[Il 14 dicembre 1946 la seconda Sezione della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione prosegue la discussione sul potere giudiziario.]

Il Presidente Conti. [...] Dà lettura dell'articolo 6:

«Pubblicità delle udienze: principio del contraddittorio.

«Le udienze sono pubbliche ed i dibattimenti si svolgono oralmente, in quanto la legge non disponga altrimenti nell'interesse della giustizia e dell'ordine pubblico.

«Nessuna causa può essere giudicata, se non dopo che sia stata data alle parti, secondo la legge, la possibilità di essere udite a propria difesa».

Apre la discussione sul primo comma.

Cappi teme che quanto attiene alla moralità non possa ritenersi compreso nell'ordine pubblico. Fa poi rilevare che l'espressione «in quanto la legge non disponga altrimenti» non può riferirsi alla oralità del dibattimento, ma solo alla pubblicità delle udienze. Si dovrebbe perciò modificare convenientemente la forma del primo comma.

Calamandrei, Relatore, ritiene che la questione di forma potrebbe essere superata, sopprimendo l'accenno alla oralità del dibattimento.

Circa la questione della moralità, dopo le parole «ordine pubblico» aggiungerebbe le altre «e del buon costume».

Targetti, non ritenendo cosa facile lo specificare le eccezioni al principio della pubblicità delle udienze, farebbe riferimento solo ai divieti che potranno essere posti dalla legge procedurale. Formulerebbe, pertanto, così il comma:

«Le udienze sono pubbliche, in quanto la legge procedurale non disponga altrimenti».

Bozzi propone la soppressione di tutto il primo comma, non perché lo ritenga non importante, ma in quanto i principî contenuti sono talmente acquisiti nei codici che gli sembra inutile ripeterli nella Costituzione.

Calamandrei, Relatore, crede che principî che non possano essere violati, perché acquisiti nelle leggi o nei codici, non esistano, e se ne è avuta la prova nel ventennio fascista.

Leone Giovanni, Relatore, fa rilevare che, se l'articolo si limita ad affermare solo che le udienze sono pubbliche, il legislatore non potrà in nessun caso stabilire delle eccezioni. D'altra parte, se si dicesse: «salvo i casi previsti dalla legge», si cadrebbe nell'eccesso opposto, in quanto si darebbe modo ad una fazione che, diventata maggioranza, andasse al potere, di stabilire che i processi per determinati reati, per esempio politici, si celebrino a porte chiuse.

Il problema, quindi, è di trovare una formula intermedia, che abbia la sinteticità di una legge costituzionale e disciplini nel modo più rigoroso possibile i casi di eccezione. Per questo motivo nella sua formulazione, si era riferito all'articolo 423 del Codice di procedura penale, non certamente per inserire nella Costituzione il richiamo ad un articolo del Codice, ma per richiamare l'attenzione della Sottocommissione sulla casistica contenuta in tale articolo. Fa infine rilevare che, essendo l'esigenza della pubblicità richiesta maggiormente per le cause penali, sarebbe più esatto parlare di dibattimenti, invece che di udienze.

Targetti insiste sull'opportunità di non fare una casistica nella Costituzione.

Bozzi, per mettere in evidenza che normalmente le udienze devono essere pubbliche, salvo deroghe di carattere eccezionale, propone la seguente dizione:

«Le udienze giudiziarie sono pubbliche, salvo i casi eccezionali stabiliti dalla legge».

Ravagnan sarebbe favorevole alla formula adottata dal progetto della Corte di cassazione, che è analoga a quella proposta dal progetto dell'Associazione dei magistrati:

«Le udienze sono pubbliche, salvo esigenze di moralità o di ordine pubblico».

Mannironi nota che la proposta dell'onorevole Targetti è meno restrittiva, in quanto rimette al legislatore penale la fissazione delle eccezioni alla pubblicità delle udienze. Ad ogni modo, dichiara di essere favorevole alla formula della Cassazione.

Leone Giovanni, Relatore, teme che, adottando la formula della Cassazione, qualunque legge che limiti la pubblicità delle udienze, per motivi che non siano strettamente di moralità o di ordine pubblico, potrebbe essere dichiarata incostituzionale.

Di Giovanni desidera che sia conservato il principio della oralità dei dibattimenti, che è stato anche affermato in un recentissimo progetto del Guardasigilli.

Bozzi, d'accordo con l'onorevole Leone, propone la seguente dizione: «Le udienze giudiziarie sono pubbliche. Il giudice tuttavia può disporre la segretezza con provvedimento motivato, solo per casi di moralità e di ordine pubblico».

Calamandrei, Relatore, formulerebbe così il comma:

«I dibattimenti si svolgono oralmente. Le udienze giudiziarie sono pubbliche, in quanto la legge non disponga altrimenti, per ragioni di ordine pubblico e del buon costume».

Mannironi, invece delle parole «del buon costume», direbbe «di moralità». Sopprimerebbe poi la parola «giudiziarie» perché superflua.

Bozzi, più precisamente, da un punto di vista formale, modificherebbe così l'ultima parte «...in quanto la legge per ragioni di ordine pubblico o di moralità non disponga altrimenti».

Il Presidente Conti crede che la formula definitiva del primo comma possa essere la seguente:

«I dibattimenti si svolgono oralmente; le udienze sono pubbliche in quanto la legge, per ragioni di ordine pubblico o di moralità non disponga altrimenti».

La mette ai voti.

(È approvata).

Apre la discussione sul secondo comma:

[La discussione sul secondo comma è riportata a commento dell'articolo 24.]

 

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A cura di Fabrizio Calzaretti