo avviso, la conservazione non violerebbe il principio della unicità giurisdizionale. D'altra parte non vorrebbe affidare la materia contenziosa amministrativa alla giurisdizione ordinaria, perché questa tutela i diritti soggettivi, mentre il Consiglio di Stato cura gli interessi legittimi. Inoltre, dato il carattere generale della competenza, quella amministrativa è da ritenersi una giurisdizione ordinaria completa, parallela a quella civile e penale. Fa poi presente che la scissione delle funzioni consultive da quelle giurisdizionali potrebbe costituire un pericolo per la stessa unicità della funzione giurisdizionale, in quanto si avrebbero due diverse giurisdizioni, che si occuperebbero della stessa materia, il che non sarebbe raccomandabile, anche tenendo conto del fatto che le questioni soggette alle Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato non sono soltanto di puro diritto, ma anche di merito. Che se poi queste funzioni si affidassero ad una sezione della Corte di cassazione, si verrebbero a svisare con la competenza su questioni di fatto, l'orientamento e le funzioni della Cassazione. Vorrebbe quindi la conservazione delle Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, il quale però, allo scopo di garantire la unicità della giurisdizione, potrebbe esser posto alle dipendenze del Ministero della giustizia.

Si dichiara poi contrario all'abolizione della Corte dei conti.

Per quanto riguarda i Tribunali militari, riassume le ragioni esposte dall'onorevole Leone per giustificare la sua proposta di abolizione, e dichiara che è d'accordo con lui solo nel concetto che l'esistenza di un Codice penale militare non importa l'istituzione di un giudice specializzato; ma vorrebbe conservati i Tribunali militari, perché potenziano la disciplina militare, che deve essere ferrea anche per un piccolo esercito. L'inconveniente lamentato della vastità di giurisdizione dei Tribunali militari, per cui praticamente ogni cittadino può essere sottoposto alla loro competenza, crede potrebbe essere in gran parte ridotto, se si lasciasse ai Tribunali militari la sola competenza a giudicare dei reati militari commessi da militari. Lo stesso deve dirsi per la lamentata prevalenza dei giudici militari, perché nel nuovo ordinamento potrà esser chiamato a presiederli un magistrato appartenente al ruolo della giustizia militare, ruolo che vorrebbe mantenuto. Contesta che i Tribunali militari siano una conquista della casta militare. Non vorrebbe la costituzione di sezioni militari nei Tribunali ordinari, proposta dall'onorevole Leone, per non svisare la fisionomia di questi e non creare una maggiore frammentarietà delle funzioni giudiziarie; senza contare il pericolo di vedere sorgere altre sezioni (amministrative, annonarie, per le vertenze sui fitti, ecc.) con grave pregiudizio per l'amministrazione della giustizia.

Esamina poi il problema della unicità della Cassazione, ed afferma che il ripristino delle Cassazioni regionali, che funzionarono egregiamente prima del 1923, non può essere ostacolato dal timore di una minaccia all'unicità della giurisdizione: se così fosse, si dovrebbero abolire le varie Sezioni della Cassazione unica, spesso discordi nella soluzione di problemi anche fondamentali, tanto che si è dovuto costituire l'ufficio del massimario. Inoltre la ricostituzione delle Cassazioni regionali darebbe la possibilità ai cittadini delle più remote località di adire la Cassazione con maggior facilità e minore spesa.

Tornando al testo dell'onorevole Patricolo, nota che all'articolo 10, relativo al controllo sulla costituzionalità delle leggi, fa riscontro l'articolo 27 del testo Calamandrei, che, a suo avviso, è da preferirsi, perché più completo; che gli articoli 11, 12 e 13, i quali regolano la pubblicità e la motivazione delle sentenze, contengono disposizioni simili a quelle degli altri progetti; mentre gli articoli 15, 16 e 17, insieme all'articolo 4, fissano le norme relative all'organizzazione del potere giudiziario.

Dichiara in proposito di essere favorevole con l'onorevole Patricolo ad ammettere l'accesso alla Magistratura soltanto mediante concorso: quindi, è contrario alla elettività dei magistrati, anche dei giudici minori (conciliatore, pretore), in quanto, essendo questi più vicini al popolo e ai litiganti, debbono essere assolutamente preservati da ogni pressione di carattere politico.

Non aderirerebbe alla fusione del giudice conciliatore col pretore che, a suo avviso, hanno funzioni molto diverse: basti pensare alla competenza dei pretori in maniera penale. Sulla questione del pretore onorario, è di opinione che l'istituto possa essere conservato, sia perché ha funzionato abbastanza bene, sia per l'aggravio che altrimenti dovrebbe subire lo Stato.

Nega infine che le donne possano essere ammesse ai concorsi per la Magistratura.

Dichiara di essere contrario alla disposizione contenuta nell'articolo 20 del testo Calamandrei, che prevede il caso dell'ammissione, mediante concorso, a determinati uffici della Magistratura, per i quali si richiede una preparazione approfondita su materie specifiche, di candidati forniti di speciali titoli scientifici o professionali, perché ritiene che non si debba operare una fusione fra Magistratura ed elementi ad essa estranei e che si possa invece di volta in volta udire il parere degli esperti.

Per quanto riguarda la carriera dei magistrati, è d'accordo con l'onorevole Patricolo che il problema non riveste carattere costituzionale. Lascerebbe alla legge sull'ordinamento giudiziario di stabilire le norme particolari sulla carriera, ispirandosi ai criteri esposti dagli altri Relatori, che condivide.

Rileva che l'articolo 16 del progetto Patricolo, circa il problema dell'inamovibilità, differisce dall'articolo 23 del progetto Calamandrei, in quanto nel primo l'inamovibilità è prevista dopo tre anni di servizio, mentre nel secondo è fissata dal giorno dell'ingresso del magistrato in carriera; e si dichiara favorevole a quest'ultima formulazione.

Fa inoltre notare che la norma dell'articolo 17 del progetto Patricolo, riguardante l'immunità del magistrato, non gli sembra contemplata negli altri due progetti: ritiene tale immunità una garanzia della sua indipendenza. Anzi, a questo proposito dichiara che egli è per una formulazione più ampia di tutte le garanzie che debbono circondare il magistrato, per metterlo in grado di esercitare le sue funzioni con assoluta indipendenza.

Ciò lo conduce a parlare del modo come attuare l'indipendenza della Magistratura dal potere esecutivo, punto di dissenso tra i vari Relatori. Egli non ha dubbi sul legalitarismo della Magistratura, che ha sempre conservato la sua integrità morale e politica, reagendo a tutti i tentativi di sopraffazione e di asservimento; ma tra i sistemi proposti circa l'organo di collegamento tra la Magistratura e gli altri poteri, preferisce quello dell'onorevole Patricolo, perché non gli sembra che gli altri riescano a dare alla Magistratura piena indipendenza. Infatti l'onorevole Leone vuol togliere al Pubblico Ministero i poteri giudiziari — e con ciò la Magistratura continuerà ancora a dipendere dal potere esecutivo — mentre l'onorevole Calamandrei vorrebbe istituire un Procuratore generale commissario, il che non farebbe che spostare il rapporto di subordinazione della Magistratura dal Ministro a questo Procuratore generale commissario di giustizia, lasciando sussistere, in fondo, gli stessi inconvenienti, anche perché esso — sempre a capo degli uffici del Pubblico Ministero — sarebbe nominato dal Presidente della Repubblica su una terna proposta dalla Camera dei Deputati, onde questa nomina sarebbe influenzata da ragioni politiche.

Fa osservare invece che l'onorevole Patricolo vorrebbe affidare questa funzione di collegamento con gli altri poteri al Capo del potere giudiziario (art. 4), il quale sarebbe eletto da tutto il complesso dei magistrati, e quindi senza subire pressioni del potere esecutivo. Esso perciò costituirebbe il Ministro non politico della giustizia. Non condivide le preoccupazioni dell'onorevole Leone, il quale teme che questo Capo del potere giudiziario non adempia alle funzioni di controllo; ritiene invece con l'onorevole Patricolo che tale soluzione rappresenti la conclusione logica del principio della più assoluta divisione dei poteri.

È d'accordo con l'onorevole Calamandrei che il principio dell'immutabilità del giudicato debba essere sancito nella Costituzione; mentre non vede le ragioni della opposizione dell'onorevole Leone all'istituto dell'amnistia. Ritiene l'amnistia un istituto che possa dare dei benefici: perciò lo vorrebbe mantenuto, purché l'amnistia abbia carattere di assoluta eccezionalità e sia concessa con legge dal Parlamento.

Si dichiara d'accordo con l'onorevole Leone sul principio della legge abrogativa; così pure approva completamente l'articolo 15 del testo Calamandrei, riguardante il divieto di limitazioni della tutela giurisdizionale.

Per quanto riguarda l'articolo 17 dello stesso testo, relativo agli organi amministrativi della Magistratura, conviene che il fatto di chiamare dei magistrati a prestar servizio presso il Ministero costituisce un danno, ma non vorrebbe d'altra parte che tali organi amministrativi comprendessero elementi estranei alla Magistratura.

È anche d'accordo sul divieto di iscrizione dei magistrati a partiti politici e di appartenenza ad associazioni segrete: se anche in pratica sarà di difficile attuazione, crede che tale divieto debba essere sancito come principio di carattere generale.

Per quanto infine riguarda i giudici popolari, ritiene con l'onorevole Leone che non debba essere consentita l'esistenza di tre gradi di giurisdizione per i reati minori e di un solo grado per i maggiori (poiché non sempre si possono profilare alla Cassazione motivi di nullità di sentenze di Corte d'assise). Si dichiara perciò favorevole o all'istituzione di una Corte criminale con doppio grado di giurisdizione o ad affidare il giudizio sui fatti più gravi a delle sezioni di Tribunale e poi di Corte d'appello. A suo avviso, il giudizio di un magistrato — che è giudice di fatto e di diritto — dà maggiore garanzia di giustizia di un giudizio di Corte d'assise, che può essere influenzato da ragioni politiche o private e perché spesso i giudici popolari non sono tecnici e non hanno la mentalità del magistrato. Ritiene perciò che il problema debba essere accantonato, in attesa che l'Assemblea plenaria si pronunci sulla questione delle Corti d'assise.

Laconi, per facilitare la discussione, propone che si predisponga un testo comparato dei tre progetti.

Il Presidente Conti ritiene opportuna la proposta e si riserva di tradurla in atto.

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti